Felicia Impastato, la mamma, e la foto di Peppino |
... All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con
tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta
facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e
presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il
solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per
questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e
donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre
vivi la curiosità e lo stupore ". Peppino Impastato
Peppino non si arrese mai, nè all'omertà nè alla rassegnazione.
"Sai contare? E allora conta e cammina!"
Sono passati 35 anni dalla notte del 9 maggio 1978, la notte in cui Peppino Impastato venne ucciso, fatto a pezzi dalla "montagna di merda".
Ma il suo invito risuona ancora. Oggi più che mai, l'invito di Peppino Impastato a difendere la Bellezza è diventato l'imperativo per chi vuole cambiare le sorti di questo paese, un paese devastato nella sua Bellezza così come nella sua Etica. Ma la storia di Peppino Impastato e di mamma Felicia non è morta. La storia di Peppino, così come altre storie, continueranno a camminare con le nostre gambe se avremo il coraggio "di cambiare".
fonte: La Repubblica
Ma il "caso
Impastato" non è chiuso
di ATTILIO
BOLZONI
S'indaga ancora, dopo
trentacinque anni. Su depistaggi, carte sparite, testimoni scomparsi. Quello
che sembrava un esemplare delitto di mafia, forse nasconde qualche altro movente
e qualche altro mandante. Il "caso Impastato" non è chiuso, destinato
per sempre agli archivi. Ci sono troppo indizi che raccontano un'altra storia
sull'uccisione di Peppino.
Basta cominciare da ciò che
abbiamo sempre avuto sotto gli occhi: la scena del crimine. I binari, il
"terrorista" steso in mezzo al sua sangue e ai frammenti della sua
bomba. Quando avevano ucciso così i boss, in Sicilia? Mai. La scena del
crimine - decisamente inconsueta per un omicidio di mafia -
a rivederla anche dopo tanto tempo sembra più un'"operazione" di tipo
militare che una vendetta di Cosa Nostra.
E poi l'inchiesta contraffatta,
fin dalle prime battute, per sostenere la tesi dell'attentato finito male. Una
sentenza scritta in fretta: Peppino Impastato "morto sul lavoro",
mentre metteva bombe. L'hanno "suicidato" tutti già quella notte il
ragazzo di Cinisi. Tutti. Magistrati. Carabinieri. Testi mendaci. Un
inquinamento investigativo così imponente (e sincronizzato) che non sembra
giustificare - ora come allora - la copertura di un mafioso così
importante come era Tano Badalamenti, il re della droga, un bovaro diventato
ricco come un creso con l'eroina mandata in America.
Come è finita, si sa: don Tano è stato condannato all'ergastolo per l'uccisione
di Peppino Impastato moltissimi anni dopo. Ma forse, forse è stata fatta
giustizia solo a metà. Forse in quel delitto di Cinisi, fra la notte dell'8 e
del 9 maggio 1978, si può scorgere adesso una di quelle "convergenze di
interessi" fra Cosa Nostra e altri poteri che hanno segnato tante altre
vicende siciliane. S'indaga ancora su Peppino, dopo trentacinque anni.
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