«Che hai papà? Sei strano».
«Cose da pazzi. La gente è veramente senza faccia».
E sono andata in cucina a preparare la caffettiera. Quando sono tornata lui era dietro i vetri della finestra. Con l’indice e il pollice a torturarsi il labbro.
«Che cosa ti è successo?».
«Ho visto una persona oggi. Mi ha offerto dei soldi per smettere di scrivere».
«E tu che gli hai risposto?».
«Che aveva sbagliato a dirmi questa cosa. E che io non sono in vendita».
«E lui che ha detto?».
«Mi ha minacciato».
«Non devi preoccuparti. Lo sai come vanno queste cose da noi, uno le dice solo per vedere di che pasta è fatta la persona che ha davanti».
E sono andata in cucina a preparare la caffettiera. Quando sono tornata lui era dietro i vetri della finestra. Con l’indice e il pollice a torturarsi il labbro.
«Che cosa ti è successo?».
«Ho visto una persona oggi. Mi ha offerto dei soldi per smettere di scrivere».
«E tu che gli hai risposto?».
«Che aveva sbagliato a dirmi questa cosa. E che io non sono in vendita».
«E lui che ha detto?».
«Mi ha minacciato».
«Non devi preoccuparti. Lo sai come vanno queste cose da noi, uno le dice solo per vedere di che pasta è fatta la persona che ha davanti».
Sonia Alfano
brano tratto da “Le altre Siciliane”, diGiacomo Pilati, 2008, © coppola editore
Giuseppe Aldo Felice Alfano detto
Beppe, è stato un giornalista, professore e politico italiano nato ed
ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. E' uno degli otto+1 giornalisti uccisi
dalla mafia in Sicilia. Più volte definito come un "cane
sciolto", Alfano fu un vero e proprio segugio del giornalismo italiano e
le sue inchieste, tanto scomode quanto azzeccate e fastidiose per i poteri
deviati, lo portarono a perdere consapevolmente la vita l' 8 gennaio del
1993.
Di orientamento politico di
estrema destra, aderì ad Ordine Nuovo confluito poi nel Movimento Sociale
Italiano, collezionando anche un espulsione dal partito nel quale militava per
aver denunciato connivenze, silenzi ed atteggiamenti deprecabili di vario tipo
di alcune cariche dell' MSI. La sua attività politica lo portò ad abitare
in diverse città d'Italia per fare poi ritorno nella sua terra natale,
Barcellona Pozzo di Gotto. Oltre che alla passione politica, si
dedicò anche alla sua attività di insegnante di educazione tecnica presso la
scuola media della vicina Terme Vigliatore ed al giornalismo. Fu
infatti corrispondente del quotidiano "La Sicilia" come cronista
giudiziario per le vicende riguardanti la provincia di Messina, un
territorio interessato in quel periodo da una sanguinosissima guerra di
mafia e da sempre definito, erroneamente, una "provincia babba",
inetta, stupida, per la presunta mancata capacità della criminalità locale di
organizzarsi per sfruttare i grandi flussi di denaro. In realtà il sistema
Messina definito dalla commissione antimafia presieduta da Nicki Vendola come
un "Verminaio", è una macchina perfettamente collaudata che coinvolge
tutti i livelli della vita cittadina e che destina il territorio a luogo di
latitanza dorata per i super boss oltre che a stabile punto di incontro tra i
poteri leciti e quelli illeciti. Non a caso Messina è la città con il più alto
numero di logge massoniche di tutta Italia. Beppe Alfano, conscio di questo
sistema criminoso, denunciò le gravi anomalie del sistema Messina subendo per
questo gravi minacce.
La sera dell' 8 Gennaio del 1993,
di ritorno dall' ospedale nel quale la moglie, Domenica Barbaro, lavorava
come infermiera, si fermò davanti casa e dopo aver fatto entrare la moglie in
casa intimandole di chiudersi dentro, riparti alla volta di qualcosa o di qualcuno che aveva attirato la sua attenzione. Fu ritrovato poche ore dopo,
vicino casa, nella sua auto, con il finestrino abbassato, segno evidente che
stesse parlando con qualcuno. Il suo corpo esanime presentava tre colpi di
piccolo calibro. Uno sulla mano, evidentemente provò d'istinto a parare il
colpo, uno al petto, uno sulla tempia destra e l'ultimo in bocca. Beppe Alfano
doveva tacere e quell'ultimo colpo fu la firma che la mafia lasciò sul suo
cadavere.
Le inchieste giornalistiche
condotte da Alfano furono molte e si crede, ragionevolmente, che non abbia
avuto il tempo di ultimarle tutte. Alfano era certamente venuto a conoscenza di
qualcosa di inquietante, qualcosa che non doveva essere svelato, qualcosa che
andava nascosto a tutti i costi e che portò la mafia barcellonese a
decidere la sua eliminazione fisica.
La notte dell'omicidio, i Servizi
Segreti Italiani, fecero irruzione in casa del giornalista sequestrando di
soppiatto tutti i carteggi ed i documenti raccolti da Alfano. Il suo computer,
esaminato soltanto un decennio dopo la sua morte, risultò manomesso svariate
volte nel corso degli anni.Dei documenti così come del contenuto del suo computer non si ha pià traccia.
Le piste che gli inquirenti intrapresero dopo la sua morte furono molteplici e
molte delle quali possono essere definite veri e propri depistaggi a mezzo
istutuzionale.
