"Perchè hanno ucciso ucciso un sacerdote?"
In uno dei nostri ultimi incontri nelle scuole pinerolesi, abbiamo provato a porre questa domanda ( banale?) alle ragazze e ai ragazzi della media. Raccontavamo loro che in quegli anni tragici, per loro così lontani, la camorra avevano ucciso un sacerdote, si chiamava don Beppe Diana, pochi mesi dopo l'assassinio di un altro sacerdote, don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia siciliana.
La domanda: "Perchè hanno ucciso ucciso un sacerdote?"
La risposta di uno dei ragazzi: " Forse perchè provava ad insegnare pace e amore ai mafiosi.."
Per don Beppe Diana, per don Pino Puglisi, così come per tanti di coloro di cui leggeremo il nome il prossimo 22 marzo, vale quella risposta : "Forse perchè provava ad insegnare pace e amore ai mafiosi.". Perchè insegnare Pace e Amore che vuol dire insegnare il significato di Giustizia, Dignità, Libertà. Per questo sono morti
Don beppe Diana, aveva firmato la sua condanna a morte con una lettera: " Per amore del mio Popolo non tacerò", un documento diffuso nel Natale del 1991 nelle chiese di Casal di
Principe e della zona
aversana insieme ai parroci della foranìa.
Tratto da GOMORRA di R. Saviano: "(...) Don Peppino iniziò a mettere in dubbio la fede cristiana dei boss. In terra di camorra il messaggio cristiano non viene visto in contraddizione con l'attività camorristica: il boss spesso dice di essere un “buon cristiano”, dà soldi per le feste. Per i camorristi uccidere non è un peccato grave: ammazzare qualcuno viene considerato come un peccato che verrà compreso e perdonato da Cristo in nome della necessità (...) I suoi killer non scelsero una data a caso. Scelsero il giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994. Mattina prestissimo. Don Peppino non si era ancora vestito con i paramenti per la Messa. Stava in una sala riunioni della chiesa. Non era immediatamente riconoscibile.
"Chi è don Peppino?"
"Sono io..."
L'ultima risposta. Cinque colpi che rimbombarono nelle navate della chiesa, due pallottole lo colpirono al volto, le altre bucarono la testa, il collo e una mano. Avevano mirato alla faccia, come si fa per i peggiori nemici. Don Peppino si stava preparando per celebrare la prima messa. Aveva trentasei anni."
Per amore del mio Popolo non tacerò
« Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di
tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti
delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori
della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra
responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa
“dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima
beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del
superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio
sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.
La Camorra
La Camorra oggi è una forma di
terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare
componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la
violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le
nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna
autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori
edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per
l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a
schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni
criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli
devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la
fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e
del crimine organizzato.
Precise responsabilità politiche
È oramai chiaro che il
disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l'infiltrazione del potere
camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello
Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione,
lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo
rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d'intermediari che sono
la piaga dello Stato legale. L'inefficienza delle politiche occupazionali,
della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri
paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno
che passa, l'inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi
cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere
che l'Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per
permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità”
di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità
avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze,
di esempi, per essere credibili.
Impegno dei cristiani
Il nostro impegno profetico di
denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.
Il Profeta fa da sentinella: vede
l'ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele
3,16-18);
Il Profeta ricorda il passato e
se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
Il Profeta invita a vivere e lui
stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
Il Profeta indica come
prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è
nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della
notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio
della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.
NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO
Appello
Le nostre “Chiese hanno, oggi,
urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani
pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici
di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò
gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri
pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte
quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa
che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia
e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel
segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam.
3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con
Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La
continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro
penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come
assenzio e veleno”. »
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