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mercoledì 18 aprile 2012

ESISTE LA SOCIETA' CIVILE? SAPPIAMO RICONOSCERE L'ELEFANTE?





Come presidio “Rita Atria”, nella ultime settimane abbiamo partecipato a riunioni, incontri, dibattiti organizzati da istituzioni, partiti politici, associazioni. I temi trattati sono quelli imposti dal momento storico che viviamo: la crisi economica e le ricadute drammatiche sul tessuto sociale delle comunità. Analizzando quanto ascoltiamo, due considerazioni ricorrono spesso a offrire lo spunto per una riflessione più ampia: la carenza di risorse che  "la politica" (anche quella locale) destina alle Associazioni e al volontariato; l’originalità di pensiero che anima molte associazioni, volontari e attività del no-profit.
Veniamo al primo aspetto: la carenza di risorse da destinare ai temi del volontariato.
Davvero questa carenza è frutto della crisi in atto?
Eppure la Corte dei Conti stima in oltre 60 miliardi di euro il costo della corruzione in Italia; il fatturato delle mafie è di oltre 130 miliardi di euro; l’evasione fiscale è pari a 180 miliardi di euro. Per non parlare del debito pubblico italiano. Ricchezze sottratte agli italiani
La verità, a nostro parere,  deve quindi essere ricercata altrove. La mancanza di risorse ci pare essere la diretta conseguenza della distanza di questo mondo dagli interessi, distorti e opachi, di grandi “pezzi” della politica partitica italiana: “il potere” che tante volte si dimostra lontano dal perseguire il principio di una gestione corretta e oculata del “bene pubblico”. Uno scandalo che, a vedere le cronache dei nostri giorni, pare inarrestabile.
Un secondo aspetto emerge ad aggravare di quanto detto prima. A fronte della mole di servizio reso alla collettività da associazioni e gruppi di volontariato – servizio che spesso colma vuoti, inefficienze, carenze del sistema pubblico, e a volte portatore (anche) di pensieri e progetti innovatori- colpisce la scarsa possibilità di questi di incidere poi realmente negli indirizzi politici della collettività. E’ questa una constatazione amara sottolineata da coloro che studiano le dinamiche del mondo sociale e politico italiano. 
La motivazione di quella “marginalità”, è forse da ricercare nell’assenza dell’altro attore che, metaforicamente parlando, dovrebbe essere presente sulla scena sociale: la società civile. Una società civile, quella italiana, che in questi anni si è dimostrata in realtà poco attenta alla gestione della “res-pubblica” nel suo insieme, se non quando questa tocca il personale ambito di interesse, piccolo o grande che sia. Anche grazie a questa assenza di interesse, e di controllo, si è lasciato che prendesse forma il sistema di potere partitico-corporativo che domina il nostro paese. La società civile si dimostra colpevole anche perché pare incapace di elaborare, proporre e sostenere, una azione efficace che dia voce e forza ad un sistema “diverso” quale, ad esempio, quello tratteggiato da molti progetti nel mondo del volontariato e del no-profit. 
Si dirà che questo è il compito proprio della politica: esprimere e far emergere forze e idee utili alla società! In realtà, questo dovrebbe essere il compito di una politica che, perseguendo principi di etica e di onestà, miri e abbia come fine il buon governo della “res-pubblica”. 
Esiste questa politica in Italia? A nostro parere, dobbiamo ancora costruirla!
Riportiamo un brano tratto dal libro “Paesaggio Costituzione, Cemento”, di Salvatore Settis:
"(…) viene in mente l’antico apologo indiano dei sei ciechi. Posti davanti ad un elefante ognuno ne esamina a tentoni una parte e ciascuno conclude per conto suo: 
- “E’ un muro!” ( i fianchi)
- “E’ un serpente!” ( la proboscide)
- “E’ un albero!” (le zampe) 
- “E’ un ventaglio!” (le orecchie)
-“ E’ una corda!” (la coda) 
-“ E’ una spada!” (le zanne)
Insomma , ognuno scambia una parte per il tutto e tutti si guardano bene dallo scambiarsi informazioni (…)”
Noi appartenenti alla società civile, nella migliore delle ipotesi, continuiamo a comportarci  proprio come i sei ciechi: di fronte al degrado del nostro paese, degrado che quotidianamente le cronache giudiziarie e giornalistiche arricchiscono con tasselli sempre più inquietanti, si continua a pensare che, badando ad un singolo aspetto, si riesca a cogliere l’oggetto nel suo complesso. Ma il nostro paese, l’Italia, è la totalità! E’ l’Elefante! E l’Elefante non sembra godere di buona salute! 
Coloro che detengono il potere in Italia hanno imparato bene l’arte del comando, la regola degli antichi romani: “dividi et impera”: l'accusa che abbiamo udita è quella che - in cambio di fondi, accreditamenti e riconoscimenti- il "potere" chieda "silenzio e acquiescenza".
Anche facendo riferimento alle situazioni locali delle singole comunità, i gruppi, le associazioni, la società civile, dovrebbe invece provare a ribaltare la partita, ricercando un collante, un punto di incontro proprio sulla questione che oggi appare fondamentale: provare a elaborare una visione nuova, un progetto! Un progetto differente, migliore, di quello imposto dal “potere-sistema”. 
Il presidio di LIBERA “Rita Atria” vuole proporre uno strumento preparatorio del progetto: l’Osservatorio! Un luogo, aperto, che sappia raccogliere persone oneste e in buona fede. I temi della Legalità, della Giustizia, dell’Etica potrebbero essere il filo conduttore, i valori "a premessa" di una azione che avesse l’ambizione  di “prefigurare” un modo differente, migliore, di gestire il bene pubblico. Vorremmo offrire il luogo ove, partendo dalla conoscenza delle situazioni esistenti, si possano condurre analisi e considerazioni concrete; un luogo di partecipazione ove si possano discutere e pre-figurare idee che portino (anche) a indicare e richiedere priorità a coloro che guidano le sorti delle comunità: indirizzi di spesa, politiche economiche e sociali, gestione dei territori. 
Questo è il momento di crisi del “sistema”. Ma è proprio nei momenti di crisi che crepe e debolezza possono permettere il cambiamento! 
Un augurio: che si sia capaci di pensare e riflettere ad un progetto complessivo; che si riconosca l’Elefante  (…lo si salvi) e non ci si riduca a scambiarne i fianchi per un muro, la proboscide per un serpente, le zampe per un albero.
Arturo Francesco Incurato
presidio LIBERA “RITA ATRIA” - Pinerolo

