mercoledì 27 gennaio 2016

Le parole dell'A.N.P.I.: " NON E' PASSATO. E' MEMORIA"

" NON E' PASSATO. E' MEMORIA"
IL 27 GENNAIO 1945  UN REPARTO DELL'ESERCITO RUSSO VARCA L'INGRESSO DEL CAMPO DI STERMINIO DI AUSCHWITZ


il cancello di Aushwitz con la scritta "Arbeit macht frei": "Il lavoro rende liberi")
Anche quest'anno abbiamo fatto Memoria insieme agli studenti del Liceo Scientifico "M. Curie" di Pinerolo 


"(…) Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga." 
 brano tratto da “Se questo è un uomo” di Primo LevI


''La Giornata della Memoria non deve essere un'occasione per manifestare la falsa coscienza e non può essere usata in modo strumentale. Ci deve ricordare la tragedia universale della violenza contro l'uomo e non solo contro gli ebrei.

Io sono ebreo e ho il dovere di ricordare ciò che ha subito la mia gente. Ma proprio perchè questo è stato un massacro di esseri umani, tra cui ebrei, rom, gay e antifascisti, si devono ricordare tutti, soprattutto quelli piu' scomodi. 

Dobbiamo ricordare, tutti i popoli che hanno subito violenza. In questo senso, il destino degli ebrei vale per quello di tutte le minoranze. Primo Levi non ha scritto 'Se questo è un ebreo', ma 'Se questo è un uomo'.
Moni Ovadia

"Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha trasformato la mia vita in una lunga notte, sette volte maledetta e sette volte sigillata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini, i cui corpi vidi trasformarsi in ghirlande di fumo sotto un muto cielo blu. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumavano la mia fede per sempre. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi privò, per tutta l'eternità, del desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima e trasformarono i miei sogni in polvere. Non dimenticherò mai queste cose, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai". Elie Wiesel, sopravvissuto dei campi di concentramento di Auschwitz, Buna e Buchenwald.
"...mio Dio, noi vogliamo vivere! Non vogliamo vuoti nelle nostre file. Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore. Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!. Eva Picková, morta ad Auschwitz il 18 dicembre 1943 all’età di 12 anni



bambini del Lager mostrano il braccio tatutato

Il Giorno della Memoria ricorda la data in cui l'ersercito russo entra nel lager Aushwitz, oramai abbandonato dalle SS: 27 gennaio 1945 
Fare Memoria significa conoscere quanto è accaduto; fare Memoria significa capire i meccanismi" che si celano dietro ai fatti; fare Memoria significa impegnarsi affinché quanto è accaduto non abbia più “il tempo” e “il modo” di ripetersi. Fare Memoria significa conoscere per diventare ed essere cittadini responsabili. 
Come è stato possibile l'orrore dei Lager? 
Come è stato possibile concepire lo sterminio di popoli? 
La cosiddetta "banalità del male", il pericolo che il male possa ripresentarsi,  è un pericolo sempre presente Dopo quelli nazisti, l'Umanità ha sofferto per altri Lager, altri stermini, altre violenze terribili inflitte da uomini ad altri uomini. 
Perchè? Come è possibile che ciò accada dopo quello che è già accaduto? 
Primo Levi si interroga su come sia stato possibile il dramma dello sterminio nel libro “I sommersi e i Salvati. Luogo di quella ricerca è l'animo umano di ogni tempo; le risposte sono celate nell'eterna -mediocre- lotta per il potere, con attori che si dividono le parti dei "padroni" e dei "servi" alla conquista di un  "privilegio" possibile.
“Il privilegio per definizione difende il privilegio. (…) L’ascesa dei privilegiati, non solo nel Lager ma in tutte le convivenze umane, è un fenomeno angosciante ma immancabile: essi sono assenti solo nelle utopie. E’ compito dell’uomo giusto fare la guerra ad ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa è una guerra senza fine. Dove esiste un potere esercitato da pochi - o da uno solo- contro i molti, il privilegio nasce e prolifica, anche contro il volere del potere stesso; ma è normale che il potere, invece, lo tolleri  e lo incoraggi.(…) la classe ibrida dei prigionieri-funzionari ne costituisce l’ossatura ed insieme l’elemento più inquietante. E’ una zona grigia, dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi. (…)”.
Anche quest'anno abbiamo fatto Memoria insieme agli studenti del Licero Scientifico "M. Curie di Pinerolo 

giovedì 31 dicembre 2015

Auguriamo a Tutti il Coraggio del Cambiamento possibile

  
L'AUGURIO 
avere il Coraggio di provare a costruire il Cambiamento possibile:

 più GIUSTIZIA, più DIGNITA', più LIBERTA'


