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domenica 5 giugno 2016

Votiamo liberamente e consapevolmente!

Oggi per noi pinerolesi oggi è il giorno del "voto", il momento più importante (e più fragile) su cui si fonda il sistema politico che chiamiamo Democrazia: siamo chiamati ad eleggere il prossimo Sindaco e ed i componenti del Consiglio Comunale che amministrerà la Citta. 
Nel sistema politico che chiamiamo Democrazia, l'atto di amministrare "pro-tempore" una comunità ha  un unico significato ed un unico obiettivo: sapere mettere in atto, costruire, poliche (pensieri e azioni) che perseguano l'interesse pubblico; pensieri e azioni che portino alla realizzazione del "bene lungimirante di una comunità". 
Solo donne e uomini liberi, onesti capaci e meritevoli possono adempiere a questo compito ammirevole. 
panorama di Pinerolo
Ma se l'espresione del voto è il momento più importante del sistema democratico, sappiamo bene che è anche il momento più fragile: eleggere significa "scegliere", e affinchè la scelta contribuisca a "eleggere-scegliere" rappresentanti onesti, meritevoli e capaci, occorre che il voto sia "libero e consapevole".
Viviamo anni di crisi economica, morale ed etica. Sarebbero necessari cambiamenti, una "rivoluzione culturale" che ci consentisse di attuare politiche a favore delle comunità e di sconfiggere i fenomeni di corruzione, mafie, malaffare, odiosi privilegi di caste-cricche-cosche.
L'era dei fossili non è finita, anche se così avevamo auspicato (leggi qui!)  e occorrerà "combattere" a lungo affinchè il voto diventi espressione libera e consapevole, e non sia invece, come lo è tante volte, "comprato, barattato, costretto" per ottenere "...gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro"
Sono le parole di Paolo Borsellinol'insegnamento di Paolo Borsellino, le parole pronunciate a commemorare la morte di Giovanni Falcone e a dichiarare, una volte per tutte, cosa sono le mafie e "il pensiero mafioso" contro cui dobbiamo lottare: "...gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro." 
Paolo Borsellino: "La Rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello". 

Fra le tante "categorie di appartenenza", a volte riconoscibili in coloro che si presentano alle elezioni, noi facendo memoria di Italo Calvino, invitiamo a scegliere fra coloro che appartengono alla "pericolosa categoria degli onesti"

Italo Calvino
“ Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti “ 
(La Repubblica, 15 marzo 1980)

Italo Calvino
"C’era un paese che si reggeva sull’illecito.
Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito, che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava -lecitamente- tutti coloro che, lecitamente o illecitamente, riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese dove nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo ( e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente, in nome del bene comune, i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune s’erano distinte per via illecita.
La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafioseatto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando, anziché il sollievo della coscienza a posto, la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche ( e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.
In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Gli onesti
Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione ( non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede.
Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società , ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la contro-società degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è. " 
Italo Calvino

venerdì 13 maggio 2016

Anche Luca Salvai, candidato-sindaco Movimento 5 Stelle Pinerolo, ha annunciato l'adesione alla Carta di Avviso Pubblico.

Anche Luca Salvai, candidato-sindaco del Movimento 5 Stelle Pinerolo, ha annunciato l'adesione alla Carta di Avviso Pubblico nell'ambito dell'incontro pubblico per la presentazione della lista del Movimento, incontro tenuto al Salone dei Cavalieri Abbiamo appreso con piacere  la notizia 

Nel corso della serata sono state confermate le figure degli assessori "in pectore" già designati: arch. Eros Primo (assessore all'Urbanistica); dott.ssa Francesca Costarelli (assessora al Turismo-Manifestazioni); dott.ssa Lara Pezzano (assessora alla Sanità e alle Politiche Sociali); prof. Martino Laurenti ( assessore alla Cultura).

Ritornando alla carta di Avviso Pubblico, nella lettera aperta "E' finita l'era dei fossili" (qui il testo)   avevamo scritto: "(...) auspichiamo che i candidati-sindaco, tutte le forze politiche pinerolesi agognino sinceramente “il fresco profumo” di una azione politico-amministrativa nuova, saldamente ancorata a principi etici e morali. (...) Non si tratta di suscitare polemiche quanto di ribadire l'importanza di valori che devono essere patrimonio condiviso a fondamento di qualsivoglia candidatura alla gestione della “cosa-pubblica

Nella stessa occasione, Luca Salvai ha anticipato uno dei primi provvedimenti che sottoporrà al nuovo consiglio comunale: l'adesione alla carta di Avviso Pubblico dell'intero Consglio Comunale che scaturirà dalle prossime elezioni amministrative.

