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venerdì 2 marzo 2018

Salvatore Borsellino e la lezione negata, nascosta, di suo fratello Paolo Borsellino.

Lo scorso lunedì 26 febbraio 2018 , a Pinerolo, la testimonianza di Salvatore Borsellino a fare memoria del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della scorta uccisi nella strage di Via D'Amelio: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Eddie Valter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio TrainaA Salvatore Borsellino è stata  pure consegnata la pergamena della Cittadinanza Onoraria di Pinerolo a Nino Di Matteo. Il giudice Nino Di Matteo, lo ricordiamo, ha condotto a Palermo il processo sulla cosiddetta "trattativa Stato-mafia". Un processo "nascosto" all'opinione pubblica, un processo nel quale sono emersi elementi e coinvolgimenti inquietanti,  comprovanti una sorta di "patto" tra mafiosi e uomini delle istituzioni, patto al quale si sarebbe opposto il giudice Paolo Borsellino. 

Lo scandalo dell'uccisione di Paolo Borsellino costituisce una delle pagine fra le più vergognose del nostro Paese. Nell'ultima passeggiata sul lungomare di Carini il ricordo  di Agnese Piraino Leto, la moglie del giudice, è preciso: "Ricordo perfettamente che il sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini senza essere seguiti dalla scorta. In tale circostanza, Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere". 

Questo lo scandalo, fra gli altri, che pesa sulla storia del nostro Paese.

Tutti noi dovremmo avvertire quindi il debito morale che abbiamo nei confronti di uomini quali Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, le loro famiglie. Salvatore Borsellino è il fondatore del Movimento Agende Rosse, presenti all'incontro anche con la referente regionale Carmen Duca, e continua coraggiosamente la battaglia per ottenere Verità e Giustizia per una vicenda drammatica che getta ombre oscure anche sul nostro presente. Sono in molti a ritenere che l'agenda rossa di Paolo Borsellino -agenda scomparsa dalla borsa del giudice- contenesse appunti, nomi e circostanze che hanno permesso, a coloro che ne sono in possesso, di costruire quel sistema di ricatti e relazioni sulle cui fondamenta si regge  il sistema di intrecci vergognosi  fra mafie e "mala-politica".
Ma come ha detto e scritto Salvatore Borsellino: "(...)il sogno di Paolo non morirà mai, perché era soltanto un sogno d’amore. E non potranno mai intentare una bomba che uccida l’amore". Ed il sogno di Paolo Borsellino era davvero un sogno d'amore: quello di farci comprendere come tutti noi, ognuno per quello che può e quello che sa, possiamo contribuire a costruire un Paese più bello e più giusto. 
Un sogno d'amore" che ha emozionato i tanti giovani  che hanno partecipato all'incontro. 




La lezione di Paolo Borsellino
Guardando alla situazione della classe politica italiana, si comprende perchè uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino dovessero essere "eliminati", affinchè fosse possibile vivere i giorni che viviamo. Le mafie nascono e prosperano sulle "relazioni" che queste sono in grado di intrecciare con "pezzi" delle istituzioni e le mafie italiane, 'ndrangheta in testa, non sono mai state così ricche e potenti. Eppure, nella campagna elettorale che si sta per concludere le parole mafie-corruzione sono state opportunisticamente scansate dall'intera classe politica italiana. Nessun accenno, nessun impegno concreto contro mafie e corruzione (facce della stessa medaglia) è stato sventolato neppure dalle "maschere dell'antimafia" che affollano i palcoscenici della politica; cosicché indagati, impresentabili, opportunisti, sono presenti nelle liste elettorali dei partiti politici. Ricordiamolo sempre: mafiosi e amici dei mafiosi votano ma, soprattutto, fanno votare!
La lezione di Paolo Borsellino è stata quaindi cancellata, oscurata. La "lezione" a cui si facciamo riferimento è quella che il giudice Paolo Borsellino tenne davanti ai ragazzi dell'Istituto Tecnico Professionale di Bassano del Grappa, il 26 gennaio 1989. 


“(...) L'equivoco su cui spesso si gioca  è questo: si dice 'quel politico era vicino ad un mafioso', 'quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto'. 
E no! questo ragionamento non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: 'beh... Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest'uomo è mafioso'. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: 'questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto'. Ma, dimmi un po, tu non ne conosci gente che é disonesta ma non é mai stata condannata perché non ci sono le prove per condannarlo, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe quantomeno indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati.”

lunedì 26 febbraio 2018

Questa sera a Pinerolo Salvatore Borsellino racconta "Il sogno di Paolo"

