Giacché “non siamo marionette”, torniamo ad occuparci di gestione del
territorio poiché, a nostro parere, questo può rappresentare un indicatore
utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi, il “progetto generale” che guida
e determina non solo il carattere di una amministrazione locale ma anche della
sua comunità.
Ci preoccupa pertanto quel che sta avvenendo in Val Pellice dove la querelle" sul tratto ferroviario Pinerolo-Torre Pellice
pare contraddica “le buone pratiche” che mai come oggi sarebbero necessarie e che tante volte sentiamo sbandierare da
più parti ("sbandierare" è ben differente che "attuare") soprattutto in merito alla tutela dell'Ambiente.
"Niente dovrà essere come prima" sentiamo spesso proclamare. Eppure l'evidenza dei fatti mostra altrettanto evidenti contraddizioni: nelle nostre
valli, amministratori e altri soggetti si ostinano nella contrapposizione fra linea
ferroviaria e pista ciclabile, come se le due cose fossero paragonabili e
confrontabili visto il servizio che una linea ferroviaria (ed una pista ciclabile) è chiamata a
svolgere. Non solo: "il treno" è il mezzo di trasporto
universalmente riconosciuto come il più ecologico, sicuro e sostenibile, ancor più se inserito in un sistema sinergico (con il trasporto su ruote e la bicicletta) e all'interno di un sistema strutturato ed efficiente. A queste valutazioni oggi, nel tempo della pandemia,si aggiunge pure il tema della maggior "sicurezza da contagio" negli spostamenti, visto che il treno consente il necessario “distanziamento” pur con la
conseguente riduzione dei posti a sedere dei vettori.
Sul tema della linea ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice avevamo già scritto a seguito di un incontro avvenuto con gli amministratori locali i quali, paradossalmente, in quella occasione "(...) erano però all’oscuro di quanto previsto dagli atti della gara d’appalto vinta da Trenitalia che prevedono la riattivazione della tratta ferroviaria, e del fatto che la Regione ha già impegnato le somme necessarie a tale scopo.(...)"(puoi leggere qui)
una fermata dei bus a Pinerolo
Legambiente Val Pellice, che insieme ad altre associazioni sta conducendo la
battaglia per il ripristino della ferrovia Pinerolo-Torre Pellice (ripristino
addirittura previsto da un contratto di servizio in essere, come già scritto, a completamento di
una più estesa tratta), scrive ora una lettera inviata al Presidente dell’Unione Montana
del Pinerolese e ai Sindaci dei Comuni della Val Pellice e di Pinerolo nella
quale si sollecitano chiarimenti in merito al futuro della tratta ferroviaria
Pinerolo-Torre Pellice, ancora in bilico tra il ripristino
delle linea ferroviaria e la realizzazione di una “ciclovia”.
Lettera inviata al Presidente dell’Unione Montana del Pinerolese
ai Sindaci dei Comuni della Val Pellice e di Pinerolo
Con la presente siamo a chiedervi chiarimenti su di un aspetto relativo al
ripristino della tratta ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice.
In particolare, sia nell’incontro avuto con voi il 10 giugno 2020, ma anche
prima e dopo, agli organi d’informazione avete sempre ribadito l’intenzione di
dotarvi di uno studio comparativo tra la ferrovia ed altre soluzioni. Quale
esempio citiamo l’ultima dichiarazione del Sindaco di Luserna San Giovanni,
nonché Presidente dell’Unione Montana, fatta a Piazza Pinerolese il 17 ottobre
2020 “La Regione ci ha chiesto di portare una proposta e noi abbiamo incaricato
il Politecnico di fare uno studio. Se ci dirà che il treno è la soluzione
migliore, chiederemo quello, altrimenti faremo una proposta alternativa”.
