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sabato 11 aprile 2020

Il nostro augurio per la Pasqua: "la transizione dall'io al noi" ci avvicini ad un mondo di Pace e di Giustizia

La parola ebraica "pesach", da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare". Nel racconto biblico l'azione di "passare oltre" fa riferimento alla "decima piaga", nella quale si narra che il Signore, vedendo il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele, "passò oltre" colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e l'inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa. Pasqua è la resurrezione del Cristo che sconfigge la morte e  "passa oltre".

Pablo Picasso disegnò una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile", in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti da una Umanità che "passa oltre". Ma questi sono giorni di una guerra differente, l'attacco del virus CORONAVID 19, una ”tempesta” che, colpendo l’Umanità intera, ha colpito anche noi italiani, gli occidentali, la parte fortunata del mondo fino a ieri in "immeritata vacanza" dalla Storia, dalla miseria, dalle guerre, dalla desolazione  e dalla disperazione quotidiana che si svolge a poche ore di volo dalle nostre case.

Le parole pronunciate da Papa Francesco lo scorso 27 marzo 2020 in occasione della momento di preghiera per la pandemia del coronavirus, in una piazza San Pietro deserta, saranno uno dei momenti che passerà alla storia: “(…) Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.(…)”

Passerà nella "storia" di tante esistenze la sofferenza patita in questi giorni per la malattia, il dolore per la perdita di genitori, parenti, amici, conoscenti. Una sofferenza resa ancora più amara, crudele, dalla mancanza dei propri cari proprio mentre il "cammino" si faceva più impervio o mentre addirittura si avvicinava la fine del "cammino". Una sofferenza spesso mitigata dalla vicinanza di medici e infermieri che hanno preso a cura, con pietà e amore, coloro che erano stati colpiti dal virus


Siamo sferzati dalla stessa tempesta ma, a differenza degli apostoli, non siamo sulla stessa “barca”. Si abbia l’onestà di confessarlo: tante sono le differenze, i muri, anche nelle nostre comunità. E tante voci si sono levate in questi giorni ad ammonire che, passata “la tempesta”, nulla dovrà essere come prima, facendo riferimento agli errori di una “umanità moderna” che sembra correre verso il baratro, accecata, nonostante i segnali che ammoniscono sulla insostenibilità di tante sue azioni: lo scandalo della povertà e delle diseguaglianze che annichiliscono la dignità di tante persone, i privilegi dei moderni “faraoni” arroccati in metaforiche fortezze, le offese arrecate all’Ambiente, alla Madre Natura. Ripetiamo allora oggi quanto abbiamo scritto nei giorni passati: se oggi  riuscissimo a comprendere l'imprescindibile necessità  della "transizione dall'io al noi", l'aver sconfitto questo nemico invisibile (il virus, "il parassita") non sarebbe stato poca cosa! Siamo sferzati dalla stessa tempesta ma, a differenza degli apostoli, non siamo sulla stessa “barca”. Si abbia l’onestà di confessarlo: tante sono le differenze, i muri, anche nelle nostre comunità. E tante voci si sono levate in questi giorni ad ammonire che, passata “la tempesta”, nulla dovrà essere come prima, facendo riferimento agli errori di una “umanità moderna” che sembra correre verso il baratro, accecata, nonostante i segnali che ammoniscono sulla insostenibilità di tante sue azioni: lo scandalo della povertà e delle diseguaglianze che annichiliscono la dignità di tante persone, i privilegi dei moderni “faraoni” arroccati in metaforiche fortezze, le offese arrecate all’Ambiente, alla Madre Natura. Ripetiamo allora oggi quanto abbiamo scritto nei giorni passati: se oggi  riuscissimo a comprendere l'imprescindibile necessità  della "transizione dall'io al noi", l'aver sconfitto questo nemico invisibile (il virus, "il parassita") non sarebbe stato poca cosa! Sarebbe “un miracolo” la transizione "dall’io al noi",(puoi leggere qui),  avrebbe davvero il significato di una Umanità che “passa oltre” per incamminarsi verso una vita diversa, migliore, per tutti a partire da coloro che sono i più deboli: Pace e Giustizia per l'Umanità

La parola ebraica "pesach", da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare".P

Pablo Picasso disegnò una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile" in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti, da una Umanità che "passa oltre". Ma questi sono giorni di una guerra differente, l'attacco del virus CORONAVID 19, una ”tempesta” che, colpendo l’Umanità intera, ha colpito anche noi




domenica 1 aprile 2018

L'augurio di Pasqua ha bisogno di Pace e Giustizia per l'intera Umanità

La parola ebraica pesach, da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare". L'azione di "passare oltre" fa riferimento al racconto della "decima piaga", nella quale il Signore vide il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele e "passò oltre", colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e l'inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa. 
Pasqua è la resurrezione del Cristo che sconfigge la morte: "passa oltre".
Ai nostri giorni, Pablo Picasso disegna una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile", in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti da una Umanità che "passa oltre". Un futuro possibile ma non ancora concretizzato.





