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mercoledì 29 gennaio 2020

Le Mafie in Piemonte. Vogliamo parlarne?

Paradossalmente si potrebbe dire che la cronaca delle mafie, anche in Piemonte, è una storia di "straordinario successo".
Non esiste gruppo criminale al mondo che possa vantare una storia lunga come le mafie italiane: segno che il fenomeno non tratta solo di reati penali ma anche di cultura distorta delle comunità.  
Perché, anche in Piemonte, la magistratura è stata lasciata sola a contrastare il fenomeno delle mafie?
Perché "Troncare, sopire...Sopire, troncare", pare essere a volte il sottaciuto ordine nonostante in molti si sappia "tutto" ( o quasi) da anni?
Perché la cosiddetta "società civile" non è capace di produrre anticorpi efficaci contro il fenomeno mafioso?
Perché il "pensiero mafioso" è così diffuso anche fra coloro che non possono essere certo definiti propriamente mafiosi?
Vogliamo parlarne?
A queste e ad altre domande abbiamo il dovere di dare risposta

mercoledì 15 ottobre 2014

Elvio Fassone, senatore e giudice:“ La classe politica non è mai all’altezza"

Scriviamo col pensiero rivolto agli ultimi disastri che in questi giorni hanno colpito Genova, la Maremma e tante zone d'Italia. Cordoglio per coloro che hanno perso la vita, condanna per coloro che hanno permesso che ciò avvenisse.
Disastri che solo in parte sono da addebitarsi agli eventi metereologici: la colpa maggiore risiede nelle azioni di coloro che, amministrando quei territori, ne hanno sconvolto gli equilibri e le caratteristiche.
Disastri annunciati, provocati da politiche urbanistiche davvero censurabili, perseguite da frotte di amministratori e classi dirigenti la cui unica preoccupazione pare essere il procacciamento del Potere e il suo mantenimento.  l cosiddetti "beni comuni" - il territorio, il paesaggio, la salute delle comunità- non è (quasi mai) una priorità per la classe dirigente del Paese mentre si preferisce più spesso creare e "gestire" (non significa affatto risolvere"!) le "emergenze": il dissesto idrogeologico, la casa, il lavoro, le "grandi opere"...
La presenza delle organizzazioni mafiose in quei territori è poi un filo conduttore che potrebbe spiegare tante delle cose che accadono in questo Paese. 

Una riflessione, a partire da "una intervista coraggiosa"
Alla luce di queste premesse, continuiamo  iniziata lo scorso anno qui quanto avevamo  scritto ) grazie al contributo del sen. Elvio Fassone e del sostituto procuratore Ciro Santoriello, sul legame che dovrebbe essere imprescindibile fra Legalità, le regole che diventano le Leggi di una comunità, e la Giustizia, i Principi su cui fondare una comunità.

Sen. Elvio Fassone
Una intervista “coraggiosa”di Elvio Fassone
Il giornale Pinerolo Indialogo, nel numero di settembre 2014, riporta una intervista al Sen. Elvio Fassone ( qui il testo integrale dell'intervista). A nostro parere, si tratta di una intervista “coraggiosa” , poiché il il sen. Fassone esprime, fra le altre cose, un giudizio  sugli “eletti”, su coloro che in uno stato democratico sono chiamati a guidare la comunità. Interrogato sulla classe politica (pinerolese) Elvio Fassone dice:“(…) La classe politica non è mai all’altezza. Purtroppo infatti la politica non riesce ad attrarre chi dovrebbe. (…)”.
Aldilà del riferimento alla classe politica "locale", pensiamo  che il concetto espresso dal sen. Fassone debba sollecitare una riflessione più ampia e generale.

Una nazione:"una nave"!
Parliamo per metafora: se una nazione–comunità fosse rappresentata da "una nave", la classe politica-dirigente potrebbe essere il comandante e l’equipaggio di quella nave e noi, comuni cittadini, i passeggeri. Se dovessimo giudicare il comandante e l’equipaggio della nave, di certo saremmo rassicurati dal sapere che –comandante ed equipaggio- hanno dato prova di saper condurre egregiamente la nave soprattutto quando il mare si ingrossa
Le cose sono  ovviamente più complesse. Anzitutto, il comandante della nave-Italia spesso “schettina”. La figura di quel comandante rappresenta egregiamente quegli italiani ( e non solo italiani) che aspirano a posizioni di comando per potersene poi avvantaggiare: sfoggio di divise, abiti di fine sartoria, cene eleganti, battute spiritose. I fatti dimostrano che, sotto il vestito, spesso vi è poca sostanza-capacità. Ma  andiamo a vedere anche gli altri. Nell'equipaggio (la classe dirigente) così come tra i passeggeri (i cittadini) troviamo persone molto diverse tra loro: ci sono persone per bene e persone per male, eroi e farabutti, come anche le indagini sulla tragedia della "Concordia" hanno messo in luce. Osserviamo ora più attentamente l'equipaggio: possiamo distinguere la ciurma dai graduati e concordare nel dire che se il comportamento riprovevole di uno della ciurma è sì disdicevole -ma è difficile che provochi un gran danno- il comportamento scorretto di un ufficiale o un sottufficiale può provocare un danno enorme, perché più si sale nella catena di comando, più si hanno responsabilità e più si dovrebbe avere un alto senso morale, essere i "migliori"!

