"La
mafia c'è perché c'è mercato per i suoi servizi". Lo aveva sottolineato
Gian Carlo Caselli nella sua requisitoria da Procuratore capo di Torino al
processo Minotauro, L'inchiesta, che ha visto coinvolti diversi amministratori locali, si è trasformata in un duro atto d’accusa alla politica
piemontese; a quella politica che per
anni ha negato l’esistenza della mafia al nord. Nella sua requisitoria, Il
procuratore si era concentrato proprio sulle “relazioni esterne” della mafia. “La
mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono
tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che
non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori,
che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”.
Ilda Boccassini |
Riportiamo allora la notizia che pare l'esatta conferma di quanto aveva affermato Caselli: la "banca della 'ndrangheta" scoperta a Milano dall'indagine condotta dai giudici Ilda Boccassini e Giuseppe Pensabene. Anche in questo caso, la mafia c'è perché c'è mercato per i suoi servizi"
Fonte: La Repubblica
Milano, scoperta la banca della 'Ndrangheta: riciclava il denaro degli imprenditori, 33 arresti
Con l'accusa di riciclaggio e
concorso in associazione mafiosa una decina di imprenditori sono stati
arrestati. Il perno dell'indagine coordinata dall'aggiunto Ilda Boccassini è
Giuseppe Pensabene, ex soldato della famiglia Imerti nella guerra mafiosa
Si sta concludendo in
queste ore una retata anti-ndrangheta che sembra avere aspetti incredibili.
La squadra Mobile di Milano ha
chiuso - queste le prime indiscrezioni - una specie di 'banca
autonoma' della 'ndrangheta, gestita da un'organizzazione capace sia di
riciclare con facilità il denaro di imprenditori che volevano evadere il fisco,
sia di prestare soldi e di reinvestire in aziende sane. Gli ordini di
cattura riguardano oltre tranta persone. Il perno sul quale ruota l'indagine è
Giuseppe Pensabene, ex soldato della famiglia Imerti nella guerra di
'ndrangheta, diventato però al Nord un usuraio-ragioniere, capace di tenere a
freno le armi e usare la testa. In un'intercettazione viene definito "come
la banca d'Italia" ed era anche il reggente della Locale di Desio, il clan
in larga parte sgominato dall'inchiesta Infinito.
Una decina sarebbero gli imprenditori che in queste ore stanno perdendo
la libertà, proprio con l'accusa di
riciclaggio o di concorso in associazione mafiosa, gli arrestati sono in
tutto 33. Come sinora non hanno parlato
loro, così nessuna denuncia è stata presentata da altri imprenditori o
commercianti vittime di usura: alcuni si erano messi al servizio del clan.
Pochi i dettagli che trapelano dal blitz, ma sembra anche che, per la prima
volta in maniera così vasta, ci siano sequestri preventivi di beni mobili e
immobili ai danni delle persone finite nell'inchiesta firmata dai magistrati
D'Amico e Boccassini.
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