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venerdì 12 ottobre 2012

LA LEGALITA' E' UN'OPINIONE? La lettera di Pippo Callipo, imprenditore calabrese, e le dichiarazioni di Angelino Alfano, segretario nazionale del PdL.


Lo scioglimento per contiguità mafiosa del comune di Reggio Calabria suscita commenti differenti. 
Mettiamo a confronto la lettera indirizzata al ministro Cancellieri da Pippo Callipo, imprenditore calabrese, e le dichiarazioni di Angelino Alfano, segretario nazionale del PdL.

La lettera di  Pippo Callipo 
( fonte: Sole 24 ore - rubrica "Guardie e Ladri" di R. Gallullo )


Pippo Callipo

 Ci voleva un governo tecnico per mettere finalmente a nudo un sistema di potere che per anni ha imperversato nella città più importante della Calabria, emblema insieme dei mali e delle virtù di un’intera Regione. Ci voleva un governo tecnico per fare quello che nessun esecutivo politico avrebbe mai osato fare, mettendosi contro colleghi e sodali politicamente troppo in vista. Certo ci saremmo aspettati che questa decisione fosse giunta ben prima e con maggiore determinazione, poiché è noto che il “sacco” di Reggio Calabria non è certo maturato nei diciassette mesi della consiliatura che oggi viene sciolta, ma tant’è.
E allora grazie caro Ministro Cancellieri. Grazie a nome dei tanti calabresi onesti per questa decisione che, ci auguriamo, possa contribuire a liberare questa città dai ceppi ai quali era vincolata, con uno slancio che possa, magari, contagiare l’intera Regione. Si perché con il tanto decantato “Modello Reggio” che oggi vede la sua impietosa deriva giuridica, viene bollato con il marchio dell’infamia un intero sistema politico: quello che va per la maggiore in questa Regione. Basato com’è sulle clientele, sulle interessenze, sulle commistioni tra zone più o meno grigie, lobby affaristico-mafiose, consorterie di ogni risma.
Dunque, caro Ministro, non dimentichi che se il “Modello Reggio” frana oggi miseramente, rimane ancora in piedi un ben più deforme “Modello Calabria” il quale ha, per molti versi, aspetti identici se non più aberranti di quelli in uso nella città dello Stretto. Ce lo dicono già molte inchieste giudiziarie, il lavoro encomiabile della magistratura, gli avvisi di garanzia, gli arresti in seno al Consiglio regionale. Ecco, caro Ministro, il suo lavoro in questo senso è ancora all’inizio… trovi lei nella sua autonomia politica e decisionale quel coraggio che ad altri, guidati dalle logiche di consenso, è mancato evitando così alla Calabria onesta e all’Italia tutta l’agonia di un’intera Regione.
 Pippo Callipo 


 Le dichiarazioni di Angelino Alfano 
( fonte : La Repubblica) 

"Il provvedimento assunto dal governo riguardo lo scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria 1, penalizza e condanna un'intera comunità e non rafforza la presenza dello stato in questa parte di Paese". Così il segretario del Pdl, Angelino Alfano. La decisione di azzerare il consiglio è stata presa nei giorni scorsi dal ministero dell'Interno a causa di contiguità con la 'ndrangheta.
Alfano ha espresso la sua solidarietà "a tutti quegli amministratori che, col sindaco di Reggio, Demetrio Arena, hanno fatto della trasparenza, della moralità e della legalità, elementi cardine dell'azione politico amministrativa in questi anni". L'ex ministro della Giustizia ha aggiunto che "il Pdl si stringe ancora una volta attorno ai cittadini reggini, consapevole che quanto accaduto, anche in termini di proiezione mediatica, non rende giustizia del grande processo di crescita avuto negli ultimi dieci anni".
Secondo il segretario del Pdl la città "dal governo di centrodestra, ha ricevuto sempre sostegno", mentre lo stesso "non si può dire di coloro che, orfani di consenso popolare, hanno tifato cinicamente per lo scioglimento, incuranti del bene della citta".

