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giovedì 2 giugno 2016

La Repubblica Italiana nasce dal sangue della Resistenza e vive nella Costituzione

2 GIUGNO - FESTA DELLA REPUBBLICA
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.“ 


Quello è il passaggio conclusivo del discoro tenuto da  Piero Calamandrei il 26 gennaio 1955, a Milano nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria, partecipando ad un ciclo di conferenze sulla Costituzione rivolte agli studenti universitari e medi. 
Poche settimane dopo, ritornando sull'origine della Costuituzione Calamandrei ebbe ad sottolineare: «La Repubblica non fu e non doveva essere soltanto un cambiamento di forma di governo: doveva essere, e sarà, qualcosa di più profondo, di più sostanziale: il rinnovamento sociale e morale di tutto un popolo; la nascita di una nuova società e di una nuova civiltà». 
Ecco perchè oggi, a Firenze, una manifestazione promossa da movimenti , fra cui A.N.P.I.e LIBERA, ed esponenti autorevoli della società civile italiana leggerà la Costituzione che , prima ancora che riformata, avrebbe bisogno di essere attuata a perseguire il bene della comunità nazionale!


La riforma della Costituzione Italiana. Una riforma necessaria?...a chi giova?
Nel prossimo ottobre gli italiani saranno chiamati a votare un referendum costituzionale per approvare o respingere la riforma della Costituzione che porta il nome dell’attuale ministra Maria Elena Boschi, che ne è stata la promotrice insieme al governo di Matteo Renzi. Non se ne vorrà qualcuno se il primo appunto che viene al disegno di modifica della Carta Costituzionale muovae proprio dalla comparazione fra la storia personale, la statura morale ed etica, fra coloro che ne furono i primi redattori, i "padri costituenti", e la maggioranza partrtica, raccogliticcia e fragile che ore ne promuove una revisione parziale ma significativa!
Una maggiornaza che nasce addirittura da elezioni politiche che si tennero sulla base di una legge eletorarle sancita come "incostituzionale"(!), "il porcellum", la "legge porcata" così definita dal suo stesso autore il sen. Calderoli. Paradossi di una Italia "terra del Diritto" che, noi comuni cttadini, fatichiamo a volte ad accostare al principio della Giustizia. Una maggioranza che vede la sua conferma numerica, e quindi la sua legittimazione politica "a governare", solo grazie all'apporto di personaggi, fra i quali Denis verdini, più volte "rinviati a giudizio" dalla magistratura inquirente.
Altri dubbi vengono da una considerazioni di fondo: la riforma della Costituzione così come è prospettata non farebbe che sancire il degrado della cosiddetta "costituzione materiale" che si è avuta negli ultimi anni: i diritti dei cittadini ( il diritto al lavoro,all'istruzione, alla salute...), diritti alla cui attuazione la Carta Costituzione chiamava l'istituzione centrale, lo stato, degradati a "bisogni" subordinati a fattori di convenienza e fattibilità economica ( pareggio di bilancio, patti di stabilità; equilibri monetari...); la rappresentanza politica, il potere dei cittadini di eleggere i  propri rappresentanti, addomesticata da istituzioni formate attraverso nomine-incarichi di  "secondo livello" ( a cui si accede in quanto nominati-eletti da coloro che sono già stati nominati-eletti")
Non basta ancora: ad aggravare i dubbi di coloro che si oppongono alla revisione della Carta Costituzionale giungono anche le notizie di altre e differenti entità che si preoccupano ( e si occupano) dei principi stessi che sono alla base della Costituzione Italiana e di altre carte costituzionali europee nate dopo la dittatura nazi-fascista.
Già nell'aprile 2014, la rivista MICROMEGA riportava un articolo dal titolo piuttosto inquietante: "Si scrive Renzi si legge JpMorgan", scritto da Franco Fracassi.
Fra le altre cose , nell'articolo si legge che le riforme che si stanno delineando in Italia sembrano seguire "il dettato" tratteggiato da forze-poteri che altro non sono se non quei poteri finanziari che, proprio per lo strapotere acquisito dalla "finanza" sulla "politica", sono oramai in grado di indirizzare cambiamenti e revisioni di quelle "regole-tutele"  fondamentali che costituiscono la caratteristica delle carte Costituzionali europee, e soprattutto di quella italiana, spagnola, portoghese.
Riportiamo  quel passaggio, invitanto ad una attenta lettura. 