Siamo però venuti a conoscenza che il 9 ottobreil Politecnico di Torino ha
pubblicato un bando per una borsa di studio per un’attività di ricerca dal
titolo “Studio di fattibilità tecnica ed economica per una ciclovia e di una
sede per bus elettrico lungo il sedime della linea ferroviaria Pinerolo – Torre
Pellice nel quadro delle reti di mobilità ciclo-pedonale di livello regionale”,
a cui è seguito, il 27 ottobre, l’incarico per la realizzazione di tale studio
a un neolaureato, per un periodo di 3 mesi prorogabili. Notiamo con
preoccupazione che le vostre dichiarazioni non corrispondono a quanto previsto
dalla borsa di studio del Politecnico di Torino.
Vi chiediamo inoltre se negli scorsi mesi il Politecnico e/o il CPE hanno
già avviato gli studi per cui la Regione, l’Unione montana e il Comune di
Pinerolo hanno stanziato 15.000 euro, o se, come temiamo, nulla è accaduto fino
all’affidamento di tale borsa di studio.
Ci chiediamo quale possa essere il vantaggio di continuare a rinviare il
ripristino della linea ferroviaria nell’attesa di uno studio di fattibilità
che, ad oggi, non ha ancora portato alcun risultato.Non sarebbe stato più
utile richiedere intanto il ripristino del treno, già previsto, e che
garantisce anche maggior distanziamento rispetto ai bus? Ci sembra che sia
stato perso tempo prezioso per via di una mancata presa di posizione forte e
chiara delle amministrazioni locali verso la Regione Piemonte.
Siamo quindi a chiedervi un incontro urgente, ovviamente in
videoconferenza, per confrontarci, a quasi sei mesi dal precedente incontro, su
come intendete procedere relativamente al contratto di affidamento del TPL a
Trenitalia.
Con l’occasione e per vostra informazione,
vi trasmettiamo in allegato l’ordine del giorno, approvato all’unanimità dal
Consiglio Comunale di Alba, avente come oggetto: ”Impegno per la riattivazione della linea ferroviaria Alba-Asti, per la
difesa delle linee ferroviarie e il trasporto pubblico”.
Ci permettiamo di evidenziarvi il quarto punto delle premesse dove si dice “(Per)
I costi della riattivazione … nessun onere sarebbe a carico dei Comuni, al contrario
di quel che sarebbe in caso di trasformazione in pista ciclabile, in quanto le
opere di ammodernamento e ripristino sono di competenza di Rete ferroviaria
italiana”, stessa condizione valida per tutte le tratte ferroviarie,
compresa la Pinerolo-Torre Pellice.
Vi alleghiamo anche la richiesta
presentata ieri dalla Provincia di Vercelli alla Regione per chiedere il
ripristino del servizio ferroviario sulla tratta Novara-Varallo, attualmente
sospesa come la Pinerolo-Torre Pellice.
LEGAMBIENTE Circolo Val Pellice, Circolo
Pinerolo, Circolo Barge, Circolo GreenTo, Legambiente Piemonte-VdA
COMITATO TRENOVIVO
ASSOCIAZIONE FERROVIE PIEMONTESI
PROGETTO TRATTOXTRATTO
SALVAICICLISTI PINEROLO
ASSOCIAZIONE RITA ATRIA PINEROLO
OSSERVATORIO 0121-SALVIAMO IL PAESAGGIO
ASSOCIAZIONE INVALPELLICE
FRIDAYS FOR FUTURE Val Pellice e Pinerolo
L'associazione
Direfarecosolidale, in collaborazione con la fondazione Nuto Revelli e con il
patrocinio ed il contributo del Comune di Pinerolo,propone un incontro su
piattaforma on line sul tema "L'Economia del Bene Comune". L'incontro è previsto per mercoledì 18 novembre alle ore 21 e vedrà la partecipazione di
Lidia Di Vece presidente della Federazione del Bene Comune in Italia, un movimento internazionale che propone un modello socio-economico etico, in cui l'economia mette al centro il benessere delle persone e del pianeta ed è basato su cinque valori: Dignità umana, Solidarietà-giustizia sociale, Eco-sostenibilità, Trasparenza, Condivisione democratica.