Ci chiediamo: la Legalità è un'opinione?


mercoledì 13 giugno 2012

Raffica di incendi nei campi di Libera


Don Ciotti: "Non sono coincidenze"

Dopo Mesagne e Belpasso, gli ultimi due episodi si sono verificati nel Trapanese in contemporanea: un uliveto di Castelvetrano e un altro uliveto a Partanna, zona già colpita dieci giorni fa

di ALESSANDRA ZINITIFonte: LA Repubblica
PALERMO - Nessuno crede alla casualità. Cinque incendi in dieci giorni in oliveti e vigneti confiscati alle organizzazioni criminali e affidati alle cooperative di Libera suonano come una evidente intimidazione. Gli ultimi due episodi si sono verificati nel Trapanese praticamente in contemporanea in un uliveto di Castelvetrano e in un altro a Partanna, poco distante da dove, solo dieci giorni fa, un altro incendio aveva mandato in fumo ettari di coltivazioni dei ragazzi delle cooperative di Libera.

Gli ultimi incendi, che seguono quello di Mesagne in Puglia (il paese venuto alle cronache dopo l'attentato di Brindisi) e quello di Belpasso nel Catanese, preoccupano Don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, che dice: "Non possiamo più pensare a delle coincidenze. Non possono lasciarci indifferenti i recenti episodi di vandalismo a danno dei beni confiscati alle mafie, dalla Puglia alla Sicilia, dal Lazio alla Calabria". 

"Quei beni - dice Don Ciotti - non sono solo uno schiaffo alle organizzazioni criminali, ma anche uno strumento per indebolirle in ciò che le rende forti: l'accumulazione illecita di capitali. Libera sente un debito di gratitudine verso chiunque, dalle forze dell'ordine alle istituzioni e amministrazioni local, contribuisce per garantire la sicurezza di quelle realtà, ma alla luce del susseguirsi 
degli incendi e vandalismi è chiaro che qualcosa nel meccanismo di tutela deve essere rivisto".

giovedì 3 maggio 2012

Più sale il livello di corruzione più sale il livello di inquinamento.


Paul Connett: ideatore della “Strategia Rifiutizero”. 
Lo sappiamo: anche grazie al libro "Gomorra" di Robero Saviano, sappiamo dello scandalo dei rifiuti tossici e pericolosi smaltito dalle mafie. Imprenditori senza scrupoli, dirigenti di aziende, tecnici, per anni si sono affidati a mafiosi e faccendieri per ridurre i costi di smaltimento e la gestione dei prodotti di scarto delle lavorazioni industriali. I "rifiuti" sono diventati un lucroso affare per le cosiddette "ecomafie" e alcune zone del Sud dell'Italia, insieme ad alcune nazioni del cosiddetto "Terzo Mondo", sono divenute "discariche abusive" di sostanze che minano la salute di intere comunità.
Fra i beni più preziosi, la salute dei cittadini, il territorio-paesaggio, sono quotidianamente minacciati dall'illegalità: "(...)Più sale il livello di corruzione più sale il livello di inquinamento(...)." E' quanto afferma Paul Connett, teorico della “Strategia Rifiutizero", nell'intervista che riportiamo: l'analisi di un problema, i rifiuti prodotti dalla nostra società, può divenire il punto di partenza per riflettere su un sistema,  quello del modello capitalistico-occidentale, che  rischia di implodere se non diventa "eco-sostenibile".