Ma quali sono le persone migliori? Cosa è "morale" nel Paese-Italia che abbiamo costruito?
La realtà: abbiamo costruito una società che si fonda oramai sull'interesse del “singolo” il quale deve perseguire a qualsiasi costo i propri, personalistici, interessi. Il successo, il denaro, il potere,  paiono essere il solo metro di valutazione, mentre i valori etici e morali vengono piegati -o accantonati- per il  raggiungimento di quegli obbiettivi. "Padroni e padrini” spadroneggiano" alla grande: si distruggono “risorse umane” -i destini degli individui-  e le ricchezze della Terra pur di ottenere privati ed esclusivi vantaggi per la famosa triade: caste-cricche-coste.
Se così è, allora  per certuni “i migliori” sono ovviamente quelli che riescono meglio in simili attività.

Chi sono per noi “i migliori”? 
Per noi i migliori sono quelli che per onestà di comportamento, aderenza a valori etici e morali, capacità di individuare percorsi e progetti corretti e sostenibili, volontà di impegno a favore delle comunità, possono offrire un contributo alla comunità stessa. Servizio e non Potere! Questi sono coloro che, a nostro parere, dovrebbero essere chiamati a guidare le comunità.
Un cammino che ci era stato indicato nei Princìpi Fondamentali della nostra Costituzione. In quel documento, pure frutto di un compromesso necessario fra le varie componenti che ne avevano determinato i cardini, i Principi, il sogno di un Paese per il quale tanti italiani avevano sacrificato la vita. Una Costituzione che, ancora oggi, richiederebbe anzitutto di essere attuata, prima che riformata!

Quali sono "i migliori" per il sistema politico italiano?
Il sistema partitico italiano pare perseguire strade ben diverse da quelle che abbiamo indicato prima. Divenuto  una sorta di “corporazione” di cui si è chiamati a farne parte per “cooptazione”, i partiti che lo compongono producono i cosiddetti "nominati”, di cui tanto sentiamo parlare da quando i cittadini sono costretti ad eleggere soggetti appunto "nominati-indicati" dagli stessi capi-partiti. Come sottolinea il sen. Fassone, cosa grave è che questa chiamata non sempre riguarda “ i migliori” della comunità. La storia (la cronaca) ci insegna che spesso la scelta, la nomina, ricade piuttosto su coloro che si dimostrano fedeli e accondiscendenti ai “desiderata” ( non sempre "ideali") dei “capi del sistema" stesso. Non solo: il “sistema” è poi capace di  legare a sé coloro che ne fanno parte attraverso tutta una serie di privilegi che, alla luce di quanto oramai sappiamo, sono tratto peculiare (e a nostro parere scandaloso) della cosiddetta “casta politica” italiana, una fra tante. Costoro, nominati e privilegiati, sono fra coloro che guidano il Paese! 
Come guideranno la nave-Paese? In quale direzione?

Perché "i migliori"non si fanno avanti? (..."migliori" secondo i parametri  del sen. Fassone e forse anche nostri)
Nel passaggio relativo alla classe politica, Elvio Fassone sottolinea un altro punto fondamentale:”(…) Le elezioni dovrebbero servire, nel senso antico del termine (eligere) a selezionare i migliori. Tuttavia questi dovrebbero farsi avanti, e ciò quasi mai accade.(…)
Ci permettiamo di dire che  è questa una considerazione che abbiamo manifestato sin dall’inizio della nostra ancor breve esperienza condotta come presidio “Rita Atria”: "(...) a fronte della mole di servizio reso alla collettività da associazioni e gruppi di volontariato (...)colpisce la scarsa possibilità di questi di incidere poi realmente negli indirizzi politici della collettività (...)".  ( qui "Esiste la società civile?", l'articolo nel quale ponevamo la questione).
A nostro parere, coloro che ritengono di poter offrire un contributo di idee e di capacità alla propria comunità,  in buona fede e senza mire di tornaconto personale,  alcuni ( molti?) di quei "migliori" spesso preferiscono agire nel mondo del lavoro, del volontariato, dell’associazionismo, piuttosto che entrare in una competizione, in un "sistema", che ha dato ampia prova di saper trovare mezzi e modi per eliminare (o almeno ridurre  in secondo piano) coloro che non si adeguano al sistema stesso o che, addirittura, quel sistema vorrebbero cambiare, visto il suo decadimento.

Sarà colpa della "questione morale"
Non vorremmo "chiudere il cerchio" in maniera troppo frettolosa ma pensiamo che una parziale spiegazione della ritrosia di quei “migliori" a farsi avanti  sia da ricercare nella cosiddetta questione morale”."Questione " irrisolta e anzi spesso accantonata dal patrimonio ideale e reale di tanta politica-partitica italiana. Inutile negarlo: col pensiero andiamo alla celebre intervista  che Enrico Berlinguer  rilasciò a Eugenio Scalfari nel 1981...o alla diversità perduta? Rileggendo quell'intervista, anzicchè "analisi datata" del mondo dei partiti dell'epoca,  le parole di Berlinguer appaiono come "il copione" seguito poi da "pezzi" della nazione, in cui varie componenti "colludono"  in uno scambio di reciproci favori e omissioni, barattando "doveri e diritti", facendo strame dei principi fondativi della nazione stessa.
Il primo passo che oggi porta a dire che "la politica "non è mai all'altezza"?


Arturo Francesco Incurato
Umberto Ottone
Stefano Ruffinatto

giovedì 18 settembre 2014

Pensieri e Osservazioni alla Variante "Portici Blu"

Ancora una volta ci pare necessario ricordarlo: "Sentinelle del territorio, ci interessiamo dell'urbanistica del nostro territorio perchè  proprio l’urbanistica - intesa come la gestione del territorio e definizione dei gradi di tutela che a questo si riservano- può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi,  il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale". 
Pinerolo - area dei "Portici blu "  
Come abbiamo anticipato a inizio settimana, sono state presentate le Osservazioni alla deliberazione del Consiglio Comunale di Pinerolo n. 33 del 29 luglio 2014 ( qui il testo integrale), riguardante la "valorizzazione" ( che significa "vendita"!) dell'area dei cosiddetti " Portici blu" di Pinerolo.
Vogliamo ritornare sul tema invitando a riflettere su considerazioni  che vanno al di là delle pur necessarie questioni tecniche, giuridiche e legislative della materia urbanistica,  ma che muovono invece da quanto abbiamo imparato da due nostri concittadini: il sen. Elvio Fassone e il sostituto procuratore dott. Ciro Santoriello. 



