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martedì 18 marzo 2014

Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie "Radici di memoria, frutti d'impegno"

Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie
 "Radici di memoria, frutti d'impegno"



Il 22 marzo 2014 sarà Latina ad ospitare lamanifestazione nazionale de la XIX Giornata della Memoria e dell'Impegno. Terra di straordinarie risorse ambientali ma anche terra segnata da una presenza sempre più grave e diffusa delle mafie, in particolare camorra e 'ndrangheta, che inquinano l'economia e la politica, distruggono il paesaggio e avvelenano l'ambiente. 
A Latina, dunque, per sottolineare l'urgenza di un impegno in quei territori di frontiera che rischiano di restare nell'ombra.
A Latina, nel ventennale dell'uccisione di don Peppe Diana, che ha pagato con la vita il coraggio della testimonianza e delle denuncia, per ricordare insieme ai familiari tutte le vittime innocenti delle mafie.

Vi invitiamo a celebrare la GIORNATA anche a PINEROLO

II 22 marzo 2014 il Presidio LIBERA “Rita Atria” Pinerolo celebrerà la  “XIX Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie”, in concomitanza col la manifestazione nazionale che si terrà a Latina.
A partire dalle ore 10.00, in Piazza Facta saranno presentati anche i lavori e le riflessioni degli studenti delle scuole pinerolesi che hanno partecipato al  percorso che ci ha portato alla Giornata della Memoria: studenti, insegnanti, dirigenti scolastici pronti a riscrivere nella quotidianità la nostra scelta per la lotta alle mafie e per l'affermazione della giustizia sociale. Si terrà quindi la lettura dei nomi delle Vittime Innocenti delle mafie
Alle ore 21.00 - presso l’Auditorium “ Baralis in via A. Marro n. 6 - l’incontro pubblico dal titolo: “Le mafie in Piemonte. Processo MINOTAURO. L’intreccio svelato”.
Relatori della serata saranno : il sen. Elvio FASSONE; il dott. Alberto Ernesto  PERDUCA, Coordinatore - Procuratore Aggiunto presso la Procura di Torino; il dott. Ciro SANTORIELLO, Sostituto Procuratore presso la Procura di Torino.  
Vogliamo offrire una riflessione a partire dalle parole pronunciate da Gian Carlo Caselli nella sua requisitoria al Processo “Minotauro”: "La mafia c'è perché c'è mercato per i suoi servizi (…) ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla (…)”
Giunto alla sentenza di primo grado, il  processo Minotauro” ha svelato la “quantità e la qualità” della presenza delle mafie nella provincia di Torino.

venerdì 18 ottobre 2013

Domani 19 ottobre 2013 a Milano si terranno i funerali di Lea Garofalo,

Domani 19 ottobre 2013 a Milano si terranno i funerali di Lea Garofalo, testimone di giustizia calabrese fatta rapire e uccisa dal marito, Carlo Cosco, il 24 novembre 2009. Libera parteciperà ai funerali che saranno celebrati da don Ciotti. I funerali di Lea sono fortemente voluti da sua figlia, Denise Garofalo, che ha testimoniato contro il padre assassino, con coraggio e con fermezza. 
Le parole di Don Luigi Ciotti:  «Porteremo in piazza il coraggio delle donne che hanno reagito. Prima Lea, poi Denise. Dobbiamo far capire che la mafia non è un destino a cui si è condannati, ma c'è la possibilità di scegliere».
 
Lea Garofalo
La funzione religiosa si celebrerà al mattino, alle ore 10.00, in piazza Beccaria . Al pomeriggio in via Montello, in quello che era il fortino della famiglia Cosco, alla vittima di mafia sarà intitolato il giardino pubblico, nell'ambito di una festa cittadina che coinvolgerà Comune e associazioni. spiega Il sindaco Giuliano Pisapia  «Denise, la figlia di Lea Garofalo, ha voluto che il funerale di sua madre si tenesse a Milano,  Lo celebreremo in una piazza della città per testimoniare la vicinanza dei milanesi e di tutti coloro che, da ogni parte d’Italia combattono le mafie e la criminalità organizzata. Il giorno dei funerali sarà un momento di riflessione che coinvolgerà tutta la  città. Lea Garofalo non era nata a Milano, ma in questa città era arrivata piena di speranze, qui ha avuto il coraggio di ribellarsi all’ndrangheta diventando testimone di giustizia. Un coraggio che ha pagato con la vita».
L'ultima immagine di Lea Garofalo, ripresa da una telecamera mentre
 passeggia per le strada di Milano, pochi istanti prima di essere rapita
Lea Garofalo era diventata una testimone di giustizia nel 2002, quando aveva deciso di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Sottoposta a protezione, nel 2009 commise l'errore di telefonare all'ex, rivelando la propria residenza. Rapita, torturata e uccisa mediante strangolamento, il corpo di Lea venne bruciato in un bidone metallico e poi sepolto nei pressi di Monza. Al processo Denise, la figlia di Lea, decise di testimonare contro il padre, diventando anche lei una collaboratrice di giustizia e facendolo condannare all'ergastolo insieme ad altre quattro persone.
«Lea è stata risucchiata in una famiglia mafiosa, ma poi ha avuto la forza di reagire - spiega il fondatore e presidente di Libera, Don Ciotti - Perché la violenza non è soltanto quella delle armi, ma è anche quella del perbenismo, della delega, dell'indifferenza. La giornata di sabato serve a non farci voltare dall'altra parte».
A Lea Garofalo sarà anche  dedicato il secondo festival dei Beni Confiscati che si terrà a Milano dall’8 al 10 novembre.
«Milano è in prima fila nella lotta contro le mafie e lo testimoniano anche le motivazioni con cui il Comune è stato ammesso come parte civile (video) nel processo contro gli assassini di Lea - ha concluso Pisapia - Il Tribunale ha riconosciuto come il Comune abbia concretamente dimostrato di essere intervenuto con la propria attività amministrativa nel contrasto alle culture mafiose»


