Aver riscoperto la dignità dell’uomo, e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza.
sabato 25 aprile 2020
LIBERAZONE E' RESISTENZA, GIUSTIZIA, LIBERTA'
Aver riscoperto la dignità dell’uomo, e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza.
venerdì 24 aprile 2020
RESISTENZA è LIBERTÀ
"Quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria che impedisce i contatti diretti tra le persone, i tradizionali appuntamenti tradizionali appuntamenti del 24 e 25 APRILE in onore delle Partigiane e Partigiani che ci hanno donato con il loro sacrificio la pace e la libertà verranno sostituiti da un corteo virtuale sui luoghi della Resistenza nel Pinerolese, trasmesso da Radio Beckwith Evangelica sabato mattina 25 Aprile e da una Fiaccolata Virtuale promossa dall'ANPI di Pinerolo la sera del 24 Aprile con il patrocinio della Città di Pinerolo".
Riccardo Vercelli - ANPI Pinerolo
mercoledì 22 aprile 2020
Perchè è stato ucciso Bruno Caccia? Chi ha deciso l'uccisione di Bruno Caccia?
Sconfortante quanto avvenuto ieri a Torino: le parole pronunciate nel corso dell'audizione nella Commissione Legalità del Comune di Torino dall'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia del procuratore capo Bruno Caccia ucciso il 26 giugno 1983, suonano come un atto d'accusa nei confronti di una regione, il Piemonte, che mostra di aver smarrita, dimenticata, persino oltraggiata, l'eredità e la memoria di Bruno Caccia. Così si è espresso Fabio Repici: "Credo che il delitto Caccia vada riqualificato col termine di cospirazione, che qualifica i delitti che vedono contributi plurimi mirati allo stesso fine. Il caso classico è l'omicidio Kennedy e l'omicidio Caccia fu una cospirazione più o meno con analoghe caratteristiche". Parole che ribadiscono quanto già dichiarato in passato dallo stesso Francesco Saluzzo, procuratore generale del Piemonte e considerato “l'allievo” di Caccia: secondo Francesco Saluzzo l'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia fu la “controffensiva scatenata da un sistema di poteri composto da intoccabili, 'ndranghetisti, criminali e figure ambigue che beneficiavano della complicità o della non opposizione di magistrati opachi per non dire di peggio".
Parole, quelle dell'avvocato Repici, che richiamano altre parole: lo scandalo denunciato da Giancarlo Caselli all'indomani dell'operazione "Minotauro" (2011), operazione della magistratura che svelo all'opinione pubblica nazionale la quantità e la qualità della presenza di mafie e "opportunisti" nei più diversi settori della comunità piemontese. Giancarlo Caselli nella sua requisitoria al processo "Minotauro": “(...) La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”.
Chi sono gli "Opportunisti? Puoi continuare a leggere qui
Sappiamo bene che anche
il Piemonte si è rivelato in passato essere focolaio di mafie e "pensiero
mafioso", "pensiero"
che può allignare anche in coloro i quali "mafiosi" non potrebbero
essere propriamente definiti, pensiero che appartiene a coloro che cercano di
ottenere quel che non meriterebbero). Ma ripercorrere la storia
della regione Piemonte anche solo nell'ultimo decennio fa comprendere
come, ancora oggi, non ci siano anticorpi sufficienti a fare argine al
"virus" di mafie e "pensiero mafioso" . Cosicché,
anche dopo la denuncia accorata di Giancarlo Caselli, anche
in Piemonte in
questi ultimi anni "non ci siamo fatti mancare nulla": politici e
amministratori "opportunisti" hanno continuato ad operare tranquillamente,
coperti e sostenuti dagli opportunistici silenzi di coloro che
sapevano ma hanno preferito tacere (magari per presentare poi "il conto" a
pretendere nomine, candidature ed incarichi); lo scandalo delle firme false, "a
destra e a sinistra" nelle elezioni regionali (a destra e a sinistra); gli
scandali nel mondo della cultura così come nelle opere pubbliche (uno per
tutti, l'infinita odissea del grattacielo che dovrebbe ospitare gli uffici
della Regione, opera da tempo sconfessata addirittura dal suo progettista ,
l'architetto Fuksas); "politici e amministratori" opportunisti alla
perenne ricerca di "fondi pubblici da drenare" per costruire consenso
e clientele, a favore di gruppi, associazioni, sodali; da ultimo, financo le condizioni discutibili in cui versa una sanità regionale prostrata da tagli pluriennali, scelte strategiche
forse errate ad inseguire teoriche eccellenze e tuttavia mancando di cura e
attenzione alla "salute dei territori", delle comunità, e la cui inadeguatezza dinanzi alla "tempesta" del coronavirus è stata svelata crudamente dal servizio giornalistico "Il pasticcio piemontese" trasmesso dalla trasmissione Report la
sera del 20 aprile (vedi
qui).
