Il dovere della Memoria.12 dicembre 1969 alle ore 16:37, piazza Fontana a Milano. Una bomba scoppia nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura uccidendo diciassette persone (quattordici morirono sul colpo) e ferendone altre ottantotto.
La strage fascista di piazza Fontana viene generalmente considerata come l'inizio della cosiddetta strategia della tensione. Tuttavia, è forse più corretto indicare come primo atto di quella strategia addirittura la Strage di Portella delle Ginestre, avvenuta il 1 maggio del 1947 per mano dei banditi della banda Giuliano, ma che ebbe come "mandanti" la mafia siciliana, in combutta e al soldo dei latifondisti, e quelli che ora chiamiamo "poteri forti".
La verità è che ci sono stati in Italia, e certamente ci sono ancora, uomini che hanno pensato fosse conveniente, a qualcosa e a qualcuno, uccidere uomini e donne innocenti. Morti innocenti, delitti oscuri perpetrati da mani a cui abbiamo dato il nome di mafie, bande, terroristi, servizi segreti deviati, golpisti: delitti commessi pensando che, in Italia, potesse servire spargere sangue innocente, per seminare paure e insicurezza per annientare persone, idee e valori; per impedire o indirizzare cambiamenti.
Tutti i processi sinora dibattuti lo hanno stabilito senza il minimo dubbio: la strage di Piazza Fontana fu commessa da un gruppo di neofascisti che ideò ed eseguì l'attentato. Accanto a loro, uomini dei servizi segreti "deviati", terroristi, massoneria, forze "indicibili". Ma a distanza di tanti anni nessuno è stato condannato. Anche quella di Piazza Fontana, una "strage (di pezzi) di Stato" senza Giustizia. Vergogna!Milano, 12 Dicembre 1969 ore 16,36 |
Le parole del giudice Salvini, il giudice che ha condotto l’ultima istruttoria sulla strage: "(...) La strage di Piazza Fontana non è un mistero senza mandanti, un evento attribuibile a chiunque magari per pura speculazione politica. La strage fu opera della destra eversiva, anello finale di una serie di cerchi concentrici uniti (come disse nel 1995, alla Commissione Parlamentare Stragi, Corrado Guerzoni, stretto collaboratore di Aldo Moro) se non proprio da un progetto, da un clima comune. Nei cerchi più esterni c’erano forze che contavano di divenire i “beneficiari” politici di simili tragici eventi. Completando la metafora, i cerchi più esterni, appartenenti anche alle Istituzioni di allora, diventarono subito una struttura addetta a coprire l’anello finale, cioè gli esecutori della strage quando il “beneficio” risultò impossibile poichè quanto avvenuto aveva provocato nel Paese una risposta ben diversa da quella immaginata: non di sola paura, ma di giustizia e di mobilitazione contro piani antidemocratici.
Per questo non dobbiamo vivere l’anniversario del 12 dicembre solo con amarezza, o addirittura rimuovendolo, ma trarne un insegnamento utile, sopratutto per le giovani generazioni. La memoria serve anche a ridurre il rischio che simili trame a danno delle istituzioni e simili sofferenze in danno dei cittadini possano nel futuro ripetersi."
Fonte: Articolo originale tratto da Focus.it Storia
La verità su Piazza Fontana
Il 12 dicembre 1969, esattamente 44 anni fa, una bomba esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, provocando 17 morti e 88 feriti. 10 anni di processi, depistaggi, condanne e assoluzioni. Ma cosa è successo veramente? La ricostruzione di Guido Salvini, il giudice che ha condotto l’ultima istruttoria in ordine di tempo, in un articolo tratto da Focus Storia.