Estratto dall'articolo "Si scrive Renzi si legge JpMorgan"

"(...) Il 28 maggio 2013 la JpMorgan ha redatto un documento di sedici pagine dal titolo "Aggiustamenti nell'area euro".

«Quando la crisi è iniziata era diffusa l'idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europe.
I problemi economici dell'Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell'esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo.
I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)».
Riassumendo, la JpMorgan ci dice: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.!" 
(...) Per l'economista Emiliano Brancaccio: «Maggiore è il potere del parlamento, più è difficile ridimensionare lo stato sociale. Un orientamento di segno opposto, invece, mira a redistribuire il reddito favorendo il profitto e le rendite, non certo a un ammodernamento del Paese. Nella Costituzione italiana e in quelle antifasciste ci sono norme che vincolano la tutela della proprietà privata, che può essere espropriata per fini di pubblica utilità. Le istituzioni finanziarie hanno spesso interesse a realizzare acquisizioni estere di capitali nazionali, e dunque hanno interesse a garantire che la proprietà del soggetto straniero che acquisisce sia tutelata. Con queste Costituzioni il soggetto straniero che viene ad acquisire spesso a prezzi stracciati capitale nazionale di Paesi in difficoltà non è totalmente tutelato perché potrebbe essere espropriato. Dietro la parolina magica "m odernizzazione", spesso pronunciata da JpMorgan, c'è dunque la tutela degli interessi di chi vuole venire a fare shopping a buon mercato in Italia e in altri paesi periferici dell'Unione europea».


venerdì 1 giugno 2012

No alla parata, l'altro 2 giugno. Al posto di militari e mezzi vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata. Ecco cosa chiedono.

Il prossimo 2 giugno, invece di carri armati e missili, vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata militare organizzata a Roma lungo i Fori Imperiali in occasione della Festa della Repubblica.
Tanti faticano a riconoscersi in quella che considerano un'inutile esibizione di macchine da guerra. Inutile e dispendiosa, visto che la parata dovrebbe costare circa 4 milioni di euro: spesa assurda secondo le associazioni, che sostituirebbero volentieri il carosello delle Forze armate con una riflessione sull'Italia "reale" e sui valori di pace e nonviolenza inscritti nel Dna della nostra Repubblica. Tanto più in un momento difficile, con la crisi che non risparmia nessuno e milioni di persone costrette a lottare per non andare a fondo. Per chi ha conosciuto da vicino il potere distruttivo delle armi, l'idea di una parata militare è quanto mai  inaccettabile.

Don Renato Sacco, di Pax Christi.Don Renato Sacco (Pax Christi) è stato molte volte in Irak, anche durante la guerra. «Possibile che il solo modo per celebrare la nostra Repubblica sia l'esibizione muscolare della violenza? – si domanda - Possibile che le eccellenze del nostro Paese si riducano a una carrellata di strumenti di morte? Me lo chiedeva nel 2003 una catechista di Mosul, ricordandomi anche le tante armi vendute dall'Italia al regime di Saddam Hussein: "Ma voi sapete ragionare solo con le armi?"». Don Renato, sacerdote della diocesi di Novara, abita non lontano dalla base militare di Cameri, dove verranno assemblati gli ormai noti (perché discussi) cacciabombardieri F-35. «Parliamo di velivoli di attacco e non di difesa, concepiti per trasportare anche testate nucleari. Come possiamo ritenerci 'soddisfatti' se il Governo ne acquisterà 'solo' 90 anziché 131?».

