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lunedì 27 ottobre 2014

Contromafie: è giunto il momento di dire basta.


Sono giunti alla conclusione i lavori di Contromafie, gli Stati generali dell'Antimafia tenuti a Roma a partire da giovedì scorso.  La denuncia di don Ciotti e dell'associazione Libera è chiara: " Mafie e corruzione stanno saccheggiando la nostra società grazie a una vera e propria globalizzazione dell’illecito, che ha prodotto i suoi effetti disastrosi per la capacità dei criminali e dei loro complici di inquinare il tessuto sociale, economico e politico di Stati e comunità." 
Nel documento prodotto alla nascita del presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo ( qui il testo integrale) scrivevamo di voler diventare ed essere “sentinelle del territorio”, agire "(...) affinchè dichiarazioni di principio e proclamazioni di intenti sul tema della Legalità (...) non siano mere intenzioni verbali e principi enunciativi ma assumano concretezza e attuazione reale". Ci concediamo quindi una piccola soddisfazione: le riflessioni che il presidio LIBERA "Rita Atria" ha condotto in questi mesi sulla distinzione fra legalità e Giustizia non erano infondate, dal momento che proprio quella distinzione è al primo punto del decalogo,!
Nel manifesto presentato a conclusione dei lavori, il decalogo,  Libera propone dieci impegni per liberare l'Italia dalle mafie e dalla corruzione, con l'obiettivo di tre riforme  prioritarie e necessarie al Paese: riformare la legalità, la solidarietà e l'etica. 

 Dieci proposte. (il decalogo è questo!)



1. Riformare la legalità, perché non sia più una bandiera dietro cui si nasconde chi la viola ogni giorno.


2. Valorizzare il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie e alla corruzione come strumenti per la creazione di un nuovo welfare.

3. Garantire la formazione continua del cittadino, per renderlo parte attiva della battaglia contro il crimine.

4. Difendere il ruolo dell’informazione.

5. Rompere i legami tra mafia e politica, assicurando trasparenza ai procedimenti pubblici, con una legge anticorruzione che recepisca le direttive europee.

6. Aggiornare gli strumenti di contrasto alle mafie, estendendo i mezzi d’indagine già sperimentati ai reati di corruzione e alla più grave criminalità d’impresa.

7. Istituire il 21 marzo come Giornata nazionale della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

8. Restituire alla collettività tutti i beni confiscati ai mafiosi ma anche ai corrotti con una reale capacità d’azione dell’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati.


9. Contrastare l’economia illegale che condiziona lo sviluppo di interi territori e comunità svelando il ruolo delle lobbies e delle pratiche illecite che condizionano la leale concorrenza, colpendo in profondità su scala nazionale, europea e globale il fenomeno del riciclaggio, irrobustendo le reti territoriali e le associazioni che si oppongono a racket ed usura, contrastando la diffusione del gioco d’azzardo.


10. Introdurre i reati contro l’ambiente nel codice penale.







mercoledì 15 ottobre 2014

Elvio Fassone, senatore e giudice:“ La classe politica non è mai all’altezza"

Scriviamo col pensiero rivolto agli ultimi disastri che in questi giorni hanno colpito Genova, la Maremma e tante zone d'Italia. Cordoglio per coloro che hanno perso la vita, condanna per coloro che hanno permesso che ciò avvenisse.
Disastri che solo in parte sono da addebitarsi agli eventi metereologici: la colpa maggiore risiede nelle azioni di coloro che, amministrando quei territori, ne hanno sconvolto gli equilibri e le caratteristiche.
Disastri annunciati, provocati da politiche urbanistiche davvero censurabili, perseguite da frotte di amministratori e classi dirigenti la cui unica preoccupazione pare essere il procacciamento del Potere e il suo mantenimento.  l cosiddetti "beni comuni" - il territorio, il paesaggio, la salute delle comunità- non è (quasi mai) una priorità per la classe dirigente del Paese mentre si preferisce più spesso creare e "gestire" (non significa affatto risolvere"!) le "emergenze": il dissesto idrogeologico, la casa, il lavoro, le "grandi opere"...
La presenza delle organizzazioni mafiose in quei territori è poi un filo conduttore che potrebbe spiegare tante delle cose che accadono in questo Paese. 