A coloro che sentono la “responsabilità etica” di vivere nella comunità l'invito e l'auspicio per l'Anno 2016 che ci apprestiamo a vivere: incontrarsi per dare vita ad un “cammino” (fatto di conoscenza, analisi e riflessioni) necessario ad elaborare azioni e misure concrete da proporre alle Istituzioni. Il contrasto reale del dramma delle povertà, l'eliminazione dei privilegi delle classi dominanti, la lotta alla corruzione e alle mafie, tutte facce differenti di una medesima "medaglia al disonore" ancora appuntata sul petto di un intero Paese.
Noi crediamo che sia necessario "essere voce e dare voce a coloro che voce" non hanno per affermare la necessità di un cambiamento, possibile e non più rinviabile.
Un cambiamente "non nasce se non è sognato", "un sogno sognato" anche da una ragazzina siciliana che si chiama RITA ATRIA.

"(...) Forse un mondo onesto non esisterà mai... 
ma chi ci impedisce di sognare...
forse se ognuno di noi proverà a cambiare...
forse ce la faremo".
Rita Atria 
Erice 5 giugno 1992

domenica 20 dicembre 2015

"Miseria Ladra"! Rendiamo illegale la Povertà: "essere voce e dare voce a coloro che voce non hanno"

Lo scorso 13 novembre 2015 il presidio LIBERA “Rita Atria” Pinerolo ha tenuto l'incontro pubblico Rendiamo illegale la Povertà: reddito di cittadinanza è reddito di dignità. I relatori intervenuti, esponenti delle forze politiche (la sen. Nunzia Catalfo del Movimento Cinque Stelle, Marco Grimaldi di Sinistra Ecologia Libertà), erano chiamati a confrontarsi a partire dai dati della realtà sociale presentati dall’assessora Agnese Boni, dal Vescovo di Pinerolo mons. Debernardi, da Leopoldo Grosso vice-presidente Gruppo Abele. In quella occasione abbiamo lanciato un appello affinchè l'incontro fosse da considerare il punto di partenza” per “un cammino”, da svolgere anche nella nostra comunità, capace di prefigurare e richiedere un “cambiamento di azione” per il contrasto alla Povertà: un cambiamento necessario, non più rinviabile. 
Le "fotografie"
Sono trascorsi oramai sette anni dallo scoppio della crisi finanziaria le cui conseguenze, a detta di molti economisti, sono paragonabili a quelle di una “guerra”. Lo stesso Papa Francesco ha parlato più volte in termini analoghi a proposito del momento storico che stiamo vivendo: “una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”: perchè tanti sono i conflitti in corso nel mondo, più o meno estesi; tanti e diversi sono “i fronti” aperti da questa “guerra”. Il fronte “sociale” è fra i più drammatici.
Per quanto riguarda l'Italia, il RAPPORTO CARITAS 2015 ha presentato la “fotografia” di un Paese frammentato. Un paese che pare avere smarrito il senso della comunità e nel quale la condizione di povertà o di difficoltà economica, è sempre più relegata a questione “privata”, messa ai margini dello stesso “patto sociale” su cui dovrebbe fondarsi la Democrazia del nostro paese. Apprendiamo da quel Rapporto come i cittadini italiani che versano in condizioni di povertà assoluta sono più che raddoppiati dal 2008 ad oggi, passando da un numero di 1.800.000 ad oltre 4.000.000. Ma la realtà del fenomeno della povetà, vecchia e nuova, presenta dati ancora più drammatici: sono infatti circa 10.000.000 coloro che vivono condizioni di “marginazione sociale” conseguente alla difficoltà economica: una “società degli esclusi”: una sorta di “terzo stato” a cui è stato precluso aver “voce e volto”, se non nella massa informe della “gente” che affolla centri di carità e di assistenza. 
Colpe e responsabilità
Ma la “fotografia” del rapporto Caritas non è un mero esercizio di analisi statistica o socio-economica. La CARITAS individua chiaramente quelle che, a suo parere, sono colpe e responsabilità.