Fonte : "Articolo tre", 29 aprile 2012,  intervista di Davide Pelanda


"E’ proprio difficile non conoscere Paul Connett docente di Chimica Generale, Chimica Ambientale e Tossicologia presso la St. Lawrence University (New York), ambientalista di fama mondiale, tra i maggiori esperti in tema di diossine, furani e teorico dellaStrategia Rifiutizero”. È passato più di una volta in Italia, facendo su e giù dalla Sicilia e risalendo lo stivale fino a Roma, Pisa, e su su fino a Torino dove di recente l’abbiamo incontrato durante l'evento “Rifiutizero Italia chiama USA” in collegamento via skype proprio con San Francisco ed il suo Primo Cittadino.
- Professor Connett sapeva che l'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino, convinto promotore dell'inceneritore del Gerbido di Torino, intervistato dagli Amici di Beppe Grillo, alla domanda “Lei sa chi è Paul Connett?” rispose “Io non so chi sia Paul Connett, per me è uno sconosciuto”. Pensa che l'attuale sindaco Piero Fassino ed altri sindaci italiani conoscano lei e la “Strategia Rifiutizero” di cui è massimo esponente mondiale?
«Ho parlato in più di 220 città d’Italia e quindi penso che molti sindaci conoscano la “Strategia Rifiutizero” cioè un diverso modo di affrontare la gestione dei rifiuti. Le città che in Italia hanno aderito a questa idea sono adesso 73. Se proprio il vostro sindaco non conosce questa strategia potrà leggere il libro che ho appena pubblicato sull’argomento. Per il passato va bene, ma per il futuro non ci sono più scuse»
- Come può creare posti di lavoro un inceneritore? E come può invece creare benessere e lavoro la Strategia da lei promossa?
«Quando si costruisce un inceneritore si mettono i soldi in un macchinario  estremamente complicato. Una gran parte di denaro lascia la comunità e si creano pochissimi posti di lavoro. L’inceneritore di Brescia è costato trecento milioni di euro ed ha creato solo ottanta posti di lavoro. Ci sarebbero dieci volte quel numero di posti di lavoro nel riciclaggio, riutilizzo ecc…»
- Lei diceva che dove ci sono Paesi con tanta corruzione c'è tanto inquinamento. E' una correlazione dimostrabile? Se è vera, come mai succede?
«Più sale il livello di corruzione più sale il livello di inquinamento perché c’è una cattiva legge. Invece una buona legge consente una buona partecipazione della gente che farebbe migliorare anche la questione dell’inquinamento. Dobbiamo pulire il sistema democratico politico per pulire l’ambiente
- Cosa possono fare i cittadini per convincere i politici ed amministratori, ora che l'inceneritore è in fase avanzata di costruzione, che è una scelta perdente quella di bruciare i rifiuti?
«Una volta che il denaro è stato speso per questa costruzione è difficile tornare indietro. Però negli Stati Uniti alcune città hanno visto che sarebbe stato più economico non far partire l’inceneritore e scegliere le alternative. Anche se l’impianto è già stato costruito si possono usare molte sue infrastrutture per il riciclaggio dei rifiuti, senza però usare il forno. Da noi non lo si è completamente abbandonato, lo si è riutilizzato solo in parte»
- La grande partecipazione popolare per la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini può essere fermata con i soldati e la violenza governativa, come sta succedendo con la Tav in Valsusa?
Pinerolo:  la discarica del Torrione viene "impacchettata"
«E’ assurdo che nella situazione economica in cui ci si trova lo Stato italiano continui a mettere denaro in opere così grandi invece di usarlo per scuole, ospedali e opere per il welfare. E’ un problema molto serio. Per imporre cattive decisioni hanno bisogno di diventare antidemocratici: queste Grandi Opere non sono decisioni condivise con la popolazione. Invece non si ha bisogno dell’esercito per realizzare la “Strategia Rifiutizero” perché è ciò che la gente vuole»
- Lei ebbe a dire che la data per raggiungere l'obiettivo Rifiutizero era il 2020. Una tempistica idealista? Reale? A che punto siamo, nel mondo per ottenere quel risultato, visto che mancherebbero otto anni?
E’ bene avere un obiettivo chiaro, una chiara direzione verso cui andare. Per adesso è impossibile raggiungere lo Zero, però ci stiamo avvicinando: ad esempio, Villafranca d’Asti è all’85 per cento, San Francisco 78 per cento, tutto ciò per dire che l’80 per cento è raggiungibile con la responsabilità civica della popolazione. Ma dall'altro capo ci deve anche essere la responsabilità industriale: quello che non si può riciclare, quello che non si può riutilizzare, non dovrebbe essere prodotto. E senza questo non si arriva allo Zero. E’ questo il messaggio fondamentale.
La responsabilità civica della comunità, invece, è veloce da ottenere e dà buoni risultati, mentre la responsabilità dell’industria è molto più lenta soprattutto quella del packaging, molto più restia a collaborare. Ci sono molti esempi di produttori che adottano la “Strategia Rifiutizero”: per esempio chi fa fotocopiatrici o computer durevoli nel tempo e che possono essere anche recuperati. La “Strategia Rifiutizero” è difficile, certo, ma è un passo verso la sostenibilità che è un imperativo morale a cui noi non possiamo sottrarci. Comincia dalle mani, dalla separazione che ciascuno fa e finisce con la mente e la capacità e inventiva per trovare soluzioni nuove nella progettazione».
Davide Pelanda