Tutto ebbe inizio il 12 dicembre 1969, con le bombe all’Altare della Patria e nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro a Roma, con alcuni feriti. E, in contemporanea, con la terribile bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti. E che ebbe anche l’effetto di mutare l’ottimismo di molti giovani di allora in sfiducia verso le istituzioni del loro Paese. Su questa strage sono stati celebrati dieci processi, con depistaggi, fughe all’estero di imputati, latitanze più che decennali, condanne, assoluzioni. Fino alla definitiva assoluzione dei presunti esecutori: Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Maria Maggi. «Ma non dell’area nazifascista che aveva organizzato la strage e di quella parte degli apparati dello Stato con loro
collusa, per favorire, attraverso la paura, l’insediamento di un governo autoritario in Italia» afferma il giudice milanese Guido Salvini. Il giudice Salvini ha condotto l’ultima istruttoria in ordine di tempo su Piazza Fontana, durata dal 1989 al 1997, sulla base della quale si sono avute la condanna degli imputati in primo grado (30 giugno 2001) e la loro assoluzione in appello (12 marzo 2004) con conferma dell’assoluzione in Cassazione (3 maggio 2005).
il giudice Guido Salvini |
Giudice Salvini, nonostante non si sia arrivati alla definitiva condanna processuale di singole persone, Lei continua a essere un testimone della memoria storica su quei fatti. In che cosa consiste oggi questa memoria?
Tutte le sentenze su Piazza Fontana anche quelle assolutorie, portano alla conclusione che fu una formazione di estrema destra, Ordine Nuovo, a organizzare gli attentati del 12 dicembre. Anche nei processi conclusi con sentenze di assoluzione per i singoli imputati è stato comunque ricostruito il vero movente delle bombe: spingere l’allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l’insediamento di un governo autoritario. Come accertato anche dalla Commissione Parlamentare Stragi, erano state seriamente progettate in quegli anni, anche in concomitanza con la strage, delle ipotesi golpiste per frenare le conquiste sindacali e la crescita delle sinistre, viste come il “pericolo comunista”, ma la risposta popolare rese improponibili quei piani.
L’on. Rumor fra l’altro non se la sentì di annunciare lo stato di emergenza. Il golpe venne rimandato di un anno, ma i referenti politico-militari favorevoli alla svolta autoritaria, preoccupati per le reazioni della società civile, scaricarono all’ultimo momento i nazifascisti. I quali continuarono per conto loro a compiere attentati. Cercarono anche di uccidere Mariano Rumor, con la bomba davanti alla Questura di Milano (4 morti e 45 feriti), del 17 maggio 1973, reclutando il terrorista Gianfranco Bertoli.
Perché non si è arrivati ad avere sufficienti prove sulle responsabilità personali nell’attentato di piazza Fontana?
L’assoluzione definitiva è stata pronunciata con una formula che giudica incompleto ma non privo di valore l'insieme delle prove raccolte. Sono esistiti in questa vicenda pesanti depistaggi da parte del mondo politico e dei servizi segreti del tempo. Però non è del tutto esatto che responsabilità personali non siano state comunque accertate nelle sentenze. Almeno un colpevole c’è anche nella sentenza definitiva della Cassazione del 2005. Si tratta di Carlo Digilio, l’esperto in armi e in esplosivi del gruppo veneto di Ordine Nuovo, reo confesso, che fornì l’esplosivo per la strage ed il quale ha anche ammesso di essere stato collegato ai servizi americani.
Digilio ha parlato a lungo delle attività eversive e della disponibilità di esplosivo del gruppo ordinovista di Venezia,di cui faceva parte Delfo Zorzi, assolto poi per la strage in pratica per incompletezza delle prove nei suoi confronti, in quanto la Corte non ha ritenuto sufficienti i riscontri di colpevolezza raggiunti. Né sono bastate le rivelazioni di Martino Siciliano che aveva partecipato agli attentati preparatori del 12 dicembre insieme a quel gruppo, con lo scopo di creare disordine e far ricadere le accuse su elementi di sinistra.