Le responsabilità maggiori sono quelle addebitate alla Politica italiana, alla sua storica disattenzione nei confronti del fenomeno della povertà a cui si risponde scaricando pesi e costi sulla “famiglia” (welfare mediterraneo). Una politica italiana corporativa “(...)incentrata sulla rappresentanza e il riconoscimento degli interessi di specifici gruppi professionali e sociali capaci di esercitare pressioni sul Parlamento, a discapito di una visione complessiva del bene comune”.
Colpe hanno pure le forze sindacali, impegnate sì a promuovere e difendere culture politiche incentrate sulla tutela del lavoro e dei lavoratori “già impegnati”, ma “(…) culture politiche che si sono rivelate incapaci di leggere e tutelare la condizione di chi si trovava escluso dal mondo del lavoro.”
Infine, giudizio critico la CARITAS esprime anche nei confronti del cosiddetto Terzo Settore, il mondo del volontariato, delle associazioni, del cooperativismo, che non ha saputo assumere, se non in misura limitatissima, il ruolo di rappresentanza dei cittadini più deboli. Il terzo settore italiano infatti ha finito con lo “specializzarsi” “(...) nella fornitura di servizi per conto delle amministrazioni pubbliche, smarrendo così la propria funzione di rappresentanza e pressione politica in favore dei diritti sociali universali(...)”.
Occorre dare voce alla necessità di un cambiamento possibile e non più rinviabile
La povertà deve essere considerato il vulnus del “patto sociale” su cui si fonda una nazione democratica. Coloro che in Italia vivono in condizioni di difficoltà, i 10.000.000 di cittadine e cittadini senza voce e senza volto, non chiedono elemosine ma chiedono più Giustizia Sociale. Occorrono pertanto misure e azioni differenti da quelle sinora condotte, in cui diritti e doveri costituiscano il “patto sociale” sul quale costruire nuove forme di “bene-essere” della comunità. Misure che portino ad un reale contrasto alle povertà anche attraverso rapporti di maggiore responsabilizzazione dei soggetti stessi: misure e azioni che da un lato vedano riconosciuti e tutelati il principio inderogabile della Dignità dell'individuo, dall'altro prevedano l'assunzione di responsabilità di ciascuno, per quanto ad ognuno compete, nei confronti della comunità.
Sono necessarie azioni i cui mezzi per la loro attuazione non possono essere richiesti se non alla Politica. D'altro canto, se la Politica persevera nella sua “disattenzione” verso il dramma sociale mostrato dalle “fotografie” a cui prima si faceva riferimento, finisce con l'apparire mero esercizio del Potere svolto a favore di interessi e privilegi inaccettabili. Quelle “fotografie”, economiche e sociali, sono in realtà le esistenze reali e dolenti di coloro a cui viene negato la condizione di una vita decorosa: “fotografie” inaccettabili quando permangono sostanzialmente inattaccabili privilegi, corruzione, malaffare. 
Se papa Francesco ha detto che non si può parlare di povertà e vivere “come faraoni”, noi affermiamo che, a partire dalle classi politiche, non ci si può occupare del bene comune” di una comunità e godere al contempo di retribuzioni e privilegi simili a quelli di “signori medioevali”!
 L'Appello
Per questi motivi porgiamo un invito, un appello, a partire dalle associazioni, dalle cittadine e cittadini che sentono la “responsabilità etica” di vivere nella comunità: incontrarsi per dare vita ad un “cammino” (fatto di conoscenza, analisi e riflessioni) necessario ad elaborare azioni e misure concrete da proporre alle Istituzioni a contrasto del dramma delle povertà.

Noi crediamo che sia necessario "essere voce e dare voce a coloro che voce non hanno" per affermare la necessità di un cambiamento, possibile e non più rinviabile


domenica 6 dicembre 2015

Torino 6 dicembre 2007: Strage della ThyssenKrupp

Il Dovere della Memoria. E' la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007.Per Torino è la notte della strage alla ThyssenKrupp.