"La vergogna di aver perso la vergogna".
Ancora una volta le parole di papa Francesco si offrono ad una riflessione profonda.
Nella solenne celebrazione della Via Crucis, la Croce è  passata di mano in mano: mani di giovani, come quelle degli autori delle riflessioni che accompagnano; mani che hanno sofferto la guerra, come quelle di una famiglia siriana e di tre religiosi iracheni; mani di una bambina disabile che abbraccia la sua croce ogni giorno
Papa Francesco lo ha  affermato con chiarezza:E' necessario dare nuova forza e impegno per riaccendere la speranza ma è anche necessario riconquistare il sentimento della "vergogna". La vergogna come sentimento necessario a farci comprendere i mali del mondo che gli adulti stanno consegnando ai giovani :«un mondo fratturato dalle divisione dalle guerre; divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati». La vergogna di aver perso la vergogna.
Ai nostri giorni, nel mondo che abbiamo costruito, nuovi "faraoni" erigono mura, regole-leggi, per impedire all'umanità dolente di "passare oltre" le piaghe causate da decenni,secoli di politiche errate: guerre, miseria, ingiustizie. E nuove mura e nuove regole-leggi sono costruite a difesa dei privilegi dei "faraoni" e delle loro "caste di potere" a perpetuare la secolare e oscena divisione fra padroni e sudditi, a spegnere la speranza del cambiamento, del "passare oltre".
Non vi è Speranza di Pace senza Giustizia; invece, quando si costruisce la Giustizia c'è salvezza per chiunque si adoperi e si offra a quel disegno, cristiani e non cristiani. 
Non c'è altra Pasqua se non quella che costruisce Pace e Giustizia per l'intera Umanità.

domenica 16 aprile 2017

L'augurio di Pasqua ha bisogno di Pace e Giustizia per l'intera Umanità

La parola ebraica pesach, da cui deriva Pasqua, significa "passare oltre", "tralasciare". L'azione di "passare oltre" fa riferimento al racconto della "decima piaga", nella quale il Signore vide il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele e "passò oltre", colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e l'inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa. 
Pasqua è la resurrezione del Cristo che sconfigge la morte: "passa oltre".
Ai nostri giorni, Pablo Picasso disegna una "Colomba del Futuro", immagine di un "futuro possibile", in cui il simbolo della Pace -la Colomba- si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti da una Umanità che "passa oltre". Un futuro possibile ma non ancora concretizzato.

Ai nostri giorni, nuovi "faraoni" erigono mura, regole-leggi, per impedire all'umanità dolente di "passare oltre" le piaghe causate da decenni (secoli) di politiche errate: guerre, miseria, ingiustizie. E mura e regole-leggi sono costruite a difesa dei privilegi dei "faraoni" e delle loro "caste di potere"; caste che sembrano retaggio medioevale eppure mai come oggi appaiono così salde, potenti e ben visibili, a perpetuare la secolare e oscena divisione fra padroni e sudditi.
Papa Francesco lo ha  affermato ieri sera, nella solenne Veglia della Notte Santa di questa Pasqua: "Maria di Magdala e l’altra Maria riflettono il volto di donne, di madri che piangono vedendo che la vita dei loro figli resta sepolta sotto il peso della corruzione che sottrae diritti e infrange tante aspirazioni, sotto l’egoismo quotidiano che crocifigge e seppellisce la speranza di molti, sotto la burocrazia paralizzante e sterile che non permette che le cose cambino".
Non vi è Speranza di Pace senza Giustizia; invece, quando si costruisce la Giustizia c'è salvezza per chiunque si adoperi e si offra a quel disegno, cristiani e non cristiani. 
Non c'è altra Pasqua se non quella che costruisce Pace e Giustizia per l'intera Umanità.

A coloro che sono in condizioni di difficoltà, a coloro che sono capaci di lottare per la Pace e la Giustizia, l'augurio di una Pasqua di Speranza, una Speranza che deve essere quella descritta da don Tonino Bello

Cosa è la speranza?
È difficile parlare di speranza. 
Bisogna far capire invece che la speranza è parente stretta del realismo, 
la tensione di chi, incamminandosi su una strada, 
ne ha già percorso un tratto e orienta i suoi passi, 
con amore e trepidazione, 
verso il traguardo non ancora raggiunto. 
È impegno robusto che non ha da spartire nulla con la fuga. 
Perché chi spera non fugge. Si incarna nella storia, non si aliena. 
Costruisce il futuro, non lo attende soltanto. 
Ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma. 
Ha la passione del veggente, non l’aria avvilita di chi si lascia andare. 
Cambia la storia, non la subisce. 
Ricerca la solidarietà con gli altri viandanti, non la gloria del navigatore solitario. 
don Tonino Bello


domenica 27 marzo 2016

L'augurio di Pasqua ha bisogno di Pace e Giustizia per l'intera 'Umanità.