domenica 29 aprile 2012

30° anniversario dell'uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo




Gli omicidi del segretario del Pci siciliano e del generale nell'82; quelli dei due giudici nel '92. Oggi, venti o trenta anni dopo, ci sono ancora molti misteri sulla loro uccisione. Però sappiamo perché li volevano morti
fonte : LA Repubblica. estratto da un articolo di  ATTILIO BOLZONI


"QUELLA MATTINA sono anch'io là, con il taccuino in mano e il cuore in gola. Saluto Giovanni Falcone, saluto Rocco Chinnici, non ho il coraggio di guardare Paolo Borsellino che è con le spalle al muro e si sta accendendo un'altra sigaretta con il mozzicone che ha già fra le dita.
Mi avvicino al commissario Cassarà e gli chiedo: "Ninni, cosa sta succedendo?". Mi risponde, l'amico poliziotto: "Siamo cadaveri che camminano". Un fotografo aspetta che loro - Falcone e Cassarà, Chinnici e Borsellino - siano per un attimo vicini. Poi scatta. Una foto di Palermo. Una foto che dopo trent'anni mi mette sempre i brividi. Sono morti, uno dopo l'altro sono morti tutti e quattro. Ammazzati.
Tutti vivi me li ricordo, tutti ancora vivi intorno a quell'uomo incastrato dentro la berlina scura e con la gamba destra che penzola dal finestrino. Sono lì, in una strada che è un budello in mezzo alla città delle caserme, vie che portano i nomi dei generali della Grande guerra, brigate e reggimenti acquartierati dietro il sontuoso  parlamento dell'isola, Palazzo dei Normanni, cupole arabe e lussureggianti palme.
Chi è l'ultimo cadavere di una Sicilia tragica? È Pio La Torre, segretario regionale del Partito comunista italiano, deputato alla Camera per tre legislature, figlio di contadini, sindacalista, capopopolo negli infuocati anni del separatismo e dell'occupazione delle terre.
È Pio La Torre, nato a Palermo alla vigilia del Natale del 1927 e morto a Palermo alla vigilia del Primo maggio del 1982. L'agguato non ha firma. Forse è un omicidio di stampo mafioso. Forse è un omicidio politico. Chissà, potrebbe anche avere una matrice internazionale. Magari  -  come qualcuno mormora  -  si dovrebbe esplorare la "pista interna". Indagare dentro il suo partito. Nella sua grande famiglia. Cercare gli assassini fra i suoi compagni. Supposizioni. Prove di depistaggio in una Palermo che oramai si è abituata ai morti e ai funerali di Stato, cadaveri eccellenti e cerimonie solenni. Il 30 aprile 1982, trent'anni fa.
Uccidono l'uomo che prima di tutti gli altri intuisce che la mafia siciliana non è un problema di ordine pubblico ma "questione nazionale", il parlamentare che vuole una legge che segnerà per sempre la nostra storia: essere mafioso è reato. Chiede di strappare i patrimoni ai boss, tutti lo prendono per un visionario.
Dicono che è ossessionato da mafia e mafiosi, anche nel suo partito ha fama di "rompicoglioni". Al presidente del Consiglio Giovanni Spadolini propone di inviare a Palermo come prefetto il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il carabiniere che ha sconfitto il terrorismo. Non fa in tempo a vederlo sbarcare, l'ammazzano prima.
Pio La Torre aveva conosciuto dalla Chiesa nel 1949 a Corleone, lui segretario della Camera del lavoro dopo la scomparsa del sindacalista Placido Rizzotto e il capitano volontario nel Cfbr, il Comando forze repressione banditismo. Il loro primo incontro avviene nel cuore della Sicilia. Quindici anni dopo si ritroveranno uno di fronte all'altro in commissione parlamentare antimafia, uno deputato e l'altro comandante dei carabinieri della Sicilia occidentale. Il terzo incontro non ci sarà mai.
Destini che s'incrociano in un'isola che non è ricca ma sfrenatamente ricca, superba, inespugnabile. Il giorno dell'uccisione di Pio La Torre in Sicilia arriva il generale. "Perché hanno ucciso La Torre?", gli chiedono i giornalisti. "Per tutta una vita", risponde lui.(...)"