Il sen. Elvio Fassone, già valente magistrato, in occasione un incontro-riflessione dello scorso dicembre 2013 con gli studenti del Liceo "M. Curie" di Pinerolo, ci ha ricordato come il cammino della democrazia altro non è stato se non il lungo, faticoso, drammatico, ancora in parte incompiuto, tentativo di cambiare il detentore del Potere: dal "re", dal potente di turno, al Popolo!
Non solo ma "regola prima" di uno stato democratico è che "jus" deve coincidere con "justium": quel che "è comandato" (la regola che si vuol far diventare "legge") deve tendere a coincidere -necessariamente - con ciò che è "giusto" per il bene della comunità

Nell'ambito di quegli incontri il sostituto procuratore della repubblica dott. Ciro Santoriello continuava la riflessione sul tema della "Legalità", tema e aspetto fondamentale per la storia e il futuro del nostro Paese, offrendoci una sintesi rappresentativa del ragionamento iniziato dal sen. Fassone: la Legalità, la Legge, da sola non bastaOccorre che le regole-leggi emanate siano ispirate a principi di Giustizia, perchè il Principio ha una "eccedenza deontologica" rispetto alla regola: "il Principio contiene doveri ( regole) morali assolute!  la Regola è un Sogno!...quando, e "se", si ispira ad un Principio.  

Elvio Fassone e Ciro Santoriello sottolinearono in quegli incontri il richiamo obbligatorio ai principi fondamentali della Costituzione Italiana: la "regola delle regole", la bilancia "ideale" su cui pesare il grado di Giustizia contenuto in una "regola" che  diviene "legge".  
E allora, quanti di quei Principi (Sogni!) contenuti nella Costituzione siamo riusciti a trasformare in realtà, nonostante la mole di leggi che quotidianamente vengono emanate ? Quanta Giustizia vi è in quello che diviene "Legalità"?
Dov'è il Sogno? Dov'è, qual'è, il Progetto offerto al nostro Paese, alle nostre comunità? 
Abbiamo reso concreto il "sogno-aspirazione" del Lavoro ( vero" onesto e dignitoso!) come fondamento della dignità degli individui e delle comunità? Abbiamo costruito una Legge uguale per tutti? Abbiamo  riconosciuto "il premio" ai più capaci e ai più meritevoli,? Abbiamo saputo difendere il Paesaggio?
Oggi sentiamo parlare di decreti che dovrebbero rilanciare l'economia del paese puntando sul "rilancio dell'edilizia", sulla "valorizzazione" dei beni comuni. Salvatore Settis, fra gli altri, sottolinea da tempo la  continuità di intenti inquietante che, sul tema, pare guidare "governi e governanti" degli ultimi decenni: "Questa cieca, suicida devastazione dello spazio in cui viviamo, la «progressiva trasformazione delle pianure e delle coste italiane in un'unica immensa periferia», non avverrebbe impunemente se vi fosse fra i cittadini «una chiara percezione del valore della risorsa e dell'irreversibilità del suo consumo».Salvatore Settis, Paesaggio Costituzione cemento
Sulla scorta dei  pensieri dai quali siamo partiti, pensieri "fuori luogo, invitiamo a riflettere su alcune questioni "politiche" poste nel documento Osservazioni e di cui anticipiamo la conclusione: "(...) Il territorio, le città e le risorse naturali che consentono la vita associata sono beni comuni non negoziabiliLe istituzioni pubbliche, attraverso le forme della partecipazione attiva della popolazione, ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze".  
Abbiamo imparato che è necessario provare a rispondere ad un quesito fondamentale: quanto di ciò che è reso "legale" è in realtà "giusto"?