mercoledì 3 aprile 2013

Sentinelle del territorio: "Dove ci porterà “il ponte”?

All'intervista rilasciata dal sindaco di Pinerolo E. Buttiero  alcune settimane orsono al settimanale locale "L'Eco del Chisone, è seguita quella pubblicata ieri su "La Stampa". Si ripropone la "questione urbanistica" della città di Pinerolo. 
E' l'occasione per pubblicare la Lettera aperta che alcune associazioni e gruppi pinerolesi, fra questi anche noi del presidio "Rita Atria", avevano indirizzata al Sindaco Buttiero e all'Amministrazione. In quella lettera, si esprimono dubbi e perplessità su quelle che paiono essere le linee-guida della politica urbanistica che si vuole attuare a Pinerolo.

l'intervista pubblicata da "L'Eco del Chisone"

l'intervista pubblicata da "La Stampa"

La lettera aperta

Dove ci porterà “il ponte”?
Alcune associazioni e gruppi che a Pinerolo si occupano di ambiente, cultura e legalità hanno cominciato ad incontrarsi per ricercare forme e strumenti di analisi e partecipazione in quel campo delicato che è l’urbanistica della Città. Quanto delineato nell’ultima intervista rilasciata dal Sindaco Buttiero all’Eco del Chisone, ha suscitato interesse, riflessioni… e preoccupazioni!
Anzitutto, ci preoccupa la stessa modalità di applicazione della Legge 106/2011 decisa dall’amministrazione pinerolese, che pare aver relegato in secondo piano la funzione pianificatoria pubblica in favore del principio della “deroga”, concessa e riconosciuta al singolo progetto edilizio: si accoglieranno interventi, detti “valorizzazioni, come se l’accettazione di un progetto edilizio fosse “atto dovuto” da parte dell’amministrazione e non dovesse derivare dall’analisi della realtà socio-economica ed inserirsi in una visione strategica e d’insieme del territorio.
Il concetto di “interesse pubblico” viene poi richiamato per operazioni che, a partire ad esempio dall’area PMT, permettono edificazioni “in deroga” in cambio del mantenimento di posti di lavoro da parte di una azienda. Impegno in realtà aleatorio e affatto stringente per qualsiasi azienda, come sanno bene gli stessi amministratori, nel caso in cui l’azienda stessa non potesse/volesse mantenerlo, magari proprio a causa della drammaticità della crisi in atto.
Le nuove “valorizzazioni” rischiano di divenire, “in soldoni”, nuove speculazioni immobiliari causando, per conseguenza, un’ulteriore svalutazione del patrimonio edilizio dei cittadini pinerolesi, già gravato da immobili invenduti o sfitti. Le aree dismesse, a nostro parere, potrebbero invece divenire gli ambiti sui quali ricavare servizi, luoghi ad uso della cittadinanza, aree verdi; oppure, se già edificate, quelle aree potrebbero essere ri-utilizzate per spostarvi cubature edilizie già previste altrove, in suolo agricolo o addirittura di pregio paesaggistico (leggi Monte Oliveto). L’occasione per ri-disegnare la città!
Si parla di riprendere la Variante di Qualità. Una domanda si impone: perché si è lasciato decadere uno strumento importante, per redigere il quale certo erano stati impiegati denari pubblici? Perché non adottare “interamente” la Variante di Qualità? E davvero si ritiene “atto di qualità” demolire – anche parzialmente- l’ex Merlettificio Turck, il cui valore è stato riconosciuto in primis dalla Sovrintendenza e che conserva un’area verde di valore ecologico-paesaggistico lungo il Lemina?
Sempre dal medesimo articolo apprendiamo che, anziché correggere l’attuale Piano Regolatore, l’Amministrazione intraprende la strada della cosiddetta Variante Ponte, contraddicendo forse un proprio “Atto di Indirizzo” approvato solo a fine 2012 e che recitava: “Il Consiglio comunale delibera(…) di avviare il prima possibile il percorso per la ridefinizione del P.R.G.C. vigente attuandolo anche attraverso l’attivazione di tavoli di confronto con i cittadini e le associazioni interessate(…)”. Di fatto, ad oggi,  manca tuttavia una delibera che chiarisca la natura (parziale?, strutturale?), gli obiettivi e i contenuti della Variante Ponte.
Si ipotizzano invece interventi puntuali,magari dettati da segnalazioni-osservazioni di privati o professionisti”: una logica che pare riconoscere preminenza al singolo interesse particolare, invece di attuare proprio quel confronto preventivo indicato nell’Atto di Indirizzo prima citato. Insomma: “Dove ci porterà “il ponte”?
Le associazioni, i gruppi, che sottoscrivono la presente chiedono quindi al Sindaco e alla sua Giunta di usare la Variante intrapresa -che finora ha avuto tempi entro il quale si sarebbe potuta adottare pure una Variante strutturale- per dare a Pinerolo una prospettiva più chiara e migliore: decenni di urbanistica di modesta qualità, non solo a Pinerolo, hanno avuto come conseguenza lo stravolgimento degli organismi urbani, piuttosto che guidarne l’evoluzione.
Una pianificazione differente avrebbe forse permesso di decongestionare il centro urbano, attuare interventi contro il dissesto idro-geologico; dotarsi di un piano di edilizia residenziale pubblica; riqualificare e riorganizzare spazi pubblici; salvaguardare le testimonianze storiche della città.
Una riflessione partecipata avrebbe forse evitato errori di un recente passato quando alla crescita della “città privata”, l’espansione edilizia-residenziale, non è corrisposto uno sviluppo analogo della “città pubblica”, servizi-spazi-luoghi offerti ai cittadini, nonostante i cospicui importi degli oneri relativi che affluivano nelle casse comunali. Oggi si chiedono, è vero, anche piste ciclabili e zone a traffico moderato, ma quel che i cittadini responsabili non possono più accettare è che a governare la città sia sempre, solamente, la logica della rendita o il vantaggio particolare di “soliti noti”.
Chiediamo quindi che, partendo dalla conoscenza dei dati di fatto esistenti, numero di alloggi invenduti e sfitti, consumo del suolo, crisi economica e trasformazioni in atto, si adottino regole e strumenti urbanistici innovativi, anche per ridurre e ridefinire capacità insediative da tutti ritenute, a parole, sovrabbondanti. Chiediamo che, tramite un processo realmente partecipato, vengano definiti i contenuti di una Variante, se non di un nuovo PRGC, che sia davvero al servizio dei cittadini e tuteli il bene comune del Territorio e del Paesaggio.
Salvaguardiamo quel che resta della Bellezza di Pinerolo!


