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mercoledì 29 gennaio 2020

Le Mafie in Piemonte. Vogliamo parlarne?

Paradossalmente si potrebbe dire che la cronaca delle mafie, anche in Piemonte, è una storia di "straordinario successo".
Non esiste gruppo criminale al mondo che possa vantare una storia lunga come le mafie italiane: segno che il fenomeno non tratta solo di reati penali ma anche di cultura distorta delle comunità.  
Perché, anche in Piemonte, la magistratura è stata lasciata sola a contrastare il fenomeno delle mafie?
Perché "Troncare, sopire...Sopire, troncare", pare essere a volte il sottaciuto ordine nonostante in molti si sappia "tutto" ( o quasi) da anni?
Perché la cosiddetta "società civile" non è capace di produrre anticorpi efficaci contro il fenomeno mafioso?
Perché il "pensiero mafioso" è così diffuso anche fra coloro che non possono essere certo definiti propriamente mafiosi?
Vogliamo parlarne?
A queste e ad altre domande abbiamo il dovere di dare risposta

mercoledì 13 giugno 2018

AREA TURK: A CHI GIOVA?

Come "sentinelle del territorio, il presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo torna ad occuparsi di urbanistica. Come abbiamo sempre detto, ci occupiamo di urbanistica, intesa come governo del territorio, poiché a nostro parere: "(...) l'urbanistica può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi,  il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale". Per questo consideriamo "(...) la tutela del “territorio” come parte di una educazione alla legalità per una comunità che si dota di anticorpi contro l’infiltrazione della criminalità organizzata(...)".
A due anni dal suo insediamento, l’attuale amministrazione pinerolese si accinge a conferire l’incarico per una “Variante Generale” che auspichiamo ponga rimedio all'ancora vigente Piano Regolatore -superato e sovradimensionato- e alla cosiddetta “Variante Ponte” che, approvata dalla precedente amministrazione, aveva introdotto altre discutibili azioni. Osservazioni tecniche alle Linee Guida di indirizzo della Variante sono state già presentate dalle associazioni “ambientaliste”.La nostra riflessione si incentra invece su aspetti di natura più culturale e sociale insieme, prendendo le mosse da un’area di notevole estensione, pure circoscritta ma la cui importanza non è certo “circoscrivibile”: l’area TURK. Ricordiamo che l’attuale piano regolatore consente di edificare in quell'area ben 869 vani residenziali e superfici commerciali e che la “Variante Ponte” prima citata, al fine di agevolare l'edificazione in quella area, aveva reso possibile anche la demolizione dello storico edificio “follone”, “il TURK”. 
Ci siamo chiesti se quanto previsto sull’area TURK dalla normativa urbanistica vigente si inserisca davvero in una visione organica e strategica per la città, rispondendo alle reali esigenze della comunità.
Ringraziamo il direttore del giornale Vita Diocesana, Patrizio Righero, per aver pubblicato integralmente la nostra riflessione.
L'iL'lL'i  
L'importanza dell'area è confermata anche dalle suddette Linee Guida che la individuano come area sicuramente strategica per la città. Poiché la definizione architettonica del progetto riferito all'area TURK è stata affidata alla “regia pubblica”, auspichiamo si concretizzi un progetto nel quale risulti evidente l'aspetto della “pubblica l'utilità”. In attesa di valutare il progetto elaborato, e di cui ancora non si ha notizia, ci siamo chiesti se quanto previsto sull’area TURK dalla normativa urbanistica vigente si inserisca davvero in una visione organica e strategica per la città, rispondendo alle reali esigenze della comunità.
l'area TURK
l'articolo sul quotidiano "Cronaca qui"
Come presidio di LIBERA non possiamo infine esimerci dal ricordare che il settore dell'edilizia, delle costruzioni, rimane uno di quelli più a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, delle mafie, anche nella nostra regione. Un settore da sempre utilizzato per il riciclaggio di denaro sporco e per investimenti “opachi”. “Pecunia non olet” ricordava l’allora procuratore Gian Carlo Caselli nell’ambito del tristemente famoso processo “Minotauro”. Confessiamo quindi una preoccupazione: non vorremmo che una volta approvato il progetto sull'area TURK questa passasse “di mano”, legittimamente e rapidamente, dai noti imprenditori e cittadini pinerolesi che acquistarono l'area direttamente dal fallimento TURK a nuovi e magari “meno noti” imprenditori di un settore delicato, lo ripetiamo, quale quello delle costruzioni. Anche per questo motivo invitiamo l’amministrazione e la comunità a vigilare e ad agire come “buoni padri di famiglia” sul destino urbanistico di Pinerolo; una città che, alla luce di quanto ancora permesso dagli attuali strumenti che governano il suo territorio, potrebbe apparire come una piazza “favorevole” anche per imprenditori e investitori “spregiudicati”. Ringraziamo quindi anche Marco Bertello, redattore del quotidiano "Cronaca qui "per aver voluto evidenziare le problematiche a cui prima si accennava