Condiderazione iniziale
In un’economia di mercato gli edifici vengono costruiti per essere venduti! 
(...) ignorando totalmente i più elementari fondamenti della pianificazione urbanistica, la delibera sui “portici Blu” non fa certo riferimento a una “domanda abitativa da soddisfare” ma definisce -a priori- una ulteriore “offerta edilizia” rappresentata dai molti nuovi vani previsti. Nella realtà, a Pinerolo come altrove, non esiste affatto una richiesta di ulteriori costruzioni, stante la sovrapproduzione edilizia degli anni passati e il grande numero di alloggi vuoti posti in vendita o in affitto, spesso vanamente, dai proprietari. Non solo: a ulteriore conferma di quanto detto, numerose sono concessioni edilizie già approvate ma non ritirate dai proponenti. 
Soltanto un segmento della domanda di abitazione non trova soddisfazione, un segmento di mercato che la crisi che attraversiamo rende piuttosto consistente e in continua crescita: la richiesta di edilizia economico-popolare, abitazioni di costo contenuto o con affitti calmierati, categoria di abitazioni che tuttavia non sembra rientrare nelle intenzioni dell’Amministrazione a riguardo dell’area in questione.
Anche il procedimento seguito per arrivare a quantificare il presunto valore dell’area dei cosiddetti “Portici Blu” è del tutto inverso a quanto avviene nell’ordinaria gestione del territorio. (...) capovolgendo il procedimento, si fissano “a priori” le caratteristiche degli edifici dai quali “poi” scaturirà la tabella. Il motivo di questo strano modo di operare è del tutto evidente: si vuole arrivare a una cifra notevole da porre in Bilancio e, in conseguenza di quella, sono ipotizzate le caratteristiche dei “nuovi grattacieli”. Scriviamo “grattacieli” -sia pure commisurati “al metro pinerolese”- perché solo con edifici di elevata altezza si può raggiungere la prefissata rendita fondiaria. Un “modus operandi” capace di suscitare l’invidia di qualsiasi immobiliarista! …
La scelta (per altro obbligata dall’elevato costo di ciascun vano) di destinare una consistente parte degli edifici a uffici e servizi sembra poi andare in direzione contraria a quella consolidatasi negli ultimi anni: l’attuale tendenza, assai evidente in Pinerolo, è infatti quella di trasferire servizi e uffici in periferia, laddove minori sono i costi di gestione e più facile risulta anche trovare-offrire parcheggio agli utenti-clienti.
Da quanto sopra esposto, appare improbabile il coinvolgimento di uno o più operatori capaci di impegnare nell’impresa le risorse economiche necessarie. La crisi di liquidità di cui soffre il mercato (almeno per quel che riguarda il denaro “pulito”) è tale da scoraggiare qualsiasi imprenditore capace di valutare il rapporto costi-benefici: benefici incerti, costi sicuramente assai elevati e aleatori, almeno in parte, anche in virtù delle diverse problematicità che l’area presenta. Allora perché affrontare gli oneri di una variante ( oneri rilevanti a carico della comunità anche a causa dell’affidamento del progetto ad un professionista esterno) se questa difficilmente potrà trovare attuazione?
Perchè compromettere per sempre il carattere di "bene comune" di una piazza (rendendola edificabile) pur sapendo che il progetto ipotizzato difficilmente verrà attuato?
Infine, ci preme una considerazione di carattere “macroeconomico”. Le cosiddette “politiche della casa” prevalenti (da sempre) in Italia, hanno prodotto in verità effetti deleteri. Esaurito il loro ruolo storico nella fase di ricostruzione del dopo-guerra e nella loro funzione anticiclica durante il “miracolo economico”, hanno finito con l’ingenerare processi di sovrapproduzione del patrimonio edilizio. Si è costruito tanto, troppo rispetto ai bisogni reali. Bisogni che spesso sono stati quantificati neppure correttamente: si vedano, ad esempio, le previsioni del tutto errate del Piano Regolatore della Città di Pinerolo. Rendita fondiaria, tassi di profitti altissimi per i costruttori e rimunerazione di un capitale finanziario che difficilmente trovava altre forme d’impiego, per molti anni l’hanno fatta da padroni senza che le Istituzioni riuscissero a frenare “la colata di cemento” che si è conseguentemente abbattuta sul nostro Paese. Ma le istituzioni hanno mai voluto frenare quella colata di cemento, causa di tanti dissesti idrogeologici e della devastazione di tanta parte del territorio italiano? La domanda è  evidentemente retorica.
Gli effetti di quella politica sono stati anche altri. Alla devastazione del territorio si è aggiunto un massiccio trasferimento di risorse: dal reddito “da lavoro” e dal “risparmio” delle famiglie verso la rendita speculativa. Spinti all’acquisto della casa, all’investimento nel “mattone”, in molti –e soprattutto i proprietari delle abitazioni di minor pregio- oggi si ritrovano con un bene-casa il cui valore è assai inferiore di quanto era stato pagato (o che continua a essere pagato tramite i ratei dei mutui). (...) Promuovere nuove costruzioni, tutt’altro che necessarie in un mercato stagnante e con una offerta nettamente prevalente sulla domanda, a nostro parere significa perpetuare una politica irresponsabile e che, proprio alla luce di quanto esposto, appare cinica e affatto rispondente ai bisogni delle fasce più deboli della comunità, coloro che -più degli altri- avrebbero invece necessità di una politica accorta e lungimirante.

 Infine, un estratto della parte  conclusiva del documento Osservazioni:
Conclusioni
"(...) La variante dei «Portici blu» non risponde in alcun modo al problema che si è evidenziato, l’emergenza abitativa, e che riguarda sostanzialmente il diritto dei cittadini ad avere condizioni di vita dignitose e la conseguente possibilità  di accedere al bene-casa.
"(...) La “trasformazione” della piazzetta dei Portici Blu in edifici residenziali e commerciali contraddice il diritto ai servizi collettivi sempre affermato come centrale nella politica amministrativa della città. I cittadini verrebbero infatti (de)privati di uno di quei beni comuni che costituiscono elementi di qualità della vita associata. 
" (...) Il territorio, le città e le risorse naturali che consentono la vita associata sono beni comuni non negoziabili. Le istituzioni pubbliche, attraverso le forme della partecipazione attiva della popolazione, ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze".  

giovedì 9 gennaio 2014

Ripartiamo, ricordando. Gli incontri del presidio "Rita Atria" Pinerolo. Legalità deve essere Giustizia!

