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martedì 2 aprile 2013

Pinerolo 23 marzo 2013. "GIORNATA DELLE MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE"

"XVIII GIORNATA DELLE MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE": (...) Lo slogan di quest'anno è "Semi di giustizia, fiori di corresponsabilità" e per questa ragione chiederemo agli studenti di scendere in piazza con dei fiori realizzati da loro, che rappresentino la memoria delle vittime da ricordare. La piazza potrà cosi riempirsi di fiori colorati di vita, di fiori colorati di impegno. L'impegno di cui ciascuno ripartirà carico, dopo la manifestazione".
E' quanto abbiamo cercato di fare anche noi, a Pinerolo, il 23 marzo 2013


Abbiamo cercato di "fare memoria", perchè ricordare non basta e non serve a molto. Fare memoria vuol dire invece cercare di conoscere, comprendere, i meccanismi e le cause che hanno determinato certi avvenimenti e adoperarsi, impegnarsi, affinché avvenimenti simili non debbano più accadere
Ecco cos'è stato per noi, nella piazza di Pinerolo "illuminata" dalle ragazze e dai ragazzi di alcune scuole pinerolesi, la "GIORNATA DELLE MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME INNOCENTI DELLE MAFIE"

Le parole e le immagini della Giornata


- dal min. 0'.00'' al min. 15'.14''Presentazione del significato della Giornata e il perché della scelta di Firenze come sede della manifestazione nazionale: il ventennale della Strage di Via dei Georgofili e la figura dei giudici fiorentini Antonino Caponnetto e Pier Luigi Vigna. E infine perchè da Firenze parta un nuovo "Rinascimento" per questo Paese, un Paese che da anni pare scivolare lentamente in un baratro etico e morale.

- dal min. 15'.14" al min. 17'.10": lettura del messaggio del Presidente Giorgio Napolitano, indirizzato a Libera nell'occasione della celebrazione della Giornata

- dal min. 17'.10" al min. 20'.14": intervento del gruppo Scout Pinerolo P3

- dal min. 20'.14" al min. 23'.50": intervento del prof. Danilo Chiabrando, Preside della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo

- dal min. 23'.50" al min. 29'.30": intervento della prof.ssa Erika Di Stefanodella Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo, in rappresentanza delle prof.sse Teresa Saieva e Daniela Carano con le quali il presidio "Rita Atria" sta svolgendo un progetto sui valori della cittadinanza e della Giustizia

- dal min. 29'.30" al min. 31.'45": intervento di Stefano, studente della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo.  

dal min 31'.45" al min. 36'.45": intervento di Olga, studentessa della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo 

- dal min. 36'.45" al min. 39'.05": intervento di Valeria, studentessa della Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo 

- dal min. 39'.05" al min. 45'.40": intervento di Alessandro, studente del Liceo Scientifico "M. Curie" di Pinerolo 

- dal min. 45'.40" al min. 54'.08": intervento della prof.ssa Rosellina Grosso, in rappresentanza dei docenti del Liceo Scientifico "M. Curie" che hanno aderito al progetto presentato dal presidio "Rita Atria"

- dal min. 54'.08" al min. 58'.40": intervento della dott.ssa M.T. Ingicco, Preside del Liceo Classico "Porporato" di Pinerolo

- dal min. 58'.40" a 1h.02'.53". Intervento del Sindaco di Pinerolo, Eugenio Buttiero 

- da 1h.02'.53" a 1h. 42'.50": Lettura dei Nomi delle Vittime Innocenti delle mafie

- da 1h. 42'.50" a 1h 45'.57". Lettura del brano " Sono morti per noi (...)", tratto dal "discorso dell'Amore" pronunciato da Paolo Borsellino il 23 giugno 1992

- da  1h 45'.57"a fine filmato: presentazione dell'evento previsto nel pomeriggio ( flash-mob) 
e dell'incontro serale con Yvan Sagnet.