La parola ebraica pesach - da cui deriva Pasqua- significa "passare oltre", "tralasciare". L'azione di "passare oltre" fa riferimento al racconto della "decima piaga", nella quale il Signore vide il sangue dell'agnello sulle porte delle case di Israele e "passò oltre", colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e l'inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa.  Pasqua è la resurrezione del Cristo che sconfigge la morte: "passa oltre".
Ai nostri giorni, Pablo Picasso disegna una "Colomba del Futuro", immagine di un futuro possibile, in cui il simbolo della Pace, la Colomba, si posa su strumenti di guerra di morte distrutti, sconfitti; strumenti di morte distrutti, sconfitti, da una Umanità che "passa oltre". Ma non vi è Speranza di Pace senza Giustizia; e quando vi è Giustizia, c'è salvezza per chiunque si adoperi e si offra a quel disegno, cristiani e non cristiani. 
Questo il tema della riflessione di Vito Mancuso che riportiamo di seguito.

"Colomba del Futuro" di Pablo Picasso

Fonte : La Repubblica 

Cristiani o no siate giusti e sarete salvi. Il senso vero della Pasqua è che la redenzione riguarda tutti gli esseri umani ed è legata al bene e all’amore


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«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni», dichiarò il cardinal Martini nell’ultima intervista, ma io penso che tale ritardo ecclesiastico sia l’espressione di un più preoccupante ritardo del cristianesimo in quanto tale, sempre più incapace di sostenere il suo annuncio fondamentale. Fa problema il centro stesso della fede cristiana, cioè la salvezza. Come pensarla? Qual è la sua specificità? Roger Haight, gesuita americano, descrive così la situazione: «Il significato della salvezza rimane elusivo; ogni cristiano impegnato sa che cos’è la salvezza finché non gli si chiede di spiegarla». Non c’è religione senza salvezza, ci sono religioni senza Dio, nessuna senza salvezza. Per il cristianesimo la salvezza scaturisce dalla Pasqua di Cristo, al cui riguardo si legge nel Catechismo cattolico: «Vi è un duplice aspetto nel Mistero pasquale: con la sua morte Cristo ci libera dal peccato, con la sua Risurrezione ci dà accesso ad una nuova vita» (art. 654). Questo è il centro del messaggio: la salvezza come redenzione operata da Cristo. Il concetto di redenzione è sconosciuto alle altre religioni: Mosè, Buddha, Confucio, Maometto sono legislatori, maestri, profeti, saggi, non redentori, non sono cioè essi a dare la salvezza, che è invece ottenuta dai fedeli seguendo i loro insegnamenti. Il cristianesimo si distingue perché ritiene l’umanità corrotta dal peccato originale e incapace di meriti spirituali, e quindi annuncia la salvezza come operata gratuitamente da Dio mediante la redenzione ottenuta da Cristo …