E' passata da poco l’una di notte quando, sulla sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino della ThyssenKrupp, sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente nebulizzato che trasforma in "torce umane"  i poveri corpi degli operai. 
I loro nomi: Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino.
Alle ore 1.15 i vigili del fuoco rivcevono la chiamata drammatica riportata nel filmato 

Insieme ai Vigili del Fuoco arrivano le ambulanze del 118, e i feriti vengono trasferiti in ospedale. 
Alle ore 4.00 del mattino muore il primo operaio, si chiama Antonio Schiavone. Nei giorni che seguiranno, dal 7 al 30 dicembre 2007, moriranno le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente: si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino

mercoledì 2 dicembre 2015

LA LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE

Inviatiamo, e parteciperemo all'incontro "LA LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE", con lo spirito di essere fra coloro che hanno a cuore il bene lungimirante della comunità.


"Riscoprire  e rendere vivi i valori di conoscenza e partecipazione per essere cittadine e cittadini responsabili, perché questi sono tempi in cui "ci vuole Coraggio..." anche solo per "fare comunità", per “sentirsi parte di una comunità”.
Perchè "ci vuole coraggio" per mettere in discussione  le riflessioni, le idee di ciascuno; ci vuole coraggio per legare esperienze e non disperderle! (...) è l’invito ad offrire e mettere insieme l'impegno e le capacità di ognuno al servizio del bene lungimirante della comunità."
 Questo scrivevamo lo scorso anno proponendo "Un Anno Chiamato Coraggio" Questo è il principio nel quale abbiamo continuato a credere e per il quale continuare ad agire nella comunità!
presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo

martedì 24 novembre 2015

Lombardo: ''Mafie componenti indispensabili del sistema economico mondiale''

Quando si discute sul ruolo dell'economia delle comunità, anche nei territori piemontesi, il ruolo delle mafie ( e del "pensiero mafioso") non è affatto secondario. Occorrerebbe sempre considerare che esistono oramai differenti tipi di economie, e differenti "attori" interpreti dei "principi" che sottendono a quelle economie. Occorre avere coscienza e conoscenza che vi sono economie ( pure non propriamente mafiose ma permeabili al "pensiero mafioso") che sono  ben lontane dal perseguire il "bene lungimirante della comunità": questo è il discrimine che troppe volte vediamo accantonato allo scopo di far prevalere interessi particolari, pure ammantanti dall'etichetta di "legalità" che -capita spesso- è ben lontana dal significare Giustizia: "Pecunia non olet". Anche questo emerge dal contributo del sostituto procuratore Giusepe Lombardo intervenuto alla conferenza "15 anni di 'Ndrangheta in Piemonte e non solo..." svoltasi a Torino lo scorso 21 novembre 2015

Fonte Antimafiaduemila

Lombardo: ''Mafie componenti indispensabili del sistema economico mondiale''

