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mercoledì 13 giugno 2012

Per ricordare Giuseppe Letizia. "La mafia uccide, la speranza non muore".

Per ricordare che "La mafia è una montagna di merda!" (Peppino Impastato)
Fonte: Corleone Dialogos
Corleone: "La mafia uccide, la speranza non muore". Per ricordare Giuseppe Letizia...PDFStampaEmail
articoli - Corleone
Scritto da Clarissa Arvizzigno   
Martedì 12 Giugno 2012 20:59
"La mafia uccide, la speranza non muore", perché Cosa Nostra è capace di ammazzare silenziosa, di stroncare vite, di trucidare corpi celandosi dietro l'ombra dell'omertà, del disonore, che tuttavia scopre un velo di "speranza" come riscatto per il presente che si deve fare certezza per il futuro .
Martedì 12 giugno 2012 l'I.C. Giuseppe Vasi con l'Assessorato regionale della Pubblica Istruzione ha organizzato un incontro con i ragazzi, con i docenti delle scuole corleonesi in memoria di Giuseppe Letizia , giovane vittima uccisa dalla mafia nel 1948.Il terreno confiscato alla mafia in contrada Sant'Ippolito e assegnato all'IPA ora porterà il suo nome. Una morte prematura quella del piccolo Giuseppe, che nel suo apparente "silenzio" sembra riecheggiare quella giustizia pressoché assente nella Corleone di Luciano Liggio e di Michele Navarra. Una giustizia fatta di lupare, di fucili, di violenza che si macchia del sangue di Placido Rizzotto per sopprimere l'eco di una speranza che il giovane sindacalista desiderava divenisse realtà: "Fare del lavoro onesto il fondamento di una Corleone libera dalla mafia." Sono intervenuti tra gli altri il Sindaco di Corleone Lea Savona, il Senatore Giuseppe Lumia e ha coordinato i lavori Pippo Cipriani coordinatore nazionale dell'I. F. Santi.
Il perché della necessità di un diploma di licenza media ad honorem di Giuseppe Letizia è stato spiegato dal Dirigente scolastico, Prof. Leoluca Sciortino con una duplice motivazione. Da un lato, infatti, si rende onore alla memoria di un ragazzino cui è stato sottratto per sempre il diritto all'istruzione, dall'altro ci si serve di questa memoria come chiave di lettura per il presente, come simbolo di riscatto in grado di mobilitare le coscienze pietrificate del popolo corleonese.
"Il lavoro che rende liberi dalla mafia": forse è questo lo spiraglio di speranza, anzi l'arma più efficace per combattere Cosa Nostra, per creare in una realtà inerte delle idee mobili, dei pensieri liberi.
Queste le parole del Coordinatore di Libera Informazione Palermo Giuseppe Crapisi, questo il messaggio che svecchia Cosa Nostra denudandola nella sua misera malvagità: "Libera coniuga memoria e impegno, ricordando come a Corleone nel passato la memoria è stata cancellata dalla mafia; anche Giuseppe Letizia è stato dimenticato, ma ciò che Cosa Nostra ha voluto cancellare è l'idea radicata della vecchia mafia che non tocca donne e bambini. Giuseppe Letizia dà memoria di cosa è stata sempre la mafia. Così, ricordando Verro, Rizzotto, voglio ricordare che la memoria deve essere accompagnata dall'impegno per dare lavoro ai cittadini". 
Tuttavia Corleone non è il paese della mafia bensì dell'antimafia, come ha ricordato l'assessore regionale della Pubblica Istruzione Mario Centorrino.
Si dovrebbe sradicare questa ideologia fin troppo cristallizzata che vede Corleone come capitale della mafia; perché è "l'idea" che servendosi dell'ausilio della memoria plasma l'azione, le dà corpo e dunque la sorregge creando così "un'azione mobile e dinamica" volta a combattere comuni pregiudizi, false opinioni, ma soprattutto le mille facce di Cosa Nostra.

domenica 3 giugno 2012

Perchè nominare Cavaliere della Repubblica un politico sospettato di essere vicino alla 'ndrangheta della Liguria?