A nostro parere, il provvedimento anticipato da Salvai è importante anche perchè va esattamente nella direzione da noi indicata quando auspicavamo che tutti i nuovi eletti, a partire dal sindaco, avessero il solo intendimento di porsi al "servizio" della comunità nella costruzione di azioni politiche aministrative che abbiano a cuore il "bene comune", il bene lungimirante della comunità. E l'adesione del Consiglio Comunale alla carta di Avviso Pubblico doveva essere il primo segnale, il primo impegno formale,  per un azione politica nuova saldamente ancorata a principi etici e morali quali quelli indicati dall'art.

Alla Carta di Avviso pubblico hanno già aderito Enrica Pazè (candidata sindaco di SEL) Pietro Manduca (candidato sindaco per Sinistra Solidale Pinerolo), Luca Barbero (candidato sindaco del PD)

Riportiamo ancora una volta l'articolo di Gianacalo Chiapello che presenta i punti qualificanti dellla carta di Avviso Pubblico.
Fonte: Vita Diocesana
"Un’associazione per gli amministratori che non hanno nulla da nascondere. La Carta di Avviso Pubblico: un segno di trasparenza". 
di Giancarlo Chiapello

UN CODICE ETICO – comportamentale, ecco in sostanza cos’è la Carta di “Avviso Pubblico”, l’associazione che raggruppa alcune centinaia di istituzioni locali, Regioni, Provincie, Comuni, Unioni di Comuni e che si è data come obbiettivo, dichiarato (cfr.www.avvisopubblico.it), quello «di collegare ed organizzare gli Amministratori pubblici che concretamente si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica nella politica, nella Pubblica Amministrazione e sui territori da essi governati».
Non serve di fatto a sostituire i politici con chissà quali figure “messianiche” o “tecniche”, spesso digiune di una vera visione comunitaria, non ha un’impostazione demagogica e meramente teorica, ma rappresenta un sostegno alla buona politica per emergere, in particolare in territori e situazioni dove si potrebbero evidenziare rischi legati a clientelismo, conflitti di interessi, pressioni indebite, ecc… (e nel territorio metropolitano questi rischi in molti casi forse non appartengono solo a storie passate).
In particolare, all’articolo 5 parla proprio delle situazioni di conflitto di interesse, come ad esempio «la sussistenza di interessi personali dell’amministratoreche interferiscono con l’oggetto di decisioni cui egli partecipa e dalle quali potrebbe ricavare uno specifico vantaggio diretto o indiretto»; «la sussistenza di preesistenti rapporti di affari o di lavoro con persone od organizzazioni specificamente interessate all’oggetto delle decisioni»; «rapporti di frequentazione abituale con persone operanti in organizzazioni specificamente interessate all’oggetto di decisioni di rilevanza economica cui l’amministratore partecipa direttamente, anche nei casi in cui detti rapporti non configurano situazioni che danno luogo a incompatibilità previste dalla legge o da altre norme».
Questo documento è entrato in maniera sostanziale nel dibattito politico pinerolese, grazie all’azione del Presidio di Libera “Rita Atria”, apertosi da tempo sul tema della governance del territorio, dell’urbanistica, in una Città destinata a vedere l’elaborazione di un nuovo Piano Regolatore: molte realtà aggregative cittadine hanno iniziato ad interrogarsi su un tema di spinosa attualità, ossia trasparenza e conflitto di interessi.
Il Codice si rivolge ai politici e ne chiede impegni precisi per diventare testimoni visibili di una concreta azione di educazione alla legalità, di un impegno destinato a cancellare potenziali zone d’ombra nell’azione politico-amministrativa.
Nell’ambito delle primarie del Pd è stato accolto e rilanciato a seguito della personale sottoscrizione da parte di Luigi Pinchiaroglio.
Anche sul fronte dell’impegno sociale nel mondo cattolico, i giovani cattolici democratici del “Comitato Primo Mazzolari” che cercano di riorganizzare nella comunità una presenza radicata nella triplice autonomia di analisi, valutazione ed azione, considerano importante una così significativa presa di posizione

lunedì 14 settembre 2015

Dario Seglie e "La Pinerolo degli Indignati": indignarsi e impegnarsi è una forza prodigiosa

Nella settimana di fine agosto, l'articolo della redazione di Vita Diocesana nel quale si ri-proponeva l'immagine di Pinerolo come "capitale" (leggi qui), ha suscitato qualche dibattito nella comunità pinerolese. Comunità già allertata dai titoli dei giornali locali del fatto che, quella che si andava a riaprire, non  sarebbe stata una  stagione come le altre: fra pochi mesi si terranno infatti le elezioni aministrative che eleggeranno il nuovo sindaco! E di già  nomi di candidati si stagliano sulla ribalta....chi "costretto", chi reclamato a gran voce...Tutto questo mentre vecchi e nuovi problemi affliggono una "capitale" in evidente difficoltà: un Piano Regolatore abnorme ma "immutato"; una cosiddetta "Variante ponte" che si è rivelata, a detta delle associazioni che ne hanno seguito l'evolversi, la mera risposta a pochi e "privati interessi" (leggi qui); una città ( conservatrice) che ha subito pesantemente la crisi economica e la perdita di sedi istituzionali. 