Una riflessione, a partire da "una intervista coraggiosa"
Alla luce di queste premesse, continuiamo  iniziata lo scorso anno qui quanto avevamo  scritto ) grazie al contributo del sen. Elvio Fassone e del sostituto procuratore Ciro Santoriello, sul legame che dovrebbe essere imprescindibile fra Legalità, le regole che diventano le Leggi di una comunità, e la Giustizia, i Principi su cui fondare una comunità.

Sen. Elvio Fassone
Una intervista “coraggiosa”di Elvio Fassone
Il giornale Pinerolo Indialogo, nel numero di settembre 2014, riporta una intervista al Sen. Elvio Fassone ( qui il testo integrale dell'intervista). A nostro parere, si tratta di una intervista “coraggiosa” , poiché il il sen. Fassone esprime, fra le altre cose, un giudizio  sugli “eletti”, su coloro che in uno stato democratico sono chiamati a guidare la comunità. Interrogato sulla classe politica (pinerolese) Elvio Fassone dice:“(…) La classe politica non è mai all’altezza. Purtroppo infatti la politica non riesce ad attrarre chi dovrebbe. (…)”.
Aldilà del riferimento alla classe politica "locale", pensiamo  che il concetto espresso dal sen. Fassone debba sollecitare una riflessione più ampia e generale.

Una nazione:"una nave"!
Parliamo per metafora: se una nazione–comunità fosse rappresentata da "una nave", la classe politica-dirigente potrebbe essere il comandante e l’equipaggio di quella nave e noi, comuni cittadini, i passeggeri. Se dovessimo giudicare il comandante e l’equipaggio della nave, di certo saremmo rassicurati dal sapere che –comandante ed equipaggio- hanno dato prova di saper condurre egregiamente la nave soprattutto quando il mare si ingrossa
Le cose sono  ovviamente più complesse. Anzitutto, il comandante della nave-Italia spesso “schettina”. La figura di quel comandante rappresenta egregiamente quegli italiani ( e non solo italiani) che aspirano a posizioni di comando per potersene poi avvantaggiare: sfoggio di divise, abiti di fine sartoria, cene eleganti, battute spiritose. I fatti dimostrano che, sotto il vestito, spesso vi è poca sostanza-capacità. Ma  andiamo a vedere anche gli altri. Nell'equipaggio (la classe dirigente) così come tra i passeggeri (i cittadini) troviamo persone molto diverse tra loro: ci sono persone per bene e persone per male, eroi e farabutti, come anche le indagini sulla tragedia della "Concordia" hanno messo in luce. Osserviamo ora più attentamente l'equipaggio: possiamo distinguere la ciurma dai graduati e concordare nel dire che se il comportamento riprovevole di uno della ciurma è sì disdicevole -ma è difficile che provochi un gran danno- il comportamento scorretto di un ufficiale o un sottufficiale può provocare un danno enorme, perché più si sale nella catena di comando, più si hanno responsabilità e più si dovrebbe avere un alto senso morale, essere i "migliori"!

Ma quali sono le persone migliori? Cosa è "morale" nel Paese-Italia che abbiamo costruito?
La realtà: abbiamo costruito una società che si fonda oramai sull'interesse del “singolo” il quale deve perseguire a qualsiasi costo i propri, personalistici, interessi. Il successo, il denaro, il potere,  paiono essere il solo metro di valutazione, mentre i valori etici e morali vengono piegati -o accantonati- per il  raggiungimento di quegli obbiettivi. "Padroni e padrini” spadroneggiano" alla grande: si distruggono “risorse umane” -i destini degli individui-  e le ricchezze della Terra pur di ottenere privati ed esclusivi vantaggi per la famosa triade: caste-cricche-coste.
Se così è, allora  per certuni “i migliori” sono ovviamente quelli che riescono meglio in simili attività.