Nominato Cavaliere politico Udc vicino al boss della ‘ndrangheta in Liguria.
Rosario Monteleone, presidente del Consiglio regionale, non è indagato ma compare in alcune inchieste. Dalle intercettazioni emergono i suoi rapporti con Mimmo Gangemi, a cui sarebbe ricorso più volte per ottenere appoggio elettorale


Fonte : Il Fatto Quotidiano

di Chiara Pracchi |
Rosario Montaleone
Due giugno, festa della Repubblica, è il giorno in cui vengono nominati i cavalieri della Repubblica. E fra i nominati oggi da Giorgio Napolitano figura anche Rosario Monteleone, presidente del Consiglio regionale della Liguria. Ma Monteleone, politico dell’Udc con una parentesi nella Margherita, compare nelle indagini che hanno portato all’inchiesta ‘Maglio’ e in alcuni passi dell’indagine ‘Crimine’, come ha denunciato oggi Christian Abbondanza di "Casa della Legalità" di Genova. 
Monteleone non è indagato ma dagli atti emergerebbe una sua vicinanza con Mimmo Gangemi, il fruttivendolo di San Fruttuoso accusato di essere il capo della ‘ndrangheta in Liguria, a cui sarebbe ricorso più volte per ottenere appoggio elettorale.
Nell’inchiesta ‘Crimine’, nel mezzo della lotta che oppone Gangemi a Domenico Belcastro per le candidature da sostenere, Belcastro si lamenta con Giuseppe Commisso perché Gangemi vorrebbe sponsorizzare “un finanziere, uno sbirro. Cinque anni fa ha detto che lui che è sbirro questo qua, che è un infame, adesso ha voluto appoggiare a Monteleone, lui lo potete appoggiare. Uno vale l’altro, appoggiamo a Monteleone”. La ragione di questa scelta, spiega ancora Belcastro, risiede nel fatto che il politico avrebbe promesso un posto di lavoro al genero di Gangemi. Ma l’intercettazione rivela anche che i rapporti fra Monteleone e la consorteria non sono sempre stati pacifici e lineari.
In particolare, dalle indagini che hanno portato all’operazione Maglio (ma che non sono confluite nell’Ordinanza di misure cautelari) emerge che Monteleone si sarebbe servito dell’appoggio del clan già nelle elezioni del 2005. Una volta eletto, però, non avrebbe mantenuto i patti convenuti, provocando così una rottura con il sodalizio che, in spregio, lo avrebbe soprannominato “il lardone”. “Allora lo facciamo sto armistizio, la facciamo sta spaghettata?”, propone ancora Monteleone all’alba delle elezioni del 2010, in un tentativo di ricucire i rapporti con il clan. L’intercettazione è riportata in un rapporto del Ros in cui si evidenzia “come gli amministratori locali (alcuni di origine calabrese) ben conoscessero i caratteri organizzativi della struttura ‘ndranghetistica, rivolgendosi a personaggi inseriti nel locale del capoluogo di Regione, per far giungere richieste di appoggio elettorale alle strutture periferiche”.

venerdì 1 giugno 2012

No alla parata, l'altro 2 giugno. Al posto di militari e mezzi vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata. Ecco cosa chiedono.

Il prossimo 2 giugno, invece di carri armati e missili, vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata militare organizzata a Roma lungo i Fori Imperiali in occasione della Festa della Repubblica.
Tanti faticano a riconoscersi in quella che considerano un'inutile esibizione di macchine da guerra. Inutile e dispendiosa, visto che la parata dovrebbe costare circa 4 milioni di euro: spesa assurda secondo le associazioni, che sostituirebbero volentieri il carosello delle Forze armate con una riflessione sull'Italia "reale" e sui valori di pace e nonviolenza inscritti nel Dna della nostra Repubblica. Tanto più in un momento difficile, con la crisi che non risparmia nessuno e milioni di persone costrette a lottare per non andare a fondo. Per chi ha conosciuto da vicino il potere distruttivo delle armi, l'idea di una parata militare è quanto mai  inaccettabile.

Don Renato Sacco, di Pax Christi.Don Renato Sacco (Pax Christi) è stato molte volte in Irak, anche durante la guerra. «Possibile che il solo modo per celebrare la nostra Repubblica sia l'esibizione muscolare della violenza? – si domanda - Possibile che le eccellenze del nostro Paese si riducano a una carrellata di strumenti di morte? Me lo chiedeva nel 2003 una catechista di Mosul, ricordandomi anche le tante armi vendute dall'Italia al regime di Saddam Hussein: "Ma voi sapete ragionare solo con le armi?"». Don Renato, sacerdote della diocesi di Novara, abita non lontano dalla base militare di Cameri, dove verranno assemblati gli ormai noti (perché discussi) cacciabombardieri F-35. «Parliamo di velivoli di attacco e non di difesa, concepiti per trasportare anche testate nucleari. Come possiamo ritenerci 'soddisfatti' se il Governo ne acquisterà 'solo' 90 anziché 131?».

