Per ritrovare la notizia della sentenza relativa al processo San Michele, ennesima prova conclamata della presenza della 'ndrangheta in Piemonte, occorre visitare le pagine de "La Repubblica", sezione Torino. Sul quotidiano piemontese la Stampa, almeno nella versione "on-line" e per quanto la si sia ricercata, la notizia non viene riportata. Eppure il processo tratta di crimini, rilevanti comessi in Piemonte dalla più potente organizzazione mafiosa , la 'ndrangheta. Così come lascia basiti la mancata richiesta di costituzione a "parte civile" da parte della Regione Piemonte. Perchè?
Acquista pertanto rilievo particolare, nell'articolo pubblicato da "La Repubblica", la riflessione di un esponente politico piemontese il quale dichiara: "(...)le condanne inflitte al processo San Michele dimostrano la rilevanza dei fatti contestati durante tutto il procedimento. E' emerso chiaramente il radicamento della malavita organizzata in Piemonte, i suoi appetiti per le grandi opere, Tav in primis, ed i rapporti con la cosiddetta zona grigia della politica, anche piemontese - sostiene -. Anche oggi abbiamo toccato con mano l'indifferenza della politica rispetto ad un tema che riguarda l'intero territorio (...)".
Parole che sembrano riprendere testualmente le dichiarazioni dell'allora procuratore Gian Carlo Caselli e la sua durissima requisitoria al "processo Minotauro", il processo (lo ricordiamo ancora una volta) che ha fatto emergere chiaramente i legami, "le relazioni" , degli 'ndranghetisti, con "pezzi" del mondo politico e imprenditoriale piemontese. Nella requisitoria del procuratore Caselli, ad essere messa sotto accusa non è sola la criminalità mafiosa ma anche il mondo politico piemontese, colpevole di aver lasciato da sola la magistratura a fronteggiare un cancro, le mafie, la 'ndrangheta; un mondo politico colpevole, riportiamo le testuali parole di Caselli, di “scarsissima sensibilità verso un’emergenza che ha talmente attecchito da non poter neppure essere considerata un’emergenza”. Amara la considerazione del procuratore Caselli: "(...) La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”. (leggi qui l'articolo integrale sulle dichiarazioni di G.C. Caselli).
Ecco perchè la lotta culturale contro le mafie riguarda tutti, ci riguarda in prima persona e investe i nostri personali comportamenti nella comunità, ciacuno per il ruolo e il compito che nella comunità riveste e assolve.
Sempre più vere risuonano le parole di Rita Atria: " (...) la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci".
Fonte: La Repubblica
Torino, 'ndrangheta negli appalti pubblici: sei
condanne. La più alta, per
associazione mafiosa,nel processo San Michele, è di 9 anni e 6
mesi.
Assolto l'imprenditore Lazzaro che aveva svolto lavori per la
Tav. Sei condanne, alcune
delle quali per associazione mafiosa, hanno chiuso oggi a Torino il
processo San Michele relativo alla presenza della 'ndrangheta nel
Nord Ovest.
La pena più alta è di 9 anni e 6 mesi per Vincenzo
Donato. Ci sono state anche tre assoluzioni. Il processo si riferiva
alle infiltrazioni delle 'ndrine crotonesi negli appalti pubblici.
Le altre condanne sono: Luigino Greco a 9 anni e 4 mesi di
reclusione, Pasquale Greco a 3 anni di reclusione e 10mila euro di
multa, Ion Marian Lubine a 5 anni e 5.500 euro di multa, Nicola
Mirante a 9 anni di reclusione, Giovanni Toro a 7 anni. Nicola
Mirante, Vincenzo Donato, Luigino Greco e Giovanni Toro sono stati
riconosciuti colpevoli di associazione mafiosa o, a seconda delle
posizioni, di concorso esterno. Gianluca Donato, Francesco Gatto e
Ferdinando Lazzaro sono stati assolti.
Lazzaro è un imprenditore
della Valle di Susa che in passato aveva svolto lavori per la Tav. In
questo processo rispondeva solo di reati ambientali relativi alla
gestione di una cava in bassa Valle. All'imprenditore Mauro Esposito,
che aveva denunciato di avere subito pressioni dalla 'ndrangheta, è
stata riconosciuta una provvisionale di 100mila euro. "Sono contento della
sentenza, confido sul prosieguo per i prossimi gradi di giudizio. Il
giudice ha riconosciuto l'associazione per delinquere di stampo
mafioso e l'estorsione a mio danno perpetrata da una serie di
soggetti tra cui Nicola Mirante. Mi sono stati riconosciuti i danni
che dovranno essere quantificati in sede civile e una provvisionale
di 100 mila euro". Così l'imprenditore piemontese Mauro
Esposito, testimone chiave nel processo San Michele, commenta le
condanne che hanno chiuso a Torino il processo relativo alla presenza
della 'ndrangheta nel Nord Ovest. Spero che adesso tutte le
istituzioni che mi hanno creato dei problemi, innanzitutto Inarcassa,
mi vengano incontro alla luce della sentenza: le mie denunce erano
fondate. Ringrazio tutti i parlamentari che mi sono stati vicino, in
particolare il senatore Stefano Esposito e il deputato Davide
Mattiello, entrambi della Commissione parlamentare Antimafia",
conclude Esposito.
"Siamo soddisfatti.
L'impianto accusatorio ha retto". Così il procuratore Roberto
Sparagna al termine del processo San Michele questa mattina in
Tribunale a Torino."Con San Michele si è ampliato il quadro
relativo alla presenza della 'ndrangheta nel Nord Ovest. Per questo
bisogna tenere presente le differenze con il processo Minotauro (che
ha permesso di scoprire la presenza di una decina di 'localì legate
tra loro e dipendenti dalla 'casa madre' del Reggino, ndr). Qui -
continua Sparagna - non si parla di 'locali' ma di "ndrine",
così come non si parla dell' 'ndrangheta di Reggio Calabria ma di
quella di Crotone".
In una nota il capogruppo
regionale di M5s, Giorgio Bertola afferma che "le condanne
inflitte al processo San Michele dimostrano la rilevanza dei fatti
contestati durante tutto il procedimento. E' emerso chiaramente il
radicamento della malavita organizzata in Piemonte, i suoi appetiti
per le grandi opere, Tav in primis, ed i rapporti con la cosiddetta
zona grigia della politica, anche piemontese - sostiene -. Anche oggi
abbiamo toccato con mano l'indifferenza della politica rispetto ad un
tema che riguarda l'intero territorio - aggiunge l'esponente
pentastellato -. Un'indifferenza già messa in evidenza dalla mancata
costituzione di parte civile al processo da parte della Regione
Piemonte. Una macchia indelebile che sarà colmata, almeno in parte,
dalla legge regionale 2/2016 promossa dal Movimento 5 Stelle che
obbliga l'ente a costituirsi parte civile nei processi per mafia
avvenuti sul nostro territorio".
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