Chi sono per noi “i migliori”? 
Per noi i migliori sono quelli che per onestà di comportamento, aderenza a valori etici e morali, capacità di individuare percorsi e progetti corretti e sostenibili, volontà di impegno a favore delle comunità, possono offrire un contributo alla comunità stessa. Servizio e non Potere! Questi sono coloro che, a nostro parere, dovrebbero essere chiamati a guidare le comunità.
Un cammino che ci era stato indicato nei Princìpi Fondamentali della nostra Costituzione. In quel documento, pure frutto di un compromesso necessario fra le varie componenti che ne avevano determinato i cardini, i Principi, il sogno di un Paese per il quale tanti italiani avevano sacrificato la vita. Una Costituzione che, ancora oggi, richiederebbe anzitutto di essere attuata, prima che riformata!

Quali sono "i migliori" per il sistema politico italiano?
Il sistema partitico italiano pare perseguire strade ben diverse da quelle che abbiamo indicato prima. Divenuto  una sorta di “corporazione” di cui si è chiamati a farne parte per “cooptazione”, i partiti che lo compongono producono i cosiddetti "nominati”, di cui tanto sentiamo parlare da quando i cittadini sono costretti ad eleggere soggetti appunto "nominati-indicati" dagli stessi capi-partiti. Come sottolinea il sen. Fassone, cosa grave è che questa chiamata non sempre riguarda “ i migliori” della comunità. La storia (la cronaca) ci insegna che spesso la scelta, la nomina, ricade piuttosto su coloro che si dimostrano fedeli e accondiscendenti ai “desiderata” ( non sempre "ideali") dei “capi del sistema" stesso. Non solo: il “sistema” è poi capace di  legare a sé coloro che ne fanno parte attraverso tutta una serie di privilegi che, alla luce di quanto oramai sappiamo, sono tratto peculiare (e a nostro parere scandaloso) della cosiddetta “casta politica” italiana, una fra tante. Costoro, nominati e privilegiati, sono fra coloro che guidano il Paese! 
Come guideranno la nave-Paese? In quale direzione?

Perché "i migliori"non si fanno avanti? (..."migliori" secondo i parametri  del sen. Fassone e forse anche nostri)
Nel passaggio relativo alla classe politica, Elvio Fassone sottolinea un altro punto fondamentale:”(…) Le elezioni dovrebbero servire, nel senso antico del termine (eligere) a selezionare i migliori. Tuttavia questi dovrebbero farsi avanti, e ciò quasi mai accade.(…)
Ci permettiamo di dire che  è questa una considerazione che abbiamo manifestato sin dall’inizio della nostra ancor breve esperienza condotta come presidio “Rita Atria”: "(...) a fronte della mole di servizio reso alla collettività da associazioni e gruppi di volontariato (...)colpisce la scarsa possibilità di questi di incidere poi realmente negli indirizzi politici della collettività (...)".  ( qui "Esiste la società civile?", l'articolo nel quale ponevamo la questione).
A nostro parere, coloro che ritengono di poter offrire un contributo di idee e di capacità alla propria comunità,  in buona fede e senza mire di tornaconto personale,  alcuni ( molti?) di quei "migliori" spesso preferiscono agire nel mondo del lavoro, del volontariato, dell’associazionismo, piuttosto che entrare in una competizione, in un "sistema", che ha dato ampia prova di saper trovare mezzi e modi per eliminare (o almeno ridurre  in secondo piano) coloro che non si adeguano al sistema stesso o che, addirittura, quel sistema vorrebbero cambiare, visto il suo decadimento.

Sarà colpa della "questione morale"
Non vorremmo "chiudere il cerchio" in maniera troppo frettolosa ma pensiamo che una parziale spiegazione della ritrosia di quei “migliori" a farsi avanti  sia da ricercare nella cosiddetta questione morale”."Questione " irrisolta e anzi spesso accantonata dal patrimonio ideale e reale di tanta politica-partitica italiana. Inutile negarlo: col pensiero andiamo alla celebre intervista  che Enrico Berlinguer  rilasciò a Eugenio Scalfari nel 1981...o alla diversità perduta? Rileggendo quell'intervista, anzicchè "analisi datata" del mondo dei partiti dell'epoca,  le parole di Berlinguer appaiono come "il copione" seguito poi da "pezzi" della nazione, in cui varie componenti "colludono"  in uno scambio di reciproci favori e omissioni, barattando "doveri e diritti", facendo strame dei principi fondativi della nazione stessa.
Il primo passo che oggi porta a dire che "la politica "non è mai all'altezza"?