giovedì 19 aprile 2012

PROFANATA LA TOMBA DI DON PEPPE DIANA



Profanata la tomba di don Peppe Diana
Rubata la «mano d'oro» dalla nicchia

Ignoti hanno preso la targa posizionata da don Ciotti
sul sepolcro in occasione dell'anniversario della morte

Fonte :  Corriere Della Sera

CASERTA - Profanata la tomba di don Peppe Diana, sacerdote ucciso dalla camorra il 19 marzo del 1994. Ignoti - come riporta l'Adnkronos - hanno rubato la mano d'oro posta sul sepolcro del sacerdote a Casal di Principe. L'oggetto prezioso fu collocato sulla tomba in occasione del 17esimo anniversario dell'uccisione del sacerdote, che venne massacarato con un colpo di pistola alla bocca dai sicari mentre si trovava in sacrestia nel giorno della festa di San Giuseppe.

DON CIOTTI - La targa in oro che raffigurava una mano, simbolo della libertà' e della pace, fu deposta da don Luigi Ciotti. La tomba è situata nella cappella di famiglia dei Diana. È stato un familiare a scoprire il furto sacrilego e a denunciare l'accaduto ai carabinieri di Casal di Principe. 

Riportiamo il testo della lettera di Don Peppino, 'Per amore del mio popolo non tacerò", diffusa  a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe:


'Per amore del mio popolo non tacerò"

Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.
Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”.
Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

La Camorra
La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana.
I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche
È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.
La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio.
Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani
Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno.
Dio ci chiama ad essere profeti.
- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO
Appello
Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”
Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;
Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).
Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.

Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO )

mercoledì 18 aprile 2012

ESISTE LA SOCIETA' CIVILE? SAPPIAMO RICONOSCERE L'ELEFANTE?





