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giovedì 5 marzo 2020

martedì 3 marzo 2020

Donne e mafie: come si rompe il silenzio

Giovanni Falcone :"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare". 
Ci sono state donne che hanno deciso di rompere il silenzio agognando quel "fresco profumo di libertà" evocato da Paolo Borsellino
Fra tante, abbiamo scelto di "fare memoria" di cinque donne che hanno avuto il coraggio di spezzare il muro del silenzio, della paura, dell'ipocrisia, per denunciare lo scandalo di un Paese medioevale, l'Italia.
Francesca Serio, la mamma di Salvatore Carnevale, sindacalista ucciso dalla mafia il 16 maggio 1955.
Felicia Bartalotta Impastato, la mamma di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978.
Saveria Antiochia, la mamma di Roberto Antiochia , agente di Polizia ucciso il 5 agosto 1985.
Rosaria Costa Schifani, vedova dell'agente di Polizia Vito Schifani ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992.
Lea Garofalo, testimone di giustizia uccisa il 24 novembre 2009 dal marito, Carlo Cosco, esponente della 'ndrangheta calabrese.



mercoledì 7 dicembre 2016

FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO. Una donna, una vita spesa per far vivere, per due volte, suo figlio GIUSEPPE

Oggi ricorrono 12 anni da quando FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO è morta: Una donna, una vita, quella di FELICIA, spesa per dare vita "due volte" a suo figlio PEPPINO

Chi era FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO ? Sul sito "GARIWO, la foresta dei Giusti" si può leggere questo profilo
FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO
1916 - 2004
La madre di Peppino Impastato
intervista a Felicia Bartolotta Impastato