Arturo Francesco Incurato
Umberto Ottone
Stefano Ruffinatto

mercoledì 8 ottobre 2014

Quanto vale la Legalità?

LA LEGALITA' LIBERA TUTTI
Ce lo siamo dimenticati. Ce lo hanno fatto dimenticare le cosche, le cricche, le caste: LA LEGALITA' LIBERA TUTTI.
Anche questa, Legalità, è una di quelle parole speso abusate e -paraddossalmente- sempre presente proprio nei discorsi di coloro che poi si scordano poi di farla seguire da atti di Giustizia vera.
"Quanto vale la Legalità" se lo chiede anche Leonardo La Rocca, esponente di LIBERA Milano, impegnato sul tema dei  "beni confiscati". Riportiamo una sua riflessione, nella quale egli cerca si dare  peso e forma alla parola Legalità

Leonardo La Rocca
Tutte le volte che mi viene chiesto di parlare di legalità, ho una difficoltà enorme a trovare il modo. Mi sembra sempre che tutte le parole non riescano a spiegare il significato profondo e le sfumature meravigliose di questo termine. In effetti credo che il problema stia nel fatto che spesso si ha difficoltà a dare un connotato alla legalità: in un mondo così legato all’immagine, all’immediatezza del concreto, se non vedi è tanto difficile misurare. Ecco perché questa volta ho deciso di approcciare in un modo diverso: vedere quanto misura la legalità.
Ecco la prima misura: con 120 miliardi di Euro, considerando che una moneta da un euro è circa 2 cm di diametro, potremmo coprire la circonferenza terrestre con monete da un euro per ben 40 volte. Con 120 miliardi potremmo creare tre torri di monetine da un euro che vanno dalla Terra alla Luna. Potemmo addirittura coprire di monete da un euro, come fece Pollicino, la strada che parte da Peschiera Borromeo, porta a Lisbona, torna a Barcellona, va a Parigi e poi Amburgo, Mosca, Bucarest, Atene, Roma e torna a Peschiera per ben 200 volte.
Ma perché ho scelto 120 MILIARDI di euro? Semplice, perché si stima che il peso della corruzione, del sommerso, del lavoro nero, dell’economia in nero, in Italia (soltanto in Italia), valga circa 120 miliardi l’anno. Ecco, adesso comincio a misurarla questa legalità. Ma non sono ancora sazio, perché non mi serve a nulla coprire l’equatore con monete da un euro, non percepisco ancora il valore ma solo la grandezza.
E allora faccio una seconda misura: considerato che la mia bimba il prossimo anno inizierà le scuole medie, mi sono informato sul costo dei libri. 300 euro. Con 120 miliardi ci compro i libri per 400 milioni di bambini. Secondo quello spione di google, pare che ci riuscirei a pagare i libri per la metà dei bambini di età scolare (6/14 anni) del mondo.
Ma non mi basta mandare a scuola tutti i bambini, al momento ho speso solo i soldi di un anno di illegalità: voglio immaginarmi almeno tre anni di legalità totale!
E allora penso che ho dovuto cambiare gli ammortizzatori della macchina perché ho le strade piene di buche. Ed ecco che scopro che con 120 miliardi potrei asfaltare 800.000 km di strade. Caspità! più economico del gioco di pollicino. E siamo a due anni. 
Ed al terzo anno? Al terzo anno mi occupo di wellfare! Ecco che mi rispondono quegli spioni di google tramite Unicredit. Pare che il valore economico del Wellfare italiano nel 2013 (e se lo dice una banca direi che ci possiamo credere) si aggiri intorno ai 400 milioni di euro annui. Quindi con la mia brava calcolatrice faccio due conti e scopro che, se da domani smettessero tutti di comportarsi illegalmente, io potrei avere un wellfare del terzo settore pagato per 300 anni. E che me ne faccio? Non so potrei per esempio aumentare di 10 volte il peso del terzo settore e portarlo a 4 miliardi di euro l’anno per 30 anni. Wow! Così anche lo vedo finchè son vivo!
Ma adesso che ho trovato un senso al valore economico della legalità non sono ancora soddisfatto. Non lo sono perché non ho dato un valore etico alla legalità, non sono riuscito a dare una misura a quanto bella sia la legalità così com’è raccontata dalla mia Costituzione (si, mi piace pensare che chi l’ha scritta me ne abbia regalato un pezzo da proteggere e coccolare!). 
E allora faccio un’ultima misura. La faccio pensando al 22 marzo 2014, a Latina, alla manifestazione per la giornata della memoria e dell’impegno organizzata da Libera. La giornata in cui si rinnova l’impegno di ciascuno di noi come garanti della legalità, l’impegno alla partecipazione attiva per la legalità e contro le mafie, la corruzione, il lavoro nero, il gioco d’azzardo, il voto di scambio, il malaffare, lo sfruttamento dei minori, lo sfruttamento dei deboli e l’indebolimento della democrazia. La stessa giornata in cui si ricordano (la memoria…) le vittime delle mafie e se ne leggono i nomi, uno per uno, sul palco. Ed in cui si versa una lacrima, ed un brivido ti brucia lungo la schiena a sentirli quei nomi, uno per uno. I nomi di chi ha dato la vita per la legalità. I nomi "famosi" che fanno breccia nel cuore, come quelli di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pio La Torre e quelli come Hyso Telaray, un bracciante albanese che in pochi ricordano: ammazzato a 22 anni perché si era ribellato allo sfruttamento "negriero" nei campi della Puglia (ma non nel 1800, solo quindici anni fa!).
Caspita! Ora la misura è colma! Ora è chiaro cosa significa legalità e cosa non lo è. Ora anche a me è più chiaro perché non esiste la mezza legalità, quell’alibi di molti per il quale “ma è solo uno scontrino…; ma è solo una fattura, però se mi fa lo sconto…; ma è solo una piccola mazzetta, però l’appalto lo fa bene…;” lo si può sempre dire.
Ora è chiaro. Perché ho capito che ogni volta che rinuncio a quel pezzo di legalità devo immaginare che quel pezzo è un grammo dei 400 chili di tritolo che massacrarono Giovanni. Sì, Giovanni lo chiamiamo in casa, perché per noi è uno di famiglia: lui come la legalità.