Chi paga il prezzo di queste cose? Lo spiegava ancora Giancarlo Caselli: "(...) Pagano i cittadini, i consumatori. Perché abbiamo organismi elettivi disonesti, perché la regolarità dei mercati risulta stravolta, oltre a dover vivere in un ambiente pervaso dalla corruzione, fino alla violenza. Allora è indispensabile riaffermare la presenza dello Stato”
Si disse che Bruna Caccia fu ucciso perché "con lui non si poteva parlare". Pare evidente che, anche in Piemonte, con mafie e "pensiero mafioso", con certi personaggi, in certi ambienti si è chiacchierato tranquillamente e forse si continua a farlo. Triste!
Omicidio Caccia, l'avvocato dei famigliari: "Una cospirazione come l'uccisione di Kennedy"
"Credo che il
delitto Caccia vada riqualificato col termine di cospirazione, che qualifica i
delitti che vedono contributi plurimi mirati allo stesso fine. Il caso classico
è l'omicidio Kennedy e l'omicidio Caccia fu una cospirazione più o meno con analoghe
caratteristiche". A dirlo, in Commissione Legalità del Comune, l'avvocato
Fabio Repici, legale della famiglia del procuratore capo di Torino ucciso nel giugno dell'83.
Secondo Repici "la
memoria di Bruno Caccia ha pagato anche una seconda cospirazione, mirata a
limitare gli accertamenti di verità anche agli occhi della storia in modo da
far dire a qualcuno che era stato ucciso solo per iniziativa di un piccolo
gruppo criminale, tralasciando invece chi le mosse di quel piccolo gruppo
determinarono".
Il legale è tornato a
parlare di "lacune" dell'attività di indagine e giudiziaria che fanno
sì che "dopo 37 anni non conosciamo i nomi dei due killer e non conosciamo
esattamente le ragioni né l'identità di tutti i mandanti". Repici ha aggiunto che "quello di Caccia è
l'omicidio più importante e delicato nella storia torinese, l'unico procuratore
distrettuale ucciso fuori dalla Sicilia, e un delitto così delicato avrebbe
dovuto implicare l'impegno massimo di tutte le istituzioni che avessero un
ruolo per far qualcosa di utile per accertamento della verità. La verità in
archivio non può andare", ha concluso Repici definendo "uno sfregio
alla memoria di Caccia che queste lacune vengano tuttora mantenute".
lunedì 20 aprile 2020
Don Tonino Bello, il prete della “Chiesa del grembiule"
Il dovere della Memoria: Don Tonino Bello e la sua battaglia eretica per una “Chiesa del grembiule", una chiesa a servizio delle comunità per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell'emarginazione. Sin dagli esordi, il ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che considerava segni di potere (per questa ragione si faceva chiamare semplicemente don Tonino) e da una costante attenzione agli ultimi: promosse la costituzione di gruppi Caritas in tutte le parrocchie della diocesi, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell'episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte.
Il suo messaggio richiama ai valori di etica e responsabilità, ai doveri più alti nell'esercitare i diritti di cittadinanza: "(...) Se voi riuscirete a liberarvi dalla rassegnazione, se riporrete maggiore fiducia nella solidarietà, se la romperete con lo stile pernicioso della delega, se non vi venderete la dignità per un piatto di lenticchie, se sarete così tenaci da esercitare un controllo costante su coloro che vi amministrano, se provocherete i credenti in Cristo a passare armi e bagagli dalla vostra parte, non tarderemo a vedere i segni della risurrezione.(...)".