Questa sera , alle ore 20.30, al Teatro Incontro , Salvatore Borsellino racconta "Il sogno di Paolo". Lo scorso anno Salvatore Borsellino così scriveva: (...)Venticinque anni e nelle orecchie ancora la voce di mia madre che dice a me e a mia sorella Rita, mentre ancora ha nello orecchie il boato dell’esplosione che le portava via il figlio, “Andate dappertutto, dovunque vi chiamano, a parlare del sogno di Paolo, fino a che qualcuno parlerà di Paolo e del suo sogno vostro fratello non sarà morto. 
Venticinque anni e nel cuore una sola certezza: che il sogno di Paolo non morirà mai, perché era soltanto un sogno d’amore. E non potranno mai intentare una bomba che uccida l’amore»”.
Fra i sogni di Paolo Borsellino c'era certamente quello di rendere più giusta la sua terra, la Sicilia, e l'Italia, il paese nel quale si trovava a vivere la sua esperienza di uomo e giudice onesto. Qualcuno ha detto di Paolo Borsellino, come di Giovanni Falcone, e dei tanti che hanno sacrificato la loro stessa vita per rendere questo paese più giusto: "non eroi ma un esempi". Esempi, "maestri di vita" Paolo Borsellino come Giovanni Falcone, che tante lezioni hanno ancora da trasmettere alle nostre coscienze.
Intiamo a partecipare all'incontro di questa sera: "Il Sogno di Paolo"

Lo scorso anno Salvatore Borsellino: «Venticinque anni, ed è come se fosse successo solo ieri.Venticinque anni, la voce di mia moglie che mi chiama e mi dice: “Corri perché stanno dicendo alla televisione di un attentato a Palermo”. Ed io che non ho bisogno di correre perché da 57 giorni tutti sappiamo quello che sarebbe successo.Venticinque anni e un volo verso Palermo che dura quanta una vita, con la speranza che quelle notizie non siano vere, che mio fratello sia ancora vivo. E invece all’arrivo la voce di mia madre, al telefono, che mi dice: “Tuo fratello è morto”.




Venticinque anni ed è come se fosse successo solo ieri, venticinque anni e le ferite che continuano a sanguinare, venticinque anni ed è come se tutti gli orologi si fossero fermati con le lancette su quell’ora del 19 luglio, come l’orologio nella sala d’aspetto della stazione di Bologna si fermò a segnare l’ora in cui tante vite erano state spezzate su quel treno.
Venticinque anni e i ricordi di milioni di persone si sono fermati come cristallizzati sulla scena di quello che stavano facendo in quel giorno e a quell’ora, un ricordo fermo, immobile, che non potrà mai essere cancellato.
Venticinque anni e non puoi più dimenticare, perché tuo fratello è andato in guerra ma ad ucciderlo non è stato il fuoco del nemico che era andato a combattere, ma il fuoco di chi stava alle sue spalle, di chi avrebbe dovuto proteggerlo, di chi avrebbe dovuto combattere insieme a lui.
Venticinque anni e non c’è tempo per piangere, non è tempo di lacrime perché é solo tempo di combattere per la Verità e per la Giustizia, per quella Giustizia che viene invece irrisa, vilipesa, calpestata da un depistaggio durato per l’arco di ben tre processi. Un depistaggio ordito da pezzi deviati dello Stato, ma avallato da magistrati che se ne sono resi complici, che avrebbero dovuto rigettarlo tanto era inverosimile che potesse essere stato affidato ad un balordo di quartiere il compito di uccidere Paolo Borsellino.(...)Venticinque anni e nelle orecchie ancora la voce di mia madre che dice a me e a mia sorella Rita, mentre ancora ha nello orecchie il boato dell’esplosione che le portava via il figlio, “Andate dappertutto, dovunque vi chiamano, a parlare del sogno di Paolo, fino a che qualcuno parlerà di Paolo e del suo sogno vostro fratello non sarà morto”.
Venticinque anni, e non so quanti anni ancora per obbedire, fino all’ultimo giorno della mia vita, al giuramento fatto a mia madre.
Venticinque anni e nel cuore una sola certezza: che il sogno di Paolo non morirà mai, perché era soltanto un sogno d’amore. E non potranno mai intentare una bomba che uccida l’amore».

venerdì 5 settembre 2014

Che cosa è la trattativa? Quello che ci hanno detto i mafiosi? O quello che non ci hanno detto i politici? “

Due giorni orsono, al Festival del Cinema di Venezia è stato presentato - fuori concorso- l'ultimo film-documentario di Sabina Guzzanti : " La trattativa". 