Le associazione  e i gruppi firmatari: 

Italia Nostra 
Lega Ambiente
presidio Libera "Rita Atria " Pinerolo
Forum nazionale Salviamo il Paesaggio Difendiamo i territori
Osservatorio 0121
ASPE








martedì 2 aprile 2013

Pinerolo 23 marzo 2013. "GIORNATA DELLE MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE"

"XVIII GIORNATA DELLE MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE": (...) Lo slogan di quest'anno è "Semi di giustizia, fiori di corresponsabilità" e per questa ragione chiederemo agli studenti di scendere in piazza con dei fiori realizzati da loro, che rappresentino la memoria delle vittime da ricordare. La piazza potrà cosi riempirsi di fiori colorati di vita, di fiori colorati di impegno. L'impegno di cui ciascuno ripartirà carico, dopo la manifestazione".
E' quanto abbiamo cercato di fare anche noi, a Pinerolo, il 23 marzo 2013


Abbiamo cercato di "fare memoria", perchè ricordare non basta e non serve a molto. Fare memoria vuol dire invece cercare di conoscere, comprendere, i meccanismi e le cause che hanno determinato certi avvenimenti e adoperarsi, impegnarsi, affinché avvenimenti simili non debbano più accadere
Ecco cos'è stato per noi, nella piazza di Pinerolo "illuminata" dalle ragazze e dai ragazzi di alcune scuole pinerolesi, la "GIORNATA DELLE MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE"

Le parole e le immagini della Giornata


- dal min. 0'.00'' al min. 15'.14''Presentazione del significato della Giornata e il perché della scelta di Firenze come sede della manifestazione nazionale: il ventennale della Strage di Via dei Georgofili e la figura dei giudici fiorentini Antonino Caponnetto e Pier Luigi Vigna. E infine perchè da Firenze parta un nuovo "Rinascimento" per questo Paese, un Paese che da anni pare scivolare lentamente in un baratro etico e morale.