E' in scelte politiche come questa che secondo don Renato Sacco si scorgono i segnali di «una pericolosa e persistente cultura della guerra, spesso nascosta dietro la retorica della difesa dei valori della nostra civiltà. Ma proprio perché nei momenti di crisi la retorica si fa strada più facilmente e rischia di degenerare, ora più che mai non bisogna abbassare la guardia». «Una festa – spiega ancora il sacerdote – dovrebbe essere un momento di convivialità e di incontro. Quando invece prevale la violenza si parla di "festa degenerata". Sappiamo bene che le armi sono di per sé distruttive. Infatti, come ci ricorda il magistero della Chiesa, in particolare nel documento "La Santa Sede e il Disarmo" del 1976 "gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame" . Se ragioniamo con questa logica, dunque, una sfilata di armi non è altro che una festa degenerata».

Ben diversa la variegata e coloratissima "parata" che don Renato avrebbe in mente: «Mi piacerebbe veder sfilare i credenti accanto ai non credenti, i lavoratori ma anche i tanti disoccupati, i precari, gli studenti, gli artisti, gli sportivi, le persone disabili, i missionari, le casalinghe, i pensionati. Insomma, tutti quelli che rappresentano il vero motore del Paese. E soprattutto vorrei veder sfilare tanti giovani».


Don Tonio Dell'Olio, di Libera. E' questa una riflessione che si incontra anche nelle parole di don Tonio Dell'Olio, responsabile Settore Internazione di Libera, rete di associazioni impegnate contro le mafie: «Prima ancora che per questioni economiche critichiamo la parata per tutto quello che rappresenta. Oltretutto le forze armate, non dimentichiamolo, hanno già una loro festa, che si celebra ogni anno il 4 novembre». Secondo don Tonio, per festeggiare davvero il 2 giugno bisognerebbe cambiare rotta: «aprire gli occhi sulle reali priorità del Paese, soprattutto sulle fasce deboli, che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto della crisi, come dimostrano le file interminabili di chi si affolla davanti a mense per i poveri, sportelli d'ascolto e servizi sociali».

Ma a don Tonio, sacerdote impegnato nella lotta contro le mafie, c'è un aspetto che sta particolarmente a cuore: «Purtroppo vediamo aumentare il numero dei giovani che si inseriscono nei vari clan malavitosi. E troppe volte ci illudiamo che la criminalità organizzata si combatta solo con gli strumenti repressivi, dimenticando che la prevenzione si fa innanzi tutto con politiche sociali adeguate e con l'azione culturale». Anche per questo, conclude il sacerdote, «mi piacerebbe che nella sfilata del 2 giugno ci fosse uno spazio per i parenti delle vittime di mafia». Le associazioni coinvolte nella protesta esortano i cittadini a segnalare sul sito del Governo la parata del 2 giugno come spreco. Invitano anche gli interessati a scrivere una lettera di dissenso indirizzata al presidente Napolitano. In particolare il movimento Pax Christi ha preparato una sorta di "lettera aperta comune", che ciascuno può "personalizzare" in base alle proprie sensibilità.

Guido Barbera, del Cipsi.
Un appello al Capo dello Stato arriva anche dal Cipsi (Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale). «Stiamo soffrendo le convulsioni di una crisi senza precedenti – sottolinea Guido Barbera, presidente Cipsi - con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e le donne. Aumentano i numeri della cassa integrazione che spesso diventa la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento. Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il potere d'acquisto dei salari continua a diminuire e non si riesce a trovare risposta al dramma di almeno 350.000 esodati senza lavoro e senza diritto alla pensione. Non si può pensare di festeggiare la nostra Repubblica ignorando queste situazioni».


Un'immagine della parata militare del 2 giugno. Foto Eidon. «La politica è latitante, rappresentata da partiti che arrancano, incapaci di dare qualsiasi segnale di riforma e di cambiamento  – fa eco Eugenio Melandri, storica voce impegnata per il disarmo, direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" -  Le cosiddette riforme continuano a essere solo annunciate, mentre le poche che si fanno vengono sistematicamente corrette per rispondere alle lobby più potenti e più forti. E i cittadini più anonimi restano inascoltati». Ecco perché, secondo il Cipsi, la parata militare del 2 giugno rappresenta «un vero e proprio vulnus al buon senso di qualsiasi persona o famiglia che trovandosi in difficoltà comincia a tagliare le spese meno necessarie». 


Fonte: www.famigliacristiana.it Lorenzo Montanaro