lombardo giuseppe torinoIl Sostituto Procuratore di Reggio Calabria G. Lombardo: "Priorità dello Stato non è la lotta alla mafia"
di Francesca Mondin
"Le grandi mafie oggi si muovono tutte in modo coordinato fra di loro e sono componenti indispensabili del sistema economico mondiale". A dirlo è Giuseppe Lombardo, sostituto procuratore di Reggio Calabria, alla conferenza "15 anni di 'Ndrangheta in Piemonte e non solo…" che si è svolta a Torino il 21 novembre 2015. Un incontro organizzato dall'Associazione Culturale Falcone e Borsellino con la collaborazione del Movimento Agende Rosse gruppo "Paolo Borsellino" di Torino e di Libera presidio "Libero Grassi" ed il Patrocinio del Comune di Santena, a cui hanno partecipato anche Roberto Sparagna, Sostituto Procuratore di Torino e Giorgio Bongiovanni, direttore di ANIMAFIADuemila.
"Chi critica le indagini che riguardano il narcotraffico internazionale, di cui la 'Ndrangheta diventa sostanzialmente il soggetto unico a cavallo delle stragi '92 '93 - ha spiegato Lombardo - non si rende conto che le enormi liquidità che ne derivano sono in grado di provocare una quantità tale di risorse finanziarie liquide da condizionare il sistema finanziario mondiale, e le banche senza liquidità non hanno niente da dare, questo è il problema".
Tanto più se "il sistema vive momenti di crisi finanziarie - cioè - che dipendono dalla liquidità". 
Nel riassumere il concetto il Sostituto Procuratore ha evidenziato che "Se siamo consapevoli di questo, siamo anche consapevoli che contrastare economicamente le mafie significa impedire - in un certo senso - che l'economia riparta". Data la complessità della situazione il magistrato ha richiamato lo Stato ad avere "il coraggio di riconoscere questo" e di leggere le sentenze per capire veramente il fenomeno. Il rischio altrimenti, ha continuato Lombardo, è quello di alimentare un "sistema di comunicazione che serve a sviare la conoscenza su questi fenomeni".
Riguardo l'importanza dell'informazione il sostituto procuratore ha denunciato quanto poco spazio è stato dato ad esempio alla seconda guerra di mafia a Reggio Calabria: "Mille morti ammazzati non sono stati ritenuti degni di notizia a livello nazionale e questo è molto grave.. è stato il più cruento scontro armato che è avvenuto senza essere tuttavia classificato come guerra, è un paese civile quello dove si registrano questi fenomeni?". Per questo Lombardo ha sottolineato l'importanza di avere uno Stato "dinamico, autorevole, che si arrabbia e non uno Stato del participio passato di stare, perchè il sangue delle nostre vittime ha lo stesso valore di tutte le altre vittime del mondo".
                                                                    Una mafia invisibile
Ripercorrendo per alcuni nodi fondamentali l'evoluzione della 'Ndrangheta, Lombardo ha spiegato come ad un certo punto la magistratura interrogandosi sulla reale forma della 'Ndrangheta si è trovata dinnanzi ad un "errore di fondo enorme, condizionato dal fatto che mentre a Cosa nostra era stata ricostruita l'organizzazione verticistica sulla base di collaboratori di giustizia di grande rilievo, questo non era stato fatto per la 'Ndrangheta". Fino a pochi anni fa infatti la struttura della mafia calabrese era spiegata orizzontalmente, senza grandi gerarchie e negando la presenza di collaboratori di giustizia di grosso calibro. Invece già negli "anni '90 a Reggio Calabria collaboravano con giustizia soggetti di livello criminale straordinario - ha spiegato il pm di Reggio Calabria - con il limite che questi soggetti avevano inserito, accanto a quello già in parte dimostrato dai processi, dei temi ulteriori, imprevisti".
Soltanto "le attività d'indagine del 2005-2006 vanno a valorizzare quei passaggi che dimostravano che c'erano tendenzialmente delle strutture verticistiche".
Addirittura Lombardo ha raccontato di un dialogo registrato durante le indagini sulla superstrada statale 106 ionica tra due coniugi in cui il marito, "che era apparentemente sindacalista che faceva da raccordo tra le varie famiglie mafiose e la società italiana per le condotte d'acqua … dice  'quello che vedi non è la 'Ndrangheta come te l'hanno raccontata, quella che conta davvero è la cosiddetta 'Ndrangheta invisibile che è molto più legata ad ambiti massonici e complessi e che comanda perchè accanto a chi comanda e decide c'è chi esegue'". La mafia presentata dal magistrato di Reggio Calabria è quindi una mafia "invisibile" ancora più difficile da scovare e condannare, ecco perchè "E' necessario per i magistrati avere la forza e la possibilità di fare indagini complete, solo la completezza dell'investigazione ci può far capire se quei soggetti fanno parte della struttura criminale e si nascondono… o se invece stanno all'esterno e quindi dall'esterno la favoriscono - ha spiegato il sostituto procuratore di Reggio - questo dipende da una serie di fattori, il fattore principale che io ritengo condizioni fino in fondo il nostro lavoro è uno solo: il contrasto alle mafie non è una priorità dello Stato italiano".
Un aiuto che le Istituzioni potrebbero dare nella lotta alla mafia secondo Lombardo, sarebbe ad esempio una norma chiara sul concorso esterno di associazione mafiosa, un "problema che esiste da 140 anni". Fin dall'epoca di Falcone e Borsellino "c'era la consapevolezza che era difficile dimostrare queste condotte perchè è un istituto sostanzialmente di creazione giurisprudenziale che la nostra classe politica cerca di indebolire sempre di più perchè capisce perfettamente che il problema è lì".
"Quando siamo andati a cercare conferme sul fatto che ci potessero essere componenti riservati delle mafie che in qualche modo noi avevamo tentato di ricondurre ad una fattispecie criminosa ed avevamo utilizzato il concorso esterno, ci siamo resi conto anche del motivo per il quale quelle contestazioni quasi regolarmente andavano incontro a sentenze di assoluzione - ha sottolineato Lombardo - perchè stavamo contestando a determinati soggetti che facevano parte della struttura criminale in una componente invisibile un reato che era sbagliato perchè li collocavamo all'esterno di quella struttura criminale."

mercoledì 18 novembre 2015

LEA e DENISE GAROFALO. IL CORAGGIO DI UNA DONNA: VEDO, SENTO, PARLO!