AREA TURK: “A chi giova una sua edificazione in chiave “residenziale”?
Giova alla città?
Primo atto necessario alla edificazione nell'area pare essere la demolizione, totale o parziale, dell’edificio ex-merlettificio TURK. La città di Pinerolo perderebbe così un altro dei suoi edifici-simbolo, monumenti lasciati diventare ruderi. Pare una triste consuetudine: a cavallo del 1960, gli amministratori dell’epoca decidevano l'abbattimento della fortificazione-caserma che definiva l’attuale Piazza Cavour, opera di Sébastien Le Prestre di Vauban, architetto di Luigi XIV, il “Re Sole”. Con la scusa di “un solaio pericolante” e del “degrado sociale” causato dalle povere genti che vi trovavano dimora, veniva cancellato una delle strutture militari del Vauban e di cui Pinerolo avrebbe potuto invece menar vanto poichè quegli edifici sono oggi considerati addirittura “patrimonio dell’Umanità”, tutelati dall’Unesco. La “storia” si ripeterà col TURK?
Lungi dal pensare che la situazione debba essere lasciata “così com'è”, nell'incontro pubblico svoltosi lo scorso 19 gennaio 2018, “TURK. La grande occasione”, erano stati presentati esempi virtuosi, ristrutturazioni di edifici simili i quali ripensati, vivificati, reintegrati in ambiti urbanistici che privilegiano la qualità architettonica-urbanistica, hanno offerto alle comunità stimoli e occasioni per originali e coerenti visioni di “identità”, di sviluppo etico, equo, sostenibile.

Giova ai pinerolesi?
Per rispondere a questa domanda, invitiamo a riflettere su alcuni punti:
a) la costruzione di centinaia di nuovi alloggi nell’area “Turk”, svaluterà inevitabilmente il valore degli edifici esistenti, spesso frutto dei risparmi di una intera vita lavorativa, e disincentiverà anche la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente che, di conseguenza, perderà ulteriormente di valore.
b) aggiungere numerosi nuovi alloggi in una zona priva di una strada alternativa che adegui la viabilità della zona ai numerosi nuovi residenti (nelle linee guida si pensa sia sufficiente prolungare Corso Piave) creerà forti problemi in Corso Piave: dapprima il via-vai dei camion necessari per le demolizioni necessarie e per edificare i nuovi condomini; dopodiché, il traffico dei nuovi residenti. Problemi di viabilità che saranno certo acuiti dal decongestionamento di Corso Torino, previsto nelle stesse linee guida.
c) a farci dubitare della necessità di nuova edilizia residenziale, ricordiamo che a Pinerolo vi sono già 2000 unità abitative sfitte / inutilizzate e che da decenni gli abitanti oscillano intorno alle 36.000 unità.
d) già ora nella città vi sono problemi causati dalle cosiddette “polveri sottili”; problemi forse sottovalutati e non adeguatamente posti alla conoscenza della comunità ma che incidono concretamente sulla salute dei cittadini. L'aumento di traffico causato dalle nuove residenze non farà che aggravare la situazione. Chi se ne farà carico? Eppure, lo ricordiamo, l'amministrazione delle città ha fra i primi compiti proprio la tutela della salute della comunità.

E' coerente con il programma presentato dall'amministrazione e votato da tanti pinerolesi?
Nel programma del Movimento 5 Stelle pinerolese, fra altre cose, così si leggeva: “A Pinerolo non servono più nuovi condomini nei suoi campi(...) occorre invertire la tendenza urbanistica alla dismissione di aree industriali per trasformarle in residenziale o commerciale e agevolarne piuttosto la riqualificazione polifunzionale, incentivando l’insediarsi anche di nuove attività manifatturiere e artigianali compatibili con la residenza (...)individuazione di aree agricole pubbliche e private da assegnare a gruppi di sviluppo territoriale seguiti dal comune, creati per giovani e disoccupati, per la produzione di prodotti agricoli autoctoni.. Da questo altre domande:
a) come si conciliano quei principi condivisibili con quanto si sta decidendo sull'area del TURK nella quale, lo ricordiamo, è presente anche un prato di 10.000 mq di superficie? Cosa diventerà quel prato?
b) poiché a Pinerolo c'è carenza di lavoro, non certo di alloggi, perché non cercare di rendere nuovamente produttivi gli edifici esistenti, fra questi proprio il TURK, mettendo in atto politiche e agevolazioni che favoriscano nuovi insediamenti? Ad esempio, riconoscendo sgravi fiscali azzerando per alcuni anni IMU, TARI, TASI per locatore e locatari; riconfermando e incentivando le convenzioni con ACEA , già disponibile a fornire energia a prezzo di costo alle aziende che si insediassero nel nostro territorio.
c) più volte lo stesso sindaco Salvai ha menzionato le segnalazioni dell'ASL riferite alle problematiche derivanti da coloro che trovano alloggio e riparo nell’area del Turk. Premesso che le “problematiche igienico-sociali” ritornano spesso nelle vicende urbanistiche a giustificare sventramenti, demolizioni, speculazioni edilizie, il problema non lo si risolverà di certo allontanando “il problema” stesso, i “senza-tetto”, dall'area TURK. Molto più “strategico” e utile alla città sarebbe a nostro parere mettere in atto politiche che, incentivando l'utilizzo del patrimonio edilizio esistente di più basso valore commerciale, reperiscano alloggi da destinare proprio alle fasce sociali più in difficoltà.

