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martedì 3 marzo 2015

In nome del popolo inquinato: subito i delitti ambientali nel Codice penale

Chiediamo al Senato di approvare subito il disegno di legge sull’introduzione dei delitti ambientali nel Codice penale.

L’Italia ha bisogno di una vera e propria riforma di civiltà, che sanerebbe una gravissima anomalia: oggi chi ruba una mela al supermercato può essere arrestato in flagranza perché commette un delitto, quello di furto, mentre chi inquina l’ambiente no, visto che nella peggiore delle ipotesi si rende responsabile di reati di natura contravvenzionale, risolvibili pagando un’ammenda quando non vanno – come capita molto spesso – in prescrizione. Non esistono nel nostro Codice penale, infatti, né il delitto di inquinamento né tantomeno quello di disastro ambienta. Uno squilibrio di sanzione anacronistico, insostenibile e a danno dell’intero Paese, che garantisce spesso l’impunità totale agli ecocriminali e agli ecomafiosi.

 



Oggi, finalmente, siamo vicini a una svolta. Nel febbraio 2014, infatti, la Camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza un disegno di legge che inserisce 4 delitti ambientali nel nostro Codice penale: inquinamento ambientale, trasporto e abbandono di materiale radioattivo, impedimento al controllo e disastro ambientale. Il testo, però, è inspiegabilmente fermo da mesi al Senato, per alcuni limiti tecnici che sarebbero facilmente superabili con poche modifiche.
Approvarlo prima possibile rappresenterebbe, invece, una pietra miliare nella lotta alla criminalità ambientale, garantendo una tutela penale dell’ambiente degna di questo nome e, soprattutto, assicurando strumenti investigativi fondamentali per le forze dell’ordine e la magistratura. Serve un ultimo sforzo, perché non c’è più tempo da perdere. In nome di quel popolo inquinato che attende da troppo tempo giustizia, è giunto il momento che ciascuno si assuma le proprie responsabilità davanti al Paese.

  i primi firmatari della richiesta al Parlamento Italiano
Vittorio Cogliati Dezza, presidente Legambiente
Luigi Ciotti, presidente Libera
Vincenzo Vizioli, presidente Aiab
Fulvio Aurora, segretario AIEA - Associazione italiana esposti amianto
Francesca Chiavacci, presidente Arci
Dino Scanavino, presidente Cia - Confederazione italiana agricoltori
Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti
Natale Belosi, coordinatore comitato scientifico Ecoistituto di Faenza
Andrea Carandini, presidente Fai - Fondo Ambiente Italia
Filippo Brandolini, presidente Federambiente
Forum italiano dei movimenti per l’acqua
Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo Greenpeace Italia
Gianluca Felicetti, presidente Lav
Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club
Link Coordinamento Universitario
Fulvio Mamone Capria, presidente Lipu
Roberto Romizi, presidente Medici per l’ambiente - Isde Italia
Piergiorgio Duca, presidente Medicina Democratica
Rete della Conoscenza
Beniamino Ginatempo, presidente Rifiuti Zero Sicilia
Franco Iseppi, presidente Touring Club Italiano
Unione degli Studenti
Donatella Bianchi, presidente WWF Italia
Rossano Ercolini, presidente Zero Waste Italy
Lettera a

martedì 10 giugno 2014

A Casal di Principe la camorra ha perso!

Forse il segnale più bello giunto da questa tornata elettorale arriva proprio dalla "terra dei fuochi". Mentre altrove sono spesso ritornati alla carica -e sono stati eletti- "opportunisti e carrieristi", così scrive Roberto Saviano a proposito di quanto è avvenuto nella "terra dei fuochi": "La camorra, questa volta, ha perso. Renato Natale sindaco di Casal di Principe. Chi diceva che raccontare è diffamare? Chi diceva che parlare sempre di camorra distrugge e non costruisce? Ecco dimostrato esattamente il contrario." http://goo.gl/FImrGP



La favola bella è che questo succede ora, in terra di mafie, quando si ha il coraggio di "raccontare" la verità. 
Dopo lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche e due anni di commissariamento, a Casal di Principe,  si è tornati a votare. Ha vinto Franco Natale, sostenuto dalle liste civiche Ricostruiamo e Casale Rinasce, che con il 68% è risultato nettamente avanti a Enricomaria Natale fermo al 32%. Lo aveva scritto Roberto Saviano in Gomorra: Renato Franco Natale, nel 1993 era stato il primo Sindaco di Casal di Principe ad aver indicato nella lotta alla camorra, nella gestione trasparente e onesta del bene pubblico, il cardine della sua azione politica e aministrativa. La sua amministrazione durò solo pochi mesi , interrotta dall'assassinio di Don Beppe Diana, il simbolo della lotta alla camorra,  ucciso il 19 marzo 1994 dai sicari dei casalesi
Riportiamo il brano di Gomorra nel quale si racconta l'assassinio di Don Beppe Diana e, di seguito la sua lettera Per amore del mio Popolo non tacerò

