"LA VERITA' VIVE"
Rita Atria è nata il 4 settembre 1974 a Partanna, in
provincia di Trapani, figlia di Vito Atria, un boss della mafia locale. Rita ha solo 17 anni quando, dopo
l’uccisione del padre e del fratello Nicola, nel novembre del 1991 decide di seguire
l’esempio della cognata, Piera Aiello, denunciando i segreti che le erano stati
confidati dallo stesso Nicola.
Nasce così il particolare rapporto di fiducia col Procuratore della Repubblica
di Marsala, il giudice Paolo Borsellino il quale, per Piera e Rita, diventerà lo
“zio Paolo”. Sarà Paolo Borsellino a far trasferire
Rita e Piera Aiello a Roma, sotto falsa identità, per meglio proteggerle dalla vendetta dalle cosche.
Il giorno dopo la strage di via D'Amelio, Rita scrive nel suo diario nel diario le parole che costituiscono il suo
testamento spirituale, parole che da allora -come abbiamo spesso detto- si impongono alla riflessione di
ognuno:
"(…)Ora che è morto
Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita …Prima di
combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver
sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei
tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.
Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta. "
Nonostante l'affetto e la vicinanza di Piera Aiello, con Paolo Borsellino muore anche “la
speranza" del cambiamento possibile che Rita Atria aveva riposto nel giudice. "Un'altra delle mie stelle è volata via., me l'hanno strappata dal cuore". Queste sono le parole che Rita confiderà singhiozzando a Piera, dopo aver appreso della morte del giudice e degli agenti della sua scorta, le parole riportate dal Piera Aiello nel suo libro "Maledetta mafia"
Sabato 25 luglio 1992. Rita aveva deciso di restare a Roma e non seguire Piera che ha bisogno di andare in Sicilia: tornare per rivedere la madre e cercare di attenuare in qualche modo l'angoscia della morte dello "zio paolo". All'aereoporto, improvvisamente Rita dice a Piera: "Io non parto".
Sabato 25 luglio 1992. Rita aveva deciso di restare a Roma e non seguire Piera che ha bisogno di andare in Sicilia: tornare per rivedere la madre e cercare di attenuare in qualche modo l'angoscia della morte dello "zio paolo". All'aereoporto, improvvisamente Rita dice a Piera: "Io non parto".
E' il pomeriggio del 26 luglio 1992, la domenica successiva alla
strage di via D'Amelio.
Rita è sola in casa, nell'appartamento di Roma,al settimo piano, nel quale vive "in segreto" insieme a Piera
Aiello. Erano state rasferite là, in Via Amelia, subito dopo l'uccisione di Paolo Borsellino.
Via Amelia: quant' è simile quel nome a via Via D'Amelio
Via Amelia: quant' è simile quel nome a via Via D'Amelio
In quel pomeriggio forse Rita osserva la luce che le
arriva dalla finestra; forse ascolta il silenzio e i rumori di Via Amelia in
quelle calde ore d'estate. Ma quella luce e quei rumori per
Rita non hanno più il colore della vita.
Forse Rita si avvicina a piccoli
passi alla finestra del suo appartamento, al settimo piano.
E decide di lasciare a noi il ricordo della sua vita.
E decide di lasciare a noi il ricordo della sua vita.
E' il pomeriggio del 26 luglio
1992
Tema di maturità di Rita Atria ( 1992)
Titolo
"La morte del giudice Falcone ripropone in termini drammatici
il problema della mafia. Il candidato esprima le sue idee sul fenomeno e sui
possibili rimedi per eliminare tale piaga".
Svolgimento
"La morte di una qualsiasi altra persona sarebbe apparsa scontata
davanti ai nostri occhi, saremmo rimasti quasi impassibili davanti a quel
fenomeno naturale che è la morte del giudice Falcone, per chi aveva riposto in
lui fiducia, speranza, la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto, era un
esempio di grandissimo coraggio, un esempio da seguire. Con lui è morta
l'immagine dell'uomo che combatteva con armi lecite contro chi ti colpisce alle
spalle, ti pugnala e ne è fiero. Mi chiedo per quanto tempo ancora si parlerà
della sua morte, forse un mese, un anno, ma in tutto questo tempo solo pochi
avranno la forza di continuare a lottare. Giudici, magistrati, collaboratori
della giustizia, pentiti di mafia, oggi più che mai hanno paura, perché sentono
dentro di essi che nessuno potrà proteggerli, nessuno se parlano troppo potrà
salvarli da qualcosa che chiamano mafia.
Ma
in verità dovranno proteggersi unicamente dai loro amici: onorevoli, avvocati,
magistrati, uomini e donne che agli occhi altrui hanno un'immagine di alto
prestigio sociale e che mai nessuno riuscirà a smascherare. Ascoltiamo,
vediamo, facciamo ciò che ci comandano, alcuni per soldi, altri per paura,
magari perché tuo padre volgarmente parlando è un boss e tu come lui sarai il
capo di una grande organizzazione, il capo di uomini che basterà che tu
schiocchi un dito e faranno ciò che vorrai.
Ti serviranno, ti aiuteranno a fare soldi senza tener conto di nulla e di
niente, non esiste in loro cuore, e tanto meno anima. La loro vera madre è la
mafia, un modo di essere comprensibile a pochi. Ecco, con la morte
di Falcone quegli uomini ci hanno voluto dire che loro vinceranno sempre, che
sono i più forti, che hanno il potere di uccidere chiunque. Un segnale che è
arrivato frastornante e pauroso. I primi effetti si stanno facendo vedere immediatamente,
i primi pentiti ritireranno le loro dichiarazioni, c'e chi ha paura come
Contorno, che accusa la giustizia di dargli poca protezione. Ma cosa
possono fare ministri, polizia, carabinieri? Se domandi protezione, te la
danno, ma ti accorgi che non hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità,
manca personale, mancano macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino
che nessuno scoprirà dove sei. Non possono darti un'altra identità, scappi
dalla mafia che ha tutto ciò che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non
ha le armi per lottare.
L'unica speranza è non arrendersi
mai. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno,
non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e
tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi
che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose
semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non
perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo
per farti fare quel favore.
Forse un mondo onesto non
esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova
a cambiare, forse ce la faremo.
Rita Atria
Erice 5 giugno 1992
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