Leonardo La Rocca,  presidio Libera Milano


giovedì 9 gennaio 2014

Ripartiamo, ricordando. Gli incontri del presidio "Rita Atria" Pinerolo. Legalità deve essere Giustizia!

A partire dallo scorso novembre 2013 sono ripresi gli incontri del presidio Libera " Rita Atria" Pinerolo con le scuole pinerolesi. 
Il 4 e il 6 dicembre 2013 Il presidio Libera "Rita Atria" ha incontrato alcune classi del Liceo Scientifico "M.Curie" Pinerolo.  Ospiti relatori  il sen. Elvio Fassone e il sost. procuratore Ciro Santoriello. Vorremmo soffermarci su questi due ultimi incontri perchè le parole dei due ospiti hanno fornito importanti elementi di riflessione sul tema della Legalità-Giustizia, e quindi sui Principi, elementi su cui fondare il nostro dovere-diritto di essere "cittadini responsabili"

Dalle Parole...alla "Regola delle Regole": La Costituzione Italiana! 
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Abbiamo fatto Memoria.
Negli incontri abbiamo fatto Memoria! A partire dalle rivelazioni del pentito della camorra Carmine Schiavone  e dal dramma della "Terra dei Fuochi". Abbiamo fatto memoria di Vincenza  Maisto per ricordarci che "Combattere le mafie significa difendere la Bellezza della nostra vita". Vincenza  Maisto, era divenuta simbolo della battaglia per la Terra dei Fuochi. “Acerra non deve morire: salviamola” era la scritta che si leggeva sul biglietto che Vincenza mostrava mentre era nel letto dell’ospedale dove era ricoverata a causa del tumore che l'aveva colpita all'età di dodici anni. Vincenza Maisto è morta lo scorso 26 novembre 2013. 
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Vincenza Maisto
Abbiamo fatto memoria della sentenza di  Processo Minotauro
Nevio Coral
Le mafie esistono e sono radicate anche al Nord, anche in Piemonte.  
"Pezzi" della politica, dell'imprenditoria, della cosiddetta "società civile" si avvalgono dei servizi offerti dalle organizzazioni mafiose. La condanna  in primo grado a dieci anni di reclusione dell'ex sindaco di Leinì Nevio Coral dimostra la "qualità" -oltrecchè la "quantità"- della presenza mafiosa nei nostri territori. Importante sarà poi conoscere le motivazioni che hanno portato i giudici torinesi alle decisioni della sentenza