Giova ai proprietari dell'area TURK?
a) poiché a Pinerolo ci sono circa 2000 unità abitative sfitte /inutilizzate, è conveniente esercitare proprio adesso il diritto edificatorio consentito sull'area TURK, necessitando investimenti davvero cospicui?
b) gli attuali imprenditori-cittadini pinerolesi proprietari dell'area sono davvero consci di rischiare ingenti somme di denaro, stante il perdurare di una crisi strutturale che ha mutato sostanzialmente le caratteristiche del mercato immobiliare e dell'investimento “nel mattone”?

Presidio LIBERA “Rita Atria” Pinerolo

lunedì 20 marzo 2017

"Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie"."Pinerolo conosce e accoglie"

Domani 21 marzo anche a Pinerolo celebreremo la XXII edizione nazionale della "Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie". 

Anche a Pinerolo, come in tanti luoghi d’Italia verranno letti, uno per uno, tutti i nomi delle Vittime Innocenti: persone che non vogliono semplicemente essere ricordate, ma che chiedono di vedere realizzati gli ideali e le speranze per le quali hanno speso la vitaLe parole-manifesto di quest'anno "luoghi di speranza testimoni di bellezza" vogliono poi sottolineare l’importanza di saldare la cura dell’ambiente e dei territori con l’impegno per la dignità e la libertà delle persone, esercitando al contempo le nostre responsabilità di persone, di cittadini, di abitanti della Terra. 

Per questo motivo siamo felici di confermare la partecipazione alla GIORNATA delle ragazze profughe giunte a Pinerolo nelle settimane passate e di una rappresentanza degi lavoratori della PMT"PINEROLO CONOSCE E ACCOGLIE" Questo vorremmo fosse il pensiero morale a fondamento della nostra comunità


Questo per noi è Memoria e Impegno. per questo vi invitamo ad unirvi a noi per contrastare mafie e "pensiero mafioso". 


Gli appuntamenti previsti per la GIORNATA a Pinerolo:
  • ore 8.30, presso la Scuola media "F. Brignone", succursale Abbadia Alpina: il procuratore Ciro Santoriello ed il presidio LIBERA "Rita Atria"  incontrano le classi medie e le classi quarte le quinte della scuola elementare "Lauro".
  • ore 10.00, presso la Scuola media "F. Brignone", succursale Abbadia Alpina: lettura dei Nomi delle Vittime Innocenti delle mafie
  • ore 10.00 presso il Teatro Incontro: Una storia disegnata nell'aria...per raccontare di Rita che sfidò la mafia con Paolo Borsellino" spettacolo di e con G. Castiglia 
  • ore 11.00 presso il Teatro Incontro: Lettura dei Nomi delle Vittime Innocenti delle mafie, con la partecipazione delle ragazze profughe giunte e accolte a Pinerolo e dei lavoratori della PMT
  • ore 20.45: presso il Salone dei Cavalieri: proiezione del film "GOMORRA" (di M. Garrone), proiezione organizzata dal gruppoScout "Noviziato Abbadia Alpina Pinerolo2"; riflessione proposta dal presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo


venerdì 7 ottobre 2016

Le associazioni pinerolesi del Forum sul Paesaggio incontrano questa sera il sindaco Luca Salvai

Sentinelle del Territorio. Questa sera, le associazioni del Forum incontreranno il sindaco di Pinerolo Luca Salvai avendo reiterato la necessità di incontrare l'Amministrazione nel comunicato stampa-lettera aperta dal titolo  "Il Paesaggio è bene primario assoluto" ( puoi leggere qui il testo integrale). 
Pensiamo sia necessario che i cittadini che hanno a cuore la salvaguardia di quel che resta della Bellezza dell'area di Monte Oliveto sia messi al corrente sulla vicenda della cosiddetta CP7.
Continuiamo quindi ad occuparci di Urbanistica perché, come abbiamo scritto sin dall'inizio della nostra attività come presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo, "(...) l'urbanistica, può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi,  il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale".