E' in scelte politiche come questa che secondo don Renato Sacco si scorgono i segnali di «una pericolosa e persistente cultura della guerra, spesso nascosta dietro la retorica della difesa dei valori della nostra civiltà. Ma proprio perché nei momenti di crisi la retorica si fa strada più facilmente e rischia di degenerare, ora più che mai non bisogna abbassare la guardia». «Una festa – spiega ancora il sacerdote – dovrebbe essere un momento di convivialità e di incontro. Quando invece prevale la violenza si parla di "festa degenerata". Sappiamo bene che le armi sono di per sé distruttive. Infatti, come ci ricorda il magistero della Chiesa, in particolare nel documento "La Santa Sede e il Disarmo" del 1976 "gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame" . Se ragioniamo con questa logica, dunque, una sfilata di armi non è altro che una festa degenerata».

Ben diversa la variegata e coloratissima "parata" che don Renato avrebbe in mente: «Mi piacerebbe veder sfilare i credenti accanto ai non credenti, i lavoratori ma anche i tanti disoccupati, i precari, gli studenti, gli artisti, gli sportivi, le persone disabili, i missionari, le casalinghe, i pensionati. Insomma, tutti quelli che rappresentano il vero motore del Paese. E soprattutto vorrei veder sfilare tanti giovani».


Don Tonio Dell'Olio, di Libera. E' questa una riflessione che si incontra anche nelle parole di don Tonio Dell'Olio, responsabile Settore Internazione di Libera, rete di associazioni impegnate contro le mafie: «Prima ancora che per questioni economiche critichiamo la parata per tutto quello che rappresenta. Oltretutto le forze armate, non dimentichiamolo, hanno già una loro festa, che si celebra ogni anno il 4 novembre». Secondo don Tonio, per festeggiare davvero il 2 giugno bisognerebbe cambiare rotta: «aprire gli occhi sulle reali priorità del Paese, soprattutto sulle fasce deboli, che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto della crisi, come dimostrano le file interminabili di chi si affolla davanti a mense per i poveri, sportelli d'ascolto e servizi sociali».

Ma a don Tonio, sacerdote impegnato nella lotta contro le mafie, c'è un aspetto che sta particolarmente a cuore: «Purtroppo vediamo aumentare il numero dei giovani che si inseriscono nei vari clan malavitosi. E troppe volte ci illudiamo che la criminalità organizzata si combatta solo con gli strumenti repressivi, dimenticando che la prevenzione si fa innanzi tutto con politiche sociali adeguate e con l'azione culturale». Anche per questo, conclude il sacerdote, «mi piacerebbe che nella sfilata del 2 giugno ci fosse uno spazio per i parenti delle vittime di mafia». Le associazioni coinvolte nella protesta esortano i cittadini a segnalare sul sito del Governo la parata del 2 giugno come spreco. Invitano anche gli interessati a scrivere una lettera di dissenso indirizzata al presidente Napolitano. In particolare il movimento Pax Christi ha preparato una sorta di "lettera aperta comune", che ciascuno può "personalizzare" in base alle proprie sensibilità.

Guido Barbera, del Cipsi.
Un appello al Capo dello Stato arriva anche dal Cipsi (Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale). «Stiamo soffrendo le convulsioni di una crisi senza precedenti – sottolinea Guido Barbera, presidente Cipsi - con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e le donne. Aumentano i numeri della cassa integrazione che spesso diventa la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento. Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il potere d'acquisto dei salari continua a diminuire e non si riesce a trovare risposta al dramma di almeno 350.000 esodati senza lavoro e senza diritto alla pensione. Non si può pensare di festeggiare la nostra Repubblica ignorando queste situazioni».