Il 24 maggio 1916 nasce Felicia Bartolotta da una famiglia della piccola borghesia di Cinisi, provvista di qualche appezzamento di terra, coltivato ad agrumi e ulivi. Il padre è impiegato al Comune, la madre casalinga, come sarà anche Felicia. Si sposa, nel 1947, con Luigi Impastato, di una famiglia di piccoli allevatori legati alla mafia del paese. Il 5 gennaio 1948 nasce Giuseppe, detto Peppino; nel 1950 genera un altro figlio, che muore di meningite a due anni e nel 1953 nasce Giovanni, cui viene dato il nome del fratello morto. Luigi Impastato, durante il periodo fascista, aveva fatto tre anni di confino a Ustica, assieme ad altri mafiosi della zona, e durante la guerra era stato dedito al contrabbando di generi alimentari. Dopo non ebbe più problemi con la giustizia. Il cognato di Luigi, Cesare Manzella, marito della sorella, era il capomafia del paese. Manzella muore nel 1963, ucciso dall’esplosione di un’auto imbottita di tritolo.
La morte dello zio colpisce profondamente Peppino, che aveva quindici anni e da tempo aveva cominciato a riflettere su quanto gli dicevano il padre e lo zio. Felicia ricorda che le diceva: «Veramente delinquenti sono allora». L’affiatamento con il marito dura molto poco. Lei stessa afferma: «Appena mi sono sposata ci fu l’inferno. Attaccava lite per tutto e non si doveva mai sapere quello che faceva, dove andava. Io gli dicevo: ‘Stai attento, perché gente dentro [casa] non ne voglio. Se mi porti qualcuno dentro, che so, un mafioso, un latitante, io me ne vado da mia madre’». Felicia non sopporta l’amicizia del marito con Gaetano Badalamenti, diventato capomafia di Cinisi dopo la morte di Manzella, e litiga con Luigi quando vuole portarla con sé in visita in casa dell’amico. Il contrasto con il marito si acuirà quando Peppino inizierà la sua attività politica.
Peppino durante un comizio
Per quindici anni, dall’inizio dell’attività di Peppino fino alla morte di Luigi, avvenuta otto mesi prima dell’assassinio del figlio, la vita di Felicia è una continua lotta, che però non riesce a piegarla. In quegli anni non ha più soltanto il problema delle amicizie del marito. Ora c’è da difendere il figlio che denuncia potenti locali e mafiosi e rompe con il padre, impegnandosi nell’attività politica in formazioni della sinistra assieme a un gruppo di giovani che saranno con lui fino all’ultimo giorno. Felicia difende il figlio contro il marito che lo ha cacciato di casa, ma cerca anche di difendere Peppino da se stesso. Quando viene a sapere che Peppino ha scritto sul foglio ciclostilato L’idea socialista un articolo sulla mafia va in giro per il paese per raccogliere le copie e distruggerle. E quando l’attività politica di Peppino entra nel vivo, non ha il coraggio di andare a ascoltare i suoi comizi, ma intuendo di cosa avrebbe parlato chiede ai suoi compagni di convincerlo a non parlare di mafia. E a lui: «Lasciali andare, questi disgraziati».
Morto il marito in un oscuro incidente, Felicia intuisce che per Peppino il pericolo è aumentato: «Guardavo mio figlio e dicevo: ‘Figlio, chi sa come ti finisce’. Lo andai a trovare che era a letto, gli dissi: ‘Giuseppe, figlio, io mi spavento’. E come apro quella stanza, ché ci si corica mia sorella là, io vedo mio figlio, quella visione mi è rimasta in mente».
il manifesto affisso sui muri di Cinisi
dagli amici di Peppino
La mattina del 9 maggio 1978 viene trovato il corpo sbriciolato di Peppino. Felicia dopo alcuni giorni di smarrimento decide di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio. Una decisione che nelle sue intenzioni doveva servire anche per proteggere Giovanni, il figlio che le era rimasto e che, al contrario, in questi anni si è impegnato assieme alla moglie (anche lei Felicia), per avere giustizia per la morte di Peppino. Felicia ricorda: «Gli dissi: ‘Tu non devi parlare. Fai parlare me, perché io sono anziana, la madre, insomma non mi possono fare come possono fare a te’». Per questa decisione ha dovuto fare ancora una volta una scelta radicale, rompere con i parenti del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla giustizia.
Al contrario, da allora Felicia ha aperto la sua casa a tutti coloro che volevano conoscere Peppino. Le delusioni, quando sembrava che non si potesse ottenere nulla, e gli acciacchi di un’età che andava avanzando non l’hanno mai piegata. Al processo contro Badalamenti (fortemente voluto da lei e dal figlio Giovanni), venuto dopo 22 anni, con l’inchiesta chiusa e riaperta più volte grazie anche all’impegno di alcuni compagni di Peppino e del Centro a lui intitolato, con il dito puntato contro l’imputato e con voce ferma lo ha accusato di essere il mandante dell’assassinio. Badalamenti è stato condannato, come pure è stato condannato il suo vice.
Entrambi sono morti, e Felicia, che aveva sempre detto di non volere vendetta ma giustizia, a chi le chiedeva se aveva perdonato rispondeva che delitti così efferati non possono perdonarsi e che Badalamenti non doveva ritornare a Cinisi neppure da morto. E il giorno in cui i rappresentanti dellaCommissione parlamentare antimafia le hanno consegnato la Relazione, in cui si dice a chiare lettere che carabinieri e magistrati avevano depistato le indagini, esprime la sua soddisfazione: «Avete risuscitato mio figlio». 

Felicia ha accolto sempre con il suo sorriso tutti, in quella casa che soltanto negli ultimi tempi, dopo un film che ha fatto conoscere Peppino al grande pubblico, si riempiva, quasi ogni giorno, di tanti, giovani e meno giovani che desideravano incontrarla. Rendendola felice e facendole dimenticare i tanti anni in cui a trovarla andavano in pochi e a starle vicino erano pochissimi. E ai giovani diceva: «Tenete alta la testa e la schiena dritta».
Muore il 7 dicembre 2004 nella sua casa a Cinisi.

martedì 10 maggio 2016

La storia della mamma Felicia Impastato questa sera su RaiUno: “Quella donna ha saputo distinguere la giustizia dalla vendetta”

Giovanni , il fratello di Peppino Impastato aveva scritto una dura lettera ad Antonio Campo Dall’Orto, direttore della Rai, in merito all’intervista a Riina junior, tanto da essere sul punto di negare l'autorizzazione alla messa in onda del film sulla madre Felicia. Successivamente, la la scelta di acconsentire: La storia di mia madre non era conosciuta nei particolari. Questo film lancia un messaggio forte a quei ragazzi e a quelle persone che ancora non conoscevano Peppino Impastato. In questo momento così difficile per il nostro Paese ne avevamo proprio bisogno”.