L’incontro si svolgerà nella “Resi-stanza” della Fondazione Nuto Revelli su Google Meet, luogo “virtuale” ma non neutro dal punto di vista dei valori.Link per la partecipazione: https://meet.google.com/phs-xdpf-gjb
Lidia Di Vece, presidente della Federazione italiana: ”Il
movimento internazionale per l’Economia del Bene Comune, prende le mosse da
alcune imprese pioniere in Austria che, grazie alla visione di Christian
Felber, intrapresero il processo complesso dell’economia del bene Comune fin
dal 2008, dando poi origine ad una contaminazione che dall’Austria si estese alla
Germania al Nord Italia e alla Svizzera. L’Italia già in quegli anni, con
alcune imprese del Sud Tirolo, aderì al movimento, ma è nel 2014 che si
costituisce formalmente la Federazione Italiana. Al momento attuale l’adesione
alla Federazione tra soci persone fisiche e aziende è di 80 unità, mentre sono
circa una cinquantina le realtà imprenditoriali e organizzazioni che hanno
redatto il loro Bilancio del Bene Comune”.
Riportiamo il testo
dell'articolo pubblicato da Vita Diocesana, autori Lucy e
Francesco Pagani del Centro Missionario Dicesano:
Luigino Bruni, economista e direttore scientifico del progetto Economy of
Francesco promosso da Papa Francesco (progetto che si chiuderà con un convegno
ad Assisi dal 19 al 21 novembre 2020) descrive con parole molto interessanti il
bene comune, cuore della dottrina sociale della Chiesa: la dimensione più
importante della nostra felicità è un qualcosa di pubblico, di condiviso, da
cui dipendono anche i suoi aspetti individuali. (...) Se ciascuno degli
utilizzatori di un bene comune (un pascolo in montagna, un parco, l'ozono
nell'atmosfera, un'impresa...) è animato soltanto dalla ricerca del proprio
interesse privato, il bene comune viene distrutto, sebbene nessuno dei soggetti
lo voglia. Per conservare e custodire un bene comune, invece, tra le persone
deve scattare una logica diversa, che qualcuno chiama "logica del
noi", e così far diventare quel "bene di nessuno" un bene di
tutti.”
A Pinerolo l'Associazione Direfarecosolidale, da diversi anni, pone
all'attenzione della cittadinanza la necessità di cambiare passo per conservare
e difendere l'ambiente, evitare sprechi, limitare l'inquinamento del pianeta e
promuovere il queste finalità è bene comune. Con queste finalità è stato
progettato un programma che prevede la proiezione sull'ambiente (rimandati alla
prossima primavera per le restrizioni dovute Covid-19) e incontri on-line sul
tema "Diverse Economie”. Si inizia mercoledi 18 novembre alle ore 21 con
il seminario "L'economia del bene comune" di Lidia Di Vece, Presidente
della il Bene Italiana per il Federazione Comune. L'Economia del bene comune (EBC) è un movimento internazionale che
propone un modello socio-economico etico, in cui l'economia mette al centro il
benessere delle persone e del pianeta ed è basato su cinque valori: Dignità umana, Solidarietà-giustizia
sociale, Eco-sostenibilità, Trasparenza, Condivisione democratica.
"Perché siamo tutti in pericolo.(...)Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. (...)"
Il dovere della Memoria. Pier Paolo Pasolini, ucciso la notte del 2 novembre 1975 sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia. "Una storia sbagliata", come canterà Fabrizio De André nella canzone a Lui dedicata: l'ennesimo delitto italiano di cui ,ancora oggi, è negata-nascosta la Verità.
Pier Paolo Pasolini è "intellettuale scomodo", "Io so ma non ho le prove" uomo dalle mille contraddizioni, ma pure colui che in maniera "eretica" analizza e predice la condizione di degrado -civile e morale- a cui la società italiana si andava incamminando. Ancora oggi appaiono drammaticamente profetiche le sue analisisui falsi miti della modernità; sul nascente fenomeno del "consumismo"; sul decadimento dei valori e dei legami affettivi e culturali delle comunità; sulla "trasformazione antropologica” che gli italiani parevano subire, aderendo a modelli di cui oggi avvertiamo -con colpevole ritardo- la vacuità e la insostenibilità; sulla "speculazione edilizia" che avrebbe deturpato per sempre luoghi e paesaggi italiani.