Per quanti di quei nomi che "accorrono a servire la città" varrà il principio dell'antica Grecia di Pericle? "(...)Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito (...)". Viene da dire: "Un altro tempo e un altro mondo!". Ben differente dal mondo della politica e della società italiana dei nostri giorni. Un mondo tratteggiato sinteticamente anche dal prof. Dario Seglie nel suo scritto " La Pinerolo degli Indignati", pubblicato da Vita Diocesana, nel numero del 6 settembre 2015.

Il prof. Seglie pare aver raccolto realmente l'invito ad essere "eretici", (leggi qui), giacchè non cela il suo pensiero dietro pietose menzogne. Cosicchè, riconosciamo tutti la società italiana, divisa nelle due fazioni da lui descritte: da un lato coloro che detengono "il Potere" e i loro sodali, gli appartenenti alla casta della politica e/o delle varie oligarghie (locali o nazionali poco importa); dall'altro lato i cosiddetti "cittadini", in realtà più simili a moderni "servi della gleba", sudditi "di una reale oligarchia che non ha fondamento democratico se non l'accaparramento dei voti...". E il prof. Seglie descrive pure le liturgie della "pantomima democratica": la tracotanza del "potere" a negare una partecipazione dei cittadini con la  retorica del"..ma noi siamo gli eletti!"; "commissioni e gruppi di lavoro che esistono solo sulla carta". 

Condividiamo il pensiero: questo è davvero il tempo di essere "eretici", indignarsi e impegnarsi", se si vuole cambiare il corso delle cose. "Nani" che siamo, impariamo a salire sulle spalle di "giganti" come Bertrand Russell: "Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Siate il peso che inclina il piano. (...) Un Uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai."

                                                                                                              

 Fonte: Vita Diocesana

La Pinerolo degli Indignati

Una riflessione critica sul passato, sul presente e soprattutto sul futuro della città

Tensioni e divisioni non solo tra i gruppi storici di riferimento, i partiti, ma divaricazioni e fazioni all'interno di essi, nell'intento di scendere in lizza, sbaragliare gli avversari e conquistare, o riconquistare, o trattenere, il potere, la “governance” come si dice oggi per abbellire ed addolcire il detto medievale “tenere il coltello dalla parte del manico”. Brandeggiare il coltello è comunque, a destra come a sinistra (per usare due categorie politiche desuete ma chiare) l'operazione fondamentale per tracciare il solco, o la ferita, il vallo tra i pochi “stakeholder” (in italiano: i padroni del vapore) ed i molti cittadini, spesso considerati -come se fossimo ancora nell'epoca feudale- non “citoyen”, ma servi della gleba, al massimo sudditi di una reale oligarchia che non ha fondamento democratico se non l'accaparramento dei voti (non solo con il baratto, ma soprattutto con promesse e programmi di facciata e specchietti per le allodole, “ballon d'essai” non per innalzare la mongolfiera, ma “pour épater les burgeois”, per gettare fumo negli occhi) per un “do ut des” (dare e avere, in partita doppia computistica, quella che insegnava la Professoressa di Ragioneria Emma Liggiardi, detta la Tigre del Bengala per la sua severità, all'Istituto Buniva di Pinerolo, subito dopo la seconda guerra mondiale; la ricordo con affetto perché, lei al secondo piano ed io, bambino, al primo di una bella casa seicentesca di fronte al Palazzo del Vescovo, da lei ricevevo regalini e carezze). Decisioni e azioni di imperio che non hanno neppure l'aura del divino che incornicia il monarca, ma solo la caliginosa “nigredo” delle persistenti alchimie elettorali covate negli antri sotterranei profondi dei gruppi di potere.