- dal min. 15'.14" al min. 17'.10": lettura del messaggio del Presidente Giorgio Napolitano, indirizzato a Libera nell'occasione della celebrazione della Giornata

- dal min. 17'.10" al min. 20'.14": intervento del gruppo Scout Pinerolo P3

- dal min. 20'.14" al min. 23'.50": intervento del prof. Danilo Chiabrando, Preside della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo

- dal min. 23'.50" al min. 29'.30": intervento della prof.ssa Erika Di Stefanodella Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo, in rappresentanza delle prof.sse Teresa Saieva e Daniela Carano con le quali il presidio "Rita Atria" sta svolgendo un progetto sui valori della cittadinanza e della Giustizia

- dal min. 29'.30" al min. 31.'45": intervento di Stefano, studente della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo.  

dal min 31'.45" al min. 36'.45": intervento di Olga, studentessa della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo 

- dal min. 36'.45" al min. 39'.05": intervento di Valeria, studentessa della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo 

- dal min. 39'.05" al min. 45'.40": intervento di Alessandro, studente del Liceo Scientifico "M. Curie" di Pinerolo 

- dal min. 45'.40" al min. 54'.08": intervento della prof.ssa Rosellina Grosso, in rappresentanza dei docenti del Liceo Scientifico "M. Curie" che hanno aderito al progetto presentato dal presidio "Rita Atria"

- dal min. 54'.08" al min. 58'.40": intervento della dott.ssa M.T. Ingicco, Preside del Liceo Classico "Porporato" di Pinerolo

- dal min. 58'.40" a 1h.02'.53". Intervento del Sindaco di Pinerolo, Eugenio Buttiero 

- da 1h.02'.53" a 1h. 42'.50": Lettura dei Nomi delle Vittime Innocenti delle mafie

- da 1h. 42'.50" a 1h 45'.57". Lettura del brano " Sono morti per noi (...)", tratto dal "discorso dell'Amore" pronunciato da Paolo Borsellino il 23 giugno 1992

- da  1h 45'.57"a fine filmato: presentazione dell'evento previsto nel pomeriggio ( flash-mob) 
e dell'incontro serale con Yvan Sagnet.


Nel pomeriggio, le studentesse del Liceo "M. Curie"danno vita al flsh-mob 
per fare memoria  delle Vittime Innocenti delle mafie. 




...E si fa memoria anche leggendo le parole tratte dal tema di maturità di Rita Atria: 
(...) L'unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo."
 Rita Atria  - Erice 5 giugno 1992



Nella serata. la fiaccolata... 


.
...E poi: a introdurre  l'incontro con Yvan Sagnet,  i saluti della Preside del Liceo"Porporato, dott.ssa M.T. Ingicco e dell'Assessore alla Cultura prof. P. Pivaro.  
Di seguito, Teresa e Tommaso, studenti della classe II B del  Liceo Classico "Porporato",  
introducono alla visione del filmato col quale la classe partecipò, vincendolo, al concorso indetto nel ventennale della Strage di Capaci. 





...Infine, Yvan Sagnet : "Ama il tuo Sogno" 

Il racconto di un ragazzo camerunense che, uomo libero in terra d'Africa,  vive l'esperienza della schiavitù in Italia. Quella schiavitù che, come accade spesso per le mafie, facciamo finta di non vedere e di non conoscere. Nel suo libro, "Ama il Tuo Sogno",  Yvan Sagnet, ci insegna che la prima forma di Giustizia è la difesa della Dignità di ogni essere umano. Questa battaglia,  Yvan l'ha combattuta anche per tutti noi. Lo scorso 15 marzo, Yvan Sagnet ha conseguito la laurea in ingegneria presso il Politecnico di Torino. 



lunedì 25 marzo 2013

Libera oggi compie 18 anni.


Libera oggi compie 18 anni.


Le parole di Francesca Rispoli, coordinatrice nazionale di Libera.
"18 anni di memoria e di impegno, di crescita collettiva, di unione di singoli, sigle, scuole, università.
18 anni di vicinanza ai familiari delle vittime e alle vittime, ai testimoni di giustizia, a chi quotidianamente facendo il proprio mestiere si oppone alle mafie e alle logiche mafiose, che si annidano in tutte le professioni e ad ogni latitudine.
Ci sono tre donne che è importante ricordare in una giornata così. 
Sono tre madri.
La prima è la madre di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, che ci ha affidato il bisogno di dare a ciascuno la dignità del suo nome. Soffriva Carmela, quando la memoria di Antonio, di Rocco e di Vito, veniva liquidata con l’espressione “i ragazzi della scorta”.
“Perché” si chiedeva “il nome di mio figlio non lo dicono mai. E’ morto come gli altri”. Da lì, da questo bisogno, da questo grido di identità negata nasce il 21 marzo, Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Ogni anno una città diversa, ogni anno un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano.
La seconda è la madre di Roberto Antiochia, agente della Polizia di Stato che proteggeva il vice questore di Palermo Ninni Cassarà. Mori trucidato di colpi, nell’agosto dell’85, cercando di fare da scudo al “suo” questore. Saveria dopo quel lutto decise di impegnarsi, anche politicamente, per portare rinnovamento e azioni volte al ripristino della legalità. Poi a metà degli anni ’90 ha accompagnato la nascita di Libera ed è stata la prima a tessere pazientemente la rete tra i familiari delle vittime delle mafie, che oggi è forte e trasversale.
La terza è la madre di Pierantonio Sandri, giovane scomparso a Niscemi nel 1995, a soli diciannove anni. Ninetta non si è data pace finché non ha avuto una tomba su cui piangere. Finalmente nel 2009, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, sono stati ritrovati i resti di Pierantonio. Ninetta ha urlato più che ha potuto, fino alla morte, che suo figlio era vittima di un sistema omertoso, che per quindici anni non ha consentito di fare luce sul caso.
Oggi queste madri si sono ricongiunte ai loro figli e a noi hanno lasciato un’eredità straordinaria, di forza, di impegno, di fame e sete di giustizia e verità.