Riproponiamo il ricordo per immagini che Nanni Moretti dedicò a Pier Paolo Pasolini, la riflessione di pasolini su "La forma della città",l'ultima intervista rilasciata a Furio Colombo.
Fra le tante cose su cui Pasolini riflette in quella intervista colpisce un passaggio: "(...) Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. (...)". Ancora una volta, per l'ultima volta, Pasolini appare "profetico" quando vediamo coloro che hanno costruito, e continuano a costruire, carriere e privilegi personali (o di casta) fingendosi difensori dei deboli, paladini di legalità o di buona politica.
Ancora una volta, per l'ultima volta, Pasolini appare "profetico" anche con se stesso: "(...) Lo sanno tutti che io le mie esperienze le pago di persona. Ma ci sono anche i miei libri e i miei film. Forse sono io che sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti in pericolo".
il ricordo di Nanni Moretti
"La forma della città"
La
riflessione di Pasolini sul Fascismo e sul paesaggio contenuta nel
documentario "La forma della città". Riflettendo
sulla forma della città di Orte, Pasolini offre una analisi
impietosa e profonda del nascente fenomeno della "speculazione
edilizia" alimentata dal "boom economico che l'Italia conobbe
negli anni del secondo dopoguerra. Secondo Pasolini, mentre il fascismo non era riuscito a modificare la
realtà e la cultura dell’Italia se non per alcuni caratteri
esteriori, più pericoloso per il patrimonio
culturale italiano appare il processo di omologazione condotto
dalla cosiddetta "civiltà dei consumi" (di cui strumento
principe è "la televisione" (!) con la
sua pervasività e capacità di suggestione e
indottrinamento), capace di distruggere e disgregare le realtà
locali, il "genius loci", le peculiarità dei territori italiani, appiattendoli e
snaturandoli per mezzo di una
infinita lottizzazione speculativa. Pasolini si erge
così a primo difensore di quello che lui chiama "il passato
senza nome", ovvero la forma della città, il paesaggio
italiano, ponendo l'attenzione sulla necessità di avere cura del
territorio e rispetto verso quel patrimonio "anonimo" frutto della storia di una comunità, fondamento di uno sviluppo meditato e sostenibile.
Furio Colombo:"Questa intervista ha avuto luogo sabato 1° novembre (1975), fra le 4 e le 6 del pomeriggio, poche ore prima che Pasolini venisse assassinato. Voglio precisare che il titolo dell’incontro che appare in questa pagina è suo, non mio. Infatti alla fine della conversazione che spesso, come in passato, ci ha trovati con persuasioni e punti di vista diversi, gli ho chiesto se voleva dare un titolo alla sua intervista. Ci ha pensato un po’, ha detto che non aveva importanza, ha cambiato discorso, poi qualcosa ci ha riportati sull’argomento di fondo che appare continuamente nelle risposte che seguono. «Ecco il seme, il senso di tutto – ha detto – Tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti. Metti questo titolo, se vuoi: “Perché siamo tutti in pericolo”».
"Perché siamo tutti in pericolo"
- Furio Colombo: "Pasolini, tu hai dato nei tuoi articoli e nei tuoi scritti, molte versioni di ciò che detesti. Hai aperto una lotta, da solo, contro tante cose, istituzioni, persuasioni, persone, poteri. Per rendere meno complicato il discorso io dirò «la situazione», e tu sai che intendo parlare della scena contro cui, in generale ti batti. Ora ti faccio questa obiezione. La «situazione» con tutti i mali che tu dici, contiene tutto ciò che ti consente di essere Pasolini. Voglio dire: tuo è il merito e il talento. Ma gli strumenti? Gli strumenti sono della «situazione». Editoria, cinema, organizzazione, persino gli oggetti. Mettiamo che il tuo sia un pensiero magico. Fai un gesto e tutto scompare. Tutto ciò che detesti. E tu? Tu non resteresti solo e senza mezzi? Intendo mezzi espressivi, intendo…"
- Pier Paolo Pasolini: "Sì, ho capito.Ma io non solo lo tento, quel pensiero magico, ma ci credo. Non in senso medianico. Ma perché so che battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa. In piccolo un buon esempio ce lo danno i radicali, quattro gatti che arrivano a smuovere la coscienza di un Paese (e tu sai che non sono sempre d’accordo con loro, ma proprio adesso sto per partire, per andare al loro congresso). In grande l’esempio ce lo dà la storia. Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, «assurdo» non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici, a me quell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava, una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina. Allora i discorsi sono tre. Qual è, come tu dici, «la situazione», e perché si dovrebbe fermarla o distruggerla. E in che modo.