A partire dallo scorso novembre 2013 sono ripresi gli incontri del presidio Libera " Rita Atria" Pinerolo con le scuole pinerolesi. 
Il 4 e il 6 dicembre 2013 Il presidio Libera "Rita Atria" ha incontrato alcune classi del Liceo Scientifico "M.Curie" Pinerolo.  Ospiti relatori  il sen. Elvio Fassone e il sost. procuratore Ciro Santoriello. Vorremmo soffermarci su questi due ultimi incontri perchè le parole dei due ospiti hanno fornito importanti elementi di riflessione sul tema della Legalità-Giustizia, e quindi sui Principi, elementi su cui fondare il nostro dovere-diritto di essere "cittadini responsabili"

Dalle Parole...alla "Regola delle Regole": La Costituzione Italiana! 
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Abbiamo fatto Memoria.
Negli incontri abbiamo fatto Memoria! A partire dalle rivelazioni del pentito della camorra Carmine Schiavone  e dal dramma della "Terra dei Fuochi". Abbiamo fatto memoria di Vincenza  Maisto per ricordarci che "Combattere le mafie significa difendere la Bellezza della nostra vita". Vincenza  Maisto, era divenuta simbolo della battaglia per la Terra dei Fuochi. “Acerra non deve morire: salviamola” era la scritta che si leggeva sul biglietto che Vincenza mostrava mentre era nel letto dell’ospedale dove era ricoverata a causa del tumore che l'aveva colpita all'età di dodici anni. Vincenza Maisto è morta lo scorso 26 novembre 2013. 
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Vincenza Maisto
Abbiamo fatto memoria della sentenza di  Processo Minotauro
Nevio Coral
Le mafie esistono e sono radicate anche al Nord, anche in Piemonte.  
"Pezzi" della politica, dell'imprenditoria, della cosiddetta "società civile" si avvalgono dei servizi offerti dalle organizzazioni mafiose. La condanna  in primo grado a dieci anni di reclusione dell'ex sindaco di Leinì Nevio Coral dimostra la "qualità" -oltrecchè la "quantità"- della presenza mafiosa nei nostri territori. Importante sarà poi conoscere le motivazioni che hanno portato i giudici torinesi alle decisioni della sentenza



Riflettiamo insieme agli studenti : "REGOLA"!
Abbiamo invitato gli studenti a offrirci la loro definizioni della parola "Regola".
Partendo da queste, l'appassionato contributo di Elvio Fassone, già giudice e senatore, ci ricorda come il cammino della democrazia altro non è stato se non il lungo, faticoso, drammatico, tentativo di cambiare il detentore del Potere - che deve avere-prevedere "regole": dal "re", o dal potente di turno, al Popolo!
Riflettiamo sul fatto che, come il sen. Fassone sottolinea, "regola prima" di uno stato democratico è che che "jus" deve coincidere con "justium": cio che è "comandato" deve coincidere -necessariamente (!) -con ciò che è "giusto"! I principi  fondamentali contenuti nella a Costituzione Italiana sono "la bilancia" su cui pesare la Giustizia delle regole-leggi ( la Legalità) che vengono emanate. Infine l'invito rivolto agli studenti: siate soggetti politici, appassionatevi alla politicaPerchè questa, la Politica, è il sistema-modo, in cui si può cambiare democraticamente una società. Se lasciamo e deleghiamo esclusivamente ad altri la gestione della politica , ecco che "il potere" può ricadere nelle mani di chi può utilizzarlo per usi personalistici:  leggi "ad personam", leggi che non perseguono il bene comune della collettività!
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il sen. ELVIO FASSONE

Nell'incontro del 6 dicembre col sostituto procuratore della repubblica CIRO SANTORIELLO continua la nostra riflessione sul tema della Legalità, tema fondamentale per la storia e il futuro del nostro Paese. 
Il dott.Santoriello ne sottolinea  un importante aspetto: la Legalità, la Legge, da sola non basta!. Occorre che le regole-leggi emanate siano ispirate a Pricipi di Giustizia, perchè il Principio ha una "eccedenza deontologica" rispetto alla regola: il Principio contiene doveri ( regole) morali assolute! 
Ed ecco la definizione che ci regala il dott. Santoriello: la Regola è un Sogno!...quando, e "se", si ispira ad un Principio. 
Il richiamo obbligato è, ancora una volta, ai principi fondamentali della Costituzione Italiana: il Principio del lavoro come fondamento della comunità, una Legge uguale per tutti, il premio riconosciuto ai più capaci e ai più meritevoli, la difesa del Paesaggio. Quanti di quei Principi (Sogni!) contenuti nella Costituzione siamo riusciti a trasformare in realtà, nonostante la mole di leggi che quotidianamente vengono emanate. Dov'è il Sogno? Dov'è, qual'è, il Progetto offerto al nostro Paese? 
Anche il dott. Santoriello invita ad essere donne e uomini responsabili: questo il dovere a cui ci chiama il rispetto dei Principi. Nella vita che conduciamo, ciascuno di noi è chiamato a compiere scelte, operare decisioni; ma queste non devono essere ispirate solamente dal rispetto di regole-leggi ( e magari solo per il timore di incorrere in sanzioni). Importante è comprendere su quali Principi fondare le azioni-scelte della nostra vita. 

il sost. procuratore CIRO SANTORIELLO
E alla fine di questi due interventi comprendiamo, tutti insieme, perchè la scuola è così importante: 
Perchè la scuola deve servire a sviluppare conoscenza e intelligenza! 
Perchè conoscenza e intelligenza sono necessari a comprendere e interpretare quanto accade!  ( e per questo motivo sono elementi scomodi "al Potere")
Perchè conoscenza e inteligenza sono gli strumenti necessari per trasferire democraticamente il Potere: "dal più forte" al Popolo. 
Perchè conoscenza e intelligenza sono gli strumenti  necessari per costruire Principi e Sogni che guidano un Paese!
E comprendiamo perchè la conoscenza e l'intelligenza ci aiutano a difendere la Bellezza delle nostre vite!...anche contro le mafie!


lunedì 12 novembre 2012

AUGURI DI BUON COMPLEANNO!... CI REGALIAMO "L'ANTIMAFIA DELLA FELICITA''"

Il presidio "Rita Atria" Libera Pinerolo compie un anno! 

i rappresentanti del  del presidio Rita Atria nel momento del "battesimo del presidio .
(Torino , Fabbrica delle E, 12- 11-2011) 

