LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA
"PER DIGNITA' NON PER ODIO"
LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA
"PER DIGNITA' NON PER ODIO"
LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA
Come gruppo "Associazione Rita Atria Pinerolo" continuiamo ad occuparci di gestione del territorio poiché, a nostro parere, questo può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi, il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale e, di conseguenza, quello della sua comunità. Non solo: avere cura e amore per i territori è un primo fondamentale strumento per opporsi a "mafie e pensiero mafioso".
Cosicché, a pochi giorni dalla celebrazione della "Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie", anche a Pinerolo bisognerebbe ricordare "la lezione" attribuita a Peppino Impastato a coloro che, con rozzezza culturale che si vorrebbe superata e cancellata, vogliono distruggere quanto resta della bellezza della città: «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà. All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. E per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l'abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».
Ringraziamo pertanto Patrizio Righero, direttore di Vita Diocesana, per aver voluto dare voce a Marco Calliero, autorevole esponente della cultura pinerolese, "una voce" ancora una volte levatasi a difesa di quel che resta della memoria storica-architettonica-urbanistica della città di Pinerolo, dell'ex-merlettificio TURK. Nell'intervista "Ultima chiamata per il Turk", Marco Calliero ribadisce ancora una volta "di cosa stiamo parlando" quando si parla dell'ex merlettificio Turk: "(...) un importante esempio di archeologia industriale e una testimonianza dell’antico legame tra la città di Pinerolo e l’industria tessile. L’intero stabilimento è meritevole di essere salvato, e non solo una sua parte, rivestendo quell’interesse particolarmente importante, così come previsto dalla normativa vigente in materia di tutela storico/architettonica.".
Marco Calliero “(…) Non si può più tollerare l'arroganza di coloro che, giustificandosi con la necessità di applicare una normativa, oppure di rispettare bilanci economici, oppure ancora sventolando false urgenze igieniche, hanno deciso e decidono che un luogo giunto a noi dopo secoli non valga più nulla. Questo è un autentico crimine legalizzato ai danni dell'identità del territorio, poiché l'identità è la più preziosa delle eredità tramandate da chi ci ha preceduto(…)”.
riportiamo il testo de "Ultima chiamata per salvare il TURK"
Le condizioni dello stabilimento Türck di Pinerolo, nella sua parte visibile, sono sotto gli occhi di tutti. Il suo destino ora sembra segnato. Ma in molti non si rassegnano a perdere per sempre questo edificio, simbolo della storia industriale della città. Tra loro Marco Calliero, autore del libro “Ruote sull’acqua. Storia e localizzazione dei siti industriali lungo il Rio Moirano a Pinerolo” e collaboratore dell’Archivio Diocesano.
Partiamo dall’inizio. Che cosa intendiamo quando parliamo dell’area Türck? Qual è la sua storia?
Il paratore di panni comunale, poi ribattezzato Follone, infine evoluto in merlettificio (noto col nome degli ultimi proprietari, i Türck), per secoli è stato l’ammiraglia della batteria di officine industriali poste lungo il rio Moirano. L’archivio storico del Comune conserva numerosi documenti che ne descrivono lo sviluppo architettonico e tecnologico, le dinamiche imprenditoriali e la produzione. Nacque nel Medioevo, per iniziativa del Comune, nel contesto dell’arte della lana. I pinerolesi andavano fieri di questo edificio, tanto da coinvolgere a inizio Settecento il famoso architetto sabaudo Buniva per i lavori del suo ampliamento; invitando successivamente i reali per celebrarne i tessuti che vi si producevano per vestire l’esercito. I Türck a fine Ottocento ne raccolsero l’eredità e la difesero, fino agli anni Settanta dello scorso secolo. Poi l’aria è cambiata, ed è iniziata l’era degli individui che gli hanno voluto male.
Dopo il fallimento, com’è stato gestito questo patrimonio immobiliare? Qual è stato il ruolo delle diverse Amministrazioni comunali nel tempo?