Ma in tutte le tre ultime sentenze risultano confermate le responsabilità degli imputati storici di Piazza Fontana, pure loro di Ordine Nuovo: i padovani Franco Freda e Giovanni Ventura. Essi però, già condannati in primo grado nel processo di Catanzaro all’ergastolo, e poi assolti per insufficienza di prove nei gradi successivi, non erano più processabili. Perché in Italia, come in tutti i paesi civili, le sentenza definitive di assoluzione non sono più soggette a revisione.
Ci può spiegare meglio? Intende dire che Freda…
Sì, se Freda e Ventura fossero stati giudicati con gli elementi d’indagine arrivati purtroppo troppo tardi, quando loro non erano più processabili, sarebbero stati, come scrive la Cassazione, condannati.
l'arresto di Franco Freda e Giovanni Ventura |
L’elemento nuovo, storicamente determinante, sono state le testimonianze di Tullio Fabris, l’elettricista di Freda che fu coinvolto nell’acquisto dei timer usati il 12 dicembre per fare esplodere le bombe. La sua testimonianza venne acquisita solo nel 1995. Un ritardo decisivo e “provvidenziale”. Perché Fabris nel 1995 descrisse minuziosamente come nello studio legale di Freda, presente Ventura, furono effettuate le prove di funzionamento dei timers poi usati come innesco per le bombe del 12 dicembre.
Le nuove indagini hanno anche esteso la conoscenze dei legami organici fra i nazifascisti, elementi dei Servizi Segreti militari e dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, diretto all’epoca da Federico Umberto D’Amato.
E c’è di più: il senatore democristiano Paolo Emilio Taviani, in una sofferta testimonianza resa poco prima di morire e purtroppo non acquisita dalle Corti milanesi, ha raccontato di aver appreso che un agente del Sid, l'avvocato romano Matteo Fusco, il pomeriggio del 12 dicembre del 1969 era in procinto di partire da Fiumicino alla volta di Milano in quanto incaricato, seppure tardivamente, di impedire gli attentati che stavano per avere conseguenze più gravi di quelle previste. Tale "missione" non riuscita, confermata dalla testimonianza della figlia ancora vivente dell'avvocato Fusco, che aveva ben presente il rammarico del padre negli anni per non avere potuto evitare la strage, indica ancora una volta che la campagna di terrore non fu solo il parto di un gruppetto di fanatici, ma che a Roma almeno una parte degli apparati istituzionali era a conoscenza della preparazione degli attentati e cercò solo all'ultimo momento di ridurne gli effetti. Dopo l’esito tragico, si adoperarono per calare una cortina fumogena sulle responsabilità a livello più alto.
La frammentazione delle prove nei tanti processi ha favorito questa cortina fumogena?
Indubbiamente. Ma la ricostruzione dell'accusa, senza effetti, ripeto, su persone non più processabili, è che il gruppo di Freda acquistò valige fabbricate in Germania in un negozio di Padova e comprò i timer di una precisa marca che mise nelle valige insieme con l’esplosivo procurato probabilmente dal gruppo veneziano che disponeva di propri depositi. Alcune valige furono portate a Roma e consegnate ad esponenti di Avanguardia Nazionale che effettuarono gli attentati minori all'Altare della Patria. Altri militanti invece raggiunsero Milano con altre due valige esplosive, attesi dai referenti locali di Ordine nuovo. Una bomba alla Banca Commerciale in piazza della Scala non esplose, l’altra alla banca dell’Agricolura, in piazza Fontana, provocò la strage.
Entrambi gli obiettivi,le banche e l'Altare della Patria, potevano essere letti in una chiave anticapitalista ed antimilitarista in modo da far ricadere la colpa sugli anarchici ed in genere sulla sinistra.
