RIPARTE IL FUTURO.
5 IMPEGNI PER I CANDIDATI ALLE ELEZIONI POLITICHE PER COMBATTERE LA CORRUZIONE
Riparte il futuro chiede ai
candidati di mettere in rete il curriculum vitae, la propria condizione
reddituale e patrimoniale, l'eventuale presenza di conflitti d’interesse, la
propria situazione giudiziaria. E li impegna
a riformare nei primi 100 giorni della nuova legislatura l'art. 416 ter del
Codice Penale, la norma che riguarda lo scambio elettorale politico-mafioso e
che considera corruzione soltanto il passaggio di denaro dal rappresentante
pubblico al corruttore mafioso, trascurando altre controprestazioni essenziali:
i ‘favori’, le raccomandazioni, le informazioni privilegiate sugli appalti in
cambio di voti, la garanzia dalla repressione. Tutti atti che permettono
l’accesso dei clan criminali alla vita economica e sociale del Paese senza
creare allarme, passando per il fenomeno corruttivo. Oltre ad essere una
battaglia di civiltà, che vuole far ripartire le migliori energie del Paese e
della buona politica, la campagna è uno
strumento diverso, aperto alla partecipazione di tutti, senza colore né
partito: la corruzione infatti influisce sulle vite di ciascuno di noi a tal
punto da essere ad esempio tra le cause più importanti della disoccupazione
giovanile. Grazie alla forza del web e dei social network, ogni cittadino
potrà contare su sistemi di monitoraggio e informazione civica, fino ad oggi
poco utilizzati in Italia, per combattere insieme questo fenomeno subdolo e
nascosto. Simbolo della campagna è un
braccialetto bianco con la scritta #100 giorni, che i candidati firmatari
indosseranno per i primi cento giorni della nuova legislatura.
“Riparte il futuro” è stata presentata mercoledì 16 gennaio a Roma da
don Luigi Ciotti, assieme a Francesca Rispoli, direttrice di Libera,
Leonardo Ferrante, operatore del Gruppo Abele responsabile scientifico della
campagna e Eugenio Orsi, responsabile della strategia digitale.
Già nella prima settimana di
test, migliaia di persone hanno firmato l’appello per chiedere ai candidati di
sottoscrivere i cinque impegni, primo “step”
della campagna anticorruzione che proseguirà nei prossimi due anni con
iniziative a più livelli. Perché – come dimostrano i dati e le ricerche
internazionali – di corruzione rischia di morire l'intero Paese. Con quello che costa al sistema Italia la
corruzione - secondo le stime della Corte dei Conti 60 miliardi ogni anno – si
potrebbero liberare le risorse necessarie per uscire dalla recessione.
Basterebbero, ad esempio, poco meno di 14 miliardi per completare opere
fondamentali per il trasporto pubblico locale nelle principali città italiane.
Altri 10 miliardi di euro potrebbero servire per completare la messa in
sicurezza di tutti gli edifici scolastici, mentre con 2,5 miliardi si
avvierebbe il restauro idrogeologico del Paese. 20 miliardi all’anno potrebbero
coprire l'attuale costo degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione,
mobilità, indennità). Infine poco meno di 4 miliardi basterebbero ad evitare
l'Imu sulla prima casa, mentre con altri 3 miliardi si potrebbero costruire 10
ospedali modello. La somma di tutti questi interventi è inferiore al costo
della corruzione. Sessanta miliardi di euro, in alternativa, basterebbero per
pagare gli interessi annuali sul debito pubblico italiano.
Tuttavia considerare 'solo' i
sessanta miliardi persi è riduttivo. Infatti, la corruzione mina alla radice la credibilità e l’affidabilità
dell’Italia agli occhi del mondo, diminuendo di conseguenza l’afflusso di
investimenti stranieri. Ad esempio, secondo Unctad, l’afflusso medio di
capitali stranieri tra il 2004 e il 2008 in percentuale sul PIL in Italia è stato
dell’1,38%, mentre in Francia nel medesimo periodo è stato del 3,88%. Tale “spread”
di 2,5% corrisponde ad un ammontare superiore a 40 miliardi. Capitali che,
investiti in innovazione e attività produttive, consentirebbero di generare
migliaia di posti di lavoro, soprattutto per i giovani. E questi posti di lavoro, a loro volta, genererebbero ulteriore
crescita per il nostro Paese.
"Il furto operato dai
corrotti ai danni di tutti noi è enorme. Ma non basta a descrivere il fenomeno.
La corruzione uccide il futuro: non
si tratta solo dei soldi sottratti alle casse pubbliche e private dai traffici
tra politici, amministratori, imprenditori, cittadini corrotti, ma della
perdita di credibilità e di fiducia nell’intero sistema Paese”, conferma
Francesca Rispoli, direttrice di Libera. “Il nostro primo target, nella
campagna che riparte dal milione e 200mila firme raccolte nel 2011 e consegnate
al presidente Napolitano con Avviso Pubblico, sostenitore anche oggi di questa
nuova impresa, è quello di far uscire l’Italia dal pantano della rassegnazione,
di recuperare il furto non solo di soldi ma anche e soprattutto di futuro
operato da corrotti e corruttori”. “I 60 miliardi di euro servono solo a
comprendere l’entità del fenomeno, ma occorre riflettere su tutte le
opportunità che perdiamo nel non investire quelle risorse a sostegno del lavoro,
dell’innovazione, del diritto e del merito”, conferma Leonardo Ferrante. “Non è un caso che nei Paesi dove la
percezione della corruzione è più alta - e l’Italia è al 72esimo posto su 174
Paesi nella classifica di Transparency International - anche la disoccupazione
giovanile aumenta, ci sono meno fondi per la ricerca e lo sviluppo, faticano a
nascere nuove imprese, i servizi pubblici sono inefficienti, gli investimenti
stranieri scarseggiano, le disuguaglianze sociali ed economiche sono
fortissime. Si riscontra persino una correlazione tra corruzione e morti sul
lavoro”.
“Tre aggettivi in inglese per descrivere la campagna: agnostic, open
e diverse, requisiti essenziali per il successo online”, dice Eugenio Orsi,
responsabile della mobilitazione sul web. “Agnostic”
perché non abbiamo una nostra agenda, bensì un obiettivo di civiltà. “Open” perché siamo aperti a tutti e
incoraggiamo la partecipazione. Infine, “diverse”
per lo strumento utilizzato e per l'approccio: guardiamo al futuro di chi il
futuro se lo sta perdendo. Sono già migliaia i cittadini che si sono fatti
avanti, ancor prima che la campagna partisse ufficialmente, per chiedere a chi
li rappresenta di fare il minimo indispensabile in un Paese adeguato agli
standard europei. In Francia, Spagna e
Germania ci sono norme che chiedono a chi viene eletto la totale trasparenza:
da noi, per fare un esempio, solo il 40% dei parlamentari ha autorizzato la
pubblicazione online della propria dichiarazione dei redditi. Ora sono le
persone che rivendicano il diritto a essere governati in maniera trasparente,
da gente onesta.”
Un Paese trasparente, dunque, è quello che chiedono i cittadini,
con una mobilitazione straordinaria che
sarà anche in piazza da qui alle elezioni del 24 e 25 febbraio, per evitare che la logica del favore
continui a sostituirsi a quella del diritto e del merito nel mondo del lavoro,
con tutti i danni che questo crea anche nella cultura del Paese.
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