Attilio Bolzoni (giornalista):Di cosa si parla quando si parla di trattativa? Delle concessioni dello Stato alla mafia in cambio della cessazione delle stragi? Di chi ha assassinato Falcone e Borsellino? Dell’eterna convivenza fra mafia e politica? Fra mafia e Chiesa? Fra mafia e forze dell’ordine? O c’è dell’altro?(...) Vanno in scena gli episodi più rilevanti della vicenda nota come "trattativa Stato-mafia", tra mafiosi, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, vittime e assassini, massoni, persone oneste e coraggiose e persone coraggiose fino a un certo punto.
È la lunga cronaca dell'estate più infame di Palermo che s'intreccia con misteri di Stato passati e futuri, tutti gli avvenimenti ordinati con puntiglio uno dietro l'altro senza aggiungere o togliere nulla, senza mai lasciarsi sopraffare dalle vicende esclusivamente giudiziarie o nell'inseguire tesi di questo e quell'altro magistrato. I fatti, solo i fatti - spesso mai negati persino dagli stessi protagonisti trascinati davanti a una Corte d'Assise per rispondere di "attentato a corpo politico dello Stato" - raccolti in un'ora e 40 minuti che alla fine lasciano senza fiato.
 Il film della Guzzanti comincia e finisce con una domanda seguita da altre due domande. Che cosa è la trattativa? Quello che ci hanno detto i mafiosi? O quello che non ci hanno detto i politici?".
Sabina Guzzanti ( non solo "attrice"): "(...) Mi sono chiesta come sarebbe l'Italia di oggi se quella trattativa non ci fosse stata, dopo le stragi del 1992 c'era la possibilità di cambiare e invece oggi noi abbiamo gli stessi imprenditori di trenta anni fa, abbiamo i rappresentanti del capitalismo più imbarazzante d'Europa e ancora le mafie più potenti d'Europa. (...) Purtroppo quelli che racconto sono fatti realmente accaduti, verificati più di mille volte nel lavoro di riscontro che ho fatto insieme agli esperti di questa materia. In Italia dagli anni Novanta in poi ci siamo abituati ad aspettare i risultati di un processo prima di poter parlare di qualcosa, ma non è che finché non si trovano i responsabili penali di un fatto, l'opinione pubblica non può venirne a conoscenza. Sulla mancata perquisizione del covo di Riina c'è poco da fare, è andata così; c'era la possibilità di venire a sapere i nomi di tutti i collaboratori della mafia nel mondo politico e imprenditoriale e si è vanificata questa possibilità. Lo stesso Borsellino in una celebre intervista ( n.d.c.s.: la lezione che P. Borsellino tenne a bassano del Grappa nel 1989) diceva che non è che se un politico ( sul quale gravano pesanti indizi) viene assolto vuol dire che è innocente, ma che non sono state trovate prove per condannarlo. L'opinione pubblica però dalla conoscenza di alcuni fatti può trarre le sue conclusioni".(...)Nell'apprendere certe cose e nell'approfondire queste questioni ho avuto momenti di paura e di depressione - conclude Guzzanti - ho pensato le solite cose che pensiamo tutti: me ne vado, che ci sto a fare qui? Ma lo scopo del film era mettere in grado tutti, anche chi non legge il giornale tutti i giorni o non lo legge mai, di capire quei fatti che hanno cambiato il corso della nostra democrazia. Le istituzioni italiane hanno sempre avuto paura della democrazia e hanno finito per scegliere sempre un'altra strada con qualcuno che si prende la responsabilità di prendere decisione per noi, per il bene del paese. Il film dice che se non ci fosse stata questa trattativa il nostro sarebbe stato un paese migliore e forse oggi avremmo ancora Falcone e Borsellino". 
la locandina del film ha suscitato reazioni e discussioni
Come scrive Attilio Bolzoni su La Repubblica "(...) il film  ha già acceso discussioni dopo soli due minuti di trailer e dopo l'apparizione di quel logo che raffigura lo stemma della Repubblica italiana con al centro - al posto della tradizionale stella - un uomo nero con coppola e lupara, entra nelle pieghe più oscure di un'Italia che da sempre sopravvive fra patti e ricatti". 
Le discussioni, le reazioni "sdegnate, sull'icona del mafioso raffigurato nella locandina paiono davvero, ancora una volta, come tentativi maldestri di coloro che si ergono presti a difendere quegli anfratti del Potere oscuro su cui il film cerca di far luce;  la vecchia storia degli stolti che, anzichè guardare alla Luna, fissano inebetiti il dito che indica la Luna.

