martedì 11 dicembre 2012

Ierisera, alla "Fabbrica delle e" Piera Aiello, testimone di giustizia, ha presentato il libro 'Maledetta Mafia', scritto insieme al giornalista Umberto Lucentini.

Abbiamo ascoltato le parole coraggiose di una donna che ha scelto di raccontare la mafia.
Piera Aiello aveva solo 18 anni quando ha sposato Nicolò. Nove giorni dopo il matrimonio, il suocero, Vito Atria, un piccolo mafioso locale, viene assassinato. Nel 1991 la stessa sorte tocca al marito, sotto i suoi occhi.
Il momento di svolta è l'incontro con un uomo che una mattina, scrive Piera: "mi ha preso sottobraccio e mi ha piazzato davanti ad uno specchio, eravamo in una caserma dei Carabinieri". Quell'uomo è Paolo Borsellino.


"Da quando lo "zio Paolo" mi ha piazzato davanti a quello specchio e mi ha ricordato chi ero, da dove venivo e dove sarei dovuta andare, sono diventata una testimone di giustizia. Io non ho mai commesso reati, né sono mai stata complice dei crimini di mio marito e dei suoi amici, gli stessi che poi ho accusato nelle aule dei tribunali e nelle corti d'assise. Quel che è certo è che la mia storia, la mia vita, è stata rivoluzionata dalla morte", compresa la morte di Rita Atria, sua cognata, che a 17 anni decide di ribellarsi al sistema mafioso, ma dopo l'assassinio di Borsellino Rita non riesce a reggere al dolore e si toglie la vita. Rita Atria, come Piera Aiello,  diventano l'esempio del "testimone di giustizia" , figura che sarà introdotta nell'ordinamento giuridico italiano con la legge n. 45 del 13 febbraio 2001 

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