Vogliamo festeggiare il nostro primo anno di vita regalandoci la riflessione che ha voluto offrirci il dott. Ciro Santoriello, Procuratore della Repubblica di Pinerolo: 
"L'ANTIMAFIA DELLA FELICITA'

L’Antimafia della felicità

"Quando una persona è invitata a parlare, per di più di un tema così delicato come il contrasto alla criminalità organizzata, dovrebbe essere lieta e ringraziare gli organizzatori. Eppure, io, come magistrato, mi sento a disagio in occasioni come queste perché credo che la lotta alla mafia debba prescindere - o comunque non debba iniziare con l'esame della stessa- dalla risposta che dà la legge penale.
Immaginate, uno che fuma 100 sigarette al giorno e va dal medico perché - siccome sa che potrebbe svilupparsi un cancro ai polmoni - vuole sapere quale sarà la cura per il tumore. Secondo voi la prima cosa che gli direbbe il medico non sarebbe quella di cambiare le abitudini di vita?
La stessa cosa si fa quando si discute di mafia, camorra, 'ndrangheta e ci si rivolge al magistrato penale: si prende atto che il fenomeno esiste, il problema è grave ed allora si cerca una risposta nella repressione, nella sanzione di chi delinque, senza però riflettere su perché quel fenomeno si è sviluppato ed ha preso possesso di tanta parte dell'Italia - non solo quella a Sud e questo lo sappiamo.
Immagino già l'obiezione: ma la mafia è un fenomeno criminale, il mafioso spara, ammazza, minaccia; chi o cosa può rispondere a queste cose se non lo Stato con il suo apparato repressivo. Certo, la mafia spara, rapina, estorce con violenza e quando ciò accade l'intervento del legislatore e della giustizia deve essere immediato, diretto.
Ma, da tempo ormai, la criminalità organizzata non conta più solo sulla paura, ma anche sul consenso di tanti. In realtà, è stato sempre così: storicamente, il mafioso nasce (anche) per reagire all'ingiustizie che il singolo subiva da altri ed a volte dallo stesso Stato centrale; il mafioso, il camorrista si sostituiva allo Stato, suppliva alle sue carenze. Il funzionario tardava nell'espletamento della pratica edilizia: il mafioso sapeva come sollecitarlo; il primario negava al povero cristo malato il ricovero immediato: il camorrista lo convinceva ad affrettare i tempi; un vicino prepotente molestava uno più debole: ed allora quest'ultimo si rivolgeva a qualcuno più forte che facesse giustizia.
E così la mafia, la camorra acquisiva consenso. Un consenso pagato a caro prezzo ovvio - l'intervento minaccioso del mafioso non migliorava certo la funzionalità della pubblica amministrazione o la situazione ospedaliera -, venivano risolte situazioni di singoli ma a scapito di altri - io avevo il mio posto in ospedale ma veniva buttato fuori un altro malato che, diversamente da me, aveva scelto la via "regolare". Però il consenso c'era: la cosiddetta povera gente vedeva nel mafioso uno che comunque aggiustava le cose, uno che portava una qualche forma di giustizia.
Così è stato per tanto tempo, presso la "povera gente". Ma adesso di quale consenso gode la mafia presso la gente che povera non è, che ha gli strumenti per chiedere il rispetto dei propri diritti, che conosce le forme istituzionali per tutelarsi e protestare?
E' qui che la criminalità organizzata ha realizzato il suo capolavoro. Ha capito che presso tanti di noi cittadini non era necessario - per essere rispettata - ricorrere alla violenza, ma era più opportuno blandire, accarezzare, avvicinare... Con la sua strategia criminale la mafia, la camorra hanno acquistato denaro, potere, prestigio ed il denaro ed il potere sono stati un fattore di legittimazione forte.
A tutti  repelle il mafioso in coppola e lupara con le mani sporche di sangue, ma quanti di noi saprebbero vedere il mafioso in un imprenditore ricco, elegante, che sta sui giornali, protagonista di una storia di successo ma che ha costruito questa storia grazie a chi ha sparato, ha minacciato, estorto al posto su posto suo?
Davvero siamo certi che la mafia ci fa ribrezzo? Davvero pensiamo di poterla sempre riconoscere? Ripeto, chi ammazza è un assassino, chi ruba un ladro; ma chi gode i benefici di quell'omicidio cos'è? 
L'imprenditore che accetta, senza domande, che alcuni investano somme enormi nella sua azienda senza chiedersi la provenienza di quel denaro, cos'è? Chi si rivolge alla mafia perché lo liberi da un concorrente scomodo cos'è?
Ecco perché rivolgersi ad un magistrato per capire cosa è la mafia e come la si combatte può essere pericoloso. Perché così si svela solo un aspetto del fenomeno, quello della violenza, e non si coglie l'altro, quello del consenso di cui la mafia gode dopo essersi ripulita dal marcio in cui è cresciuta.
La mafia non è un fenomeno criminale, è una scelta di vita. Il mafioso è colui che vuole il denaro, il potere, che vuole più di quello che gli spetta per quanto ha lavorato, ha studiato, ha sofferto. Ci sono alcuni che questo denaro, questo potere lo prendono con la forza, con la violenza, altri che non avendo questa possibilità ma volendo lo stesso godere di beni che non merita si rivolge ad altri che minaccino, che uccidano per lui. Sono diversi, ma anche uguali, perché per entrambi l'importante è possedere, comandare, imporre, essere potente, apprezzato, invidiato.
Ma se questi sono i caratteri del mafioso, come si può essere sicuri che non è vicini a costoro, che il nostro stile di vita è quanto di più antitetico ci possa essere?
Ecco, appunto, il problema è lo stile di vita che vogliamo. Combattere la mafia significa rinunciare ai suoi valori, ai suoi schemi che però non sono solo la violenza, la minaccia, ma
anche il denaro, il potere, l'arrivismo, la voglia di comandare.
Vogliamo combattere la mafia, la criminalità organizzata?
Impariamo a vivere delle nostre forze, del nostro lavoro, di quanto effettivamente produciamo. Impariamo che ogni beneficio di cui godiamo e che non ci siamo meritati con il nostro lavoro è qualcosa che ci può legare ad un criminale. Impariamo che ciò che ci viene concesso bonariamente perché non sappiamo chiederlo come nostro diritto ci pone in una condizione di sudditanza verso qualcuno.
E  questo non vale solo come singoli, ma anche come appartenenti ad un territorio. Se vogliamo capire se dove abitiamo sta avanzando qualche forma di colonizzazione  criminale chiediamoci se il benessere che vediamo è giustificato con la produttività dei nostri concittadini, se le banche che ci sono hanno ragion d'essere rispetto al denaro che circola, se sono maturate improvvise fortune di difficile spiegazione.
La battaglia per la legalità è difficile perché non richiede solo coraggio davanti ad una minaccia, davanti ad una estorsione: forse tutti nella vita sapremmo fare almeno una volta gli eroi e dire no anche davanti ad una pistola; ma il bel gesto non basta, lo scatto di orgoglio isolato è insufficiente.
Quello che ci occorre è la costanza e l'orgoglio. L'orgoglio per la vita che facciamo, una vita libera, priva di compromessi, senza ricchezze e privilegi immeritati e la costanza di mantenere questa scelta sempre, di fronte alle suadenti proposte di chi vuol convincerci che si può vivere senza fatica, umiliando gli altri, ergendosi al di sopra di tutti con la forza e l'ingiustizia.
Se sarà così, non avremo solo sconfitto la mafia, ma avremo vinto un'altra battaglia, quella per la costruzione della nostra felicità. Ho conosciuto diversi camorristi di un certo peso, per esempio Iovine, un grosso camorrista poi pentitosi. Ho conosciuto, visto di sfuggita, “Sandokan” che è stato arrestato proprio mentre io ero a Napoli. Io non ho mai visto, anche nell’apice della loro potenza, una di queste persone felici! Felici, sorridenti! Li ho visti sempre un po’…avete presente i serpenti che vanno sempre con la testa di qua e di là?
L’antimafia si fa con la felicità! Perché non essere mafiosi, essere liberi, significa essere felici!
Noi questo dobbiamo far capire alla gente:dobbiamo far capire che non abbiamo paura e che siamo felici di non aver paura! Questo è fondamentale. E’ questo che dobbiamo comunicare, soprattutto ai nostri figli: la felicità della libertà! …non delle cose che abbiamo. La felicità di dire: non ho mai dovuto chiedere un favore a nessuno. Sono debitore solo delle cose di cui ho voluto essere debitore.
Ecco, questo dobbiamo dire: noi non abbiamo paura perché siamo uomini sereni, siamo uomini liberi. Quando è così non ci sarà nessuna criminalità organizzata.