Queste parole sembrano quasi il fondamento, il seme, dal quale scaturisce l'immagine bellissima di un altro siciliano "martire", il giudice Paolo Borsellino, nel discorso da lui pronunciato nel primo anniversario della Strage di Capaci, il cosiddetto "discorso dell'amore":"(...) “La lotta alla mafia, primo problema da risolvere
nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una
distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche
religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza
del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso
morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità (....).Sono morti tutti per noi,
per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo
pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera: facendo il nostro
dovere, rispettando le leggi, anche quelle che impongono sacrifici:
rifiutando di trarne dal sistema mafioso anche i benefici che
possiamo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di
lavoro), collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui
crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia,
troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che
ci sembrano innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi
mafiosi, grossi o piccoli, accentando in pieno questa gravosa e
bellissima eredità di spirito: dimostrando a noi stessi ed al
mondo che Falcone È VIVO!"
”
Nel 1985 don Tonino Bello venne indicato dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana a succedere a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace. In questa veste si ricordano diversi duri interventi: tra i più significativi quelli contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle, e contro l'intervento bellico nella Guerra del Golfo, quando manifestò un'opposizione così radicale da attirarsi l'accusa di istigare alla diserzione.
Nel pomeriggio del 20 aprile 1993, a Molfetta, don Tonino Bello muore dopo una lunga malattia. Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione
Di seguito riportiamo una lettera di don Tonino Bello
LETTERA A COLORO CHE NON CONTANO NIENTE
Carissimi, sono un po’ triste, perché so che questa lettera forse non la leggerete. Quelli che non contano niente, di solito, giornali non ne comprano. (…) Voi non fate storia. Qualche volta fate cronaca: quasi sempre cronaca nera. Eppure, chi conosce la trama dei vostri giorni sfilacciati sa che avreste da raccontare tanta cronaca bianca, da far trasalire la città. Ma la cronaca bianca non fa notizia. Voi non fate storia. Perché non sapete parlare. E, anche quando vi sentite bruciare dentro le ingiustizie della terra, le parole vi muoiono in bocca. Anzi, vi capita di pensare che, forse, ad aver torto siete voi. Voi non fate peso. (…) La politica vi passa sulla testa. (…)Anche la religione vi passa sulla testa. (…) Ebbene, con la stessa sofferenza di Gesù che ebbe compassione delle folle, desidero rivolgermi proprio a voi.
A voi che non contate nulla agli occhi degli uomini, ma che davanti agli occhi di Dio siete grandi. Appunto, questa è la cosa più urgente che voglio dirvi: davanti agli occhi di Dio voi siete grandi. Coraggio! Dio non fa graduatorie. Non sempre si lascia incantare da chi sa parlare meglio. Non sempre, rispetto ai sospiri dignitosi del povero, dà la precedenza al canto gregoriano che risuona nelle chiese. Né sempre si fa sedurre dal profumo dell’incenso, più di quanto non si accorga del tanfo che sale dai sotterranei della storia. Desidero rivolgermi a voi, perché sono convinto che il rinnovamento spirituale può partire solo da coloro che non contano niente. (…) L’avvenire ha i piedi scalzi, diceva uno scrittore francese. E voleva intendere che il futuro lo costruiscono i poveri. Sì, il processo di conversione deve cominciare da voi.
Se voi riuscirete a liberarvi dalla rassegnazione, se riporrete maggiore fiducia nella solidarietà, se la romperete con lo stile pernicioso della delega, se non vi venderete la dignità per un piatto di lenticchie, se sarete così tenaci da esercitare un controllo costante su coloro che vi amministrano, se provocherete i credenti in Cristo a passare armi e bagagli dalla vostra parte, non tarderemo a vedere i segni della risurrezione.
Anche per la Chiesa verranno tempi nuovi. E dal domicilio dei poveri, si sprigionerà un così forte potenziale evangelizzatore, che la città traboccherà di speranza."
+ Don Tonino Bello (4 marzo 1990)
sabato 11 aprile 2020
Il nostro augurio per la Pasqua: "la transizione dall'io al noi" ci avvicini ad un mondo di Pace e di Giustizia
La parola ebraica "pesach", da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare". Nel racconto biblico l'azione di "passare oltre" fa riferimento alla "decima piaga", nella quale si narra che il Signore, vedendo il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele, "passò oltre" colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e l'inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa. Pasqua è la resurrezione del Cristo che sconfigge la morte e "passa oltre".
Pablo Picasso disegnò una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile", in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti da una Umanità che "passa oltre". Ma questi sono giorni di una guerra differente, l'attacco del virus CORONAVID 19, una ”tempesta” che, colpendo l’Umanità intera, ha colpito anche noi italiani, gli occidentali, la parte fortunata del mondo fino a ieri in "immeritata vacanza" dalla Storia, dalla miseria, dalle guerre, dalla desolazione e dalla disperazione quotidiana che si svolge a poche ore di volo dalle nostre case.