Fonte: il Fatto Quotidiano


Peppino Impastato, la storia della mamma Felicia su RaiUno: “Quella donna ha saputo distinguere la giustizia dalla vendetta”

Si fa presto a dire “lotta alla mafia” ma quando nasci a Cinisi negli anni Settanta, sposi un mafioso e chi abita a cento passi da casa tua ti uccide un figlio, hai solo due strade: la ritorsione o la giustiziaLa mamma di Peppino Impastato ( leggi qui quanto abbiamo scritto ieri) ha scelto la seconda.  A 38 anni da quel suo “io vendette non ne voglio”,Matteo Levi con la coproduzione di “Rai Fiction” ha scelto di far conoscere al grande pubblico quella donna fiera e coraggiosa, con il film “Felicia Impastato” in onda martedì 10 in prima visione su Rai Uno.
La fiction, diretta dal regista Francesco Albano, presentata in anteprima alla Camera dei Deputati nei giorni scorsi, ha il pregio di lanciare un messaggio attuale: contro gli uomini della mafia a vincere è una donna che di fronte alle ante chiuse dei cittadini conniventi al potere mafioso spalanca la porta della sua casa, decide di non fermarsi davanti allo straziante dolore del luttoma sceglie la strada della legalità.
La figura di Felicia, ben interpretata da Lunetta Savino, da premiare in primis per il tentativo di mantenere lo stretto slang siciliano della mamma di Impastato, emerge nella maniera più fedele possibile, frutto di un lungo lavoro – come ha spiegato il regista – di incontri con i parenti, gli amici, i nipoti. Il film è una storia in cui ritrovarsi: chi, siciliano e non, ha conosciuto di persona mamma Felicia, riconoscerà le sue parole, quel suo “Io zitta non ci sto per questo devo andare fino in fondobisbigliato tante volte ai giovani che l’hanno incontrata prima di quell’11 aprile 2002 quando Gaetano Badalamenti è stato condannato.
Peppino Impastato
Per nulla scontata anche la scelta di registrare le scene a Palermo e a Cinisi (ottima la fotografia di Andrea Locatelli), dove la storia quei cento passi, ancora oggi, non sono stati compiuti da tutti. Il film  “Felicia Impastato” di Albano con la sceneggiatura diretta da Monica Zapelli e Diego De Silva, restituisce agli italiani un pezzo di storia che ha come protagonisti uomini e donne cui gli italiani devono molto: i magistrati Costa, Chinnici, uccisi dalla mafia come il giornalista Mario Francese; Antonino Caponnetto che ebbe l’intelligenza di “archiviare” il caso per permetterne poi la riapertura nel momento giusto e Franca Imbergamo (interpretata con molta delicatezza da Barbara Tabita), che, come nella realtà, incontra Chinnici da giovane studentessa per poi trovarsi anni dopo sulla scrivania il caso “Impastato”.
A lei che oggi lavora alla procura nazionale antimafia si deve la condanna di Badalamenti: “Il messaggio di Felicia è bellissimo: quella donna – spiega Franca Imbergamo - ha sempre cercato giustizia e ha saputo distinguerla dalla vendetta. L’unico ricordo vero di quella storia per me resta il suo ringraziamento, quando abbiamo concluso il processo a Badalamenti, perché non era rivolto a me ma alle istituzioni sane che le avevano restituito fiducia in questo Stato. Non intendo partecipare al coro scandalizzato di chi oggi scopre che anche nel mondo dell’antimafia c’erano comportamenti discutibili.L’antimafia è un universo complesso, eviterei ogni generalizzazione e ogni bagno di retorica. Le persone perbene si possono riconoscere da quello che fanno e i cialtroni da quello che dicono. La storia di Peppino è un ottima cartina di tornasole per comprendere cosa dev’essere l’impegno antimafia, quanti rischi di strumentalizzazione possa correre e quanto possa essere in alcuni momenti difficile portare fino in fondo la ricerca della verità e della giustizia”.
mamma Felicia e Giovanni Impastato
Matteo Levi, che per Rai Fiction aveva già prodotto il film su Ambrosoli, è riuscito a centrare l’obiettivo: “La vita di quella donna è di grande modernità e contemporaneità. Ci sono personaggi in Italia che non sono ricordati ma che bisogna assolutamente raccontare e far conoscere ad un pubblico più ampio. Capisco le iniziali perplessità di Giovanni di mettere in onda il film sulla stessa rete che ha trasmesso quell’intervista di Vespa ma allo stesso tempo lo stesso fratello ha compreso che questa era una storia che andava raccontata per mostrare chi sono le vittime della mafia, i testimoni veri”. 
Un entusiasmo davvero condiviso da Impastato che, in merito all’intervista a Riina junior aveva scritto una dura lettera ad Antonio Campo Dall’Orto, direttore della Rai: La storia di mia madre non era conosciuta nei particolari. Questo film lancia un messaggio forte a quei ragazzi e a quelle persone che ancora non conoscevano Peppino Impastato. In questo momento così difficile per il nostro Paese ne avevamo proprio bisogno”.