Riflettiamo insieme agli studenti : "REGOLA"!
Abbiamo invitato gli studenti a offrirci la loro definizioni della parola "Regola".
Partendo da queste, l'appassionato contributo di Elvio Fassone, già giudice e senatore, ci ricorda come il cammino della democrazia altro non è stato se non il lungo, faticoso, drammatico, tentativo di cambiare il detentore del Potere - che deve avere-prevedere "regole": dal "re", o dal potente di turno, al Popolo!
Riflettiamo sul fatto che, come il sen. Fassone sottolinea, "regola prima" di uno stato democratico è che che "jus" deve coincidere con "justium": cio che è "comandato" deve coincidere -necessariamente (!) -con ciò che è "giusto"! I principi  fondamentali contenuti nella a Costituzione Italiana sono "la bilancia" su cui pesare la Giustizia delle regole-leggi ( la Legalità) che vengono emanate. Infine l'invito rivolto agli studenti: siate soggetti politici, appassionatevi alla politicaPerchè questa, la Politica, è il sistema-modo, in cui si può cambiare democraticamente una società. Se lasciamo e deleghiamo esclusivamente ad altri la gestione della politica , ecco che "il potere" può ricadere nelle mani di chi può utilizzarlo per usi personalistici:  leggi "ad personam", leggi che non perseguono il bene comune della collettività!
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il sen. ELVIO FASSONE

Nell'incontro del 6 dicembre col sostituto procuratore della repubblica CIRO SANTORIELLO continua la nostra riflessione sul tema della Legalità, tema fondamentale per la storia e il futuro del nostro Paese. 
Il dott.Santoriello ne sottolinea  un importante aspetto: la Legalità, la Legge, da sola non basta!. Occorre che le regole-leggi emanate siano ispirate a Pricipi di Giustizia, perchè il Principio ha una "eccedenza deontologica" rispetto alla regola: il Principio contiene doveri ( regole) morali assolute! 
Ed ecco la definizione che ci regala il dott. Santoriello: la Regola è un Sogno!...quando, e "se", si ispira ad un Principio. 
Il richiamo obbligato è, ancora una volta, ai principi fondamentali della Costituzione Italiana: il Principio del lavoro come fondamento della comunità, una Legge uguale per tutti, il premio riconosciuto ai più capaci e ai più meritevoli, la difesa del Paesaggio. Quanti di quei Principi (Sogni!) contenuti nella Costituzione siamo riusciti a trasformare in realtà, nonostante la mole di leggi che quotidianamente vengono emanate. Dov'è il Sogno? Dov'è, qual'è, il Progetto offerto al nostro Paese? 
Anche il dott. Santoriello invita ad essere donne e uomini responsabili: questo il dovere a cui ci chiama il rispetto dei Principi. Nella vita che conduciamo, ciascuno di noi è chiamato a compiere scelte, operare decisioni; ma queste non devono essere ispirate solamente dal rispetto di regole-leggi ( e magari solo per il timore di incorrere in sanzioni). Importante è comprendere su quali Principi fondare le azioni-scelte della nostra vita. 

il sost. procuratore CIRO SANTORIELLO
E alla fine di questi due interventi comprendiamo, tutti insieme, perchè la scuola è così importante: 
Perchè la scuola deve servire a sviluppare conoscenza e intelligenza! 
Perchè conoscenza e intelligenza sono necessari a comprendere e interpretare quanto accade!  ( e per questo motivo sono elementi scomodi "al Potere")
Perchè conoscenza e inteligenza sono gli strumenti necessari per trasferire democraticamente il Potere: "dal più forte" al Popolo. 
Perchè conoscenza e intelligenza sono gli strumenti  necessari per costruire Principi e Sogni che guidano un Paese!
E comprendiamo perchè la conoscenza e l'intelligenza ci aiutano a difendere la Bellezza delle nostre vite!...anche contro le mafie!


venerdì 13 settembre 2013

Sentinelle del territorio: "…Aspettando Renzo Piano ( a Pinerolo), cosa può legare un semaforo (in Calabria) ad un grattacielo (a Pinerolo)?