E’ anche grazie a loro che Libera è arrivata a compiere 18 anni.
18 anni è un’età importante, in cui i ragazzi diventando maggiorenni affrontano le nuove sfide che la vita propone loro.
In primis, il diritto di voto. Il diventare pienamente cittadini della Repubblica, esprimendo le proprie idee politiche affinché vengano rappresentate in Parlamento. Libera su questo è stata un “enfant prodige”: fin dalla sua nascita infatti ha portato avanti proposte che potessero diventare realtà, grazie all’interlocuzione permanente con le Istituzioni.
A cominciare dalla legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, proposta con la raccolta di un milione di firme.
E in questi 18 anni sono state molte le istanze portate avanti, per poter rispondere con efficacia all’emergere di nuove forme di investimenti criminali nel nostro Paese.
Oggi più che mai è chiaro che per sconfiggere le mafie è necessario un maggior investimento in termini di innovazione, per dare la possibilità ai giovani di trovare la propria dimensione e non cedere ai miraggi di guadagni facili e illegali.

In questi giorni l’Italia ha guadagnato un triste record: il tasso di disoccupazione giovanile lambisce il 40%. Pensare che ci siano 4 giovani su 10 che non trovano spazio, non può che spingerci a reagire e a fare ciò che è in nostro possesso per migliorare la situazione.
Libera è un’associazione in cui tanti giovani trovano il loro modo di essere attivi, attraverso i presidi territoriali e i coordinamenti, attraverso i campi estivi, le cooperative, i corsi universitari, i laboratori scolastici. E poi attraverso tanti linguaggi diversi, come la musica, i film, l’arte in tutte le sue forme, le sperimentazioni digitali.

Una rete in cui esiste un forte patto generazionale, una solida alleanza tra coloro che hanno esperienza e coloro che vogliono fare esperienza, senza che si crei un rapporto gerarchico.
Una rete in cui chi vuole essere protagonista trova spazio e agibilità.
E’ per questo che negli ultimi anni é aumentata esponenzialmente la presenza di giovani che vedono in noi ciò che probabilmente non trovano più in altri luoghi: spazi di formazione, di libertà di espressione, di attivismo, di proposta politica e, soprattutto, di cambiamento.
Molti di loro non erano neanche nati quando la rete è stata pensata, quando ci sono state le prime riunioni che ponevano al centro la necessità dello “stare insieme” per non creare l’ennesima associazione accanto alle altre.
Tutti questi giovani però hanno dentro lo spirito originario di Libera e ne vivono a pieno le attività, essendo protagonisti accanto ai più adulti. In una logica intergenerazionale che ci pone corresponsabili verso il nostro Paese: perché l’Italia ha bisogno di cambiamento oggi e solo se c’è un forte legame tra gli adulti e i giovani, che insieme rappresentano il presente, questo cambiamento può essere generato.
Francesca Rispoli

giovedì 21 marzo 2013

A Pinerolo, sabato 23 marzo, Yvan Sagnet racconterà al sua storia


Venerdì 15 marzo Yvan Sagnet, leader della rivolta dei braccianti di Nardò, è diventato dottore in Ingegneria, titolo conseguito al Politecnico di Torino.

Yvan Sagnet racconterà la sua storia a Pinerolo, sabato 23 marzo 2013 nell'ambito della manifestazione che celebrerà la  XVIII Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie",  

Fonte: LECCESETTE

Una storia di dignità e riscatto. Dopo anni di sacrifici, ha un sapore un po' speciale la laurea in ingegneria conquistata venerdì da Ivan Sagnet. 
Lui, camerunense arrivato in Italia come tanti altri cittadini migranti, ha segnato il passo della storia di questo Paese diventando il leader della rivolta dei braccianti di Nardò. Per la prima volta dopo anni di sfruttamento nei campi, grazie a lui i lavoratori hanno cominciato a riacquistare un volto ed un nome, incrociando le braccia e rifiutandosi di subire in silenzio le angherie dei caporali. 
Un eroe dei nostri giorni con alle spalle una storia di emigrazione come tante. Arrivato nel nostro Paese con ancora negli occhi il mito dell'Italia di Roberto Baggio, si scontra subito con le mille difficoltà dello status di immigrato. Cresciuto all'ombra di uno zio  che gli ha trasmesso l'amore per la cultura, deve ricominciare tutto d'accapo. Studia l'italiano innanzitutto e lavora qui e lì per pagarsi l'iscrizione all'Università di Torino. Poi arriva l'esperienza di Nardò. Qui, bracciante e laureando, si scontra con una realtà di inusitato sfruttamento. Forte della sua consapevolezza, ha il coraggio di ribellarsi, trascinandosi dietro gli altri lavoratori. Poi arrivano le minacce dei caporali, l'attenzione mediatica e, come da copione, la guerra tra poveri, l'antipatia di chi  - debole tra i deboli – è disposto a tutto pur di mangiare. 
Ma proprio da quell'esperienza nasce la sua fortuna. Si allontana dal Salento, dove è in pericolo, ma non tace. Comincia invece a raccontare, anche in un libro, la sua esperienza, raccogliendo intorno a sé solidarietà e simpatie. Comunque  continua a studiare, testardamente, fino al traguardo: la laurea in ingegneria che venerdì a Torino lo ha consacrato dottore in ingegneria delle telecomunicazioni