lunedì 16 aprile 2012

'Non c'è futuro senza memoria' : Intervista a Francesco Galante, presidente della Coop Placido Rizzotto Libera Terra. Oggi otto cooperative coltivano quasi mille ettari sottratti ai boss mafiosi

I tempi sono maturi per comunicare quanto i beni confiscati alla criminalità organizzata possano essere una importante risorsa. Se gestiti correttamente danno vita a realtà produttive di successo in grado di sostenersi economicamente e generare, anzi, opportunità di lavoro in contesti dove spesso il lavoro non c'è”.

Partendo da questo pensiero di Francesco Galante, presidente della Cooperativa sociale Placido Rizzotto Libera Terra e responsabile della comunicazione e produzione dei vini Centopassi e Hisotelaray, cerchiamo di sciogliere qualche dubbio e chiarire i meccanismi che muovono oltre 2mila terreni agricoli e più di 300 fabbricati rurali con annessa terra in una realtà fatta di criminalità organizzata, indagini della magistratura, confische e assegnazioni.
Tra le realtà che operano in ambito agricolo su beni confiscati, Libera Terra progetto di 'Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie' è, a livello nazionale, l'attrice con ruolo principale. Associazione di associazioni, oggi sono 1.500 tra scuole, gruppi e altro, da diciassette anni Libera fondata da Don Luigi Ciotti coordina l'impegno della società civile contro tutte le mafie.
Nata dopo il periodo stragista di Cosa Nostra, attraverso il lavoro delle cooperative che ne fanno parte si è posta l'obiettivo di promuovere i diritti di cittadinanza, la cultura della legalità, la giustizia sociale e la solidarietà mantenendo elevata l'attenzione all'ambiente e al territorio.
Unica organizzazione italiana di community empowerment, nel 2008 è stata inserita dall'Eurispes tra le eccellenze italiane e nel 2012 è rientrata nella classifica delle cento migliori Ong del mondo.

Libera Terra
Una parte importante dei beni sequestrati è rappresentata da terreni agricoli con o senza fabbricati rurali; grazie alla Legge di iniziativa popolare 109/96 nata anche dalla forte mobilitazione dell'associazione, oggi otto cooperative di tipo B racchiuse sotto al cappello di Libera Terra coltivano quasi mille ettari sottratti ai boss mafiosi.
Utilizzando un metodo di lavoro fatto di contratti regolari, paghe eque e tutela dei diritti, l'Associazione ha coinvolto numerosi soggetti del territorio facendo del bene confiscato una risorsa per lo sviluppo dell'intero circuito socio-economico.

 Il bene confiscato una risorsa per lo sviluppo dell'intero circuito socio-economico
(Fonte foto: Libera Terra)