Fu financo detto che Beppe Alfano fosse un viveur e che il suo omicidio fosse da ricollegare alla pista passionale. Sugli altri depistaggi, per rispetto alla famiglia ed al giornalista, non scriverò nulla poichè le voci e le supposizioni, sapientemente fatte circolare dalla mafia locale, sono tanto infamanti quanto assurde ed infondate. Ma questa è una consuetudine mafiosa ben conosciuta alle cronache. Quando l'eliminazione fisica non basta per spazzare via il pensiero di un uomo si prova ad infangarne la memoria.
Fu financo detto che Beppe Alfano fosse un viveur e che il suo omicidio fosse da ricollegare alla pista passionale. Sugli altri depistaggi, per rispetto alla famiglia ed al giornalista, non scriverò nulla poichè le voci e le supposizioni, sapientemente fatte circolare dalla mafia locale, sono tanto infamanti quanto assurde ed infondate. Ma questa è una consuetudine mafiosa ben conosciuta alle cronache. Quando l'eliminazione fisica non basta per spazzare via il pensiero di un uomo si prova ad infangarne la memoria.
E' andata così per ognuno degli
otto giornalisti uccisi dalla mafia in Sicilia.
Peppino Impastato fu"suicidato",
Cosimo Cristina si sucidò anch'egli perchè "era depresso", Pippo Fava
era un"puttaniere", e cosi discorrendo, omicidio dopo omicidio.
Oltre alle piste improbabili,
come quella passionale, si seguirono anche delle strade che riconducevano alle
inchieste pubblicate da Alfano.
Il giornalista di Barcellona
Pozzo di Gotto, tra le tante inchieste svolte, aveva ad esempio
smascherato un'enorme truffa ai danni dell' Unione Europea attorno alla quale
gravitavano gli interessi di Nitto Santapaola ed un sistema di assunzioni
di amici e parenti di boss all'interno dell' AIAS, l'associazione di assistenza
ai disabili. Fu il presidente di quest'ultima associazione ad invitare
calorosamente Alfano a smettere di svolgere la sua attività giornalistica e
sempre quest'ultimo diede al giornalista l'annuncio della sua morte:
"Alfano, tu al 20 di gennaio non ci arrivi".
L' iter giudiziario che avrebbe
dovuto fare chiarezza sulla sua morte si è fermato alla condanna dell'esecutore
materiale, Antonino Merlino e del mandante Giuseppe Gullotti. Durante il corso
dell'iter processuale sono stati assolti o archiviati diversi personaggi, sulle
cui responsabilità non è mai stata fatta piena luce. Maurizio Avola, ex sicario
di Cosa Nostra e collaboratore di giustizia, reo confesso di ben 80 omicidi tra
cui quello di un altro giornalista siciliano, Pippo Fava, e coinvolto nelle
stragi del 92, ha
parlato agli inquirenti anche dell'omicidio Alfano. Secondo il pentito:
"Beppe Alfano sarebbe stato ucciso da Cosa Nostra perché aveva scoperto
che, dietro il commercio degli agrumi nella zona tirrenica messinese, si nasconderebbero
gli interessi economici della Santapaola e d’insospettabili imprenditori legati
alla massoneria. (...) Il vero mandante dell’omicidio di Beppe Alfano, si
chiama Sindoni, è un grosso massone (...) Sindoni è un potente massone che
conosce tutta la magistratura, quella corrotta logicamente: ha importanti
amicizie al Ministero e un po' ovunque. Poi, sempre parlando di soldi,
tantissimi giri di soldi insieme ai Santapaola, ai barcellonesi, ai messinesi,
nel traffico delle arance. L’omicidio Alfano scaturisce perché il giornalista
aveva capito chi era il vero boss nella sua zona e che amicizie avesse questa
persona, un vero intoccabile. Il periodo non era quello giusto per fare
quest’omicidio, però chi era il personaggio gli si doveva fare (non si poteva dire
di no, ndr)".
In seguito il pentito dichiarerà
di aver reso dichiarazioni soltanto sulla figura di Giuseppe Gullotti, ritrattando di fatto il resto
delle cose dette.
E' proprio Avola a rivelare agli
inquirenti che Beppe Alfano aveva scoperto che il super boss Nitto Santapaola
si nascondeva proprio a Barcellona Pozzo di Gotto, in via Trento, a pochi metri
dall'abitazione del giornalista.
"La verità su Alfano? - ha dichiarato
ancora il pentito - Gli inquirenti hanno puntato tutto sulla gestione dell’Aias,
sbagliando. Lo dico perché in un primo tempo dovevo preparare proprio io il suo
omicidio e quello di Claudio Fava.
Marcello D’Agata mi bloccò dicendomi che, per Alfano, ci avrebbero pensato i
barcellonesi, Pippo Gullotti e Giovanni Sindoni. Anche i killers sono del
luogo. Due. [...] Esiste una 'superloggia', una sorta di nuova P2 che ha
deciso certe cose in Italia. Non ho raccontato questa verità ai giudici di
Messina, proprio perché sapevo che Giovanni Sindoni è amico d’alcuni magistrati
corrotti."
Nessun commento:
Posta un commento
Abbiamo deciso di non moderare i commenti ai post del blog. Vi preghiamo di firmare i commenti.