Qanto sia importante la difesa del bene assoluto Paesaggio, aldilà del caso specifico, lo si comprende anche alla luce di una considerazione: la tutela del Paesaggio costituisce certamente una azione di difesa preventiva contro l'agire delle mafie nei nostri territori. Giova ricordare che, da sempre, l'edilizia è stata utilizzata dalle associazioni criminali allo scopo di riciclare il denaro sporco: dal cosiddetto "sacco di Palermo" ( anni '60) alla speculazione edilizia che, a partire dagli '70, adevastò per sempre l'immagine di Bardonecchia ( primo comune del Nord sciolto per mafia nel 1997); all'abnorme aumento dell'attività edilizia in comuni piemontesi che si scopriranno pesantemente inquinati dalla presenza della 'ndrangheta calabrese, il comune di Leinì (comune sciloto per infiltrazione mafiosa nel marzo 2012) valgono come esempio. 
Del resto  la presenza delle mafie nei nostri territori, conclamata dalla "Operazione MINOTAURO( leggi qui l'arringa dell'allora procuratore  Gian Carlo Caselli al processo ), e ancor più la presenza del "pensiero mafioso"  ( ottenere,  sottrarre, utilizzare, risorse della comunità a vantaggio di gruppi o individui, "i soliti noti") ha effetti devastanti proprio sulla qualità -estetica, etica e morale- dell'ambiente nel quale conduciamo la nostra vita quotidiana. Anche per questo occorre ricordare a noi stessi l'importanza di tutelare luoghi che connotano e determinano la Bellezza dei territori e nei quali le comunità riconoscono la propria identità. 
Il 9 gennaio 2006 l'Italia ha ratificato la  Convenzione Europea del Paesaggio (G.U. 20 gennaio 2006, n. 16). La Convenzione, sottoscritta a Firenze il 20 ottobre 2000, ha l'obiettivo di salvaguardare tutti i paesaggi europei e come tale si inserisce di diritto nel quadro normativo nazionale ed europeo dedicato alla salvaguardia della diversità culturale e biologica del vecchio continente. I principi contenuti relazione esplicativa della Convenzione invitano a far diventare il paesaggio un tema politico di interesse generale, dato che i cittadini “(…) non posono più accettare di subire i loro paesaggi, quale risultato di evoluzioni tecniche ed economiche decise senza di loro. I paesaggio è una questione che interessa tutti i cittadini e deve venir trattato in modo democratico, soprattutto a livello locale e regionale” . Con queste premesse andremo ad incontrare questa sera il sindaco Luca Salvai: "Il Paesaggio è bene primario assoluto" 

Infine, riportiamo l'immagine del rendering dell'intervento proposto dai costruttori sotto Mote Oliveto, riproposto dal settimanale L'Eco del Chisone alcune settimane orsono. Da quanto si vede ben si comprende quale potrebbe essere l'impatto di quell'intervento su quel che resta della Bellezza di Monte Oliveto . Impariamo a difendere la Bellezza dei nostri territori

giovedì 21 aprile 2016

Occorre difendere e sostenere "la scomoda e pericolosa categoria degli onesti":“ Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti “

Dalle sconfitte di questi giorni comprendiamo come sia necessario difendere e sostenere "la scomoda e pericolosa categoria degli onesti"
La sconfitta. Domenica scorsa abbiamo assistito  allo svolgimento del referendum "sulle trivelle", conclusosi amaramente per noi associazioni e per i milioni di cittadini che lo hanno appassionatamente appoggiato mettendo in pratica il diritto-dovere del voto, diritto conquistato e sancito dalla nostra Carta Costituzionale.  
La sconfitta. Di ieri la notizia che il Comune di Brescello, nella ricca e "rossa"(?) Emilia Romagna, è stato sciolto per infiltrazione mafiosa (leggi qui): una mafia che in pochi hanno denunciato mentre in molti -"la politica" e gran parte della cosiddetta "società civile" e imprenditoriale di quella terra , l'Emilia- hanno fatto finta di non vedere e di non riconoscere. 
Entrambe le situazioni mostrano ancora una volta, a nostro parere, come il modo più subdolo per minare le fondamenta della Democrazia sia non tanto quello di impedire o negare al popolo lo svolgimento di momenti fondamentale del sistema democratico -il voto, la partecipazione alla "cosa publica"- quanto quello di instillare il pensiero che quelle cose -votare, partecipare- non servano sostanzialmente a nulla. Salvo poi lamentarsi e tacciare di qualunquismo la disaffezione crescente a quei momenti, la vulgata del "tanto son tutti uguali...tanto non cambia mai niente...pecunia non olet" e "gli affari" prima di tutto..."
La mancata partecipazione al referendum sull'ambiente, le tante inchieste che quotidianamente svelano nel nostro Paese la presenza di mafie e "pensiero mafioso" ( l'intreccio perverso di "mala-politica" e mafie" , corruzioneconflitto di interessi,) in molti ci si attenderebbe una reazione concreta della cosiddetta "società civile" a quei fatti; una reazione capace di suscitare indignazione e impegno tali da costruire una nuova "resistenza", una maggiore partecipazione popolare alla difesa del "bene comune". Anche perchè a godere della disaffezione e del declino della "partecipazione" ( "causa ed effetto" degli episodi sopra citati) sembrano essere proprio coloro che dall'esercizio della "politica del potere" (ben differente dalle "politica del servizio") traggono vantaggi per sè e per i gruppi a cui fanno riferimento: quelle che oggi indichiamo caste-cricche-cosche e che le inchieste giudiziarie ( solo quelle ahinoi!) portano alla luce quotidianamente in Italia. 