Tre giorni dopo la strage però un anarchico, Giuseppe Pinelli, volò dal quarto piano della
Questura di Milano. Un altro anarchico, Pietro Valpreda, fu incarcerato e indicato come il “mostro” nelle prime pagine dei quotidiani e nei telegiornali. Quando non si pensava nemmeno lontanamente a Internet e sistemi tipo Wikipedia, un gruppo di giovani, in soli sei mesi, scambiandosi informazioni, mise in piedi una controinchiesta collettiva, raccolta in un famoso libro “ La strage di Stato”. Che valore ebbe questo loro impegno per le indagini giudiziarie successive?
Fu davvero profetico e quasi propedeutico rispetto agli accertamenti giudiziari avvenuti dopo. Soprattutto, ebbe il merito di smontare rapidamente la pista anarchica fabbricata apposta da infiltrati di Ordine nuovo, di Avanguardia nazionale e dei servizi segreti, per depistare le indagini e mettere sotto accusa di fronte all’opinione pubblica gli anarchici e, per estensione, gli studenti contestatori e le forze di sinistra impegnate nelle lotte sindacali di quel periodo, preparando così il clima per la svolta autoritaria. Che non ci fu, anche perchè la grande stampa, dopo un po’, fece suoi molti temi di quel libro inchiesta.
Quali conclusioni si devono trarre oggi da questa storia?
La strage di Piazza Fontana non è un mistero senza mandanti, un evento attribuibile a chiunque magari per pura speculazione politica. La strage fu opera della destra eversiva, anello finale di una serie di cerchi concentrici uniti (come disse nel 1995, alla Commissione Parlamentare Stragi, Corrado Guerzoni, stretto collaboratore di Aldo Moro) se non proprio da un progetto, da un clima comune. Nei cerchi più esterni c’erano forze che contavano di divenire i “beneficiari” politici di simili tragici eventi. Completando la metafora, i cerchi più esterni, appartenenti anche alle Istituzioni di allora, diventarono subito una struttura addetta a coprire l’anello finale, cioè gli esecutori della strage quando il “beneficio” risultò impossibile poichè quanto avvenuto aveva provocato nel Paese una risposta ben diversa da quella immaginata: non di sola paura, ma di giustizia e di mobilitazione contro piani antidemocratici.
Per questo non dobbiamo vivere l’anniversario del 12 dicembre solo con amarezza, o addirittura rimuovendolo, ma trarne un insegnamento utile, sopratutto per le giovani generazioni. La memoria serve anche a ridurre il rischio che simili trame a danno delle istituzioni e simili sofferenze in danno dei cittadini possano nel futuro ripetersi.
"È scoppiata una caldaia", questo il primo allarme alla centrale radio della questura. Invece era l'eplosione dell'esplosivo chiuso in una valigetta. Diciassette morti, una novantina i feriti. In 300mila andarono ai funerali, chiunque c'è stato ricorda il silenzio e il vento. Il golpe, che molti temevano, non ci fu. E basta riascoltare i cinegiornali Luce per rendersi conto come la violenza stragista ''non passò'' tra la gente comune
Inspiegabili ci appaiono le accuse a Pietro Valpreda, anarchico, bollato come "il mostro" sin dalle prime fai delle indagini.Innegabili alcuni "depistaggi", eseguiti da uomini di Stato durante le varie indagini sulle stragi, e le responsabilità neo-fasciste.
Lostesso Valpreda, rimasto in carcere innocente per più di tre anni, diceva: "Un tassista ha riconosciuto me, stanco e spettinato, tra alcuni agenti ben rasati e puliti, avvalorando le balle della polizia. Quasi subito è emersa la verità, e cioè che quella a Milano era una bomba dei gruppi fascisti d'accordo con i servizi segreti, nel quadro di un disegno europeo, ma bisognava trovare un colpevole di sinistra, e chi c'era di meglio di noi?".