Le parole pronunciate da Papa Francesco lo scorso 27 marzo 2020 in occasione della momento di
preghiera per la pandemia del coronavirus, in una piazza San Pietro deserta,
saranno uno dei momenti che passerà alla storia: “(…) Da settimane
sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre
piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto
di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al
suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi.
Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati
presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi
conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello
stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti
bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei
discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti»
(v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti
ciascuno per conto suo, ma solo insieme.(…)”
Passerà nella "storia" di tante esistenze la sofferenza patita in questi giorni per la malattia, il dolore per la perdita di genitori, parenti, amici, conoscenti. Una sofferenza resa ancora più amara, crudele, dalla mancanza dei propri cari proprio mentre il "cammino" si faceva più impervio o mentre addirittura si avvicinava la fine del "cammino". Una sofferenza spesso mitigata dalla vicinanza di medici e infermieri che hanno preso a cura, con pietà e amore, coloro che erano stati colpiti dal virus
Siamo sferzati dalla stessa tempesta ma, a differenza degli apostoli, non siamo sulla stessa “barca”. Si abbia l’onestà di confessarlo: tante sono le differenze, i muri, anche nelle nostre comunità. E tante voci si sono levate in questi giorni ad ammonire che, passata “la tempesta”, nulla dovrà essere come prima, facendo riferimento agli errori di una “umanità moderna” che sembra correre verso il baratro, accecata, nonostante i segnali che ammoniscono sulla insostenibilità di tante sue azioni: lo scandalo della povertà e delle diseguaglianze che annichiliscono la dignità di tante persone, i privilegi dei moderni “faraoni” arroccati in metaforiche fortezze, le offese arrecate all’Ambiente, alla Madre Natura. Ripetiamo allora oggi quanto abbiamo scritto nei giorni passati: se oggi riuscissimo a comprendere l'imprescindibile necessità della "transizione dall'io al noi", l'aver sconfitto questo nemico invisibile (il virus, "il parassita") non sarebbe stato poca cosa! Siamo sferzati dalla stessa tempesta ma, a differenza degli apostoli, non siamo sulla stessa “barca”. Si abbia l’onestà di confessarlo: tante sono le differenze, i muri, anche nelle nostre comunità. E tante voci si sono levate in questi giorni ad ammonire che, passata “la tempesta”, nulla dovrà essere come prima, facendo riferimento agli errori di una “umanità moderna” che sembra correre verso il baratro, accecata, nonostante i segnali che ammoniscono sulla insostenibilità di tante sue azioni: lo scandalo della povertà e delle diseguaglianze che annichiliscono la dignità di tante persone, i privilegi dei moderni “faraoni” arroccati in metaforiche fortezze, le offese arrecate all’Ambiente, alla Madre Natura. Ripetiamo allora oggi quanto abbiamo scritto nei giorni passati: se oggi riuscissimo a comprendere l'imprescindibile necessità della "transizione dall'io al noi", l'aver sconfitto questo nemico invisibile (il virus, "il parassita") non sarebbe stato poca cosa! Sarebbe “un miracolo” la transizione "dall’io al noi",(puoi leggere qui), avrebbe davvero il significato di una Umanità che “passa oltre” per incamminarsi verso una vita diversa, migliore, per tutti a partire da coloro che sono i più deboli: Pace e Giustizia per l'Umanità
La parola ebraica "pesach", da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare".P
Pablo Picasso disegnò una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile" in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti, da una Umanità che "passa oltre". Ma questi sono giorni di una guerra differente, l'attacco del virus CORONAVID 19, una ”tempesta” che, colpendo l’Umanità intera, ha colpito anche noi
sabato 4 aprile 2020
Martin Luther King : «Free at last. Free al Last». Finalmente libero!
Martin Luther King saluta la folla il giorno del discorso "I Have a Dream" |
Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra. Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.
E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo
"pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro
obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si
trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci
rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle
opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo
assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e
della garanzia di giustizia.
Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America
l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le
cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo
è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di
levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso
della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie
mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è
il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine
per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa
estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando
non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo. Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia. Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste. Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima. Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.
E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente. Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice. Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.
E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.
Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.
Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado,
imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto.
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del
Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.
E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual:"Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".