Scrive ancora A.Bolzoni: "La trattativa" spiega tutto con ordine. Chi vuole può capire, può anche intuire che i personaggi presentati non sono gli unici ad avere avuto a che fare con quegli accordi. Ci sono complici rimasti nell'ombra". 
Quanto è accaduto pare voler mostrare qualcosa di ancor più grave: ci pare di comprendere che continua ad essere vivo  quel patto  scellerato  fra "pezzi" del potere che domina l'Italia e che, come abbiamo detto più volte, si manifesta nell'intreccio forte, evidente e acclacrato, della famigerata triade: "cosche-cricche-caste". 
Le mafie, lo sappiamo bene (lo sa Sabina Guzzanti) , non sono più da un pezzo "l'uomo in coppola e lupara" ritratto nella locandina del film della Guzzanti: le mafie (cosche-cricche-caste) sono "relazioni" e capitali da ripulire  ed investire in attività redditizie; sono speculazioni immobiliari e finanziarie, attività imprenditoriali  per le quali  poco stimabili professionisiti, professori, mala-politica,  creano maschere di legalità;  sono nella gestione degli appalti pubblici; sono nell'affare sempiterno del Sistema Sanitario nazionale;  sono nelle cosiddette "grandi opere"... 
E allora lo scandalo vero di questa Italia, un paese dove le stragi - da Portella delle Ginestre- sono servite "a pezzi" del Potere per difendere e preservare se stesso ,  non risiede forse nella complicità  continua fra mala-politica e mafie, laddove questo intreccio consente ad alcuni esponenti di primo piano di quel sodalizio di sedere nelle aule parlamentari italiane a stabilire regole e dettami ad una intera nazione? 

martedì 2 settembre 2014

Don Luigi Ciotti: le minacce di Riina contro la giustizia e la dignità del nostro Paese.




le minacce di Totò Riina a Don Luigi Ciotti arrivano dopo le minacce al giudice Nino Di Matteo. Manifestazioni di solidarietà a Luigi Ciotti sono giunte questa volta persino dalle più alte cariche dello Stato. Quelle stesse alte cariche che non le ritennero invece dovute nei confronti di Nino Di Matteo, uno dei giudici impegnati nel processo sulla trattativa Stato-mafia e al cui fianco don Luigi Ciotti fu tra i primi a schierarsi con parole chiare che qui ricordiamo. 

Pertanto, a nostro parere, bene fa don Luigi Ciotti a scansare la "solidarietà scontata" richiamando invece tutti quanti - politica e società - alle proprie responsabilità.

Alla politica l'onere di produrre atti concreti e coerenti contro le mafie, atti che non siano frutti scadenti di "accordi sottobanco fra i partiti". Così si espresse testualmente Luigi Ciotti in un incontro con la comunità di Roletto ( To) nei giorni che precedevano formulazioni di leggi  quali quella del 416/ter.

Alla società civile ( e responsabile!)  l'onere di una presa di coscienza sempre rinviata: per comodità , per opportunismo, per convenienza.

Sottolineamo alcune delle parole di don Luigi Ciotti: "(...) Le mafie sanno fiutare il pericolo. Sentono che l'insidia, oltre che dalle forze di polizia e da gran parte della magistratura, viene dalla ribellione delle coscienze, dalle comunita' che rialzano la testa e non accettano piu' il fatalismo, la sottomissione, il silenzio. (...) La politica deve pero' sostenere di piu' questo cammino. La mafia non e' solo un fatto criminale, ma l'effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune .(...)

". 



fonte: Liberainformazione

Le minacce di Riina sono rivolte a tutte le persone impegnate per la giustizia e la dignità

di Luigi Ciotti il L'analisi

Le minacce di Totò Riina dal carcere sono molto significative. Non sono infatti rivolte  solo a Luigi Ciotti, ma a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza.

Solo un “noi” – non mi stancherò di dirlo – può opporsi alle mafie e alla corruzione. Libera è cosciente dei suoi limiti, dei suoi errori, delle sue fragilità, per questo ha sempre creduto nel fare insieme, creduto che in tanti possiamo fare quello che da soli è impossibile.
Le mafie sanno fiutare il pericolo. Sentono che l’insidia, oltreche dalle forze di polizia e da gran parte della magistratura, viene dalla ribellione delle coscienze, dalle comunità che rialzano la testa e non accettano più il fatalismo, la sottomissione, il silenzio.
Queste minacce sono la prova che questo impegno è incisivo, graffiante, gli toglie la terra da sotto i piedi. Siamo al fianco dei famigliari delle vittime, di chi attende giustizia e verità, ma anche di chi, caduto nelle reti criminali, vuole voltare pagina, collaborare con la giustizia, scegliere la via dell’onestà e della dignità. Molti famigliari vanno nelle carceri minorili dove sono rinchiusi anche ragazzi affiliati alle cosche.
La politica deve però sostenere di più questo cammino. La mafia non è solo un fatto criminale, ma l’effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune.
Ci sono provvedimenti urgenti da intraprendere e approvare senza troppe mediazioni e compromessi. Ad esempio sulla confisca dei beni, che èun doppio affronto per la mafia, come anche le parole di Riina confermano. Quei beni restituiti a uso sociale segnano un meno nei bilanci delle mafie e un più in quelli della cultura, del lavoro, della dignità che non si piega alle prepotenze e alle scorciatoie.
Lo stesso vale per la corruzione, che è l’incubatrice delle mafie. C’è una mentalità che dobbiamo sradicare, quella della mafiosità, dei patti sottobanco, dall’intrallazzo in guanti bianchi, dalla disonestà condita da buone maniere. La corruzione sta mangiando il nostro Paese, le nostre speranze! Corrotti e corruttori si danno manforte per minimizzare o perfino negare il reato. Ai loro occhi è un’azione senza colpevoli e dunque senza vittime, invece la vittima c’è, eccome: è la società, siamo tutti noi.
Per me l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi. Alsuo richiamarci a una “fame e sete di giustizia” che va vissuta apartire da qui, da questo mondo.
Riguardo don Puglisi – che Riina cita e a cui non oso paragonarmi perché sono un uomo piccolo e fragile – un mafioso divenuto collaboratore di giustizia parlò di “sacerdoti che interferiscono”. Ecco io mi riconosco in questa Chiesa che “interferisce”, che non smette di ritornare – perché è lì che si rinnova la speranza -al Vangelo, alla sua essenzialità spirituale e alla suaintransigenza etica.
Una Chiesa che accoglie, che tiene la porta aperta a tutti, anche a chi, criminale mafioso, è mosso da un sincero, profondo desiderio di cambiamento, di conversione.
Una Chiesa che cerca di saldare il cielo alla terra, perché, come ha scritto il Papa Francesco: «Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo».