Come presidio “Rita Atria”, nella ultime settimane abbiamo partecipato a riunioni, incontri, dibattiti organizzati da istituzioni, partiti politici, associazioni. I temi trattati sono quelli imposti dal momento storico che viviamo: la crisi economica e le ricadute drammatiche sul tessuto sociale delle comunità. Analizzando quanto ascoltiamo, due considerazioni ricorrono spesso a offrire lo spunto per una riflessione più ampia: la carenza di risorse che  "la politica" (anche quella locale) destina alle Associazioni e al volontariato; l’originalità di pensiero che anima molte associazioni, volontari e attività del no-profit.
Veniamo al primo aspetto: la carenza di risorse da destinare ai temi del volontariato.
Davvero questa carenza è frutto della crisi in atto?
Eppure la Corte dei Conti stima in oltre 60 miliardi di euro il costo della corruzione in Italia; il fatturato delle mafie è di oltre 130 miliardi di euro; l’evasione fiscale è pari a 180 miliardi di euro. Per non parlare del debito pubblico italiano. Ricchezze sottratte agli italiani
La verità, a nostro parere,  deve quindi essere ricercata altrove. La mancanza di risorse ci pare essere la diretta conseguenza della distanza di questo mondo dagli interessi, distorti e opachi, di grandi “pezzi” della politica partitica italiana: “il potere” che tante volte si dimostra lontano dal perseguire il principio di una gestione corretta e oculata del “bene pubblico”. Uno scandalo che, a vedere le cronache dei nostri giorni, pare inarrestabile.
Un secondo aspetto emerge ad aggravare di quanto detto prima. A fronte della mole di servizio reso alla collettività da associazioni e gruppi di volontariato – servizio che spesso colma vuoti, inefficienze, carenze del sistema pubblico, e a volte portatore (anche) di pensieri e progetti innovatori- colpisce la scarsa possibilità di questi di incidere poi realmente negli indirizzi politici della collettività. E’ questa una constatazione amara sottolineata da coloro che studiano le dinamiche del mondo sociale e politico italiano. 
La motivazione di quella “marginalità”, è forse da ricercare nell’assenza dell’altro attore che, metaforicamente parlando, dovrebbe essere presente sulla scena sociale: la società civile. Una società civile, quella italiana, che in questi anni si è dimostrata in realtà poco attenta alla gestione della “res-pubblica” nel suo insieme, se non quando questa tocca il personale ambito di interesse, piccolo o grande che sia. Anche grazie a questa assenza di interesse, e di controllo, si è lasciato che prendesse forma il sistema di potere partitico-corporativo che domina il nostro paese. La società civile si dimostra colpevole anche perché pare incapace di elaborare, proporre e sostenere, una azione efficace che dia voce e forza ad un sistema “diverso” quale, ad esempio, quello tratteggiato da molti progetti nel mondo del volontariato e del no-profit. 
Si dirà che questo è il compito proprio della politica: esprimere e far emergere forze e idee utili alla società! In realtà, questo dovrebbe essere il compito di una politica che, perseguendo principi di etica e di onestà, miri e abbia come fine il buon governo della “res-pubblica”. 
Esiste questa politica in Italia? A nostro parere, dobbiamo ancora costruirla!
Riportiamo un brano tratto dal libro “Paesaggio Costituzione, Cemento”, di Salvatore Settis:
"(…) viene in mente l’antico apologo indiano dei sei ciechi. Posti davanti ad un elefante ognuno ne esamina a tentoni una parte e ciascuno conclude per conto suo: 
- “E’ un muro!” ( i fianchi)
- “E’ un serpente!” ( la proboscide)
- “E’ un albero!” (le zampe) 
- “E’ un ventaglio!” (le orecchie)
-“ E’ una corda!” (la coda) 
-“ E’ una spada!” (le zanne)
Insomma , ognuno scambia una parte per il tutto e tutti si guardano bene dallo scambiarsi informazioni (…)”
Noi appartenenti alla società civile, nella migliore delle ipotesi, continuiamo a comportarci  proprio come i sei ciechi: di fronte al degrado del nostro paese, degrado che quotidianamente le cronache giudiziarie e giornalistiche arricchiscono con tasselli sempre più inquietanti, si continua a pensare che, badando ad un singolo aspetto, si riesca a cogliere l’oggetto nel suo complesso. Ma il nostro paese, l’Italia, è la totalità! E’ l’Elefante! E l’Elefante non sembra godere di buona salute! 
Coloro che detengono il potere in Italia hanno imparato bene l’arte del comando, la regola degli antichi romani: “dividi et impera”: l'accusa che abbiamo udita è quella che - in cambio di fondi, accreditamenti e riconoscimenti- il "potere" chieda "silenzio e acquiescenza".
Anche facendo riferimento alle situazioni locali delle singole comunità, i gruppi, le associazioni, la società civile, dovrebbe invece provare a ribaltare la partita, ricercando un collante, un punto di incontro proprio sulla questione che oggi appare fondamentale: provare a elaborare una visione nuova, un progetto! Un progetto differente, migliore, di quello imposto dal “potere-sistema”. 
Il presidio di LIBERA “Rita Atria” vuole proporre uno strumento preparatorio del progetto: l’Osservatorio! Un luogo, aperto, che sappia raccogliere persone oneste e in buona fede. I temi della Legalità, della Giustizia, dell’Etica potrebbero essere il filo conduttore, i valori "a premessa" di una azione che avesse l’ambizione  di “prefigurare” un modo differente, migliore, di gestire il bene pubblico. Vorremmo offrire il luogo ove, partendo dalla conoscenza delle situazioni esistenti, si possano condurre analisi e considerazioni concrete; un luogo di partecipazione ove si possano discutere e pre-figurare idee che portino (anche) a indicare e richiedere priorità a coloro che guidano le sorti delle comunità: indirizzi di spesa, politiche economiche e sociali, gestione dei territori. 
Questo è il momento di crisi del “sistema”. Ma è proprio nei momenti di crisi che crepe e debolezza possono permettere il cambiamento! 
Un augurio: che si sia capaci di pensare e riflettere ad un progetto complessivo; che si riconosca l’Elefante  (…lo si salvi) e non ci si riduca a scambiarne i fianchi per un muro, la proboscide per un serpente, le zampe per un albero.
Arturo Francesco Incurato
presidio LIBERA “RITA ATRIA” - Pinerolo