La denuncia e la resistenza
Il disinteresse verso la cosa pubblica, l'avversione alla partecipazione concreta e attiva della vita delle comunità, non pare tuttavia essere solo un atteggiamento di mero qualunquismo. Sembra piuttosto anche il frutto di vicende storiche ci hanno mostrano una tale involuzione morale della politica partitica da far dire amaramente al sen. Elvio Fassone, nostro concittadino: “(…) La classe politica non è mai all’altezza. Purtroppo la politica non riesce ad attrarre chi dovrebbe". (leggi qui il nostro articolo)”.
Sembra di essere giunti all'ultimo episodio di una trama nefasta che ha origini lontane e che sentinelle inascoltate avevano denunciato già decenni orsono, a cavallo fra gli anni '70 e 80 dello scorso secolo. Fra quelle sentinelle potremmo citare Peppino Impastato e i siciliani onesti quando rivelano "gli affari (il)leciti" della mafia imprenditoriale; il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale nell'ultima intervista rilasciata a Giorgio Bocca ( 10 agosto 1982), "rivela" tutto quello che c'era e c'è da capire delle mafie del loro rapporto col potere politico ed economico. 
Per il tema che trattiamo ora, sentinella inascoltata fu Enrico Berlinguer, col suo vano tentativo di porre "la questione morale" nell'ambito della politica partitica italiana denunciando, ancora una volta con una intervista rilasciata a Eugenio Scalfari il 27 luglio 1981, cosa erano diventati i partiti e la società italiana: soggetti "poco civili" che si scambiano "favori" deprecabili: "(...) I partiti di oggi sono soprattutto macchina di potere e di
clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune (...)molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.(...)". ( leggi qui l'intervita di E. Berlinguer).


La pericolosa categoria degli onesti
Oggi, fra le altre, vogliamo ricordare un'altra "sentinella inascoltata: Italo Calvino
Pochi giorni orsono,nel suo articolo "La democrazia senza morale"( leggi qui)Stefano Rodotà cita uno scritto di Italo Calvino pubblicato da La repubblica il 15 marzo 1980. In quello scritto Calvino svela quello che già era evidente ad occhi attenti e onesti. Gli scandali conclamati della prima e della seconda repubblica erano di là da venire, la presenza soffocante delle mafie era realtà taciuta, ma ad occhi attenti e onesti tutto era già chiaro. 
Ed è chiaro, secondo Calvino, perchè "la scomoda e pericolosa categoria degli onesti" deve trovare quotidianamente ragione e forza di esistere: perchè in un paese di corrotti, la resistenza degli onesti "(...) avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è."
Italo Calvino
Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti “ 
(La Repubblica, 15 marzo 1980)

Italo Calvino
"C’era un paese che si reggeva sull’illecito.
Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito, che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava -lecitamente- tutti coloro che, lecitamente o illecitamente, riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese dove nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo ( e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente, in nome del bene comune, i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune s’erano distinte per via illecita.
La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza ( così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafiose, atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando, anziché il sollievo della coscienza a posto, la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche ( e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.
In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Gli onesti
Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione ( non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede.
Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società , ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la contro-società degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è. " 
Italo Calvino

venerdì 26 febbraio 2016

LE MAFIE AL NORD."POTERE MAFIOSO E LIBERAZIONE": UNA SFIDA CHE CI RIGUARDA

POTERE MAFIOSO E LIBERAZIONE: UNA SFIDA CHE CI RIGUARDA. 
Le mafie al Nord? In realtà non è stupefacente... Dovunque volgiamo lo sguardo incontriamo l’intreccio tra potere e denaro…E dove c’è denaro le mafie si insinuano e prendono potere.”
ROSARIO GIUE’ guiderà una riflessione sulla cultura che favorisce l’intrusione delle mafie nelle nostre comunità . ROSARIO GIUE’prete palermitano, dal 1985 al 1989, fu parroco  nella chiesa di San Gaetano a Brancaccio (Palermo), la stessa parrocchia dove subito dopo fu parroco don Pino Puglisi. 
Quanto sia rilevante la presenza delle mafie nelle comunità del Nord, lo ha denunciato più volte lo stesso ex procuratore di Torino Gian Carlo Caselli. Nella sua arringa la Processo Minotauro Caselli sottolineò lo scandalo delle "relazioni esterne” della mafia in Piemonte. La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi”, ha spiegato, “ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”. 
leggi qui l'articolo de "Il Fatto Quotidiano" per conoscere nomi, cognomi e circostanze. A noi la scelta di voler conoscere e assumere comportamenti conseguenti.

sabato 4 aprile 2015

Un atto di Coraggio: "Ritiriamo l'adesione a EXPO 2015"

Condividiamo contenuti e determinazioni del comunicato AGESCI: troppe e oscure sono le ombre che si sono addensate attorno all'evento EXPO 2015. Ombre, personagi e situazioni vengono evidenziate e sottolienate chiaramente nel documento che riportiamo. Speculazione, corruzione, il solito spregevole rapporto fra criminalità organizzata e mala-politica, paiono aver trovato l'ennesima preda nell'evento il cui   slogan, proprio alla luce di quanto sappiamo, appare beffardo:"Nutrire il pianeta, energia per la vita".
Le cifre della devastazione ambientale compiuta per l'area dell'Expo sono eclatanti: 2 milioni di mq di suolo agricolo del Parco Sud cementificati solo per l'esposizione;
centri commerciali, bretelle ecc. ecc. ecc. 4 autostrade per centinaia di km di asfalto e 53 milioni di mq sottratti alla coltivazione. E
Le infiltrazioni criminali, i ritardi nel cantiere, la necessità di ridurre i controlli antimafia per non fermare i lavori ( leggi qui)

Quale cultura esprime una tale opera? Se lo schiedono gli scout, dovremo chiedercelo tutti quanti!