Nel pomeriggio, le studentesse del Liceo "M. Curie"danno vita al flsh-mob 
per fare memoria  delle Vittime Innocenti delle mafie. 




...E si fa memoria anche leggendo le parole tratte dal tema di maturità di Rita Atria: 
(...) L'unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo."
 Rita Atria  - Erice 5 giugno 1992



Nella serata. la fiaccolata... 


.
...E poi: a introdurre  l'incontro con Yvan Sagnet,  i saluti della Preside del Liceo"Porporato, dott.ssa M.T. Ingicco e dell'Assessore alla Cultura prof. P. Pivaro.  
Di seguito, Teresa e Tommaso, studenti della classe II B del  Liceo Classico "Porporato",  
introducono alla visione del filmato col quale la classe partecipò, vincendolo, al concorso indetto nel ventennale della Strage di Capaci. 





...Infine, Yvan Sagnet : "Ama il tuo Sogno" 

Il racconto di un ragazzo camerunense che, uomo libero in terra d'Africa,  vive l'esperienza della schiavitù in Italia. Quella schiavitù che, come accade spesso per le mafie, facciamo finta di non vedere e di non conoscere. Nel suo libro, "Ama il Tuo Sogno",  Yvan Sagnet, ci insegna che la prima forma di Giustizia è la difesa della Dignità di ogni essere umano. Questa battaglia,  Yvan l'ha combattuta anche per tutti noi. Lo scorso 15 marzo, Yvan Sagnet ha conseguito la laurea in ingegneria presso il Politecnico di Torino. 



giovedì 21 marzo 2013

A Pinerolo, sabato 23 marzo, Yvan Sagnet racconterà al sua storia


Venerdì 15 marzo Yvan Sagnet, leader della rivolta dei braccianti di Nardò, è diventato dottore in Ingegneria, titolo conseguito al Politecnico di Torino.

Yvan Sagnet racconterà la sua storia a Pinerolo, sabato 23 marzo 2013 nell'ambito della manifestazione che celebrerà la  XVIII Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie",  

Fonte: LECCESETTE

Una storia di dignità e riscatto. Dopo anni di sacrifici, ha un sapore un po' speciale la laurea in ingegneria conquistata venerdì da Ivan Sagnet. 
Lui, camerunense arrivato in Italia come tanti altri cittadini migranti, ha segnato il passo della storia di questo Paese diventando il leader della rivolta dei braccianti di Nardò. Per la prima volta dopo anni di sfruttamento nei campi, grazie a lui i lavoratori hanno cominciato a riacquistare un volto ed un nome, incrociando le braccia e rifiutandosi di subire in silenzio le angherie dei caporali. 
Un eroe dei nostri giorni con alle spalle una storia di emigrazione come tante. Arrivato nel nostro Paese con ancora negli occhi il mito dell'Italia di Roberto Baggio, si scontra subito con le mille difficoltà dello status di immigrato. Cresciuto all'ombra di uno zio  che gli ha trasmesso l'amore per la cultura, deve ricominciare tutto d'accapo. Studia l'italiano innanzitutto e lavora qui e lì per pagarsi l'iscrizione all'Università di Torino. Poi arriva l'esperienza di Nardò. Qui, bracciante e laureando, si scontra con una realtà di inusitato sfruttamento. Forte della sua consapevolezza, ha il coraggio di ribellarsi, trascinandosi dietro gli altri lavoratori. Poi arrivano le minacce dei caporali, l'attenzione mediatica e, come da copione, la guerra tra poveri, l'antipatia di chi  - debole tra i deboli – è disposto a tutto pur di mangiare. 
Ma proprio da quell'esperienza nasce la sua fortuna. Si allontana dal Salento, dove è in pericolo, ma non tace. Comincia invece a raccontare, anche in un libro, la sua esperienza, raccogliendo intorno a sé solidarietà e simpatie. Comunque  continua a studiare, testardamente, fino al traguardo: la laurea in ingegneria che venerdì a Torino lo ha consacrato dottore in ingegneria delle telecomunicazioni

