sabato 6 aprile 2013

La giornata di ieri in Italia: cittadini si tolgono la vita per difendere la loro Dignità; "la politica" garantisce seggi e cariche a "soliti noti"

All'indomani dell'Operazione Minotauro,  l'operazione che "svelò" l'esistenza della 'ndrangheta in Piemonte, fece scalpore  l’appello inusuale lanciato dal Procuratore di Torino Gian Carlo Caselli al mondo della politica , affinché questa evitasse di arroccarsi in una difesa aprioristica di personaggi e meccanismi ambigui e sapesse invece emarginare e rigettare quelle situazioni, prima ancora che arrivino l’azione e la sentenza della Magistratura, giacchè “(…) la Magistratura è solo notaio del passato”. Riportiamo testualmente altre parole pronunciate dal procuratore Caselli in quella conferenza stampa dell’8 giugno  2011, a poche ore dal termine dell’Operazione Minotauro: “Stupisce ed amareggia che ci siano numerosi casi singoli che riguardano politici e amministratori usi ad intrattenere rapporti di affari e di scambio con persone riconducibili all’enturage mafioso. Nella città in cui Bruno Caccia è stato ucciso che ci siano personaggi disposti a trescare con i mafiosi è inaccettabile"
L'appello di Gian Carlo Caselli , lo sappiamo, è caduto nel vuoto!
Ne abbiamo avuto ulteriore riprova nella giornata di ieri quando,  mentre la classe politica italiana ha mostrato il viso ipocritamente contrito dinanzi ai cadaveri di tre cittadini italiani che si sono tolti la vita -per difendere la loro Dignità e la vergogna di una povertà che oramai è stata relegata "a colpa"- "Il Fatto" riportava la notizia riguardante Fabrizio Bertot,  sindaco di Rivarolo Canavese, comune sciolto per infiltrazioni mafiose. Quanto riportato dall'articolo è "legale": Fabbrizio Bertot non è indagato per i fatti e le parole intercettate. Ma ci chiediamo quanto sia giusto! Ci chiediamo quanto sia giusto che la politica italiana accetti e giustifichi atti e persone che altrove avrebbero carriere politiche e sociali stroncate ( per molto meno).  Il quesito, è chiaro,  non riguarda solo Fabrizio Bertot. 
Perché non suscita scandalo quanto affermava Gian Carlo Caselli? "(...) politici e amministratori usi ad intrattenere rapporti di affari e di scambio con persone riconducibili all’enturage mafioso". 

Fonte : Il Fatto Quotidianiano

Il suo comune fu sciolto per mafia, ex sindaco acciuffa poltrona a Bruxelles

Nel 2009 Fabrizio Bertot (Pdl) aveva ottenuto circa 19mila voti. Intanto la Procura di Torino e i carabinieri stavano osservando i movimenti di alcuni sospetti ‘ndranghetisti della zona, arrestati nel giugno 2011 nell’ambito dell’operazione Minotauro

Parlamento Europeo

Tra quelle persone c’era anche Antonino Battaglia, il segretario comunale di Rivarolo. Su cui pendono accuse pesanti: concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Secondo gli inquirenti, per ottenere il sostegno della “rete dei calabresi” al sindaco Bertot, Battaglia ha promesso -insieme all’imprenditore Giovanni Macrì- venti mila euro al boss Giuseppe Catalano
L’11 marzo scorso durante il processo “Minotauro” l’ex sindaco stesso, chiamato come testimone, ha raccontato l’episodio alla corte: “Il sostegno di Battaglia alla mia attività politica partì come una cosa scherzosa: siccome ostentava le sue origini, gli chiesi di occuparsi dei calabresi, visto che sul nostro territorio ci sono molte famiglie che fanno comunità. Fu poi lui a presentarmi Macrì”. Ha però negato di sapere qualcosa sulla richiesta di ventimila euro che sarebbero stati versati da Battaglia a Catalano per ottenere il supporto. Due settimane dopo è stato l’ex segretario a raccontare ai giudici i contatti con gli esponenti della criminalità prima delle elezioni: “Macrì mi comunicò che c’era un conoscente (Giovanni Iaria, ndr) che voleva dare una mano a Bertot. Io comunicai al mio sindaco che c’era la possibilità di dare una mano in campagna elettorale e lui diede l’assenso. Con Giovanni Iaria ci siamo trovati il 24 maggio a casa di Giovanni Macrì per un aperitivo col sindaco e alcuni loro conoscenti. Iaria disse che lui aveva tanti conoscenti imprenditori nella cintura di Torino e che poteva organizzare un pranzo per Bertot”.
È il boss Catalano a organizzare tutto: nelle intercettazioni risultano i contatti con alcuni esponenti della ‘ndrangheta per invitarli al pranzo (rigorosamente a base di “pesce stocco”) nel suo “Bar Italia” a Torino il 27 maggio 2009. “Vieni a farmi da interprete”, disse Bertot a Battaglia stando alla testimonianza di quest’ultimo. Durante l’incontro gli investigatori registrano il sindaco di Rivarolo dare istruzioni per il voto e dire: “Io vi ringrazio di tutto quello che state facendo, ma soprattutto per quello che farete”.  Due giorni dopo il pranzo nel bar a Battaglia arrivò una richiesta: Iaria gli disse che il boss voleva “un fondo spese da 20mila euro”. “Mi sembrava strano – ha continuato durante la sua testimonianza -. Non avrebbero dovuto chiederli a me, ma a Bertot. Sono rimasto allibito. Quindi il 30 maggio sono andato a chiarire la mia posizione con lui. Ho detto che non ero abituato a pagare voti”. Il boss insistette e l’imprenditore Macrì, intercettato, disse: “I ventimila euro li tira fuori il sindaco e se non li tira fuori lui li tiro fuori io”.



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