 


AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani): Ritiriamo l'adesione di AGESCI a Expo 2015

La petizione è in attesa di approvazione dalla comunità di Avaaz
AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani): Ritiriamo l'adesione di AGESCI a Expo 2015

Perché è importante

Siamo un gruppo di scout ed ex scout.
Abbiamo accolto con molta preoccupazione la scelta di AGESCI di aderire ad Expo 2015
. Ricevendone la notizia è stato spontaneo interrogarci su cosa avesse in comune il megaevento con la proposta educativa scout: nel confrontare l'immagine che di esso si va definendo con i punti della Carta di Clan, che accompagna l'essere scout dall'adolescenza all'età adulta, vi abbiamo a fatica scorto delle affinità.

Pur nella loro lunga e variegata storia, la costante delle esposizioni universali è sempre stata la brama di grandezza e sfarzo, la spettacolarizzazione di un modello di sviluppo e il culto del denaro, valori che stonano profondamente con la Fede semplice che scaturisce dal nostro vissuto scout. Allo stesso modo, il rispetto che abbiamo imparato a nutrire per il creato ci impedisce di recepire i concetti propugnati da Expo, che lo dipingono come un assemblaggio di risorse ambientali da sfruttare, vendere e acquistare.

Troviamo inoltre che una visione simile abbia per controparte l'idea di un individuo ridotto a turista, visitatore, consumatore, una rappresentazione che alimenta l'immiserimento sociale e culturale contro cui ci battiamo quotidianamente. Da scout, la crescita e la progressione personale sono sempre state tese a renderci parte attiva, competente e responsabile di Comunità che vogliamo solide e solidali nelle loro diversità.

All'interno di queste comunità coltiviamo una disponibilità al Servizio grazie a cui abbiamo già problematizzato il volontariato tout court, il suo senso e il contesto in cui si sviluppa. Per noi, declinare il servizio come lavoro gratuito per gli utili di Expo SPA – e non per Expo Onlus, che non ci risulta essere un soggetto giuridico esistente – vuol dire da un lato svilire il servizio, mercificandolo, dall'altro svilire il lavoro, annullandone il giusto riconoscimento a livello retributivo e avvicinandolo preoccupantemente alla schiavitù volontaria.
Resta solo da vedere su quale Strada, a velocità vertiginosa e inebriante, viaggia Expo 2015.
Materialmente, sull'imponente rete infrastrutturale sbloccata e ampliata per l'occasione: la Bre-Be-Mi, la Pedemontana, la TEEM, autostrade che calpestano aree boschive che hanno ospitato le nostre attività ed espropriano terreni di piccoli produttori a cui ci siamo rivolti per le nostre cambuse critiche.
Idealmente, non certo sulla strada fatta al passo dell'ultimo che abbiamo messo in pratica nel nostro cammino scout. Dove sono gli ultimi nel modello Expo? Che posto trovano? Gli ultimi del cibo dentro Expo non ci sono, ma ci sono, eccome, i loro carnefici.

Ci sono le grandi multinazionali McDonalds e Coca-Cola, ad esempio; ci sono Monsanto e Pioneer Dupont, aziende che promuovono grandi monocolture minando la biodiversità e spesso pongono i coltivatori in una condizione di dipendenza e ricattabilità. C'è Nestlé che tramite la sua società San Pellegrino venderà bibite e 150 milioni di bottigliette d’acqua all'interno del padiglione italiano, in barba a un referendum per l'acqua bene comune per il quale ci siamo impegnati come gruppi locali e di cui aspettiamo ancora una chiara ricezione politica.
Ci sono Mantovani SPA, sottoposta ad indagini per collusione con la criminalità organizzata, e Infrastrutture Lombarde, i cui vertici sono stati incarcerati lo scorso marzo per reati che vanno dalla truffa alla turbativa d'asta, mentre l’operato della commissione comunale antimafia e degli organi di garanzia è costantemente neutralizzato da una messa in deroga giustificata dall’emergenzialità del megaevento.  
Per i tanti di noi che si sono formati sui valori dell’antimafia, che hanno fatto campi a Scampia o in Sicilia nei beni confiscati, per chi ha faticosamente appreso e trasmesso i principi dell'onestà, della fiducia, della giustizia, tutto ciò è inaccettabile.
C’è Israele, che nel suo padiglione Lands of Tomorrow darà pubblico sfoggio alle politiche di esproprio statale e land grabbing con cui vengono depredati i piccoli coltivatori palestinesi; c’è Selex, l'azienda che rifornisce ufficialmente il suo esercito e che si occuperà della sicurezza sperimentando nuove tecnologie di sorveglianza e controllo. 
Da scout ci siamo impegnati nel promuovere i valori del disarmo e della pace, abbiamo organizzato marce, campi a Sarajevo o in Palestina... abbiamo imparato dalle Aquile Randagie che le sopraffazioni, le pulizie etniche e le oppressioni vanno combattute, non vanno messe in vetrina.