Un'immagine della parata militare del 2 giugno. Foto Eidon. «La politica è latitante, rappresentata da partiti che arrancano, incapaci di dare qualsiasi segnale di riforma e di cambiamento  – fa eco Eugenio Melandri, storica voce impegnata per il disarmo, direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" -  Le cosiddette riforme continuano a essere solo annunciate, mentre le poche che si fanno vengono sistematicamente corrette per rispondere alle lobby più potenti e più forti. E i cittadini più anonimi restano inascoltati». Ecco perché, secondo il Cipsi, la parata militare del 2 giugno rappresenta «un vero e proprio vulnus al buon senso di qualsiasi persona o famiglia che trovandosi in difficoltà comincia a tagliare le spese meno necessarie». 


Fonte: www.famigliacristiana.it Lorenzo Montanaro

giovedì 26 aprile 2012

SENTINELLE DEL TERRITORIO: Delibera per l’istituzione della “anagrafe pubblica degli eletti” e la diffusione della “comunicazione per la trasparenza”


Pinerolo. Delibera per l’istituzione della “anagrafe pubblica degli eletti” e la diffusione della “comunicazione per la trasparenza”.


Nella seduta del Consiglio Comunale di Pinerolo del 18 aprile 2012 è stata approvata la mozione presentata dai consiglieri Paolo Covato e Giorgio Canal (gruppo "Covato per Pinerolo e SEL") per istituzione della “anagrafe pubblica degli eletti e la diffusione della “comunicazione per la trasparenza”. Inizialmente prevista per il 27 marzo, la votazione sulla mozione era stata rinviata per permettere la rielaborazione di un testo che fosse il più ampiamente condivisibile.
Esaminando il testo approvato, che qui riportiamo integralmente, una prima considerazione. Nel testo definitivo non vi è più traccia del “preambolo” alla mozione contenuto nel testo originario; preambolo col quale i consiglieri Covato e Canal inserivano l’atto della mozione stessa all’interno del momento storico che l’Italia attraversa. Un momento storico connotato da una drammatica crisi economica che,  se pure travaglia l’intero mondo occidentale, trova in Italia l’aggravante di un paese profondamente turbato e degradato dagli scandali che minano il mondo della politica -la famigerata “casta”- e dai tanti episodi di corruzione che investono una intera classe dirigente. 
Pare che il Consiglio Comunale di Pinerolo abbia voluto esorcizzare così, non menzionandoli negli atti ufficiali, il riferimento agli avvenimenti scandalosi e al clima di distacco e sospetto che i cittadini manifestano, a volte senza i dovuti "distinguo", verso coloro che sono chiamati a governare le istituzioni. Eppure, il riferimento alla crisi economica; agli scandali di cui si rendono protagonisti esponenti del mondo politico-istituzionale; la corruzione che in Italia pare divenuta “sistema”; la mancanza di valori etici di riferimento; saranno proprio questi i temi su cui si incentreranno gli interventi dei consiglieri, primo fra tutti l’intervento del sindaco Eugenio Buttiero. (vedi Cronaca di una mozione)

Il contenuto della mozione approvata
Venendo al contenuto della mozione, rileviamo come questo è stato conservato in forma pressoché identica a quella  iniziale, tranne che per il punto che riguarda le dichiarazioni del coniuge non separato e dei figli maggiorenni dell’eletto. Nella versione originaria, così si scriveva al punto 5
5) Gli adempimenti indicati ai punti 2) e 3) concernono anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato e dei figli conviventi. Qualora essi non vi consentano, del diniego deve essere fatta specifica menzione
Nella stesura definitiva, concordata fra i capi-gruppo del Consiglio, il punto indicato ha assunto la seguente forma:
5) Con il consenso del Coniuge non separato o del convivente e dei figli maggiorenni conviventi potranno essere dichiarati anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei Redditi degli stessi.