Ciro Santoriello




venerdì 7 settembre 2012

Le mani delle mafie su Roma. Gli affari degli uomini "cerniera". I faccendieri romani legati alle cosche

L'articolo di Tiziano Terzan e Fabio Tonacci pubblicato oggi su La Repubblica, a nostro parere, conferma i contenuti dell'intervento che il dott. Ciro Santoriello, Procuratore della Repubblica di Pinerolo ad interim, ha concesso al Presidio Rita Atria e ai partecipanti della  Cena della Legalità, svoltasi a Pinerolo lo scorso 21 luglio 2012. Anticipiamo uno stralcio della riflessione del procuratore Ciro Santoriello:  
"(...) La mafia non è un fenomeno criminale, è una scelta di vita. Il mafioso è colui che vuole il denaro, il potere, che vuole più di quello che gli spetta per quanto ha lavorato, ha studiato, ha sofferto. Ci sono alcuni che questo denaro, questo potere lo prendono con la forza, con la violenza; altri che, non avendo questa possibilità ma volendo lo stesso godere di beni che non merita, si rivolge ad altri che minaccino, che uccidano per lui. Sono diversi, ma anche uguali, perché per entrambi l'importante è possedere, comandare, imporre, essere potente, apprezzato, invidiato." Ciro Santoriello


Gli affari degli uomini "cerniera". I faccendieri romani legati alle cosche. 
Tiziano Terzan e Fabio Tonacci 
fonte: LA REPUBBLICA - 06 settembre 2012
Sono imprenditori, soprattutto. Ma anche politici, manager, avvocati, traffichini. Affaristi che hanno capito che con la ricca 'ndrangheta possono fare fortuna. In cambio, stanno consegnando le chiavi di Roma ai capi mafiosi

ROMA  - Lavorano come romani, pensano come 'ndranghetisti. Le cosche non li affiliano, gli concedono il grado di "compari". Per gli investigatori dell'Antimafia invece sono "uomini cerniera". Romani nati e cresciuti nella capitale, che nella capitale vivono e fanno affari, ma con la testa rivolta alle cosche di Reggio Calabria. Imprenditori, soprattutto. Ma anche politici, manager, faccendieri, avvocati, traffichini. Uomini che hanno capito che con la ricca 'ndrangheta possono fare fortuna. Oliando gli ingranaggi dell'assegnazione degli appalti, ad esempio. Sfruttando le mille scorciatoie criminali offerte dai clan. In cambio, stanno consegnando le chiavi di Roma ai capi mafiosi. Chi sono i romani che hanno stretto un patto con i padrini calabresi, fornendogli il know how per investire i miliardi della droga? Come operano?