martedì 19 marzo 2013

XVIII Giornata della memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie


A Firenze il 16 marzo 2013

A Pinerolo il 23 marzo 2013 

il gruppo scout di Pinerolo a Firenze
In tanti hanno sfilato, sabato scorso a Firenze:  150 mila persone, arrivate nel capoluogo toscano per la "XVIII° Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie", organizzata da Libera e Avviso Pubblico
Ascoltare gli oltre 800 nomi delle Vittime Innocenti delle mafie voleva avere il significato di "fare memoria" di tutti coloro che, innocenti, hanno sacrificato la loro vita, uccisi dalla "peste", come Don Ciotti ha definito le mafie. Fare memoria: conoscere, capire, agire affnchè le storie drammatiche  del passato non abbiano più a ripetersi. Fare memoria; essere vicini ai familiari delle Vittime Innocenti affinchè il loro sacrificio non sia dimenticato; impegnarsi a difendere la Bellezza delle nostre vite contro il puzzo della "montagna di merda" - così Peppino Impastato ci ha insegnato a chiamare le mafie; Tutto questo significa la "Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie". 
Memoria e impegno sono i semi e fiori che i partecipanti alla manifestazione offrono come servizio alle nostre comunità.
A Firenze eravamo presenti anche noi, del presidio "Rita Atria" Pinerolo, rappresentati da uno dei gruppi scout della città: giovani, nuove generazioni che, come ci ha insegnato Paolo Borsellino, sono "(...) le più adatte a sentire subito  il fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza della contiguità e quindi della complicità". 
gli scout e lo striscione del presidio "Rita Atria" marciano a Firenze

Il prossimo 23 marzo 2013, celebreremo, anche a  Pinerolo, la "Giornata della memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime delle mafie".
Il seme della Memoria nutre  il fiore del nostro Impegno

martedì 12 marzo 2013

Commuoversi non basta è arrivato il momento di muoversi


Don Ciotti, "commuoversi non basta
è arrivato il momento di muoversi"

Don Ciotti, fondatore di Libera, in occasione della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie, a Firenze il 16 marzo. "Da questa città deve partire un rinascimento civile"

Fonte: La Repubblica
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ospite ieri di Repubblica, ha risposto alle domande dei giornalisti della redazione sulla 18° Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo della vittime delle mafie, che si terrà a Firenze il 16 marzo (vedi box nell’altra pagina), e su alcuni temi caldi della vita del paese.


La vostra iniziativa si chiama Giornata della memoria e dell’impegno, con un accento messo sul fare, più che soltanto sul dovere del ricordo. In concreto questo cosa significa?


«Che commuoversi non basta più, ma bisogna muoversi. E che la memoria che parla, racconta, porta a distinguere il giusto dall’ingiusto, a capire ciò che serve, costringe a mobilitarsi e a farlo tutti insieme. Perché il vero cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi in prima persona, di fatti concreti, e della coesione dell’intero Paese».

Parlare di mafia non solo al sud, ma in giro per l’Italia, vuol dire, insomma, vederlo come un ‘caso’ per ogni italiano, in qualunque angolo viva.

«Libera è nata nel ’95 nel clima di indignazione seguito alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, e dal bisogno urgente di reagire attraverso un percorso culturale, educativo, di conoscenza, di impegno civile, l’unico in grado di garantire lo stato di salute di una democrazia. Così, nel ’96 siamo riusciti a raccogliere 1 milione di firme a sostegno della legge sulla confisca dei beni della mafia e il loro uso sociale, per cui si era battuto ed era morto Pio La Torre, e che prima di essere approvata ha trovato mille ostacoli in parlamento. Abbiamo conosciuto la fatica di andare a bussare alla porta dei capigruppo, uno per uno, di lottare con i tempi di lavori parlamentari, il patema dell’approvazione». 

La legge è poi arrivata.