giovedì 3 aprile 2014

"Anche noi siamo con Nino Di Matteo". La fotografia, la nona

Al Liceo Scientifico "M. Curie" di Pinerolo  la nona fotografia a sostegno di Nino Di Matteo.

Anche agli studenti più giovani abbiamo fatto conoscere la lettera aperta con la quale  don Luigi Ciotti, lo scorso 14 novembre 2013,   ha espresso la vicinanza di Libera  al giudice Nino Di Matteo e agli altri giudici che conducono il processo sulla “trattativa”, minacciati di morte da Totò Riina. 
Anche noi del presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo, accogliendo le parole di don Luigi Ciotti, vogliamo manifestare a favore Nino Di  Matteo e agli altri giudici. Pertanto,  dopo aver letto la lettera di don Ciotti,  chiediamo agli studenti che condividono quelle parole di scattare una fotografia. Questa è la nona fotografia



Lettera aperta di don Luigi Ciotti a Nino Di Matteo

CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale. È un problema più profondo, anche culturale e sociale. Una questione che non sarebbe ancora cosi grave se a contrastare le mafie ci fossero stati, oltre alla magistratura e alle forze di polizia, la coscienza pulita e l`impegno della maggior parte degli italiani. Questa coscienza e questo impegno, lentamente e faticosamente si sono negli anni moltiplicati. 
Devi dunque sapere caro Nino, anche se qualcuno—mafiosi o complici dei mafiosi — continua a minacciare e lanciare messaggi inquietanti, che oggi tu e tutti gli altri magistrati siete meno soli. Che minacciare voi vuoi dire minacciare tanti di noi, tanti italiani, che nei più vari ambiti si sono messi in gioco. Cittadini che non si limitano a scendere in piazza, a indignarsi o commuoversi, ma che hanno scelto di muoversi, di trasformare il loro "no" alle mafie in un impegno quotidiano per la democrazia, per la libertà e la dignità di tutti. Le luci non nascondono però le molte ombre. In tanti ambiti prevale ancora l`indifferenza o una semplice e facile risposta emotiva. Anche la politica non sempre ha saputo affrontare la questione con la pulizia morale e il respiro necessario: pensiamo solo ai troppi compromessi che hanno impedito un`adeguata riforma della legge sulla corruzione e ai patti sottobanco. Lo Stato, tutto lo Stato, deve proteggere se stesso e i suoi cittadini. Ma negli ultimi tempi, come molti segnali lasciano intendere, le mafie — indisturbate nei suoi livelli più alti: economia, finanza, appalti, affari—hanno approfittato per organizzarsi in silenzio. 
Quelle minacce dall`interno di un carcere dicono perciò una verità imbarazzante: se nell`ambito repressivo e giudiziario importanti risultati sono stati ottenuti, sul versante del contrasto politico e sociale c`è ancora molta strada da fare. Perché di una cosa dobbiamo essere certi: sconfiggeremo le mafie solo quando sapremo colmare le disuguaglianze sociali che permettono il loro proliferare. Le mafie non vanno solo inseguite: vanno prevenute. Prevenzione vuoi dire anche realizzare la condizione di dignità e di libertà responsabile prevista dalla Costituzione, il primo e più formidabile dei testi antimafia.Altrimenti, nello scarto fra le parole e i fatti, continuerà a insinuarsi la più pericolosa e subdola delle mafie: quella della corruzione, del privilegio e dell`abuso di potere. A te un forte abbraccio da parte mia e dalle oltre 1600 realtà associate a Libera.
Luigi Ciotti

lunedì 17 marzo 2014

"Anche noi siamo con Nino Di Matteo". La fotografia, l'ottava

Proseguono gli incontri. Alla Scuola Media "F. Brignone", plesso Abbadia Alpina, l'ottava fotografia a sostegno di Nino Di Matteo.