Dall'alchimia vorremmo passare finalmente alla chimica, non solo in campo scientifico e tecnico, uscire dal Medioevo, saltando il Rinascimento, ed approdando al Risorgimento Democratico Contemporaneo, con esiti inclusivi veraci, soprattutto in campo elettorale, per proseguire con la coerente azione sul territorio, cioè sulla nostra pelle di cittadini liberi ed uguali, con trasparenti, intelligenti, valide, vigorose azioni partecipate e condivise da tutta la gente, perché o siamo in democrazia reale o torniamo in un astorico ad inaccettabile feudalesimo. Governare una città, un territorio, uno stato, non significa, e non deve mai più significare, pensare di essere l' ”unto del signore” ed agire nel chiuso del palazzo, con il ponte levatoio sempre alzato per evitare che la “plebaglia” possa sapere, possa dar noia ai “rappresentanti del popolo” ! Ma dopo il feudalesimo e l'assolutismo ci fu la presa della Bastiglia e su tutti i municipi di Francia, sulla facciata, è ancora oggi scritto a caratteri cubitali Liberté, Egalité, Fraternité”; Pinerolo fu Francia per tre lunghi periodi, nel 1500, nel 1600 ed a cavallo tra 1700 e 1800. Non sarebbe di troppo e tanto meno sconveniente se sulla facciata fascista del Municipio (che maschera l'Arsenale francese del 1650) ci fosse, almeno idealmente, scolpito l'illuministico trinomio rivoluzionario.
Citando un grande “maître à penser”, Herbert Marcuse (ed in particolare il suo testo “L'uomo a una dimensione”, 1964) il padre nobile dei moti rivoluzionari giovanili del '968, iniziati nei campus statunitensi e quindi approdati in Europa, dice che nelle moderne democrazie occidentali i valori, che una volta erano propri di una parte della società (la classe borghese), si sono diffusi a tutti gli altri soggetti sociali. Ma è proprio a questo punto del processo "democratico" che si innesca il meccanismo repressivo: l'azione totalizzante dell'esistenza da parte dei potentati, di fatto, impedisce una scelta che sia veramente libera; si genera un diffuso conformismo che produce l'uomo unidimensionale.
E' una parte della società che condiziona i veri bisogni umani, sostituendoli con altri artificiali, è il consumismo per il mercato divoratore, dove tutto ha un prezzo e nulla ha un valore; questa caduta etica, questo nuovo classismo polarizzato che raggruppa la ricchezza ed il potere in ristretti ambiti, apre le porte a forme estreme di mercificazione includenti la corruzione e l'intollerabile diseguaglianza tra i pochi ricchissimi ed i tanti poverissimi. Questa "democratica non-libertà" permea tutto di sé, niente le sfugge, neanche gli strati tradizionalmente anti-sistema come la classe operaia, che si è ormai pienamente integrata nel sistema stesso; segnale eloquente che non siamo ancora usciti dalla “democrazia bloccata”, dallo stato di ipnosi sociale che ci vede remissivi piuttosto che propositivi, assertivi, attivi per cambiare una società opprimente ed ingiusta.
Ed allora chi ? C'è una nuova classe emergente che sta guadagnando rapidamente la ribalta se non ancora il potere: gli Indignati. Indignarsi è una forza prodigiosa, a costo zero, in grado di farci uscire dalla palude Stigia (alimentata dal Chisone), dove l'unico che gode è ovviamente il nostrano Caron Dimonio ed i suoi Satanassi.
"Immaginazione al potere" divenne una delle parole d'ordine dei giovani del sessantotto, ai quali Marcuse guardò come veicolo attraverso il quale si può realizzare la liberazione, insieme a tutti i soggetti non integrati in esso; ma la rivoluzione generazionale prese altre vie e non sortì gli effetti sperati per migliorare l'umanità.
Chi sono oggi i “non integrati” ? Tutti coloro che si riconoscono e dialogano nei centri della Società Civile; tutti coloro che vengono tenuti lontani, esclusi, anche con tracotanza, confinati in commissioni e gruppi di lavoro che esistono solo sulla carta, coinvolti in riunioni dove l'informazione circola solo unilateralmente, senza confronto dialettico, chiudendo la gente nell'anonimato impotente della massa disinformata dei cittadini, sempre più narcotizzati ed emarginati.  
Tutta gente, la maggioranza silenziosa, che vuole e può diventare maggioranza democratica, nel senso pieno che Pericle, ad Atene, nel 5° secolo avanti Cristo le aveva dato.
Solo gli “Indignati” della Società Civile possono cambiare la situazione che si perpetua da troppo tempo, a livello locale come a livelli più ampi, metropolitano, nazionale, internazionale. Gli esempi di idee intelligenti per il territorio non mancano, ed anche persone intelligenti ed esperte esistono e potremmo fare nomi e cognomi, ma attendiamo che siano i cittadini, che devono essere i protagonisti attivi, a pronunciarsi nell'individuare i nuovi Leader.
La piazza con la fontana, già Piazza d'Armi dell'antico Arsenale di Pignerol, deve tornare ad essere il luogo dell'esercizio del potere partecipato, l'Agorà riconquistato, dopo 2500 anni, per una Governance che alla forza dell'immaginazione marcusiana aggiunga l'intelligenza dinamica e il vigore realizzativo. Il karma negativo che opprime l'anima del Pinerolese, le antiche terre dei Principi d'Acaja, deve svanire per dare finalmente cieli blu ai nostri figli ed ai figli dei nostri figli.
Dario Seglie
Settembre 2015