Questa sera verrà trasmesso il film "LEA", dedicato a Lea Garofalo, testimone di giustizia, uccisa in un agguato organizzato dal suo ex compagno, il boss della ‘ndrangheta Carlo Cosco.  Il film andrà in onda su Rai Uno, in prima serata.





"Lea" è il Film TV di Marco Tullio Giordana che andrà in onda questa sera, il 18 novembre, in prima serata su Rai Uno.

Il regista de I Cento Passi e de La Meglio Gioventù, Marco Tullio Giordana, è tornato dietro la macchina da presa per dirigere un film tv ispirato alla vita di Lea Garofalo, vittima della ‘ndrangheta. 

 La storia di Lea e Denise Garofalo
fonte CN24
La storia di Lea narra di una donna coraggiosa. Lea nasce a Petilia Policastro il 24 aprile 1974. Anche lei, come Peppino Impastato  e Rita Atria, cresce in una famiglia legata alle mafie di quelle terre. All’età di 13 anni Lea si innamora di Carlo Cosco dal quale, dopo 4 anni, avrà la figlia Denise. Anche Carlo Cosco è un esponente della 'ndrangheta calabrese, ma la Garofalo sente il bisogno di avere una vita diversa, senza paura e senza violenza. Nel 2002 Lea Garofalo decide che è giunto il momento di iniziare a collaborare con la giustizia e di conseguenza viene inserita nel programma di protezione insieme alla figlia Denise.
In quegli anni Lea vive in solitudine, cambiando spesso residenza e raccontando ai magistrati tutti gli affari illeciti del clan dell’ex compagno. Nel 2009 la donna, sfiduciata dalle Istituzioni, esce dal sistema di protezione e ritrovandosi in difficoltà economiche chiede all’ex compagno di contribuire al mantenimento della figlia Denise. Da Campobasso, Lea si sposta quindi a Milano, dove cade nella trappola di Cosco che approfitta della situazione per far rapire Lea. Lea Garofalo scomparve la sera del 24 novembre del 2009. Una telecamera di servizio riprese l'ultima passeggiata di Lea e Denise a Milano, immediatamente prima che la donna venisse sequestrata dal marito. (vedi qui).
A catturare i responsabili della morte di Lea ci penserà Denise, sua figlia. Nonostante la giovanissima età, Denise fornirà un contributo fondamentale per individuare e processare tutti i responsabili dell’omicidio della madre, costituendosi "parte civile" nel processo contro il suo stesso padre.
Emerge così la verità sulla fine di Lea Garofalo.
In un primo tempo, le indagini portarono alla convinzione degli inquirenti che la donna, dopo essere stata torturata per ore, venisse uccisa e il corpo dissolto nell’acido. Tuttavia, grazie alle rivelazioni di Carmine Venturino, uno degli indagati, i poveri resti del corpo della donna sono stati ritrovati nel 2012 in un terreno del comune di Cormano ( Mi)   La sua identità è stata confermata dall’esame del DNA. 
Lea Garofalo venne sequestrata, torturata, uccisa e il corpo dato alle fiamme. La barbarie degli "uomini d'onere" arriva a questo!
Alla fine dell'iter processuale, nel 2013, la Cassazione si è pronunciata definitivamente sul processo per la scomparsa, l’omicidio e la distruzione del cadavere di Lea Garofalo con la condanna definitiva: Carlo e Vito Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino sono condannati all'ergastolo; 25 anni di reclusione per Carmine Venturino e assoluzione per non aver commesso il fatto per Giuseppe Cosco; inoltre la Corte ha disposto il risarcimento dei danni per le parti civili: la figlia, la madre e la sorella di Lea Garofalo e il comune di Milano.
Il 19 ottobre 2013 si sono svolti a Milano, in piazza Beccaria, i funerali civili di Lea Garofalo. In piazza erano presenti migliaia di persone, fra le quali anche  Don Luigi Ciotti, in rappresentanza di LIBERA, e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Lo stesso giorno è stato intitolato a Lea Garofalo un giardino pubblico in viale Montello a Milano; a quel luogo, altri ne sono seguiti dedicati alla memoria di LEA GAROFALO: una donna coraggiosa.