Ancora ci sfugge cosa lo Scautismo, che si sta trovando invischiato in questo meccanismo, abbia da spartire con esso. Ne scorgiamo, al limite, il disperato tentativo di infilare tra gli ingranaggi una briciola di positività. È nostra decisa opinione, motivata dai fatti precedentemente esposti, che non ci sia alcun margine di “redenzione” all'interno dell'affare Expo. In un mondo di maschere, l'effetto preminente del coinvolgimento di AGESCI (e dell'intera Cascina Triulza) resterà quello di fornire al tutto una facciata ammiccante con cui affermarsi pubblicamente.
Insieme abbiamo marciato un dì, per strade non battute. Ebbene, la strada di Expo è battuta da abbastanza soggetti spiacevoli perché valga la pena di non seguirli e di non legittimarli con la nostra presenza. Invitiamo cape e capi, ex cape ed ex capi, guide e scout a dissociarsi dall'adesione a Expo, che segna una bruttissima pagina dello Scautismo, e di continuare a seguire “strade non battute”, quelle dello sforzo quotidiano di portare avanti attività che alimentino le competenze, le aspirazioni, la responsabilità, la capacità di fare scelte nel e per la propria vita.

Per tutte queste ragioni, crediamo che sia dovere della guida e dello scout imboccare una strada che proceda non dentro ma in direzione ostinata e contraria rispetto al modello Expo.
In particolare, invitiamo tutte le Guide e gli Scout, tutti i Capi e le Cape, a:

  • Prendere parola in ogni sede di discussione e a ogni livello associativo per contestare l'adesione di AGESCI ad Expo 2015
  • Non prestarsi a sostenere la macchina Expo con il proprio lavoro gratuito (né a titolo personale né tantomeno in uniforme) e nemmeno con l’acquisto del biglietto
  • Sottoscrivere il presente appello, per dare un primo segnale di opposizione a questa forma di connivenza

Meccanismi perversi fuori
meccanismi che dentro teme
avere/sembrare ti prendono a fondo
cercare sé stessi è più dura, ma insieme...

mercoledì 1 aprile 2015

COSA POSSO FARE PER COMBATTERE IL SISTEMA MAFIOSO ?

Augusto Cavadi
Abbiamo conosciuto Augusto Cavadi a Pinerolo in occasione di un suo incontro con gli studenti di una scuola media "F. Brignone". Palermitano, "filosofo-in-pratica", docente del Liceo "G. Garibaldi" di Palermo, quel giorno Augusto Cavadi riuscì a spiegare in maniera  semplice, lineare, quale fosse la natura, l'essenza, delle mafie e del "pensiero mafioso": ingiustizia, violenza, sopraffazione, convenienza.

Lo ripetiamo ancora una volta: le mafie sono divenute una sorta di società di servizi e in tanti accorrono a chiedere i servizi che quelle offrono. Anche in Piemonte, anche al Nord, le numerose inchieste giudiziarie e d i processi in corso hanno oramai fatto "scoprire" la quantità e la qualità della presenza mafiosa in "pezzi" del tessuto civile, politico e imprenditoriale di quelle regioni.

Proponiamo allora la risposta offerta da Augurso Cavadi ad uno studente che gli chiede "cosa si può fare contro la mafia?".

  Fonte:  rivista “Monitor” 27.3.2015

COSA POSSO FARE PER COMBATTERE IL SISTEMA MAFIOSO

Uno studente marchigiano, Enrico Tidei, mi ha scritto tempo  fa dopo un incontro che ho tenuto per la sua scuola, l’Istituto Tecnico Commerciale di Amandola (in provincia di Fermo). Avevo un po’ illustrato alcuni tratti essenziali del sistema di dominio mafioso nel Meridione italiano e il giovane interlocutore mi ha voluto indirizzare, via internet, una domanda: Il governo vanta grandi successi nella lotta alle mafie e, a conferma, televisioni e giornali informano i cittadini sugli arresti quotidiani. Gli arresti sono necessari. Ma Lei pensa davvero che siano sufficienti per sconfiggere le mafie?”.

La risposta di Augusto Cavadi
Se le criminalità di stampo mafioso fossero bande di delinquenti – come ce ne sono state in ogni epoca e come ce ne sono su tutto il pianeta – la repressione giudiziaria e poliziesca sarebbe sufficiente. Purtroppo, però, in diverse regioni del Sud (e, ormai, anche del Centro e del Nord) ci troviamo a fronteggiare delle organizzazioni complesse, poliedriche: che hanno una struttura militare, certo, ma anche una identità culturale, una strategia politica e una vasta ramificazione in campo finanziario ed economico.

