”
Non serve cercare un posto in questa
società, ma creare una società dove valga la pena di trovare un posto”. Questa
la citazione più cara a Mauro Rostagno. Rostagno era nato a Torino, 6 marzo
1942. Fondatore di Lotta Continua, profondamente contrario alla lotta armata
che segnarà drammaticamente il destino di quegli anni, morì in terra di Sicilia
, a Lenzi di Valderice, 26 settembre 1988. Un delitto sarebbe rimasto senza
processo se non fosse stato per l’ex capo della Mobile Linares e un poliziotto
vecchio stampo, Nanai Ferlito, i quali fecero scoprire che, nonostante anni di
indagine (“malfatte” è stato sentito dire più volte in aula), non erano mai
stati fatti confronti balistici mentre “i soliti depistaggi” depistaggi avevano
fatto seguire le solite “altre strade”.
Dalla
metà degli anni ottanta, Rostagno lavora come giornalista e conduttore anche
per l'emittente televisiva locale Radio Tele Cine (RTC). Attraverso la
televisione denuncia le collusioni tra mafia e politica locale. Con
il suo lavoro di denuncia e di ricerca della verità, Mauro Rostagno firmò la
sua condanna a morte. Ieri sera, la verità processuale sul suo omicidio viene
finalmente scritta e rivelata.
fonte : La Repubblica
TRAPANI - Ergastolo per
entrambi gli imputati. E' arrivata alle 23.30 la sentenza della Corte
d'Assise di Trapani nel processo a carico del capomafia trapanese Vincenzo
Virga e del sicario della famiglia mafiosa Vito Mazzara, accusati di essere
rispettivamente il mandante e l'esecutore dell'omicidio di Mauro Rostagno, il sociologo e giornalista ucciso in contrada Lenzi, a
Valderice (Trapani) il 26 settembre 1988. Inflitta anche l'interdizione
perpetua dai pubblici uffici.
La Corte, presieduta da Angelo Pellino, era
riunita in Camera di Consiglio dalle 12 di martedì scorso, nell'aula bunker del
carcere di Trapani. Per i due imputati, entrambi detenuti per altre condanne, i
pm della Dda di Palermo Gaetano Paci e Francesco Del Bene avevano chiesto l'ergastolo. Per la pubblica accusa, "il modus operandi seguito nel
delitto Rostagno è quello tipicamente mafioso" e il movente sarebbe da
rincondurre "all'attività giornalistica, destabilizzante della quiete
criminale" che Rostagno conduceva dagli schermi dell'emittente televisiva
locale Rtc. I difensori Stefano Vezzadini e Giancarlo
Ingrassia, per Virga, e Vito e Salvatore Galluffo, per Mazzara, avevano invece
chiesto l'assoluzione dei loro assistiti "per non aver commesso il
fatto".
In aula c'erano la figlia di Rostagno,
Maddalena (oggi è il suo compleanno), l'ex compagna Chicca Roveri e la sorella
del sociologo-giornalista Carla, parti civili nel processo. Presenti anche l'ex
pm e commissario della Provincia di Trapani Antonio Ingroia, che riaprì il
caso, e il portavoce del M5S al Senato, il trapanese Vincenzo Santangelo. La
lettura della sentenza è stata accolta con evidente soddisfazione, accompagnata
in alcuni casi da un pianto liberatorio.
La condanna di Virga e Mazzara fa piazza pulita
della tesi che aveva escluso la matrice mafiosa del delitto e aveva puntato
all'interno della comunità Saman per tossicodipenti, fondata da Rostagno,
adombrando un movente che mescolava storie private con una confusa gestione
della struttura. Per lungo tempo, ha tuonato l'accusa, la ricerca della verità
è stata frenata da "sottovalutazioni inspiegabili, omissioni, miopie".
"Se la Corte d'Assise è arrivata a questa decisione - dice ora il pm Paci - è per lo scrupolo e il rigore impiegati in questi anni di indagine nel non tralasciare alcune ipotesi tra quelle emerse nel tempo".
"Se la Corte d'Assise è arrivata a questa decisione - dice ora il pm Paci - è per lo scrupolo e il rigore impiegati in questi anni di indagine nel non tralasciare alcune ipotesi tra quelle emerse nel tempo".
Il collegio ha condannato i due imputati al
risarcimento delle parti civili tra le quali l'Ordine dei giornalisti, la
comunità Saman, di cui Rostagno era il fondatore, i familiari del sociologo e
l'Associazione della stampa. La Corte ha anche disposto la trasmissione in
Procura delle
deposizioni di una serie di testimoni tra i quali l'ex sottufficiale dei
carabinieri Beniamino Cannas e l'editrice dell'emittente televisiva Rtc,
Caterina Ingrasciotta, televisione privata dalla quale Rostagno denunciava Cosa
nostra e i suoi legami con la massoneria deviata.
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