martedì 19 marzo 2013

XVIII Giornata della memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie


A Firenze il 16 marzo 2013

A Pinerolo il 23 marzo 2013 

il gruppo scout di Pinerolo a Firenze
In tanti hanno sfilato, sabato scorso a Firenze:  150 mila persone, arrivate nel capoluogo toscano per la "XVIII° Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie", organizzata da Libera e Avviso Pubblico
Ascoltare gli oltre 800 nomi delle Vittime Innocenti delle mafie voleva avere il significato di "fare memoria" di tutti coloro che, innocenti, hanno sacrificato la loro vita, uccisi dalla "peste", come Don Ciotti ha definito le mafie. Fare memoria: conoscere, capire, agire affnchè le storie drammatiche  del passato non abbiano più a ripetersi. Fare memoria; essere vicini ai familiari delle Vittime Innocenti affinchè il loro sacrificio non sia dimenticato; impegnarsi a difendere la Bellezza delle nostre vite contro il puzzo della "montagna di merda" - così Peppino Impastato ci ha insegnato a chiamare le mafie; Tutto questo significa la "Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie". 
Memoria e impegno sono i semi e fiori che i partecipanti alla manifestazione offrono come servizio alle nostre comunità.
A Firenze eravamo presenti anche noi, del presidio "Rita Atria" Pinerolo, rappresentati da uno dei gruppi scout della città: giovani, nuove generazioni che, come ci ha insegnato Paolo Borsellino, sono "(...) le più adatte a sentire subito  il fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza della contiguità e quindi della complicità". 
gli scout e lo striscione del presidio "Rita Atria" marciano a Firenze

Il prossimo 23 marzo 2013, celebreremo, anche a  Pinerolo, la "Giornata della memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie".
Il seme della Memoria nutre  il fiore del nostro Impegno

mercoledì 13 marzo 2013

Processo Minotauro. E' l'ora dei politici "che non sanno"


Nell'aula Bunker delle Vallette, ieri è stato il momento di sentire la politica: "la politica che non sa!" La Procura ha chiamato a testimoniare gli esponenti che hanno intrattenuto rapporti al fine di ottenere il consenso con persone poi tratte in arresto a seguito della conclusione dell'operazione Minotauro. 


Fonte: Libera Piemeonte

Se per molti rappresentanti della politica piemontese si è scelto di acquisire agli atti le dichiarazioni rese agli inquirenti, per Fabrizio Bertot, ex Sindaco di Rivarolo Canavese e Francesco Brizio Falletti, attuale sindaco di Ciriè e presidente della GTT, la procura ha preferito sentire quanto avessero da raccontare.

Bertot, incalzato dal Pm Sparagna, ha raccontato come fosse arrivato al pranzo elettorale - per la sua elezione alle europee del 2009 - al Bar Italia, di proprietà di Giuseppe Catalano e luogo di summit della 'ndrangheta. A portarlo Antonino Battaglia, segretario di Rivarolo Canavese -- comune sciolto per infiltrazione mafiosa -- oggi a processo di voto di scambio. L'ex sindaco di Rivarolo, a suo dire, era consapevole del bacino elettorale al quale stava chiedendo voti -- quello del gruppo dei calabresi -- ma non certo del profilo criminale delle persone incontrate. Sapeva anche del passato legato ad ambienti malavitosi di Giovanni Iaria, uomo che ha appoggiato la sua candidatura, ma pensava si trattasse di un parente, come ha riferito in aula.
Il primo cittadino di Ciriè, appoggiato secondo la tesi della Procura da Salvatore De Masi, capo locale di Rivoli, era all'oscuro di tutto: non sapeva a chi stesse chiedendo il consenso.



Emblematica la percezione che il Sindaco aveva della presenza della 'ndrangheta in provincia di Torino, prima della chiusura dell'operazione Minotauro. Incalzato dal Procuratore Gian Carlo Caselli, che ha elencato gli atti ufficiali e pubblici che testimoniavano l'esistenza della criminalità organizzata in Piemonte, ben prima del 2011, l'esponente pd ha dichiarato di non esserne al corrente, nonostante la lettura attenta dei giornali.

martedì 12 marzo 2013

Commuoversi non basta è arrivato il momento di muoversi


Don Ciotti, "commuoversi non basta
è arrivato il momento di muoversi"

Don Ciotti, fondatore di Libera, in occasione della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie, a Firenze il 16 marzo. "Da questa città deve partire un rinascimento civile"

Fonte: La Repubblica
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ospite ieri di Repubblica, ha risposto alle domande dei giornalisti della redazione sulla 18° Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo della vittime delle mafie, che si terrà a Firenze il 16 marzo (vedi box nell’altra pagina), e su alcuni temi caldi della vita del paese.