«In extremis. E oggi sappiamo quanto sia faticoso farla funzionare, arrivare alle confische, restituire terre e beni immobili alla collettività, garantire la loro rinascita economica a vantaggio di tutti. Basti pensare che solo 35 delle oltre 1.600 aziende confiscate sono finora sopravvissute e in grado di camminare. Eppure sappiamo anche quanto sia importante in quei territori vedere i giovani al lavoro nei campi appartenuti a Riina e Provenzano, occupare le case e le ville che furono di boss autori di stragi, e i prodotti delle cooperative sociali come il vino Centopassi serviti al rinfresco del presidente Napolitano per la festa della Repubblica. Uno schiaffo alla mafia costato una raffica di attentati e distruzioni, che ci hanno toccato nel vivo. Ma ormai sappiamo che questa è l’unica strada da percorrere».

Il momento più forte della manifestazione di sabato sarà quando verrà letta a voce alta la lista di 900 nomi di vittime delle mafie, un elenco che fa già impressione, eppure incompleto. 

«Ogni volta speriamo che le vittime che siamo costretti a piangere siamo le ultime, e invece dal ’92 a oggi se ne sono aggiunte molte altre, mentre ogni anno emergono dall’ombra almeno 10-15 famiglie chiuse nel loro dolore, che hanno visto lo Stato soltanto a ridosso delle loro vicende, poi più. Tutte queste persone, molte delle quali sfileranno a Firenze come il fratello di Giancarlo Siani, o la sorella di Manuela Loi, morta in via d’Amelio, o la figlia di Lollo Cortisano, ucciso dalla n’drangheta, in questi anni si sono conosciute, frequentate, ritrovando voce e dignità. E sabato sentiranno pronunciare alto e forte il nome dei loro cari. Non dimenticherò mai la mortificazione della madre di Antonio Montinaro, caposcorta di Giovanni Falcone morto anche lui nella strage di Capaci e i cui fratelli saranno con noi sabato, nel veder scomparire il nome di suo figlio dentro la generica definizione di ‘ragazzi della scorta’. Eppure, anche loro, come Falcone e Borsellino, e tutte le altre vittime innocenti, sono morti per la stessa ragione: la difesa della democrazia».

Ma perché è così difficile in Italia parlare di mafia?

«La mafia è un potere trasversale al Paese, che ha radici al sud, ma mette rami e fa frutti che si raccolgono al nord, dove ci sono il benessere, l’economia, gli investimenti, essenziali al riciclaggio del denaro sporco, e dalla cui infiltrazione nessuna regione d’Italia può dirsi al riparo, nemmeno la Toscana, dove è forte l’usura, una delle tante attività legate alla mafia, come, ovunque, il gioco d’azzardo, il traffico e lo spaccio di droga, i grandi interessi immobiliari, la corruzione della pubblica amministrazione. La lotta alle mafie, insomma, non è cosa da operatori solitari, le cose si possono cambiare solo facendo rete, parlando a nome di un ‘noi’ collettivo, senza confini territoriali e senza bandiere di partito, in cui la memoria si faccia prossimità fra persone in carne e ossa, perché la prima dimensione della giustizia è l’accoglienza, il rispetto, la vicinanza. E’ per questo che a Firenze arriveranno migliaia di persone da ogni angolo d’Italia, giovani, adulti, anziani, al seguito delle 1.600 organizzazioni nazionali di ogni colore, dall’Azione Cattolica ai sindacati confederali, dalla Fuci a Legambiente, dall’Agesci all’Arci, che fanno parte di Libera insieme a molte piccole associazioni locali, o mobilitati nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, dove di mafia si parla tutto l’anno. E in particolare ci saranno molti giovani delle carceri minorili».

Giovani che, molto spesso, fanno parte loro malgrado del tessuto sociale di cui si alimenta la mafia, anche loro vittime, in un certo senso.

«Sapete chi è che va a trovarli nelle carceri, ad aiutarli a crescere e a liberarsi dei condizionamenti del loro ambiente, a ritrovare una vita? I familiari delle vittime! E vedere gli uni e gli altri sfilare accanto per le strade di Firenze, vorrà dire assistere ad una delle pagine più alte della storia di questo Paese».