lunedì 9 maggio 2016

La notte del 9 maggio 1978: la notte di Aldo Moro e di Peppino Impastato

Una data lega l'assassinio di due uomini: Aldo Moro e Peppino Impastato. Il primo ucciso dalle Brigate Rosse, il secondo ucciso da Cosa Nostra. Uccisi nella stessa "notte buia dello stato italiano", alle prime ore del 9 maggio 1978




dal film "I cento passi": il discorso do Salvo Vitale a radio Aut 
annuncia la morte di Peppino

Così si canta la canzone dei Modena City Ramb: 
"(...) Era una notte buia dello stato italiano, quella del 9 maggio '78
la notte di Via Caetani e il corpo di Aldo Moro 
l'alba dei funerali di uno stato



Lo scorso anno avevamo scritto che lo spirito di questo Paese non è cambiato, anzi, forse è peggiorato. Il mistero, la verità sull'uccisione di Aldo Moro non si è rivelato ancora oggi bisogna trovare il coraggio di gridare quello per cui è stato ucciso Peppino Impastato:"La mafia è una montagna di merda".

Peppino e il coraggio di sua madre Felicia
Il coraggio lo ebbe sin da quella notte del 9 maggio 1978 Felicia Bartolotta, la mamma di Peppino, quando ai carabinieri che dicevano che Peppino si era "suicidato" lei ribatteva che no, non era suicidio: " A Peppino l'ha ucciso la mafia!"
Felicia Bartolotta Impastato, la mamma di Peppino.
 
La mafia l'ha ucciso a quel Peppino che mostrava, a chi non voleva vedere, cosa stavano facendo del suo paese:
l'ampliamento dell'aeroporto, i miliardi della droga e quella speculazione edilizia dei "signori del cemento" che avrebbe cambiato per sempre l'immagine della Sicilia e dell'Italia intera.
La mafia l'ha ucciso a quel Peppino che non aveva paura di fare nomi e cognomi. Nomi di mafiosi e nomi di politici amici dei mafiosi!
Sua madre, Felicia, suo fratello Giovanni, sua cognata Felicetta, gli amici Salvo Vitale e Umberto Santino, diventano i custodi della memoria di Peppino e per anni si batteranno per ottenere verità e giustizia, continuando a fare i nomi. I nomi: prima di tutto quello di Tano Badalamenti, il “tano seduto” preso in giro da Peppino dai microfomni di Radio Aut; il boss di Cinisi che ordina l'assassinio di Peppino Impastato . Tano Badalamenti: quello il nome che verrà urlato dal palco del primo comizio tenuto due giorni dopo la scoperta del cadavere di Peppino.
Ma nessuno dà credito a Felicia. Solo il magistrato Rocco Chinnici crede a quella donna minuta e risoluta. Chinnici riprende in mano le carte, cerca i riscontri contro la “verità falsa” del suicidio. Ma Il 29 luglio 1983 Chinnici viene ucciso in un attentato. Ed ecco che un'altra donna entra in scena: si chiama Francesca Imbergamo, studentessa di Giurisprudenza che diventa magistrata contagiata dalla passione civile di Rocco Chinnici, il suo eroe.  E' lei a riaprire i faldoni, è Francesca che tenta di riannodare i fili. Sono due donne a chidere giustizia e a ottenerla: Felicia e Francesca. 
Dopo due archiviazioni (nel 1984 e nel 1992), nell´aprile del 1995 l´indagine viene riaperta e il 25 ottobre del 2000 Felicia Impastato entra nell’aula di tribunale per guardare in faccia, in videoconferenza, Gaetano Badalamenti, già detenuto negli Stati uniti per traffico di droga. Il´11 aprile 2002 Tano Badalamenti è condannato all´ergastolo per l'assassinio di Peppino Impastato.  
Felicia Bartolotta aveva 85 anni: "Ora tutti sanno qual è la verità. Ora aspetto la condanna di Badalamenti e poi posso anche morire». Felicia Bartolotta Impastato è morta il 10 dicembre 2004 all'età di 88 anni