Al ritorno da una breve vacanza nel paese natìo in Calabria, mi arrovella una domanda: cosa può legare il semaforo posto su un antico muro di sostegno di un borgo calabrese all’idea di un “grattacielo” a Pinerolo? 

Il borgo calabrese, il semaforo sull'antico muro,  il "grattacielo" di Pinerolo
Il quesito mi viene sollecitato da quanto si legge in un documento allegato alla delibera approvata dall’amministrazione pinerolese nello scorso mese di luglio. La delibera prevede la vendita dell’area dei cosiddetti “Portici Blu” al fine di realizzare “(…) “un edificio capace di lasciare un segno forte sul paesaggio cittadino”. (Un “secondo” grattacielo a Pinerolo?)
Lasciare un segno forte…” Mi sono chiesto: è forse  lo stesso principio, fatte le debite proporzioni, che ha ispirato gli amministratori del borgo calabrese posizionando il semaforo sull’antico muro, forse come segno di modernità o come gesto concreto dell’attenzione che l’ amministratore ha nei confronti dei bisogni della sua comunità?
Eppure, visti nel loro contesto e riflettendo sui due “oggetti”, il semaforo sull’antico muro così come il “grattacielo” nel panorama di Pinerolo, mi viene da pensare che entrambi rappresentano, a mio parere, due elementi “osceni”. “Osceni” nel significato etimologico della parola latina da cui deriva il termine “osceno”: “ob scenum”, ovvero qualcosa che è fuori dalla scena, fuori dal contesto, qualcosa di inadeguato.
Memorie degli studi universitari alla facoltà di Architettura di Torino, uno dei principi che più mi affascinavano era quello del “genius loci”, lo spirito del luogo, la vocazione di un luogo. Un principio fondamentale che, come apprendevamo, aveva determinato la varietà delle forme architettoniche espresse dalle differenti culture e civiltà: fondato sul rispetto delle atmosfere e del carattere spirituale dei luoghi, delle tradizioni costruttive, sulla sensibilità per l’uso di materiali. Cosicché, sino a qualche decennio orsono era piuttosto agevole individuare il luogo, la nazione -e quindi la cultura- che aveva “costruito” un edificio, una casa, un’opera architettonica, un disegno urbanistico. Saper cogliere ed esprimere nel progetto che si elaborava il “genius loci”, lo spirito del luogo, secondo i nostri docenti era un elemento discriminante per rendere oggettivamente ammirevole, qualificante e giustificata, l’opera di un professionista che ambisse a svolgere il lavoro di architetto.
La realtà della professione dell’architetto, al di fuori dalle aule universitarie e soprattutto in Italia, è stata davvero differente. La figura dell’architetto, come altre, in Italia si è trasformata spesso in quella di un mero esecutore di ordini, volontà e programmi altrui. Ma non pensiamo di ritrovare facilmente lo spirito della famiglia dei Medici, di Giulio II,  o anche dei Savoia,  nelle vesti di pubblici e privati committenti! La speculazione edilizia, la forza della “rendita”, a volte “il malaffare”, questi i “poteri-committenti” che hanno provocato il degrado di tanti paesaggi e “luoghi” italiani e che hanno visto -troppo spesso!- accondiscendenti e ignavi esecutori proprio in coloro che della bellezza dei luoghi, della loro difesa e creazione, avrebbero dovuto essere strenui e appassionati protagonisti.
Se cerchiamo un segno dell’inizio dell’apocalisse architettonica e urbanistica italiana -e anche dell’etica della nazione- forse dobbiamo rievocare l’inquietante proclama che scosse la Sicilia all’inizio del 1960: “Palermo è bella! Facciamola più bella!”.