Voi ricordate come il vostro appuntamento sia ormai ‘rituale’, eppure ogni volta la Giornata di Libera viene vissuto come una forte provocazione civile, rivolto innanzitutto alla politica. In tempi di protesta diffusa e urlata, quale è il segno che volete lasciare?

«Denunciare e basta non basta più. E’ il momento di chiedere conto a noi stessi in prima persona, di quello che facciamo. Il problema non è solo chi fa il male, ma anche chi lascia che lo si faccia. Firenze, città del Rinascimento, è stata vittima anche lei della mafia con l’attentato ai Georgofili, e proprio in quanto capitale della cultura, come ora Napoli è stata sfregiata dal rogo della Città della scienza. Perché la cultura è presidio di democrazia, sveglia le coscienze, è strumento di responsabilità e libertà. Lo sapeva bene Antonino Caponnetto, ‘nonno Nino’ che ha girato l’Italia fino all’ultimo per dire che la mafia teme più le scuole che la giustizia. Ma al suo funerale non c’era un solo rappresentante dello Stato».

Evidente sottovalutazione della radice culturale della mafia.

«Sì, e a Firenze, sabato, ci saremo anche in memoria di Nino. Da qui partirà l’appello ad un Rinascimento nuovo, fatto dalle persone che hanno voglia di riappropriarsi dei loro diritti, e che dalla politica pretendono soluzioni e non parole. La lotta alla mafia non si può più fare con i proclami, ma con il sostegno alle famiglie, i servizi ai territori, le politiche per il lavoro, la lotta contro il gioco d’azzardo, la legge contro la corruzione, l’accoglienza dei profughi del nord Africa per non farne manodopera della criminalità, la prevenzione dei reati, anziché la rincorsa, che costa molto di più. In una parola, con una politica che al più presto rimettere al centro le persone, la loro dignità, rendendo loro giustizia».

Insieme a Michele Serra, Roberto Saviano, Roberto Benigni e altri, lei ha firmato l’appello «Facciamolo!», rivolto a Pd e 5 Stelle perché trovino un accordo di «governo di alto profilo». Eppure Libera è sempre stata contraria alle «sirene del populismo».

«Non chiamerei populisti i 5 Stelle, che hanno dato una scossa al Paese ponendo domande ineludibili a tutta la politica. Conosco molti di questi ragazzi, portatori di una voglia di cambiamento e di una rabbia sana, quella che si prova per ciò che si ama. In parlamento sono entrati finalmente volti di giovani, intelligenti e appassionati, che ora vanno ascoltati e fatti lavorare». 

Sì, ma con che governo? 

«Non sta a noi dirlo, ma di sicuro tutto ciò va raccolto per ridare speranza al Paese. L’appello non servirà a niente, ma almeno è un tentativo di chiamare in causa tutti, nessuno escluso, ad una responsabilità diretta, ad una politica alta, chiara, trasparente, vicina alle storie delle persone. L’unico modo per salvare l’Italia. Mai lasciare che una crisi si trascini dietro anche la crisi della speranza. Il nostro è un graffio sulla coscienza di tutti, un invito a non perderci, per non dover un giorno batterci il petto, e a fare scelte anche scomode, a trasformare i tanti ‘no’ che diciamo, in tanti ‘noi’».

Lei è un prete, e il mondo cattolico, in questo momento, non solo perché si apre un Conclave, è chiamato ad una stagione di scelte cruciali, spirituali e culturali, e in un certo senso anche politiche. Quali, secondo lei?

«Ogni cristiano ha una duplice responsabilità: cristiana, appunto, e civile. Non può accontentarsi di affermare un ideale, deve entrare nella storia. E sapere che ovunque è a rischio la dignità, lì viene sacrificato il principio di libertà dell’uomo. La Chiesa deve avviare un processo di purificazione e rinnovamento, diventare più povera, più sobria, meno burocratica, più essenziale, più libera. Parlare il linguaggio della vita delle persone, su sessualità, divorziati, bioetica, uso del denaro. E lo Ior deve passare alla banca Etica, subito». 