Considerazioni
In riferimento al citato punto 5 del testo approvato, pare -a nostro parere- che sia sostanzialmente venuto meno l’obbligo contenuto nella stesura iniziale della mozione, salvo diniego motivato, di dichiarazione da parte del coniuge non separato e dei figli maggiorenni dell’eletto . Può risultare questo un elemento non del tutto coerente con gli scopi della mozione, soprattutto alla luce dai numerosi episodi nei quali uomini politici , faccendieri e imprenditori, hanno cercato di dissimulare situazioni “opache”, se non veri e propri reati, attraverso l’intestazione fittizia di beni e attività fatta a favore del coniuge o di figli. La casistica generale in questo campo è purtroppo varia e “trasversale”, come si usa dire, avendo riguardato uomini politici e soggetti appartenenti a tutti gli schieramenti politici. 
Come è stato ribadito da parte di tutti i consiglieri e dal sindaco Buttiero, l’approvazione della mozione sulla “trasparenza degli eletti” non può che essere un primo passo verso la riconquista di una politica “onesta”; una politica che sia davvero al servizio dei cittadini e delle comunità; una politica che sappia - essa per prima- operare una cernita e porre una discriminante etica, morale, verso coloro che sono chiamati a rappresentare “la politica”, anche a livello locale. Tuttavia, la delibera approvata può costituire solo il primo tassello anche nel tentativo di liberare la politica e l'amministrazione locale dal pericolo di un uso distorto e "personalistico" nella gestione delle materie su cui ha competenza: incarichi, consulenze, favoritismi "agli amici...", come ha sottolineato un consigliere nel suo intervento.
Il sindaco Buttiero, riferendosi ai tanti scandali di questa Italia, ha ricordato con tono commosso e accorato la figura e l'esempio dell’avv. Ettore Serafino scomparso nello scorso mese di gennaio, eroico comandante della Brigata partigiana "Monte Albergian" : “(…) l’avvocato Serafino non ci ha insegnato questo!”.
Auspichiamo pertanto che, aldilà della modifica introdotta e di cui chiederemo spiegazioni nelle prossime interviste che vorremmo rivolgere agli esponenti della politica pinerolese, la mozione approvata inneschi un dibattito foriero di scelte e azioni coerenti e coraggiose da parte dell’amministrazione comunale pinerolese.  
Il riferimento del sindaco Buttiero “alle associazioni presenti sul territorio e che aiutano nell’azione di monitoraggio e informazione sui temi dell’infiltrazione mafiosa…”; così come il riferimento del consigliere Barbero “(…)all’incontro che la commissione dei capi-gruppo del Consiglio Comunale ha avuto con i  rappresentanti di Libera ( il presidio “Rita Atria”. n.d.r.)” ci stimolano ad una presenza, una attenzione e una azione ancora maggiore, proprio alla luce della considerazione che quelle parole mostrano verso l’operato del presidio Libera “Rita Atria” di Pinerolo.
Arturo Francesco Incurato
Presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo

mercoledì 18 aprile 2012

ESISTE LA SOCIETA' CIVILE? SAPPIAMO RICONOSCERE L'ELEFANTE?





