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giovedì 25 settembre 2014

Fenomenologia di una calabrizzazione: “La ‘ndrangheta di casa nostra"

Numerose, oramai quotidiane, sono le inchieste giudiziarie e giornalistiche che fanno emergere e mostrano quanto sia diffuso -anche nel Nord Italia- il processo di "calabrizzazione" a cui fa riferimento l'articolo che proponiamo di seguito: Di poche ore fa l'ultima operazione nei confronti della 'ndrangheta in Toscana ed Emilia Romagna
In Piemonte, addirittura viviamo ancora le vicende del Processo Minotauro dal quale sono usciti i nomi e le vicende di insospettabili, di "opportunisti", così li defini Gian Carlo Caselli nella sua requisitoria, che non hanno alcun interesse a denunciare mafie e mafiosi. Questi, intrattenendo rapporti non "penalmente perseguibili", hanno trovato modo e tempo per tornare presto alla ribalta grazie ai partiti di appartenenza e alla  sostanziale ignavia della cosiddetta "società civile", che mai come in questo caso si è dimostrata "poco responsabile"
Facile profezia si era dimostrata quella di affermare i che i mali della Calabria,  così come quelli della Sicilia e della Campania, per citare le terre storicamente pervase dal sistema mafioso, potevano rappresentare "un rischio" per l'Italia intera se non fossero cambiati sostanzialmente i valori culturali di riferimento della nostra società
Sembrava evidenza  storica affermare che lo stato  di decadimento economico in cui versano parti importanti delle terre prima menzionate ha causa certa e provata nella criminalità che, in connubio con la mala-politica,  governa e domina su quei territori. Proprio il mantenimento di uno "stato di bisogno" è la fonte primaria del potere di stampo mafioso! Oggi lo spiegano, vanamente, anche insigni economisti: un sistema corrotto allontana e preclude "sviluppo e futuro" vero, reale e sostenibile.
Le mafie , lo ricordiamo sempre , sono il mezzo più sicuro ed efficace per ottenere ciò che non ci si merita: un sistema fondato anzitutto sull'ingiustizia! Quel che è peggio, come affermò Antonio Ingroia,  è che quei metodi si sono diffusi e vengono utilizzati anche da chi non si può considerare mafioso in senso stretto. 
Cosicchè quelli che venivano considerati "veniali" atti di malcostume,  si sono rivelati essere il primo atto di complicità e accondiscendenza ad un sistema clientelare e di tipo mafioso: il "favore" richiesto  o ottenuto dal potente di turno, anzicchè la rivendicazione di un Diritto da conquistare dopo che si è adempiuto ad un Dovere; la “raccomandazione” che ci permette di occupare un ruolo senza esserne all'altezza e a danno di altri che -per capacità e preparazione- avrebbero meritato più di noi quella posizione; il  "voto" l'arma politica di noi cittadini  ridotta "a merce" quando il voto, anzichè essere libera espressione delle convinzioni politiche di ciascuno,  viene comprato, venduto, barattato,  con la promessa ( l'illusione?) di un posto di lavoro o per la conquista dei tanti privilegi di cui gode la classe politica dirigente di questo paese; l'esistenza  stessa di quei "privilegi" che dovrebbero costituire scandalo -di per sè - in uno stato che si dica civile e democratico!
Comportamenti di "tipo mafioso", mero esercizio di  "potere", hanno provocato la degenerazione e il decadimento di una intera comunità-nazione. Così trova una possibile spiegazione la palese mediocrità di una parte della “classe dirigente” del paese: una spirale perversa che porta all'elezione di personaggi  il cui scopo è ben lontano dal voler amministrare il "bene pubblico" a favore della collettività. 
Alla luce di certi fatti e di certe cronache se una  "unificazione" dell'Italia è avvenuta, questa è avvenuta purtroppo nel radicamento delle dinamiche e dei modi indotti dalle organizzazioni criminali colluse con la mala-politica 
L'articolo che proponiamo dal Blog di Guido Cavalli è quindi l'ennesima dimostrazione di come 'ndrangheta e cosa nostra ( la mafia siciliana) siano oramai a "casa nostra"! 
Emilia Romagna compresa!... E proprio nel paese che fu teatro della famosa saga fra Don Camillo e Beppone, i due personaggi inventati da Guareschi nel secondo dopoguerra e che incarnarono quel confronto-scontro fra "destra e sinistra" fondato -almeno sullo schermo- sui valori dell'onestà e del buona fede! A vedere la situazione di oggi, viene da dire: "Altri tempi!,signora Maria!"...Altro secolo! Altri uomini! 
Come dice Leporello nel Don Giovanni di Mozart "(...) il catalogo è questo!"
Del resto, lo ricordiamo sempre , le mafie "votano! e , soprattutto, "fanno votare"! pertanto, l'appartenenza del politico mostrato nel filmato è davvero poco rilevante giacchè fatti e cronache hanno dimostrato che le mafie non fanno distinzioni partitiche e non hanno "preferenze" politiche. Le mafie sono, da tempo, una sorta di società di servizi e stringono alleanze e rapporti con coloro che vogliono avvalersi " di quei servizi"!