- Furio Colombo: Ecco, descrivi allora la «situazione». Tu sai benissimo che i tuoi interventi e il tuo linguaggio hanno un po’ l’effetto del sole che attraversa la polvere. È un’immagine bella ma si può anche vedere (o capire) poco.
- Pier Paolo Pasolini:Grazie per l’immagine del sole, ma io pretendo molto di meno. Pretendo che tu ti guardi intorno e ti accorga della tragedia. Qual è la tragedia? La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra. E noi, gli intellettuali, prendiamo l’orario ferroviario dell’anno scorso, o di dieci anni prima e poi diciamo: ma strano, ma questi due treni non passano di li, e come mai sono andati a fracassarsi in quel modo? O il macchinista è impazzito o è un criminale isolato o c’è un complotto. Soprattutto il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. E facile, è semplice, è la resistenza. Noi perderemo alcuni compagni e poi ci organizzeremo e faremo fuori loro, o un po’ per uno, ti pare? Eh lo so che quando trasmettono in televisione Parigi brucia tutti sono lì con le lacrime agli occhi e una voglia matta che la storia si ripeta, bella, pulita (un frutto del tempo è che «lava» le cose, come la facciata delle case). Semplice, io di qua, tu di là. Non scherziamo sul sangue, il dolore, la fatica che anche allora la gente ha pagato per «scegliere». Quando stai con la faccia schiacciata contro quell’ora, quel minuto della storia, scegliere è sempre una tragedia. Però, ammettiamolo, era più semplice. Il fascista di Salò, il nazista delle SS, l’uomo normale, con l’aiuto del coraggio e della coscienza, riesce a respingerlo, anche dalla sua vita interiore (dove la rivoluzione sempre comincia).
Ma adesso no. Uno ti viene incontro vestito da amico, è gentile, garbato, e «collabora»(mettiamo alla televisione) sia per campare sia perché non è mica un delitto. L’altro – o gli altri, i gruppi – ti vengono incontro o addosso – con i loro ricatti ideologici, con le loro ammonizioni, le loro prediche, i loro anatemi e tu senti che sono anche minacce. Sfilano con bandiere e con slogan, ma che cosa li separa dal «potere»?
- Furio Colombo: Che cos’è il potere, secondo te, dove è, dove sta, come lo stani?
- Pier Paolo Pasolini:Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri.Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono.
- Furio Colombo:Ti hanno accusato di non distinguere politicamente e ideologicamente, di avere perso il segno della differenza profonda che deve pur esserci fra fascisti e non fascisti, per esempio fra i giovani.
- Pier Paolo Pasolini:Per questo ti parlavo dell’orario ferroviario dell’anno prima. Hai mai visto quelle marionette che fanno tanto ridere i bambini perché hanno il corpo voltato da una parte e la testa dalla parte opposta? Mi pare che Totò riuscisse in un trucco del genere. Ecco io vedo così la bella truppa di intellettuali, sociologi, esperti e giornalisti delle intenzioni più nobili, le cose succedono qui e la testa guarda di là. Non dico che non c’è il fascismo. Dico: smettete di parlarmi del mare mentre siamo in montagna. Questo è un paesaggio diverso. Qui c’è la voglia di uccidere. E questa voglia ci lega come fratelli sinistri di un fallimento sinistro di un intero sistema sociale. Piacerebbe anche a me se tutto si risolvesse nell’isolare la pecora nera. Le vedo anch’io le pecore nere. Ne vedo tante. Le vedo tutte. Ecco il guaio, ho già detto a Moravia: con la vita che faccio io pago un prezzo… È come uno che scende all’inferno. Ma quando torno – se torno – ho visto altre cose, più cose. Non dico che dovete credermi. Dico che dovete sempre cambiare discorso per non affrontare la verità.