Come presidio “Rita Atria”, nella ultime settimane abbiamo partecipato a riunioni, incontri, dibattiti organizzati da istituzioni, partiti politici, associazioni. I temi trattati sono quelli imposti dal momento storico che viviamo: la crisi economica e le ricadute drammatiche sul tessuto sociale delle comunità. Analizzando quanto ascoltiamo, due considerazioni ricorrono spesso a offrire lo spunto per una riflessione più ampia: la carenza di risorse che  "la politica" (anche quella locale) destina alle Associazioni e al volontariato; l’originalità di pensiero che anima molte associazioni, volontari e attività del no-profit.
Veniamo al primo aspetto: la carenza di risorse da destinare ai temi del volontariato.
Davvero questa carenza è frutto della crisi in atto?
Eppure la Corte dei Conti stima in oltre 60 miliardi di euro il costo della corruzione in Italia; il fatturato delle mafie è di oltre 130 miliardi di euro; l’evasione fiscale è pari a 180 miliardi di euro. Per non parlare del debito pubblico italiano. Ricchezze sottratte agli italiani
La verità, a nostro parere,  deve quindi essere ricercata altrove. La mancanza di risorse ci pare essere la diretta conseguenza della distanza di questo mondo dagli interessi, distorti e opachi, di grandi “pezzi” della politica partitica italiana: “il potere” che tante volte si dimostra lontano dal perseguire il principio di una gestione corretta e oculata del “bene pubblico”. Uno scandalo che, a vedere le cronache dei nostri giorni, pare inarrestabile.
Un secondo aspetto emerge ad aggravare di quanto detto prima. A fronte della mole di servizio reso alla collettività da associazioni e gruppi di volontariato – servizio che spesso colma vuoti, inefficienze, carenze del sistema pubblico, e a volte portatore (anche) di pensieri e progetti innovatori- colpisce la scarsa possibilità di questi di incidere poi realmente negli indirizzi politici della collettività. E’ questa una constatazione amara sottolineata da coloro che studiano le dinamiche del mondo sociale e politico italiano. 
La motivazione di quella “marginalità”, è forse da ricercare nell’assenza dell’altro attore che, metaforicamente parlando, dovrebbe essere presente sulla scena sociale: la società civile. Una società civile, quella italiana, che in questi anni si è dimostrata in realtà poco attenta alla gestione della “res-pubblica” nel suo insieme, se non quando questa tocca il personale ambito di interesse, piccolo o grande che sia. Anche grazie a questa assenza di interesse, e di controllo, si è lasciato che prendesse forma il sistema di potere partitico-corporativo che domina il nostro paese. La società civile si dimostra colpevole anche perché pare incapace di elaborare, proporre e sostenere, una azione efficace che dia voce e forza ad un sistema “diverso” quale, ad esempio, quello tratteggiato da molti progetti nel mondo del volontariato e del no-profit. 
Si dirà che questo è il compito proprio della politica: esprimere e far emergere forze e idee utili alla società! In realtà, questo dovrebbe essere il compito di una politica che, perseguendo principi di etica e di onestà, miri e abbia come fine il buon governo della “res-pubblica”. 
Esiste questa politica in Italia? A nostro parere, dobbiamo ancora costruirla!
Riportiamo un brano tratto dal libro “Paesaggio Costituzione, Cemento”, di Salvatore Settis:
"(…) viene in mente l’antico apologo indiano dei sei ciechi. Posti davanti ad un elefante ognuno ne esamina a tentoni una parte e ciascuno conclude per conto suo: 
- “E’ un muro!” ( i fianchi)
- “E’ un serpente!” ( la proboscide)
- “E’ un albero!” (le zampe) 
- “E’ un ventaglio!” (le orecchie)
-“ E’ una corda!” (la coda) 
-“ E’ una spada!” (le zanne)
Insomma , ognuno scambia una parte per il tutto e tutti si guardano bene dallo scambiarsi informazioni (…)”
Noi appartenenti alla società civile, nella migliore delle ipotesi, continuiamo a comportarci  proprio come i sei ciechi: di fronte al degrado del nostro paese, degrado che quotidianamente le cronache giudiziarie e giornalistiche arricchiscono con tasselli sempre più inquietanti, si continua a pensare che, badando ad un singolo aspetto, si riesca a cogliere l’oggetto nel suo complesso. Ma il nostro paese, l’Italia, è la totalità! E’ l’Elefante! E l’Elefante non sembra godere di buona salute! 
Coloro che detengono il potere in Italia hanno imparato bene l’arte del comando, la regola degli antichi romani: “dividi et impera”: l'accusa che abbiamo udita è quella che - in cambio di fondi, accreditamenti e riconoscimenti- il "potere" chieda "silenzio e acquiescenza".
Anche facendo riferimento alle situazioni locali delle singole comunità, i gruppi, le associazioni, la società civile, dovrebbe invece provare a ribaltare la partita, ricercando un collante, un punto di incontro proprio sulla questione che oggi appare fondamentale: provare a elaborare una visione nuova, un progetto! Un progetto differente, migliore, di quello imposto dal “potere-sistema”. 
Il presidio di LIBERA “Rita Atria” vuole proporre uno strumento preparatorio del progetto: l’Osservatorio! Un luogo, aperto, che sappia raccogliere persone oneste e in buona fede. I temi della Legalità, della Giustizia, dell’Etica potrebbero essere il filo conduttore, i valori "a premessa" di una azione che avesse l’ambizione  di “prefigurare” un modo differente, migliore, di gestire il bene pubblico. Vorremmo offrire il luogo ove, partendo dalla conoscenza delle situazioni esistenti, si possano condurre analisi e considerazioni concrete; un luogo di partecipazione ove si possano discutere e pre-figurare idee che portino (anche) a indicare e richiedere priorità a coloro che guidano le sorti delle comunità: indirizzi di spesa, politiche economiche e sociali, gestione dei territori. 
Questo è il momento di crisi del “sistema”. Ma è proprio nei momenti di crisi che crepe e debolezza possono permettere il cambiamento! 
Un augurio: che si sia capaci di pensare e riflettere ad un progetto complessivo; che si riconosca l’Elefante  (…lo si salvi) e non ci si riduca a scambiarne i fianchi per un muro, la proboscide per un serpente, le zampe per un albero.
Arturo Francesco Incurato
presidio LIBERA “RITA ATRIA” - Pinerolo