Fonte: Blog di Giulio Cavalli

Fenomenologia di una calabrizzazione

Prendetevi qualche minuto per guardare la prima parte di questo documentario dalla webtv Cortocircuito, parte del loro ultimo documentario “La ‘ndrangheta di casa nostra. Radici in terra emiliana“. I ragazzi intervistano il sindaco di Brescello Marcello Coffrini (PD);Il primo cittadino parla della realtà locale negando che ci siano “mai state denunce per estorsione o ricettazione”. E poi descrive come “una persona educata e composta” Francesco Grande Aracri, boss condannato in via definitiva per mafia nel 2008, soggetto a regime di sorveglianza speciale e considerato il punto di riferimento dell’ndrangheta in Emilia. 
La troupe di giovani studenti e giornalisti si fa accompagnare da Coffrini sui terreni sequestrati alla famiglia (beni per 3 milioni di euro). Subito vengono raggiunti da un furgoncino che chiede spiegazioni e poi dallo stesso Aracri. Il sindaco si apparta con il boss per spiegare la situazione e tornato in macchina spiega: “E’ lui Francesco Grande Aracri. E’ gentilissimo, molto tranquillo. Parlando con lui si ha la sensazione di tutto tranne che sia quello che dicono che sia. Lui è uno molto composto ed educato che ha sempre vissuto a basso livello. La famiglia qui ha un’azienda che adesso è riuscita a ripartire: fanno i marmi. Mi fa piacere che siano ripartiti”.

mercoledì 24 luglio 2013

Anche Don Ciotti si pronuncia sul testo dell'art. 416-ter: "Procacciamento?..."

Don Ciotti: "Procacciamento? Speriamo che ci sia al Senato lo scatto di unire le forze per modificare questa parola che aprirebbe ambiguità nell'applicazione della legge. Lotta alla mafia si fa in Parlamento". 
Altre voci si aggiungono ai timori espressi da Roberto Saviano, Raffaele Cantore, Rosaria Capacchione, Felice Casson, e provocati dalle anticipazioni del  testo di legge sull'art. 416-ter. 
Per completezza di informazione, riportiamo il commento di Giulio Cavalli, attore -ora anche consigliere regionale milanese- che vive da anni sotto-scorta per le ripetute minacce ricevute dalle  cosche.


Fonte: Blog di Giulio Cavalli

Esultare un po’ meno per il nuovo 416 ter contro il voto di scambio mafioso

Sento tutto intorno un certo fremito vittorioso per il nuovo testo sul voto di scambio politico mafioso. E’ vero che in questi anni tutti abbiamo contestato la vecchia norma del 1992 che prevedeva lo scambio di denaro per configurare il reato; consapevoli che difficilmente un politico offre denaro liquido per acquistare pacchetti di voti dalla criminalità organizzata quanto piuttosto una serie di regalìe attraverso appalti e consulenze (rimane la storica prestazione dell’Assessore della Regione Lombardia Zambetti che invece stabilì un prezzo per ogni voto, incapace com’era anche di fare il para-mafioso oltre che il buon politico).
Il superamento del solo elemento del denaro (in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità, nel nuovo articolo di legge) è sicuramente un grande passo avanti ma lascerei perdere, per ora, le grandi manifestazioni di giubilo.
Hanno ragione i magistrati che si soffermano sull’avverbio “consapevolmente”:
Il perché è presto detto. Quel “consapevolmente” comporta che l’inchiesta giudiziaria debba dimostrare l’effettiva “consapevolezza” dello scambio. La parola “procacciare” sostituisce l’originaria “promessa” che rendeva assai meglio il momento iniziale dello scambio. Critico anche il riferimento alle modalità del 416-bis perché ciò comporta un’azione violenta che potrebbe non esserci. Infine la pena, quei 10 anni anziché i 12 del 416-bis, col rischio che processi in corso per reati associativi – come Cosentino, Ferraro e Fabozzi a Napoli – vedano gli avvocati chiedere la riqualificazione del reato con un ricasco negativo sulla prescrizione.
I boss non fanno mai (tranne in rarissimi casi) campagna elettorale in prima persona, ed è quasi impossibile dimostrare che un elettore si è venduto il voto o ha votato sotto pressione. I clan sanno benissimo che dimostrare un voto comprato, condizionato, scambiato è impresa quasi impossibile per gli inquirenti, i quali invece, grazie alle intercettazioni e alle dichiarazioni dei pentiti, spesso riescono a provare che un patto è stato realmente stipulato tra boss e politico. E questo è il punto attorno a cui deve fondarsi una norma antimafia sullo scambio dei voti.
Siccome si è  atteso oltre vent’anni per modificare la norma – ed è difficile che una legge approvata possa poi essere di nuovo a breve modificata – quello che tutti auspichiamo è che non un qualsiasi nuovo testo dell’art. 416 ter sia varato ma che quello che sarà scelto sia davvero in grado di bloccare il turpe mercato del voto mafioso.
Io esulterei un po’ meno, in modo più composto per un’opportunità che andrebbe colta. Mica moderata.