- Furio Colombo: E qual è la verità?
- Pier Paolo Pasolini: Mi dispiace avere usato questa parola. Volevo dire «evidenza». Fammi rimettere le cose in ordine. Prima tragedia: una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. Allora una prima divisione, classica, è «stare con i deboli». Ma io dico che, in un certo senso tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere.L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere.
- Furio Colombo: Allora fammi tornare alla domanda iniziale. Tu, magicamente abolisci tutto. Ma tu vivi di libri, e hai bisogno di intelligenze che leggono. Dunque, consumatori educati del prodotto intellettuale. Tu fai del cinema e hai bisogno non solo di grandi platee disponibili (infatti hai in genere molto successo popolare, cioè sei «consumato» avidamente dal tuo pubblico) ma anche di una grande macchina tecnica, organizzativa, industriale, che sta in mezzo. Se togli tutto questo, con una specie di magico monachesimo di tipo paleo-cattolico e neo-cinese, che cosa ti resta?
- Pier Paolo Pasolini: A me resta tutto, cioè me stesso, essere vivo, essere al mondo, vedere, lavorare, capire. Ci sono cento modi di raccontare le storie, di ascoltare le lingue, di riprodurre i dialetti, di fare il teatro dei burattini. Agli altri resta molto di più. Possono tenermi testa, colti come me o ignoranti come me. Il mondo diventa grande, tutto diventa nostro e non dobbiamo usare né la Borsa, né il consiglio di amministrazione, né la spranga, per depredarci. Vedi, nel mondo che molti di noi sognavano (ripeto: leggere l’orario ferroviario dell’anno prima, ma in questo caso diciamo pure di tanti anni prima) c’era il padrone turpe con il cilindro e i dollari che gli colavano dalle tasche e la vedova emaciata che chiedeva giustizia con i suoi pargoli. Il bel mondo di Brecht, insomma.
- Furio Colombo: Come dire che hai nostalgia di quel mondo.
- Pier Paolo Pasolini: No! Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. Poiché erano esclusi da tutto nessuno li aveva colonizzati. Io ho paura di questi negri in rivolta, uguali al padrone, altrettanti predoni, che vogliono tutto a qualunque costo. Questa cupa ostinazione alla violenza totale non lascia più vedere «di che segno sei». Chiunque sia portato in fin di vita all’ospedale ha più interesse – se ha ancora un soffio di vita – in quel che gli diranno i dottori sulla sua possibilità di vivere che in quel che gli diranno i poliziotti sulla meccanica del delitto. Bada bene che io non faccio né un processo alle intenzioni né mi interessa ormai la catena causa effetto, prima loro, prima lui, o chi è il capo-colpevole. Mi sembra che abbiamo definito quella che tu chiami la «situazione». È come quando in una città piove e si sono ingorgati i tombini. l’acqua sale, è un’acqua innocente, acqua piovana, non ha né la furia del mare né la cattiveria delle correnti di un fiume. Però, per una ragione qualsiasi non scende ma sale. È la stessa acqua piovana di tante poesiole infantili e delle musichette del «cantando sotto la pioggia». Ma sale e ti annega? Se siamo a questo punto io dico: non perdiamo tutto il tempo a mettere una etichetta qui e una là. Vediamo dove si sgorga questa maledetta vasca, prima che restiamo tutti annegati.
- Furio Colombo: E tu, per questo, vorresti tutti pastorelli senza scuola dell’obbligo, ignoranti e felici.