Otto sorelle

Le cooperative godono per i beni in cui operano, di proprietà dei Comuni di assegnazione, di un contratto di comodato d'uso gratuito.
Le cooperative di Libera TerraPlacido Rizzotto, Pio la Torre, Terre di Puglia, Beppe Montana, Le terre di don Peppe Diana, Lavoro e non solo e Libera-Menteaderiscono tutte ad eccezione di Valle del Marro alla società consortile Libera Terra Mediterraneo nata nel 2008 come strumento imprenditoriale di sviluppo delle imprese agricole.
Gli obiettivi sono diversi – spiega Galantee vanno dal coinvolgimento di nuovi soci, alla pianificazione produttiva, alla massima valorizzazione del prodotto il tutto in un'ottica di eccellenza delle produzioni che passa anche attraverso il processo produttivo”.
Nate tra il 1999 e il 2010 le cooperative, contano su di una forza lavorativa di 140 persone rappresentate per oltre il 30% da soggetti svantaggiati.
Suddivise tra vigneti, uliveti, orticole agrumeti e seminativi, “le produzioni, rigorosamente biologiche – racconta Galante – vengono trasformate dal consorzio e quindi commercializzate in tutti i canali di vendita che vanno dalle botteghe del commercio equo alla grande distribuzione fino al canale Horeca. Una quota parte viene anche esportata”.
Garantisce sui requisiti etici, tecnici, sociali e di qualità, il Disciplinare del marchio Libera Terra nato nel 2007, mentre si occupa della promozione cooperativa e della legalità l'Agenzia nazionale Cooperare con Libera Terra, promossa da cooperative e strutture associative di rappresentanza aderenti a Legacoop e partecipata da imprese cooperative, associazioni ed enti pubblici.
Esiste ed è fondamentale – chiarisce Galante - una struttura di coordinamento imprenditoriale e delle produzioni che facilita l'accesso al mercato delle singole cooperative”.

Sequesti, assegnazioni e tempi lunghi

“Tutte le realtà, fanno eccezione Lavoro e non solo e Libera-Mente – riprende Galante - sono nate secondo un modello che Libera ha voluto promuovere creando situazioni di intesa con le Prefetture locali e i Consorzi di amministrazioni di Comuni come ad esempio il Consorzio sviluppo e legalità della provincia di Palermo, proprietario dei beni confiscati. In media – prosegue - tra sequestro e assegnazione passano circa 7 anni.
L'abbandono prolungato di un bene agricolo implica necessariamente un investimento importante nel momento del suo ripristino ma le cooperative sociali non hanno soldi".
"Ciò che fa la differenza – spiega – è la capacità di gestione da parte dei soci che devono saper far funzionare le attività immediatamente remunerative appoggiandosi poi anche sui fondi comunitari – Pon – per gli interventi strutturali. Le difficoltà maggiori – continua -, riguardano le situazioni in cui non c'è un imput, sia istituzionale che di Libera spesso chiamata a mettere a disposizione la propria esperienza e competenza ma in alcuni casi in carenza di forze, per l'assegnazione dei beni e per la ricerca delle persone da inserire nel tessuto lavorativo.
Non è andata così con Libera Terra Crotone il cui bando è stato pubblicato di recente e per cui, sotto lo stimolo dell'Anbsc, si sono incontrate le volontà di prefettura e dei comuni di Cirò e Isola Capo Rizzuto”.

Le difficoltà del territorio
Ma anche passata la fase costitutiva i problemi non finiscono. “Per la Placido Rizzotto, ci sono voluti tre anni – racconta il portavoce di Libera - per essere accettati dal tessuto sociale, sono stati anni davvero duri. La chiave di volta principale, è stata quella di offrire condizioni di lavoro eque; ad un certo punto la gente ha cominciato a capire che con noi poteva lavorare sotto contratto e non in nero; un contratto che partiva regolarmente dal giorno prima dell'inizio del rapporto lavorativo e con una retribuzione equa. In ogni caso non è stato facile”.


 Tutte le cooperative hanno bilanci in attivo (Fonte foto: Libera Terra)

Produzioni e bilanci in attivo

Tutte le cooperative hanno un bilancio in attivo e i prodotti sono contraddistinti da un alto valore aggiunto legato all'intervento nel processo produttivo di saperi artigianali.
Sotto il marchio Libera Terra troviamo pasta – degna di nota la linea di alta gamma, olio, cous cous, conserve, legumi, marmellate, limoncello e molto altro tra cui naturalmente il vino Centopassi e Hisotelaray.
“Su tutto domina la qualità – sottolinea Galante. Abbiamo alti costi produttivi in parte bilanciati da bassi costi sociali pur eliminando forme di sfruttamento altrove applicate; ma a fronte di questi costi per incontrare il mercato il valore dei prodotti deve essere pienamente percepito".
I volumi produttivi del consorzio, si aggirano sulle cinquecentomila bottiglie per il vino; un milione di confezioni per la pasta; cinquatamila confezioni per i legumi e circa trentamila bottiglie di olio cui si aggiungono altre più piccole referenze.

Export
La chiave per accedere ai mercati esteri è la qualità soprattutto se parliamo di vini. Il risultato ottenuto dal marchio Centopassi è riconducibile all'eco avuta su riviste di settore e nei commenti di specialisti ed opinion leader del mondo del vino – afferma Galante che aggiunge come il valore sociale del prodotto sia lo spin off, ma è la percezione dell'alta qualità a giocare il ruolo fondamentale.

Prossimi passi: Sicilia e Calabria

Tre le realtà in cantiere, due in Sicilia e una in Calabria; “per due di queste sta per uscire il bando mentre per la cooperativa nella zona di Trapani è già uscito. Speriamo – conclude Galante - entro l'anno di arrivare alla fine di tutti e tre i percorsi”.


Fonte: www.agronotizie.com