uno dei tanti episodi del "Sacco di Palermo": Villa Rutelli, demolita, e l'edificio che la sostituì.
Palermo, Via della Libertà angolo Via La Marmora
Con le parole pronunciate dall’allora sindaco di Palermo, Salvo Lima, in realtà si dava il via  a quello che la storia avrebbe definito “Il Sacco di Palermo”: la devastazione urbanistica ed architettonica di una delle più belle città italiane, palermo, e del paesaggio nella quale la città era immersa, la “Conca D’Oro”. Nel giro di pochi anni, il luogo che fece dire a Goethe «chi ha visto tutto questo non lo dimentica più» venne sepolto da una colata di trecento milioni di metri cubi di cemento di edilizia residenziale.  Ora sappiamo che un destino comune avrebbe unito Palermo a tante parti d’Italia. Da Sud a  Nord, ora sappiamo come è andata a finire. Opere cinematografiche come il film di Francesco Rosi, “Le Mani sulla Città”, ancora oggi potrebbe spiegare dinamiche e fenomeni a cui non abbiamo saputo (voluto?) opporci o che tentiamo di relegare ad un passato lontano. Oggi sappiamo che il degrado formale dei luoghi, degrado architettonico e urbanistico, altro non è che il segno tangibile del decadimento culturale ed etico di una comunità, di una nazione!
Magari in buona fede, committenti e progettisti del grattacielo di Pinerolo  muovevano forse da un impeto simile? “ Pinerolo è bella! Facciamo ancora più bella!” Ai tempi della sua costruzione, avvenuta negli ultimi anni ’50 del Novecento, anche il grattacielo di Pinerolo fu salutato da alcuni come simbolo del progresso che investiva e risollevava l’Italia del dopoguerra. Tuttavia, negli anni a seguire non tardò molto che “il grattacielo” si riducesse a quello che era nella realtà: il segno di una modernità vacua, un errore culturale – un po’ presuntuoso, un “ob-scenum”- compiuto nel tessuto e nel panorama di una delle più belle cittadine piemontesi.
Troppo tardi si è levata la voce di Renzo Piano, l’archi-star umanista italiano, quando giunse ad ammonire i colleghi: “Occorre anche saper dire dei no!”.
Occorrerebbe riflettere invece su quanto decoro, sapienza urbanistica e valore architettonico d’insieme, esprimano tanti antichi borghi, paesi e cittadine di ogni regione italiana, anche quelli sorti in luoghi nei quali il retaggio della povertà economica ne costituiva tratto essenziale. In quei luoghi, oscuri artigiani dell’architettura e dell’urbanistica avevano “disegnato” e costruito assecondando proprio “il genius loci”, la vocazione dei luoghi di cui parlavo prima,. Borghi, paesi e cittadine che tante volte oggi ritroviamo offesi in paesaggi sviliti, oltraggiati da “cose-case” oscene o informi periferie, frutto di volontà, cultura e valori davvero diversi da quelle che -per secoli- ne avevano animato la crescita lenta, organica, meditata e “sostenibile” (come diremmo ora dall’alto della nostra presunta modernità culturale).
Nella aule universitarie delle facoltà di architettura, come nei luoghi ove si amministra “la cosa pubblica”, dovrebbero risuonare anche le parole semplici di Peppino Impastato, non già architetto o critico-teorico di moderna e acclarata fama ma semplice martire della Giustizia e della Bellezza di questa nostra Italia: “Se si insegnasse la Bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilà: si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di quei luoghi prima, ed ogni cosa per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. E’ perciò che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
E allora, poco a poco, mi pare di intravedere il legame fra il semaforo di uno sperduto borgo della Calabria e l’idea di un grattacielo” di una  ridente cittadina piemontese… Aspettando un Renzo Piano (o un semplice “bertoncelli”) che ci insegni a saper dire anche dei “no!”
 Francesco Incurato
referente presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo


 P.S.: il semaforo “calabrese” – posto a gestire un traffico in realtà inesistente - non è ancora funzionante, come nella triste tradizione di quella regione ( ma non solo in  quella)!...ed è anche vero che con l’arrivò del cosiddetto “International style”, e dei cosiddetti “archi-stars”, non è più così “osceno” proporre a Milano un progetto rifiutato a New York!...Sic!