- Pier Paolo Pasolini: Detta così sarebbe una stupidaggine. Ma la cosiddetta scuola dell’obbligo fabbrica per forza gladiatori disperati. La massa si fa più grande, come la disperazione, come la rabbia. Mettiamo che io abbia lanciato una boutade (eppure non credo) Ditemi voi una altra cosa. S’intende che rimpiango la rivoluzione pura e diretta della gente oppressa che ha il solo scopo di farsi libera e padrona di se stessa. S’intende che mi immagino che possa ancora venire un momento così nella storia italiana e in quella del mondo. Il meglio di quello che penso potrà anche ispirarmi una delle mie prossime poesie. Ma non quello che so e quello che vedo. Voglio dire fuori dai denti: io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. È vero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione (qualche volta). Ma è anche vero che la sua voglia, il suo bisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato «la vita violenta».Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere. Beati voi che siete tutti contenti quando potete mettere su un delitto la sua bella etichetta. A me questa sembra un’altra, delle tante operazioni della cultura di massa. Non potendo impedire che accadano certe cose, si trova pace fabbricando scaffali.
- Furio Colombo: Ma abolire deve per forza dire creare, se non sei un distruttore anche tu. I libri per esempio, che fine fanno? Non voglio fare la parte di chi si angoscia più per la cultura che per la gente. Ma questa gente salvata, nella tua visione di un mondo diverso, non può essere più primitiva (questa è un’accusa frequente che ti viene rivolta) e se non vogliamo usare la repressione «più avanzata»…
- Pier Paolo Pasolini: Che mi fa rabbrividire.
- Furio Colombo: Se non vogliamo usare frasi fatte, una indicazione ci deve pur essere. Per esempio, nella fantascienza, come nel nazismo, si bruciano sempre i libri come gesto iniziale di sterminio. Chiuse le scuole, chiusa la televisione, come animi il tuo presepio?
- Pier Paolo Pasolini: Credo di essermi già spiegato con Moravia. Chiudere, nel mio linguaggio, vuol dire cambiare. Cambiare però in modo tanto drastico e disperato quanto drastica e disperata è la situazione. Quello che impedisce un vero dibattito con Moravia ma soprattutto con Firpo, per esempio, è che sembriamo persone che non vedono la stessa scena, che non conoscono la stessa gente, che non ascoltavano le stesse voci. Per voi una cosa accade quando è cronaca, bella, fatta, impaginata, tagliata e intitolata. Ma cosa c’è sotto? Qui manca il chirurgo che ha il coraggio di esaminare il tessuto e di dire: signori, questo è cancro, non è un fatterello benigno. Cos’è il cancro? È una cosa che cambia tutte le cellule, che le fa crescere tutte in modo pazzesco, fuori da qualsiasi logica precedente. È un nostalgico il malato che sogna la salute che aveva prima, anche se prima era uno stupido e un disgraziato? Prima del cancro, dico. Ecco prima di tutto bisognerà fare non solo quale sforzo per avere la stessa immagine. Io ascolto i politici con le loro formulette, tutti i politici e divento pazzo. Non sanno di che Paese stanno parlando, sono lontani come la Luna. E i letterati. E i sociologi. E gli esperti di tutti i generi.
- Furio Colombo: Perché pensi che per te certe cose siano talmente più chiare?
- Pier Paolo Pasolini: Non vorrei parlare più di me, forse ho detto fin troppo. Lo sanno tutti che io le mie esperienze le pago di persona. Ma ci sono anche i miei libri e i miei film. Forse sono io che sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti in pericolo.
- Furio Colombo: Pasolini, se tu vedi la vita così – non so se accetti questa domanda – come pensi di evitare il pericolo e il rischio?
- Pier Paolo Pasolini: È diventato tardi, Pasolini non ha acceso la luce e diventa difficile prendere appunti. Rivediamo insieme i miei. Poi lui mi chiede di lasciargli le domande. «Ci sono punti che mi sembrano un po’ troppo assoluti. Fammi pensare, fammeli rivedere. E poi dammi il tempo di trovare una conclusione. Ho una cosa in mente per rispondere alla tua domanda. Per me è più facile scrivere che parlare. Ti lascio le note che aggiungo per domani mattina».
Il giorno dopo, domenica 2 novembre 1975, il corpo senza vita di Pier Paolo Pasolini era all’obitorio della polizia.