"La mafia è una montagna di merda"
"La mafia è una montagna di merda!" E' necessario trovare ancora oggi il coraggio di gridarlo a chi si è abituato a quelle facce, a chi vorrebbe che tutti ci abituassimo a quelle facce e al puzzo della "montagna di merda", al puzzo del compromesso morale, della convenienza , ai tanti misteri che soffocano la Giustizia di questo paese, misteri custoditi dal sigillo del Potere.
O ci basterà la vuota retorica della commemorazione, del ricordo? Ce la faremo bastare, quella retorica vuota, per giustificare la "legalità sostenibileche abbiamo costruita a nostra misura affinchè non ci faccia troppo male e non ci costringa troppo? Quella legalità di comodo di cui parla tante volte don Ciotti. "A nostra insaputa...", " ...e poi, sai, occore fare i conti con la realtà..."
Continueremo a  ricacciare indietro la verità con queste ed altre frasi e troveremo ancora la giustificazione comoda per atti, omissioni e reticenze?
Oppure cominceremo davvero a "fare memoria", ad avere il coraggio e la coerenza necessarie affinchè le cose accadute non abbiano più a ripetersi, affinchè si metta in atto l'insegnamento di coloro che, come in un triste rosario, continuiamo a snocciolarne nomi, date di nascita e di morte prematura?
Che non siano state morti inutili!...Noi non ce lo siamo dimenticati a Peppino

Il discorso della Montagna - dialogo dal film " I cento passi"


Peppino Impastato e Salvo Vitale, dall’alto di Monte Pecoraro,  guardando l’aeroporto di Punta Raisi, dopo la costruzione della terza pista:
PEPPINO: Sai cosa penso? 

SALVO : Cosa? 

PEPPINO: Che questo aereoporto in fondo non è brutto... Anzi 

SALVO (ride) : Ma che dici?! 
PEPPINO: Visto così, dall'alto ... uno sale qua e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre ... che è ancora più forte dell’uomo. Invece non è così. .. in fondo tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte poi trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere! Fanno 'ste case schifose, con le finestre di alluminio, i muri di mattoni vivi ... mi stai seguendo?


SALVO: Ti sto seguendo

PEPPINO:... 
 i balconcini... la gente poi ci va ad abitare, ci mette le tendine, i gerani, la televisione ... e dopo un po' tutto fa parte del paesaggio. C'è, esiste! ... nessuno si ricorda più di com'era prima. Non ci vuole niente a distruggerla la bellezza ... 

SALVO:  Ti ho capito...E allora?

PEPPINO: E allora invece della lotta politica, la
 coscienza di classe, le manifestazioni e tutte 'ste fesserie ... bisognerebbe ricordare alla gente cos'è la bellezza. Insegnargli a riconoscerla. A difenderla. Capisci? 

SALVO: ( perplesso) La bellezza…

PEPPINO: Sì, la bellezza. È importante la bellezza. Da quella scende giù tutto il resto.