Se è così, la convinzione che trapela dal modo in cui Enrico pone l’interrogativo è ben fondata: lo smantellamento della struttura militare, per quanto necessario, è insufficiente. Catturati cinque boss, le organizzazioni mafiose ne eleggono altri cinque; sequestrate dieci imprese commerciali, le organizzazioni mafiose si impadroniscono di altre dieci. . .

Da questa complessità alcuni si lasciano scoraggiare: la mafia è troppo radicata, e troppo diffusa sul territorio, perché la si possa davvero estirpare ! E’ una reazione comprensibile, ma non giustificabile. In ogni caso, non è l’unica possibile. In Sicilia migliaia di cittadini  - una minoranza rispetto a cinque milioni di abitanti, ma una minoranza riflessiva e combattiva – provano a contrastare le associazioni mafiose precedendo, affiancando e continuando l’opera della magistratura e delle forze dell’ordine. Come ?

Ognuno di noi può fare qualcosa

- favorendo gli imprenditori puliti che si impegnano, pubblicamente, a non pagare il pizzo; 
- scegliendo partiti politici e candidati che non abbiano frequentazioni sospette; 
- testimoniando nei luoghi di lavoro  - soprattutto nelle scuole, negli ospedali e nelle carceri – i princìpi dell’uguaglianza democratica, della solidarietà civile, della giustizia sociale, della legalità costituzionale. 
La mafia è un cancro e la tattica più urgente è isolare gli “uomini d’onore” e i loro complici per evitare che moltiplichi le sue metastasi inquinando in maniera definitiva il tessuto circostante.

E’ bene che queste cose si sappiano non solo dalle nostre parti, ma anche nel resto del Paese dal momento che – per riprendere la metafora di Leonardo Sciascia – “la linea della palma” va salendo: e contrastare i mafiosi nei primi tentativi di infiltrazione è molto meno arduo che provarci quando ormai si sono insediati stabilmente in un territorio.


Augusto Cavadi

martedì 10 marzo 2015

Continua il Processo Minotauro: la 'ndrangheta in Piemonte

Le mafia al Nord esistono perchè , divenute una sorta di società di servizi, in tanti accorrono a chiedere i servizi che quelle offrono. ll processo Minotauro, in corso a Torino, è giunto alla fase  dell'Appello. Il processo Minotauro, lo ricordiamo, è il processo che ha fatto "scoprire" la quantità e la qualità della presenza mafiosa in "pezzi" del tessuto civile, politico e imprenditoriale della regione piemontese.

Pesanti richieste del Pubblico Ministero per gli imputati principali del processo: è stata chiesta la conferma per Nevio Coral, ex sindaco di Leinì condannato a 10 anni in primo grado. Chiesti 15 anni per Rosario Marando, assolto in primo grado e arrestato pochi giorni fa a Roma per sequestro di persona. La procura generale ha chiesto la conferma della pena di 14 anni per Giorgio De Masi, considerato il “padrino di Rivoli”, "l’uomo che parlava con la politica" ( leggi qui). Su questo tema sono stati chiesti sette anni per l’ex segretario comunale di Rivarolo Canavese Antonino Battaglia

Fonte: La Stampa

Inchiesta Minotauro, al processo d’appello chiesti oltre 600 anni di carcere

Gli imputati sono 63: chiesta la conferma della condanna per Nevio Coral, ex sindaco di Leini
Il procuratore generale Antonio Malagnino durante la requisitoria
Torino  09/03/2015
Mano pesante del procuratore generale Antonio Malagnino al processo d’Appello Minotauro che si sta celebrando con rito ordinario. Il pg ha chiesto 609 anni di carcere per 63 imputati. Tra di loro è stata chiesta la conferma per Nevio Coral ex sindaco di Leinì condannato a 10 anni in primo grado. Chiesti 15 anni per Rosario Marando, assolto in primo grado e arrestato pochi giorni fa a Roma per sequestro di persona. Chiesta anche la riforma della condanna per Antonino Occhiuto, condannato a 4 anni e 6 mesi in primo grado. Per lui l’accusa ha chiesto 16 anni. La procura generale ha chiesto la conferma della pena di 14 anni per Giorgio De Masi, considerato il “padrino di Rivoli”, l’uomo che parlava con la politica. Su questo tema sono stati. Chiesti sette anni per l’ex segretario comunale di. Rivarolo Canavese Antonino Battaglia secondo la Procura colpevole di voto di scambio politico mafioso.
In primo grado erano state comminate pene per 266 anni di carcere a carico di 74 imputati. Di questi 36 erano stati condannati e 38 assolti. Altri 50 imputati del prossimo Minotauro sono stati giâ condannati in Cassazione pochi giorni fa. In primo grado erano stati inflitti 266 anni di carcere a Fronte di richieste per poco più di 700 anni.
In primo grado erano state comminate pene per 266 anni di carcere a carico di 74 imputati. Di questi 36 erano stati condannati e 38 assolti. Altri 50 imputati del prossimo Minotauro sono stati già condannati in Cassazione pochi giorni fa (leggi qui).