Facendo memoria
di Graziella Campagna, anche a Pinerolo raccogliamo tappi di sughero
A partire dalle prossime ore,
anche all'IperCOOP di Pinerolo saranno disponibili i contenitori per la
raccolta di tappi di sughero. In Piemonte, Libera partecipa al riciclo dei
tappi di sughero per finanziare la ristrutturazione di “Cascina Graziella”,
una casa che accoglierà donne maltrattate situata a Moncalvo d'Asti.
Il progetto Etico della “Amorim
Cork”
La Amorim Cork è una società
multinazionale leader nella lavorazione del sughero e che basa la sua attività
sulla sostenibilità dei processi produttivi, ponendo particolare attenzione ai
diritti dei lavoratori e delle comunità. La Amorini Corke ha lanciato una
campagna per la raccolta e il riutilizzo dei tappi di sughero che, riciclati, diventano
materiale coibentante per l’edilizia, oggetti di arredamento e design. In
Italia, tra i partner dell'iniziativa ci sono i Vignaioli Piemontesi e
l'associazione Libera Piemonte. Fondamentale è anche il contributo della
Cooperativa del carcere di Bollate (Milano) che vede i carcerati impegnati
nello smistamento dei tappi raccolti.
Sono oltre trenta i punti di
raccolta tra cantine vinicole, enoteche, i due negozi Eataly -a Torino e
Pinerolo- e adesso anche l’IPERCOOP pinerolese.
Il progetto si definisce "etico" non
solo perché promuove una sensibilità ecologica ma anche perché prevede una
destinazione benefica del ricavato dalla vendita dei tappi usati che Amorim non
riutilizza ma cede -a titolo oneroso- ad aziende del settore edile o ad
industrie del design. Tutto il ricavato viene poi destinato ad associazioni
operanti nel sociale senza fini di lucro.
Il progetto di Libera Piemonte: “Cascina Graziella”
Avviato nel giugno 2011, il progetto ha
coinvolto dapprima le cantine del Veneto e quelle toscane aderenti al Consorzio
Chianti Classico, in seguito ha visto l'adesione entusiastica di numerosi altri
attori e nel 2012 è partita la raccolta in Piemonte. In Piemonte, si è scelto
di raccogliere fondi per vedere realizzato il sogno di "Cascina Graziella",
una cascina nelle campagne del Monferrato astigiano, a Moncalvo, che la
magistratura ha confiscato ad un'esponente di spicco della criminalità
trapanese che l'aveva acquistato con proventi illeciti di Cosa Nostra. Il bene
è stato poi dato in gestione a Libera. Una volta finiti i lavori di
ristrutturazione, Cascina Graziella è destinata a diventare un centro di
accoglienza per donne in difficoltà, in fuga da maltrattamenti e dipendenze, e
una cooperativa di lavoro (si pensa anche a un pastificio artigianale).
La storia di Graziella Campagna
La cascina è dedicata a Graziella Campagna, una ragazza
siciliana di 17 anni uccisa con cinque colpi di lupara. Graziella era nata
il 3 luglio 1968 e faceva la stiratrice in una lavanderia di Villafranca
Tirrena (Messina). Graziella scomparve la sera del 14 dicembre 1985, dopo essere uscita dalla lavanderia dove
lavorava. Allora, il negozio era frequentato da
due clienti che si presentavano come l'ingegner Toni Cannata e il geometra Gianni
Lombardo, di Palermo. In realtà, i due erano Gerlando Alberti junior (nipote
di Gerlando Alberti senior, braccio destro di Pippo Calò) e Giovanni Sutera,
pericolosi latitanti ricercati per associazione mafiosa e traffico di droga. Da
anni, abitavano in una villetta a Villafranca, a due passi dalla caserma dei
carabinieri.
Il destino fa incrociare i due mafiosi con Graziella. Qualche giorno prima della sua esecuzione, la ragazza aveva trovato alcuni fogli, forse una agendina, dimenticata nei vestiti che uno dei latitanti aveva consegnati in lavanderia. Tra le mani di Graziella si aprirono pagine nelle quali erano annotati nomi, fatti, segreti che nessuno doveva conoscere. Inconsapevolmente, Graziella era diventata una pericolosa testimone.
La sera del 14 dicembre Graziella Campagna non sale sulla corriera che la riporta a casa. Due giorni dopo, il suo cadavere viene trovato a Forte Campone, in un luogo isolato: uccisa con cinque colpi di lupara, un colpo le viene sparato sul viso. Il medico legale aveva cercato invano di impedire che Piero, il fratello carabiniere di Graziella, ne vedesse il viso sfigurato. Sarà proprio grazie a Piero, alla sua volontà di giustizia nel dare un nome agli assassini di Graziella, che i colpevoli verranno infine individuati e processati.
Il destino fa incrociare i due mafiosi con Graziella. Qualche giorno prima della sua esecuzione, la ragazza aveva trovato alcuni fogli, forse una agendina, dimenticata nei vestiti che uno dei latitanti aveva consegnati in lavanderia. Tra le mani di Graziella si aprirono pagine nelle quali erano annotati nomi, fatti, segreti che nessuno doveva conoscere. Inconsapevolmente, Graziella era diventata una pericolosa testimone.
La sera del 14 dicembre Graziella Campagna non sale sulla corriera che la riporta a casa. Due giorni dopo, il suo cadavere viene trovato a Forte Campone, in un luogo isolato: uccisa con cinque colpi di lupara, un colpo le viene sparato sul viso. Il medico legale aveva cercato invano di impedire che Piero, il fratello carabiniere di Graziella, ne vedesse il viso sfigurato. Sarà proprio grazie a Piero, alla sua volontà di giustizia nel dare un nome agli assassini di Graziella, che i colpevoli verranno infine individuati e processati.
Racconta Piero: “Hanno fatto di
tutto per depistarmi, ma non ho mai smesso d'indagare. Graziella aveva
confidato a mia madre di aver trovato i documenti di Cannata, aveva capito che
era un'altra persona. Tralasciarono volutamente l'indizio". Depistaggi,
collusioni mafiose, Piero viene addirittura censurato dall'Arma dei Carabinieri
per aver collaborato con la Squadra Mobile.
Nel 2004, riconosciuti colpevoli
dell'omicidio di Graziella Campagna, vengono condannati all'ergastolo Gerlando
Alberti e Giovanni Sutera. L’Alberti uscirà
di prigione il 4 novembre 2006 per un vergognoso cavillo burocratico: il ritardo
con cui è stata depositata la sentenza.
Gerlando Alberti e Giovanni Sutera
saranno comunque ricondannati all'ergastolo il 18 marzo 2008 dai giudici
della Corte d'Assise d'Appello di Messina. Il 18 marzo 2009 la
Cassazione respinge il ricorso formulato dai due imputati e conferma definitivamente
la pena dell'ergastolo ai due assassini
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