Complice la generale recessione industriale del tessile, i Türck erano in difficoltà. Nel 1975 il comune di Pinerolo vincolò tutta l’area fino al Lemina a verde pubblico, impedendo loro di vendere alcuni lotti di terreni al fine di risanare le loro finanze. Un vincolo durato due anni, giusto il tempo per condurre al fallimento i Türck. La vasta area fu messa all’asta e acquisita nel 1979 dalla Società Moirano intenzionata a costruirvi sopra un nuovo quartiere senza mostrare interesse nella conservazione della preesistenza. Negli anni Ottanta e Novanta furono prodotte diverse ipotesi, le quali, oltre l’equilibrio tra strutture residenziali e servizi, prospettavano il recupero dell’opificio o parte di esso. Tutte furono scartate: centro culturale, sede universitaria, nuova biblioteca civica, nuovo tribunale, sede dell’Agenzia delle Entrate. Neppure la buona volontà dell’assessore Fantone, fautore di una “Variante di qualità”, calmierante le altezze degli edifici, e di una proposta per il salvataggio dell’involucro dell’intero edificio sulle orme del progetto Eridania di Parma firmato da Renzo Piano, avranno buon fine. Già negli anni 1996-1997 la Soprintendenza aveva chiesto all’Amministrazione comunale che qualsiasi progetto presentato non compromettesse i volumi e le facciate dell’ex Merlettificio, senza tuttavia porre alcun vincolo di tutela. L’Università di Torino, rimarcando il valore assoluto di questa testimonianza della proto industria della lana, a sua volta assegnò numerose tesi di laurea, senza però ottenere alcun riscontro da parte del Comune e dei proprietari. Neanche il concorso di idee Lyda Türck, promosso da Italia Nostra in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Torino e finanziato dagli eredi Türck negli anni 2014-2015, riuscì a mutare gli intenti dei proprietari. Tutte queste iniziative solo nel 2021 hanno convinto la Soprintendenza a porre un vincolo su minime parti del fabbricato. Nel 2008 il Consiglio comunale ha inserito il Merlettificio in un “Piano di recupero” che ha aggirato la normativa vincolante del restauro. Il 13 ottobre 2013 un incendio interessò la porzione ovest dell’edificio. L’incendio venne imputato alla disattenzione di alcuni occupanti abusivi. L’allora sindaco Buttiero si affrettò subito dopo a dichiarare che, vista la pericolosità del sito, «è auspicabile la sua demolizione». A partire dal 2016 la nuova Amministrazione del sindaco Luca Salvai si è dimostrata in linea con le precedenti, reputando prioritario porre rimedio alle questioni di degrado, anche a discapito della conservazione del Merlettificio. Nel settembre 2018 è stato presentato pubblicamente il progetto dell’arch. Bardini di Asti, che prevede la costruzione di 869 nuovi vani. A distanza di sessant’anni siamo così di fronte al rischio che un nuovo scempio venga compiuto. Nel 1960 il sindaco di Pinerolo Bona passò alla storia (solo per questo, altrimenti nessuno lo ricorderebbe più) per aver fatto abbattere il seicentesco Hotel di Cavalleria. Un evento sconcertante, che si stentava a credere che si potesse ripetere.
Per quale motivo il Türck merita di essere tutelato? Quale il suo significato per la città di Pinerolo?
L’ex Merlettificio è il più antico opificio di pannolana, tutt’ora esistente, insediato in Piemonte, mentre gli ampliamenti settecenteschi lo hanno reso il primo lanificio modernamente inteso dello Stato sabaudo. Allo stato attuale l’edificio si presenta visivamente integro nella sua mole, comprese le strutture della parte bruciata. Conserva, in adiacenza alla porzione settecentesca del Follone, gli antichi macchinari idraulici costruiti sul Moirano, testimoni della trasformazione del sistema di produzione di energia da idroelettrico in elettrico. L’intero edificio rappresenta, nella sua integrità e totalità tutt’ora in essere, e proprio per questa sua conservazione complessiva e per la stratificazione plurisecolare derivante dalle funzioni proto-industriali ospitate, un importante esempio di archeologia industriale e una testimonianza dell’antico legame tra la città di Pinerolo e l’industria tessile. L’intero stabilimento è meritevole di essere salvato, e non solo una sua parte, rivestendo quell’interesse particolarmente importante, così come previsto dalla normativa vigente in materia di tutela storico/architettonica.
A tuo avviso, a quali rischi va incontro
quest’area paleo-industriale?
Le intenzioni dell’Amministrazione e dei proprietari si espliciteranno nella quasi totale demolizione di questo simbolo identitario, eccetto una quinta di muro, un minimo suo segmento che - c’è da scommettere - verrà buttato giù e ricostruito e che, assieme a un parco pubblico, costituiscono il “regalo” promesso alla popolazione. Tutto segue il copione tipico dell’ideologia e prassi di chi, con disinvoltura, per decenni ha distrutto l’immagine e la bellezza del nostro Paese. Anche molti cittadini hanno imparato ad argomentare che «non si può fare nulla perché si tratta di un immobile privato», mentre il basilare principio secondo cui proprio il privato deve chiedere una concessione -ossia un permesso per fare qualsiasi cosa- implica che a decidere, almeno sulla carta, sia l’istituzione pubblica. A meno che quest’ultima predisponga strumenti urbanistici fatti in modo da lasciare libertà al privato di decidere. Come è successo. E dire che l’opportunità di mettere mano al Piano regolatore, concretamente e su basi nuove, c’era. A conti fatti rimane sul campo un’Amministrazione, competente o incompetente che sia, debole nel ricoprire la funzione pubblica a cui è stata chiamata. Nel caso del Türck, l’esecutivo ha gestito talmente bene o male l’affare, a seconda del punto di vista rispetto l’incolumità del bene maneggiato, che ad averne il potere sarebbe da chiederne le dimissioni. Purtroppo si può solamente scriverlo.