Anche le professoresse con le quali abbiamo condotto il progetto didattico, all'interno della Scuola  media "F. Brignone"di Pinerolo, plesso dell'Abbadia Alpina , hanno voluto esprimerre la loro vicinanza  al giudice Nino Di Matteo e agli altri giudici che conducono il processo sulla “trattativa”, minacciati di morte da Totò Riina. 
Questa è l'ottava  fotografia

Lettera aperta di don Luigi Ciotti a Nino Di Matteo

CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale. È un problema più profondo, anche culturale e sociale. Una questione che non sarebbe ancora cosi grave se a contrastare le mafie ci fossero stati, oltre alla magistratura e alle forze di polizia, la coscienza pulita e l`impegno della maggior parte degli italiani. Questa coscienza e questo impegno, lentamente e faticosamente si sono negli anni moltiplicati. 
Devi dunque sapere caro Nino, anche se qualcuno—mafiosi o complici dei mafiosi — continua a minacciare e lanciare messaggi inquietanti, che oggi tu e tutti gli altri magistrati siete meno soli. Che minacciare voi vuoi dire minacciare tanti di noi, tanti italiani, che nei più vari ambiti si sono messi in gioco. Cittadini che non si limitano a scendere in piazza, a indignarsi o commuoversi, ma che hanno scelto di muoversi, di trasformare il loro "no" alle mafie in un impegno quotidiano per la democrazia, per la libertà e la dignità di tutti. Le luci non nascondono però le molte ombre. In tanti ambiti prevale ancora l`indifferenza o una semplice e facile risposta emotiva. Anche la politica non sempre ha saputo affrontare la questione con la pulizia morale e il respiro necessario: pensiamo solo ai troppi compromessi che hanno impedito un`adeguata riforma della legge sulla corruzione e ai patti sottobanco. Lo Stato, tutto lo Stato, deve proteggere se stesso e i suoi cittadini. Ma negli ultimi tempi, come molti segnali lasciano intendere, le mafie — indisturbate nei suoi livelli più alti: economia, finanza, appalti, affari—hanno approfittato per organizzarsi in silenzio. 
Quelle minacce dall`interno di un carcere dicono perciò una verità imbarazzante: se nell`ambito repressivo e giudiziario importanti risultati sono stati ottenuti, sul versante del contrasto politico e sociale c`è ancora molta strada da fare. Perché di una cosa dobbiamo essere certi: sconfiggeremo le mafie solo quando sapremo colmare le disuguaglianze sociali che permettono il loro proliferare. Le mafie non vanno solo inseguite: vanno prevenute. Prevenzione vuoi dire anche realizzare la condizione di dignità e di libertà responsabile prevista dalla Costituzione, il primo e più formidabile dei testi antimafia.Altrimenti, nello scarto fra le parole e i fatti, continuerà a insinuarsi la più pericolosa e subdola delle mafie: quella della corruzione, del privilegio e dell`abuso di potere. A te un forte abbraccio da parte mia e dalle oltre 1600 realtà associate a Libera.
Luigi Ciotti

"Anche noi siamo con Nino Di Matteo" La fotografia, la settima.

Proseguono gli incontri. Alla Scuola Media "F. Brignone", plesso Abbadia Alpina, la settima fotografia a sostegno di Nino Di Matteo.

Anche agli studenti più giovani abbiamo fatto conoscere la lettera aperta con la quale  don Luigi Ciotti, lo scorso 14 novembre 2013,   ha espresso la vicinanza di Libera  al giudice Nino Di Matteo e agli altri giudici che conducono il processo sulla “trattativa”, minacciati di morte da Totò Riina. Anche noi del presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo, accogliendo le parole di don Luigi Ciotti, vogliamo manifestare a favore Nino Di  Matteo e agli altri giudici. Pertanto,  dopo aver letto la lettera di don Ciotti,  chiediamo agli studenti che condividono quelle parole  di scattare una fotografia. Questa è la settima fotografia