E alla luce di tutto questo, chi vorrebbe che diventasse Papa?

«Il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn. Uomo profondo, pieno di umanità, coraggio, capacità di stare con la gente. Lui sì che sarebbe una bella svolta nella Chiesa».

mercoledì 6 marzo 2013

Don Ciotti, da Firenze contro la mafia ."Peste che si combatte in Parlamento"


Il presidente di Libera presenta la diciottesima edizione della “Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie“ in programma il 16 marzo. 

Fonte: La Repubblica
Le radici delle mafie sono certo al Sud, ma i loro rami e loro frutti si propagano fino al Nord, passando per il Centro. E anche in Toscana i clan hanno messo radici”. Per don Luigi Ciotti la lotta alla criminalità organizzata ormai è una battaglia “da combattere in Parlamento, con leggi giuste e interventi giusti, non più soltanto con le forze dell’ordine”. Con questo appello il presidente di “Libera" ha scelto di presentare la diciottesima edizione della “Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie“ in programma a Firenze per il 16 marzo. Un grande evento per cui Libera conta di far arrivare in città 150 mila persone. “Non chiamatela più mafia, ma peste. Perché questo è diventata per il nostro Paese la criminalità organizzata”, dice don Ciotti di fronte al parlamento regionale degli studenti. 
Quest’anno la Giornata, che tradizionalmente si svolge il 21 marzo nel primo giorno di primavera, viene anticipata a sabato 16 marzo per favorire una massiccia partecipazione di quanti (sono attesi 500 pullman nonché un treno speciale dalla Liguria) arriveranno da ogni parte di Italia. Lo slogan 2013 (“Semi di giustizia, fiori di corresponsabilità“) accompagnerà il meeting e la marcia. A Firenze sono attesi circa 600 familiari delle vittime di mafia, in rappresentanza di un coordinamento composto da oltre 5 mila familiari. Saranno loro ad aprire il corteo che partirà dalla Fortezza da Basso (ore 9) per sfilare in centro e poi approdare all’Artemio Franchi. Proprio sotto la curva Maratona verrà allestito il palco da cui si susseguiranno gli interventi e verramnno letti i 900 nomi delle vittime di mafia. Un appuntamento preceduto da 100 iniziative su tutto il territorio regionale ma anche seguito nel pomeriggio da 17 forum tematici. 
Sono molte le ragioni che ci hanno fatto scegliere Firenze - dice don Andrea Bigalli, coordinatore toscano di Libera - È innanzitutto la città sfregiata dalla strage di via Georgofili, di cui quest’anno ricorreranno i vent’anni dall’attentato in cui morirono 5 persone. Firenze è poi la città adottiva di Nino Caponnetto, quella in cui è nato Pier Luigi Vigna nonché del giudice Gabriele Chelazzi”.
Firenze come tappa del rinascimento morale, sociale e civile, continua Don Ciotti, che però non dimentica come "la Toscana sia anche terra di massoneria". Lo fa ricordando un'omelia che il cardinale Carlo Maria Martini pronunciò nel 1984 nel Duomo di Milano. "Parlò di corruzione bianca e siriferiva alla corruzione dei colletti bianchi come ad una peste. Lo faceva molto prima di Mani Pulite e oggi quel discorso è di nuovo di sconcertante attualità".
Ma Firenze sarà protagonista di molte iniziative a partire dal 15 marzo. Nel pomeriggio nel Salone dei Cinquecento è previsto un incontro dei familiari delle vittime e una preghiera interreligiosa alle 18 è prevista in Santa Croce. Alle 21, all'Obihall, la presentazione del No crime festival e lo spettacolo teatrale di Fiamma Negri "Ultimo domicilio: sconosciuto e sempre alle 21 una veglia organizzata dall'Agesci presso la Palestra Ridolfi.