La vostra iniziativa si chiama Giornata della memoria e dell’impegno, con un accento messo sul fare, più che soltanto sul dovere del ricordo. In concreto questo cosa significa?


«Che commuoversi non basta più, ma bisogna muoversi. E che la memoria che parla, racconta, porta a distinguere il giusto dall’ingiusto, a capire ciò che serve, costringe a mobilitarsi e a farlo tutti insieme. Perché il vero cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi in prima persona, di fatti concreti, e della coesione dell’intero Paese».

Parlare di mafia non solo al sud, ma in giro per l’Italia, vuol dire, insomma, vederlo come un ‘caso’ per ogni italiano, in qualunque angolo viva.

«Libera è nata nel ’95 nel clima di indignazione seguito alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, e dal bisogno urgente di reagire attraverso un percorso culturale, educativo, di conoscenza, di impegno civile, l’unico in grado di garantire lo stato di salute di una democrazia. Così, nel ’96 siamo riusciti a raccogliere 1 milione di firme a sostegno della legge sulla confisca dei beni della mafia e il loro uso sociale, per cui si era battuto ed era morto Pio La Torre, e che prima di essere approvata ha trovato mille ostacoli in parlamento. Abbiamo conosciuto la fatica di andare a bussare alla porta dei capigruppo, uno per uno, di lottare con i tempi di lavori parlamentari, il patema dell’approvazione». 

La legge è poi arrivata.

«In extremis. E oggi sappiamo quanto sia faticoso farla funzionare, arrivare alle confische, restituire terre e beni immobili alla collettività, garantire la loro rinascita economica a vantaggio di tutti. Basti pensare che solo 35 delle oltre 1.600 aziende confiscate sono finora sopravvissute e in grado di camminare. Eppure sappiamo anche quanto sia importante in quei territori vedere i giovani al lavoro nei campi appartenuti a Riina e Provenzano, occupare le case e le ville che furono di boss autori di stragi, e i prodotti delle cooperative sociali come il vino Centopassi serviti al rinfresco del presidente Napolitano per la festa della Repubblica. Uno schiaffo alla mafia costato una raffica di attentati e distruzioni, che ci hanno toccato nel vivo. Ma ormai sappiamo che questa è l’unica strada da percorrere».

Il momento più forte della manifestazione di sabato sarà quando verrà letta a voce alta la lista di 900 nomi di vittime delle mafie, un elenco che fa già impressione, eppure incompleto. 

«Ogni volta speriamo che le vittime che siamo costretti a piangere siamo le ultime, e invece dal ’92 a oggi se ne sono aggiunte molte altre, mentre ogni anno emergono dall’ombra almeno 10-15 famiglie chiuse nel loro dolore, che hanno visto lo Stato soltanto a ridosso delle loro vicende, poi più. Tutte queste persone, molte delle quali sfileranno a Firenze come il fratello di Giancarlo Siani, o la sorella di Manuela Loi, morta in via d’Amelio, o la figlia di Lollo Cortisano, ucciso dalla n’drangheta, in questi anni si sono conosciute, frequentate, ritrovando voce e dignità. E sabato sentiranno pronunciare alto e forte il nome dei loro cari. Non dimenticherò mai la mortificazione della madre di Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone morto anche lui nella strage di Capaci e i cui fratelli saranno con noi sabato, nel veder scomparire il nome di suo figlio dentro la generica definizione di ‘ragazzi della scorta’. Eppure, anche loro, come Falcone e Borsellino, e tutte le altre vittime innocenti, sono morti per la stessa ragione: la difesa della democrazia».

Ma perché è così difficile in Italia parlare di mafia?

«La mafia è un potere trasversale al Paese, che ha radici al sud, ma mette rami e fa frutti che si raccolgono al nord, dove ci sono il benessere, l’economia, gli investimenti, essenziali al riciclaggio del denaro sporco, e dalla cui infiltrazione nessuna regione d’Italia può dirsi al riparo, nemmeno la Toscana, dove è forte l’usura, una delle tante attività legate alla mafia, come, ovunque, il gioco d’azzardo, il traffico e lo spaccio di droga, i grandi interessi immobiliari, la corruzione della pubblica amministrazione. La lotta alle mafie, insomma, non è cosa da operatori solitari, le cose si possono cambiare solo facendo rete, parlando a nome di un ‘noi’ collettivo, senza confini territoriali e senza bandiere di partito, in cui la memoria si faccia prossimità fra persone in carne e ossa, perché la prima dimensione della giustizia è l’accoglienza, il rispetto, la vicinanza. E’ per questo che a Firenze arriveranno migliaia di persone da ogni angolo d’Italia, giovani, adulti, anziani, al seguito delle 1.600 organizzazioni nazionali di ogni colore, dall’Azione Cattolica ai sindacati confederali, dalla Fuci a Legambiente, dall’Agesci all’Arci, che fanno parte di Libera insieme a molte piccole associazioni locali, o mobilitati nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, dove di mafia si parla tutto l’anno. E in particolare ci saranno molti giovani delle carceri minorili».