Lettera aperta di don Luigi Ciotti a Nino Di Matteo

CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale. È un problema più profondo, anche culturale e sociale. Una questione che non sarebbe ancora cosi grave se a contrastare le mafie ci fossero stati, oltre alla magistratura e alle forze di polizia, la coscienza pulita e l`impegno della maggior parte degli italiani. Questa coscienza e questo impegno, lentamente e faticosamente si sono negli anni moltiplicati. 
Devi dunque sapere caro Nino, anche se qualcuno—mafiosi o complici dei mafiosi — continua a minacciare e lanciare messaggi inquietanti, che oggi tu e tutti gli altri magistrati siete meno soli. Che minacciare voi vuoi dire minacciare tanti di noi, tanti italiani, che nei più vari ambiti si sono messi in gioco. Cittadini che non si limitano a scendere in piazza, a indignarsi o commuoversi, ma che hanno scelto di muoversi, di trasformare il loro "no" alle mafie in un impegno quotidiano per la democrazia, per la libertà e la dignità di tutti. Le luci non nascondono però le molte ombre. In tanti ambiti prevale ancora l`indifferenza o una semplice e facile risposta emotiva. Anche la politica non sempre ha saputo affrontare la questione con la pulizia morale e il respiro necessario: pensiamo solo ai troppi compromessi che hanno impedito un`adeguata riforma della legge sulla corruzione e ai patti sottobanco. Lo Stato, tutto lo Stato, deve proteggere se stesso e i suoi cittadini. Ma negli ultimi tempi, come molti segnali lasciano intendere, le mafie — indisturbate nei suoi livelli più alti: economia, finanza, appalti, affari—hanno approfittato per organizzarsi in silenzio. 
Quelle minacce dall`interno di un carcere dicono perciò una verità imbarazzante: se nell`ambito repressivo e giudiziario importanti risultati sono stati ottenuti, sul versante del contrasto politico e sociale c`è ancora molta strada da fare. Perché di una cosa dobbiamo essere certi: sconfiggeremo le mafie solo quando sapremo colmare le disuguaglianze sociali che permettono il loro proliferare. Le mafie non vanno solo inseguite: vanno prevenute. Prevenzione vuoi dire anche realizzare la condizione di dignità e di libertà responsabile prevista dalla Costituzione, il primo e più formidabile dei testi antimafia.Altrimenti, nello scarto fra le parole e i fatti, continuerà a insinuarsi la più pericolosa e subdola delle mafie: quella della corruzione, del privilegio e dell`abuso di potere. A te un forte abbraccio da parte mia e dalle oltre 1600 realtà associate a Libera.
Luigi Ciotti

"Anche noi siamo con Nino Di Matteo". La fotografia, la sesta.

Proseguono gli incontri. Alla Scuola Media "F. Brignone", plesso Abbadia Alpina, la sesta fotografia a sostegno di Nino Di Matteo.

Anche agli studenti più giovani abbiamo fatto conoscere la lettera aperta con la quale  don Luigi Ciotti, lo scorso 14 novembre 2013,   ha espresso la vicinanza di Libera  al giudice Nino Di Matteo e agli altri giudici che conducono il processo sulla “trattativa”, minacciati di morte da Totò Riina. Anche noi del presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo, accogliendo le parole di don Luigi Ciotti, vogliamo manifestare a favore Nino Di  Matteo e agli altri giudici. Pertanto,  dopo aver letto la lettera di don Ciotti,  chiediamo agli studenti che condividono quelle parole  di scattare una fotografia. Questa è la sesta fotografia


Lettera aperta di don Luigi Ciotti a Nino Di Matteo

CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale. È un problema più profondo, anche culturale e sociale. Una questione che non sarebbe ancora cosi grave se a contrastare le mafie ci fossero stati, oltre alla magistratura e alle forze di polizia, la coscienza pulita e l`impegno della maggior parte degli italiani. Questa coscienza e questo impegno, lentamente e faticosamente si sono negli anni moltiplicati. 
Devi dunque sapere caro Nino, anche se qualcuno—mafiosi o complici dei mafiosi — continua a minacciare e lanciare messaggi inquietanti, che oggi tu e tutti gli altri magistrati siete meno soli. Che minacciare voi vuoi dire minacciare tanti di noi, tanti italiani, che nei più vari ambiti si sono messi in gioco. Cittadini che non si limitano a scendere in piazza, a indignarsi o commuoversi, ma che hanno scelto di muoversi, di trasformare il loro "no" alle mafie in un impegno quotidiano per la democrazia, per la libertà e la dignità di tutti. Le luci non nascondono però le molte ombre. In tanti ambiti prevale ancora l`indifferenza o una semplice e facile risposta emotiva. Anche la politica non sempre ha saputo affrontare la questione con la pulizia morale e il respiro necessario: pensiamo solo ai troppi compromessi che hanno impedito un`adeguata riforma della legge sulla corruzione e ai patti sottobanco. Lo Stato, tutto lo Stato, deve proteggere se stesso e i suoi cittadini. Ma negli ultimi tempi, come molti segnali lasciano intendere, le mafie — indisturbate nei suoi livelli più alti: economia, finanza, appalti, affari—hanno approfittato per organizzarsi in silenzio. 
Quelle minacce dall`interno di un carcere dicono perciò una verità imbarazzante: se nell`ambito repressivo e giudiziario importanti risultati sono stati ottenuti, sul versante del contrasto politico e sociale c`è ancora molta strada da fare. Perché di una cosa dobbiamo essere certi: sconfiggeremo le mafie solo quando sapremo colmare le disuguaglianze sociali che permettono il loro proliferare. Le mafie non vanno solo inseguite: vanno prevenute. Prevenzione vuoi dire anche realizzare la condizione di dignità e di libertà responsabile prevista dalla Costituzione, il primo e più formidabile dei testi antimafia.Altrimenti, nello scarto fra le parole e i fatti, continuerà a insinuarsi la più pericolosa e subdola delle mafie: quella della corruzione, del privilegio e dell`abuso di potere. A te un forte abbraccio da parte mia e dalle oltre 1600 realtà associate a Libera.
Luigi Ciotti