Il compare
Quando il 29 novembre del 2010 viene arrestato per traffico internazionale di cocaina, Federico Marcaccini a Roma è già un gigante. Tutti lo chiamano col suo soprannome, "er pupone". Ha appena 32 anni, ma è straricco e lo fa vedere. È un "self made man" che i soldi li ha fatti con imprese edili, immobiliari e col commercio d'automobili. La Direzione investigativa antimafia gli sequestra un impero di società e immobili che vale 115 milioni di euro. 
Marcaccini è "un compare", è entrato in confidenza con i figli di Giuseppe Pelle, del clan di San Luca, guidato fino al 2009 da quell'Antonio "gambazza" che è stato uno dei boss più influenti della 'ndrangheta. Er pupone parla con Antonio (26 anni, residente a Roma) e Sebastiano. I magistrati di Catanzaro che lo intercettano al telefono nell'indagine "Overloading", che ha portato in carcere una settantina di persone, scrivono: "Tra loro si è instaurato un rapporto di comparaggio". Addirittura Marcaccini gli "affida" la madre in visita in Calabria. "So che viene giù questo fine settimana mia mamma... - dice ad Antonio - giù a fare una passeggiata... magari offrigli un caffè, no?". Favori che si scambiano, affari che nascono. E il "pupone" è il perno romano della cosca.
Secondo l'accusa avrebbe finanziato l'acquisto di partite di cocaina. Insomma un impresario a tutto tondo. Un uomo cerniera, che salda il sottobosco mafioso con il tessuto economico legale. La Dia gli confisca il palazzo che ospita il teatro Ghione, vicino a Piazza San Pietro. Un edificio prestigioso sporcato dai denari della coca. Ma Federico Marcaccini detto "er pupone" è qualcosa di più di un palazzinaro. Nella rete delle proprietà a lui riconducibili figura la So. Ge. Sa, una spa che gestisce servizi aeroportuali nonché ex sponsor della squadra femminile di pallavolo della città quando militava in serie A2.
Il giovane e rampante imprenditore romano è anche socio occulto, secondo i documenti in mano agli investigatori antimafia, di Tiburtina Gestione, società attiva nella raccolta e nel trattamento rifiuti. Anche questa sequestrata. Ad amministrarla c'è una donna indicata negli atti come una fedelissima prestanome di Marcaccini. Si scopre che la Tiburtina Gestione è una creatura di Vittorio Ugolini e Vincenzo Fiorillo, entrambi "ras" del business della monnezza romana. I due imprenditori nel 1997 sono finiti sotto la lente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti per un ritrovamento, il più grande fino ad allora, di fusti contenti rifiuti industriali nocivi nell'area di smaltimento gestita dalla Sir, la loro società. E i due erano in società, in altri affari, con Liborio Polizzi, ex presidente del Palermo calcio condannato per mafia nel 1998. Tasselli del mosaico di relazioni messo in piedi da Marcaccini, il compare dei Pelle, l'uomo che crea contatti, fa parlare le persone tra loro, suggerisce affari, gravita in questo mucchio indistinto dai contorni grigi.
"L'ascesa e la caduta di Marcaccini è emblematica  spiega Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto della procura antimafia di Catanzaro  -  arriva a trafficare droga con la 'ndrangheta, ma non ne fa mai parte organicamente. Non è un affiliato. La sua storia racconta l'esistenza di imprenditori romani che si rapportano da pari con i boss, e viceversa" . Uno scambio che ha un solo collante, il business.
"Le cosche vanno a Roma, la città del potere, per investire  -  ragiona Borrelli  - ma a ma anche per cercare appoggi e ottenere lavori in tutta Italia". 

Il segretario massone. 
Per farlo ci vogliono uomini giusti nei posti giusti. Il nome di Vincenzo Stalteri, calabrese della Locride trapiantato a Roma e attuale segretario generale alla provincia di Roma presieduta da Nicola Zingaretti, spunta in un'informativa del Ros dei Carabinieri di Reggio Calabria.
Gli investigatori intercettano Domenico Barbieri e Vitaliano Grillo Brancati imputati per 'ndrangheta nel processo Meta, il più importante dibattimento in corso in Calabria. I due tirano dentro Stalteri e il suo passato come segretario comunale a Palmi quando sindaco era Armando Veneto, avvocato di pezzi grossi della 'ndrangheta e politico del Pdl. Lo definiscono - si legge nell'informativa - "professionista fidato" e "massone iscritto alla stessa loggia di Rocco Nasone (boss della provincia di Reggio Calabria ndr)".
Stalteri ha un curriculum ineccepibile, ha ricoperto numerosi incarichi in diverse province e comuni d'Italia, da Nord a Sud. Nel 2008 Zingaretti ha selezionato il suo nome dall'albo nazionale dei revisori dei conti. Dagli atti di Reggio Calabria, però, vengono fuori ombre.
I carabinieri sul suo conto riportano una denuncia risalente al 2000 per reati contro l'amministrazione di Palmi e nel 2008 un deferimento disposto dal Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro per abuso d'ufficio, "poiché in qualità di ragioniere pro tempore del comune di Gioia Tauro", approvava l'affidamento di alcuni incarichi a operatori che non ne avevano diritto. Barbieri e Brancati, legati ai De Stefano, ne tracciano il profilo, profilo presunto perché Stalteri non è stato indagato nell'indagine Meta. "Qua (a Palmi, ndr) mi sono inserito io tramite il Dottor Stalteri - racconta Barbieri a Brancati, durante un viaggio in macchina - era un segretario comunale massone". Inserito nell'assegnazione degli appalti, intende Barbieri. E il Ros li elenca uno per uno, nell'informativa. Millanterie di due imprenditori della 'ndrangheta o una conoscenza reale?
06 settembre 2012