Giovani che, molto spesso, fanno parte loro malgrado del tessuto sociale di cui si alimenta la mafia, anche loro vittime, in un certo senso.

«Sapete chi è che va a trovarli nelle carceri, ad aiutarli a crescere e a liberarsi dei condizionamenti del loro ambiente, a ritrovare una vita? I familiari delle vittime! E vedere gli uni e gli altri sfilare accanto per le strade di Firenze, vorrà dire assistere ad una delle pagine più alte della storia di questo Paese».

Voi ricordate come il vostro appuntamento sia ormai ‘rituale’, eppure ogni volta la Giornata di Libera viene vissuto come una forte provocazione civile, rivolto innanzitutto alla politica. In tempi di protesta diffusa e urlata, quale è il segno che volete lasciare?

«Denunciare e basta non basta più. E’ il momento di chiedere conto a noi stessi in prima persona, di quello che facciamo. Il problema non è solo chi fa il male, ma anche chi lascia che lo si faccia. Firenze, città del Rinascimento, è stata vittima anche lei della mafia con l’attentato ai Georgofili, e proprio in quanto capitale della cultura, come ora Napoli è stata sfregiata dal rogo della Città della scienza. Perché la cultura è presidio di democrazia, sveglia le coscienze, è strumento di responsabilità e libertà. Lo sapeva bene Antonino Caponnetto, ‘nonno Nino’ che ha girato l’Italia fino all’ultimo per dire che la mafia teme più le scuole che la giustizia. Ma al suo funerale non c’era un solo rappresentante dello Stato».

Evidente sottovalutazione della radice culturale della mafia.

«Sì, e a Firenze, sabato, ci saremo anche in memoria di Nino. Da qui partirà l’appello ad un Rinascimento nuovo, fatto dalle persone che hanno voglia di riappropriarsi dei loro diritti, e che dalla politica pretendono soluzioni e non parole. La lotta alla mafia non si può più fare con i proclami, ma con il sostegno alle famiglie, i servizi ai territori, le politiche per il lavoro, la lotta contro il gioco d’azzardo, la legge contro la corruzione, l’accoglienza dei profughi del nord Africa per non farne manodopera della criminalità, la prevenzione dei reati, anziché la rincorsa, che costa molto di più. In una parola, con una politica che al più presto rimettere al centro le persone, la loro dignità, rendendo loro giustizia».

Insieme a Michele Serra, Roberto Saviano, Roberto Benigni e altri, lei ha firmato l’appello «Facciamolo!», rivolto a Pd e 5 Stelle perché trovino un accordo di «governo di alto profilo». Eppure Libera è sempre stata contraria alle «sirene del populismo».

«Non chiamerei populisti i 5 Stelle, che hanno dato una scossa al Paese ponendo domande ineludibili a tutta la politica. Conosco molti di questi ragazzi, portatori di una voglia di cambiamento e di una rabbia sana, quella che si prova per ciò che si ama. In parlamento sono entrati finalmente volti di giovani, intelligenti e appassionati, che ora vanno ascoltati e fatti lavorare». 

Sì, ma con che governo? 

«Non sta a noi dirlo, ma di sicuro tutto ciò va raccolto per ridare speranza al Paese. L’appello non servirà a niente, ma almeno è un tentativo di chiamare in causa tutti, nessuno escluso, ad una responsabilità diretta, ad una politica alta, chiara, trasparente, vicina alle storie delle persone. L’unico modo per salvare l’Italia. Mai lasciare che una crisi si trascini dietro anche la crisi della speranza. Il nostro è un graffio sulla coscienza di tutti, un invito a non perderci, per non dover un giorno batterci il petto, e a fare scelte anche scomode, a trasformare i tanti ‘no’ che diciamo, in tanti ‘noi’».

Lei è un prete, e il mondo cattolico, in questo momento, non solo perché si apre un Conclave, è chiamato ad una stagione di scelte cruciali, spirituali e culturali, e in un certo senso anche politiche. Quali, secondo lei?

«Ogni cristiano ha una duplice responsabilità: cristiana, appunto, e civile. Non può accontentarsi di affermare un ideale, deve entrare nella storia. E sapere che ovunque è a rischio la dignità, lì viene sacrificato il principio di libertà dell’uomo. La Chiesa deve avviare un processo di purificazione e rinnovamento, diventare più povera, più sobria, meno burocratica, più essenziale, più libera. Parlare il linguaggio della vita delle persone, su sessualità, divorziati, bioetica, uso del denaro. E lo Ior deve passare alla banca Etica, subito». 

E alla luce di tutto questo, chi vorrebbe che diventasse Papa?

«Il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn. Uomo profondo, pieno di umanità, coraggio, capacità di stare con la gente. Lui sì che sarebbe una bella svolta nella Chiesa».