Ogni anno la Pasqua è la solenne celebrazione di questo evento. Esaminando la storia di tale dottrina si vede che il primo a formularla fu San Paolo. Egli scrive: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue» (Romani 3, 23-25). Paolo afferma che la morte di Cristo è stata voluta direttamente da Dio e altrove aggiunge: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore» (2 Corinzi 5,21). Leggendo i suoi scritti in ordine cronologico si scopre però che non sempre San Paolo la pensava così. Nella sua lettera più antica infatti egli non parla della morte-risurrezione di Cristo come di un atto redentivo, né dell’evento salvifico come già avvenuto. Al contrario per lui la salvezza deve ancora attuarsi. Ecco come: «Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi per andare incontro al Signore» (1Tessalonicesi 4,16-17).
Paolo scrive che Cristo è morto «per noi», ma non fa dipendere la salvezza da quella morte, prova ne sia che non ritiene quest’ultima voluta da Dio (come invece sosterrà in seguito) ma dagli ebrei, come appare da queste parole destinate nei secoli ad alimentare l’antisemitismo: «I giudei hanno persino messo a morte il Signore Gesù e i profeti, e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini» (2,15-16). Qui non c’è un piano di Dio che manda il Figlio a morire, c’è piuttosto l’inimicizia degli ebrei che hanno ucciso Gesù, il quale però è stato risuscitato da Dio a chiara dimostrazione della mutazione della storia che si realizzerà con il suo imminente ritorno. La stessa impostazione si ritrova in 1Corinzi.
San Paolo cambia presto prospettiva ed è facile capire il perché: la mancata venuta di Cristo lo induce a porre il centro focale non più nel futuro ma nel passato, Cristo è il salvatore non perché tornerà vittorioso ma perché è morto offrendosi al Padre e riconciliandoci a lui con il suo sangue. Cristo diviene così il redentore crocifisso. È in questa luce che vent’anni dopo vengono composti i Vangeli. Essi però, riportando anche il pensiero di Gesù, permettono di sollevare la questione decisiva: Gesù pensava la salvezza come redenzione oppure, da ebreo osservante, la legava al responsabile esercizio della libertà?
Vi sono testi evangelici in linea con la teologia della redenzione, per esempio quando Gesù dice di essere venuto per «dare la propria vita in riscatto per molti» (Marco 10,45) o quando nell’ultima cena pronuncia le note parole: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati» (Matteo 26,28). Nei Vangeli però vi sono molti altri testi che presentano la salvezza legata non a un evento esterno ma alle azioni liberamente poste, secondo la tradizionale concezione ebraica della salvezza come esito della fedeltà all’alleanza, cioè come giustizia. Io penso anzi che a Gesù la dottrina della redenzione non sarebbe piaciuta per nulla, c’è tutto il discorso della montagna a dimostrarlo, a partire dalle parole del Padre Nostro sul ruolo attivo della libertà: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Gesù prosegue: «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Matteo 6,12-15). La mossa decisiva spetta alla libertà umana, la quale per Gesù è in grado di operare anche il bene perché non è irrimediabilmente corrotta, come invece dirà San Paolo e più radicalmente Sant’Agostino.
L’idea di una libertà efficace in ordine alla salvezza si ritrova in molti altri passi evangelici tra cui: «Col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Matteo 7,2). Il principio salvifico è quindi legato alla prassi responsabile: «Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Matteo 7,21). Il Discorso della montagna, cuore del messaggio di Gesù, è un appello alla libertà quale via efficace per il conseguimento della salvezza.
A questo punto appare evidente la problematicità della successiva costruzione teologica cristiana basata sulla redenzione, da cui la difficoltà nel rispondere alle seguenti questioni: 1) In cosa consiste propriamente la redenzione operata da Cristo? 2) L’atto redentivo vero e proprio è la morte di croce o è la risurrezione? 3) Qual è la sorte di chi non vi partecipa? 4) Da cosa si viene redenti: dalla morte, dal Diavolo, dall’egoismo, dal mondo, dal castigo di Dio, dalla Legge, dal peccato, o da tutto questo messo insieme? La radice dell’aporia risiede a mio avviso nell’idea di una specificità cristiana della salvezza in quanto legata a un determinato evento storico, cioè nell’impostazione data al cristianesimo da san Paolo ed estranea a Gesù. In realtà occorre pensare che la salvezza è sempre stata disponibile agli esseri umani, a qualunque religione o non-religione appartengano, perché è legata al bene e alla giustizia. È il Vangelo ad affermarlo: «Venite, benedetti dal Padre mio, riceverete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito» (Matteo 25,34-36). Nel Libro dei Morti dell’antico Egitto vi sono parole analoghe: «Ho soddisfatto Dio con ciò che ama: ho dato pane all’affamato, acqua all’assetato, vestiti all’ignudo, una barca a chi non ne aveva» (cap. 125). Il testo risale a 1500 anni prima di Cristo e dicendo le stesse cose mostra il vero senso della salvezza, che mai mancò al genere umano, ben prima del cristianesimo storico: la liberazione dall’ego e l’apertura al bene, all’amore, alla giustizia. Io ritengo non implausibile pensare che, in chi pratica questo stile di vita, possa generarsi una peculiare disposizione della sua energia costitutiva (ciò che tradizionalmente si chiama anima) in grado di vincere la curvatura dello spazio-tempo. 
Vito Mancuso, la Repubblica 26 marzo 2016

sabato 4 aprile 2015

Auguri per Pasqua vera

Auguri per una Pasqua che riacquisti il suo significato nel segno di un cambiamento vero: Giustizia, Dignità, Pace e Libertà per l' Umanità intera


"(...) Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci 

impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a

 cambiare, forse ce la faremo".  Rita Atria
Continuiamo ad agire per sognare!
                                                                                           presidio LIBERA " Rita Atria" Pinerolo

domenica 20 aprile 2014

Auguri per una Pasqua di vero cambiamento

Auguri per una Pasqua che acquisti il suo significato nel segno di un vero cambiamento: Giustizia, Dignità, Libertà per l'intera Umanità. 


"(...) Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo".  Rita Atria
Continuiamo ad agire per sognare!
                                                                                           presidio LIBERA " Rita Atria" Pinerolo

sabato 7 aprile 2012

Auguri per una Pasqua serena e di pace


Proviamo  a immaginare la Bellezza di una Resurrezione
Auguri per una Pasqua serena e di pace 




Erice 5 giugno 1992
"(...) L'unica speranza è non arrendersi mai. (...) Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo".
Rita Atria