Lostesso Valpreda, rimasto in carcere innocente per più di tre anni, diceva: "Un tassista ha riconosciuto me, stanco e spettinato, tra alcuni agenti ben rasati e puliti, avvalorando le balle della polizia. Quasi subito è emersa la verità, e cioè che quella a Milano era una bomba dei gruppi fascisti d'accordo con i servizi segreti, nel quadro di un disegno europeo, ma bisognava trovare un colpevole di sinistra, e chi c'era di meglio di noi?".
Spaventosa è la morte di un altro anarchico, Giuseppe Pinelli, avvenuta in questura a Milano, durante un interrogatorio illegale: precipitò dalle finestre dell'ufficio politico diretto dal commissario Luigi Calabresi.
E la gigantesca tragedia non finisce qui. Lo stesso Calabresi - occorre ricordare altre due essenziali date - venne ucciso sotto casa, sempre a Milano, in via Cherubini il 17 maggio del '72. E, un anno dopo, davanti alla questura in via Fatebenefratelli, mentre si teneva la celebrazione dell'omicidio, arrivò un soggetto che mai ha aperto seriamente bocca, Gianfranco Bertoli, il quale lanciò una bomba, che uccide quattro persone e ne ferisce 45.La lapide in memoria di Giuseppe Pinelli |
Avevo 17 anni e tanta, tanta rabbia (e paura, anche). Il clima politico era rovente: mesi prima, pochi mesi prima c'erano state le stragi di Avola e Battipaglia. Ora non le ricorda più nessuno, se non quelli della mia età, i sopravvissuti: contadini uccisi per qualche lira in più di salario; leggete quest'articolo scritto a caldo in un settimanale allora di sinistra:http://temi.repubblica.it/espresso-il68/1968/12/08/volevano-solo-trecento-lire-in-piu/?printpage=undefined. Era l'italia contadina, dalle mani rugose, in un'Italia che stava risorgendo dalla guerra. Facevo la terzaliceo classico: i funerali dei morti di Piazza Fontana li ricordo come fosse stamattina: prima alla Statale dove Capanna dettò i criteri di partecipazione degli studenti("niente bandiere, ma militanza attenta" furono se sue parole). Non ricordo il vento, ma un gran freddo e un cielo così nero (da smog) come non ricordo di aver mai più visto nemmeno a Milano. Nero come il nostro cuore. Nero come la rabbia infinita: avevamo, tutti, capito in quale trama nera stavasno cacciando l'Italia. Valpreda, Pinelli, quella maledetta finestra della Questura di via Fatebenefratelli, che tutti avevamo visto ameno una volta quando si andava per il passaporto. E gli urli dei giornali sui "colpevoli". Ma l'Italia democratica resistette: allora militavo nel PCI e c'era una consapevolezza diffusa, una partecipazione collettiva dura come il cemento che nè fascisti, nè poliziotti corrotti, nè massoni più o meno "coperti" sono riusciti a scalfire. Sapevamo, tutti sapevamo. E abbiamo reagito: nelle scuole, in fabbrica. Così come subito dopo, con le BR e le altre sigle nere e pseudo rosse mio fratello, che era ingegnere alla Sit Siemens e segretario di una sezione del PCI, aveva una macchina della polizia che passava di ronda sotto casa. E sentire stamattina alla radio un "giornalista" de "Il Post" dire che non si è mai capito dalle sentenze se la strage fosse di destra o di sinistra, mi ha fatto indignare: significa non solo non conoscere la realtà e il testo delle sentenze, ma mistificare la realtà e stravolgerla. Non è mica vero che il tempo fa dimenticare tutto (e così certi personaggi possono permettersi certe fandonie): quel cielo nero e quel silenzio di 300mila persone in Piazza del Duomo sono indimenticabili! Come la mia paura di liceale che stava affacciandosi alla vita!
RispondiEliminaGrazie ManlioLeggeri per aver vo lutocondividere la sua esperienza,la vita sua e di tanticome Lei, in quei giorni nei quali parte del popolo italiano, dei milanesi, seppe opporre "resistenza" alla barbarie terroristica fascista.
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