domenica 2 febbraio 2020

“In Piemonte la mafia è liquida e nessuna città ne è immune”

Dedichiamo la riflessione del procuratore generale Francesco Saluzzo agli amministratori locali, a quelli coraggiosi e a quelli "somarelli"; alle "maschere dell'antimafia da palcoscenico"; ai cittadine e cittadini responsabili e alle associazioni che si impegnao ad essere "sentinelle del territorio".

Dedichiamo al riflessione ai primi, agli amministratori locali coraggiosi, (sindaci, assessori, consiglieri, dirigenti, ecc....) come ad esempio Matilde Casa che hanno il coraggio di compiere politiche e azioni coraggiose a favore del bene lungimirante delle loro comunità (leggi qui ).
Ma la dedichiamo anche, soprattutto, agli amministratori "somarelli e asinelli" (sindaci, assessori, consiglieri, dirigenti, ecc....) chè ignorano -o fanno finta di ignorare- la realtà che li circonda. A volte, spesso, sono proprio loro, gli amministratori locali ("asinelli e somarelli") che favoriscono l'infiltrazione e la silenziosa presenza di mafie e "pensiero mafiaoso " nell'ambito delle nostre comunità, appoggiando caparbiamente (!) azioni che sono palesemente lontane dal perseguire il bene lungimirante delle comunità (ma che mirano ad agevolare meri interessi speculativi). Una presenza silenziosa, quella delle mafie e del "pensiero mafioso", addirittura "invisibile", opportunistica, perchè votata a conseguire "vantaggi e "affari" i quali "vanno in porto" ancor meglio quando la situazione è (sembra!) calma, tranquilla.
Eppure lo sappiamo bene e ce lo ricordava Giancarlo Caselli nella sua requisitoria al processo Minotauto: "Pecunia non olet ( i soldi non hanno odore) (...)La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi”, ha spiegato, “ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo(leggi qui).

Dedichiamo la riflessione del procuratore Saluzzo, e la memoria della requisitoria  di Giancarlo Caselli nell'ambito del "processo Minotauro", anche alle "maschere dell'antimafia da palcoscenico" per le quali "tacere e sopire" pare essere stato l'ordine sottaciuto a cui obbedire, utile forse per ottenere poi immeritati vantaggi.

Infine, dedichiamo la riflessione del procuratore Saluzzo alle cittadine e i cittadini responsabili e alle associazioni che ancora si impegnano a provare ad essere "sentinelle del territorio", senza altro fine che l'impegno disinteressato a favore delle comunità: la riflessione del procuratore Francesco Saluzzo non può che costituire un significativo sprone a non demordere , a "non arrendersi mai", come ci insegna Rita Atria.




Fonte. "La Stampa"

02.02.2020

Saluzzo: “In Piemonte la mafia è liquida e nessuna città ne è immune” . Giuseppe Legato

Inaugurazione Anno Giudiziario, il discorso del procuratore generale  ripercorre gli ultimi allarmi-criminalità. Deplorazione per le vicissitudini del Csm e una frecciata per le polemiche dell’avvocatura

TORINO. «Di fronte alle consorterie mafiose si registra in molti casi una certa neutralità del territorio e delle sue componenti sociali che hanno nei confronti di questi personaggi un atteggiamento spesso ambiguo, altre volte di soggezione altre ancora purtroppo, come le indagini hanno dimostrato, un’accettazione e una condivisione di fini e strumenti criminali». Per aprire l’anno giudiziario 2020 il procuratore generale Francesco Saluzzo ha rimesso al centro del villaggio la cosa che, prima di diventare un «direttivo» degli uffici giudiziari molto ascoltato anche a livello nazionale, ha fatto per tutta la vita e senza sconti: la lotta alla mafia.
Mafia liquida Che nasce da un dato di fatto ormai inoppugnabile. E cioè: «Non vi è porzione del nostro territorio che sia rimasta immune dalla penetrazione mafiosa». Torino (e cintura) fu la prima con Minotauro, poi il basso Piemonte (Alessandria), Vercelli, Asti, Santhia. L’operazione Carminius ha colpito infine l’asse Moncalieri-Carmagnola fino al Cuneese.
È una mafia moderna. Saluzzo la definisce «trasparente, liquida che più raramente uccide, ma che ha volto il proprio orizzonte operativo agli affari, agli investimenti, al condizionamento dei rappresentanti del potere politico che però, spesso, da condizionati diventano coassociati». 
Ma è anche una mafia «che più della politica, dello Stato, delle imprese ha realizzato una sorta di unità d’Italia – ha detto il pg citando un giornalista – saldando il Nord e il Sud più di quanto non abbiano fatto altri». I numerosi arresti degli scorsi anni non bastano. Da qui l’appello alla magistratura e alle forze di polizia «affinché tengano alto il livello investigativo poiché è noto che le nuove generazioni siano pronte per prendere il posto di quelli che vengono neutralizzati».
L’affondo sulle correnti
Al netto del forte richiamo a un nuovo senso di responsabilità sulle mafie da parte degli attori sociali, è stato il tema del Csm – con la sua tribolata estate – ad arricchire l’intervento di Saluzzo. Che – com’è suo costume – non le ha mandate a dire. Spiegando che «per vero, si è disvelato quel che tutti sapevano frutto del peso e dell’influenza degli apparati e delle correnti che hanno fortemente condizionato molte scelte del Csm». La vicenda legata allo scandalo Palamara «ha creato sconcerto e sfiducia nell’opinione pubblica, ma ancora di più in noi magistrati». Cosa siano diventati quei gruppi «nati per una spontanea aggregazione di magistrati attorno a un’idea» è presto detto: «Si sono trasformati in un meccanismo di potere e di influenza ingaggiando una gara per ottenere la maggiore rappresentatività possibile ed esercitare il proporzionale potere di pressione a tutti i livelli».
La difesa di Davigo
Nei giorni scorsi si sono registrate varie iniziative critiche dell’avvocatura torinese milanese, nei confronti di una serie di dichiarazioni a mezzo stampa del consigliere del Csm Piercamillo Davigo. «Ho trovato molto grave quel tentativo di intimidire Davigo (e non perché io condivida tutto quel che dice) esponendolo ad una sorta di damnatio affinchè venisse allontanato da Milano», sottolinea Saluzzo.
E aggiunge: «Ho letto vari comunicati delle camere penali e mi è venuto in mente che il tono non era dissimile da quello che abbiamo visto – deprecabile e inaccettabile – negli ultimi giorni. Voleva essere una citofonata?». Da qui l’invito all’avvocatura «con la quale condividiamo tanti valori e tante esigenze comuni». Ovvero: «trovare un terreno comune di incontro: il dibattito è fisiologico, le barricate no. E come dice un vecchio proverbio indiano, se ci si vuole stringere la mano non si possono offrire i pugni». Saluzzo ha, poi, ringraziato «la stampa che ci segue e ci sprona nel nostro lavoro anche con critiche che accettiamo e ne facciamo uso, anche per verificare se siano fondate».