Anche noi siamo con Nino Di Matteo. La fotografia, la quinta

Proseguono gli incontri. Alla Scuola Media "F. Brignone", plesso Abbadia Alpina, la quinta fotografia a sostegno di Nino Di Matteo.

Anche agli studenti più giovani abbiamo fatto conoscere la lettera aperta con la quale  don Luigi Ciotti, lo scorso 14 novembre 2013,   ha espresso la vicinanza di Libera  al giudice Nino Di Matteo e agli altri giudici che conducono il processo sulla “trattativa”, minacciati di morte da Totò Riina. Anche noi del presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo, accogliendo le parole di don Luigi Ciotti, vogliamo manifestare a favore Nino Di  Matteo e agli altri giudici. Pertanto,  dopo aver letto la lettera di don Ciotti,  chiediamo agli studenti che condividono quelle parole  di scattare una fotografia. Questa è la quinta fotografia

Lettera aperta di don Luigi Ciotti a Nino Di Matteo

CARO Nino Di Matteo, devi sapere che non sei solo, che tutti voi a Palermo, e in ogni angolo d`Italia, non sarete mai più soli. Dalla stagione delle stragi è cresciuta nel nostro paese la consapevolezza che la questione delle mafie non è solo di natura criminale. È un problema più profondo, anche culturale e sociale. Una questione che non sarebbe ancora cosi grave se a contrastare le mafie ci fossero stati, oltre alla magistratura e alle forze di polizia, la coscienza pulita e l`impegno della maggior parte degli italiani. Questa coscienza e questo impegno, lentamente e faticosamente si sono negli anni moltiplicati. 
Devi dunque sapere caro Nino, anche se qualcuno—mafiosi o complici dei mafiosi — continua a minacciare e lanciare messaggi inquietanti, che oggi tu e tutti gli altri magistrati siete meno soli. Che minacciare voi vuoi dire minacciare tanti di noi, tanti italiani, che nei più vari ambiti si sono messi in gioco. Cittadini che non si limitano a scendere in piazza, a indignarsi o commuoversi, ma che hanno scelto di muoversi, di trasformare il loro "no" alle mafie in un impegno quotidiano per la democrazia, per la libertà e la dignità di tutti. Le luci non nascondono però le molte ombre. In tanti ambiti prevale ancora l`indifferenza o una semplice e facile risposta emotiva. Anche la politica non sempre ha saputo affrontare la questione con la pulizia morale e il respiro necessario: pensiamo solo ai troppi compromessi che hanno impedito un`adeguata riforma della legge sulla corruzione e ai patti sottobanco. Lo Stato, tutto lo Stato, deve proteggere se stesso e i suoi cittadini. Ma negli ultimi tempi, come molti segnali lasciano intendere, le mafie — indisturbate nei suoi livelli più alti: economia, finanza, appalti, affari—hanno approfittato per organizzarsi in silenzio. 
Quelle minacce dall`interno di un carcere dicono perciò una verità imbarazzante: se nell`ambito repressivo e giudiziario importanti risultati sono stati ottenuti, sul versante del contrasto politico e sociale c`è ancora molta strada da fare. Perché di una cosa dobbiamo essere certi: sconfiggeremo le mafie solo quando sapremo colmare le disuguaglianze sociali che permettono il loro proliferare. Le mafie non vanno solo inseguite: vanno prevenute. Prevenzione vuoi dire anche realizzare la condizione di dignità e di libertà responsabile prevista dalla Costituzione, il primo e più formidabile dei testi antimafia.Altrimenti, nello scarto fra le parole e i fatti, continuerà a insinuarsi la più pericolosa e subdola delle mafie: quella della corruzione, del privilegio e dell`abuso di potere. A te un forte abbraccio da parte mia e dalle oltre 1600 realtà associate a Libera.
Luigi Ciotti