Don Bepppe Diana
Tratto da GOMORRA di R. Saviano:  "(...) Don Peppino iniziò a mettere in dubbio la fede cristiana dei boss. In terra di camorra il messaggio cristiano non viene visto in contraddizione con l'attività camorristica: il boss spesso dice di essere un “buon cristiano”, dà soldi per le feste. Per i camorristi uccidere non è un peccato grave:  ammazzare qualcuno viene considerato come un peccato che verrà compreso e perdonato da Cristo in nome della necessità (...) I suoi killer non scelsero una data a caso. Scelsero il  giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994. Mattina prestissimo. Don Peppino non si era ancora vestito con i paramenti per la Messa. Stava in una sala riunioni della chiesa. Non era immediatamente riconoscibile.
 "Chi è don Peppino?"
 "Sono io..."
L'ultima risposta. Cinque colpi che rimbombarono nelle navate della chiesa, due pallottole lo colpirono al volto, le altre bucarono la testa, il collo e una mano. Avevano mirato alla faccia, come si fa per i peggiori nemici.  Don Peppino si stava preparando per celebrare la prima messa. Aveva trentasei anni."

Per amore del mio Popolo non tacerò
« Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.
La Camorra
La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.
Precise responsabilità politiche
È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l'infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d'intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L'inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l'inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l'Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.
Impegno dei cristiani
Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.
Il Profeta fa da sentinella: vede l'ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.
NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO
Appello
Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”. »



giovedì 1 maggio 2014

1 MAGGIO: Dalla strage di Portella delle Ginestre alla morte di Roberto Mancini

La Costituzione Italiana pone il tema del Lavoro ai primi quattro punti dei  Principi Fondamentali. Rileggiamo quei Principi! Comprenderemo allora perché, alla luce delle vicende storiche passate e presenti,  proprio il Lavoro in Italia sia stato usato come arma di ricatto dalle forme di potere -palesi e occulte- che dominano la storia di questo Paese. Anche contro questo, contro il ricatto del lavoro, manifestavano i contadini di quel I maggio del 1947 a Portella delle Ginestre. 
Proprio in queste ore LIBERA vuole esprimere vicinanza e affetto ai familiari di Roberto Mancini, morto ieri a causa di un tumore per aver voluto svolgere con onore, coerenza e coraggio il suo lavoro. Roberto Mancini era Sostituto Commissario di Polizia a Roma e nella seconda metà degli anni '80 aveva iniziato ad occuparsi di ecomafie e traffici illegali di rifiuti. 
Fu il primo ad accorgersi di cosa stava accadendo nella "terra dei fuochi".
la stele che ricorda la strage di Portella delle Ginestre avvenuta il 1 maggio 1947
Roberto Mancini, il poliziotto che scoprì cosa avveniva nella "terra dei fuochi"

La connivenza, la complicità, fra mala-politica e mafie è poi un corollario drammatico, scandaloso, inequivocabile, provato. Scandaloso è vedere come i comportamenti del "potere" abbiano ricalcato esattamente i principi del potere mafioso: così come i capi-mafia siciliani distribuivano  le terre ai contadini - ingiustamente, non per merito bensì per "appartenentza o contiguita", per ricatto!- così il "Potere" concede spesso il Lavoro. Da principio a fondamento di una nazione, il Lavoro è diventato merce di scambio, regalia per compensare e premiare amici e servi del potere: uno scambio che appare "ricatto"
Anche contro questo, contro il ricatto del lavoro, manifestavano i contadini di quel I maggio del 1947 a Portella delle Ginestre. 
Roberto Mancini
Roberto Mancini era Sostituto Commissario di Polizia a Roma. Nella seconda metà degli anni '80 iniziò ad occuparsi di ecomafie e traffici illegali di rifiuti. Fu il primo ad accorgersi di cosa stava accadendo nella "terra dei fuochi". Nel '95 consegnò alla procura di Napoli il risultato delle sue indagini in una nota informativa, se fosse stata presa in considerazione forse il disastro ambientale e umano che tutti conosciamo si sarebbe potuto evitare. Nella sua vita professionale Roberto si è sempre occupato di reati ambientali legati al ciclo di rifiuti. 15 anni di attività al servizio dello Stato che lo hanno esposto a gravissimi rischi. La lunga e costante esposizione con materiali tossici e scorie radioattive ha stroncato la sua volontà di consegnare alla giustizia i delinquenti che avvelenano l'ambiente e la vita delle persone. Roberto Mancini è morto ieri, 30 aprile 2014, a Perugia per un linfoma non Hodgkin contro cui ha combattuto per anni. Una "malattia professionale" per la quale lo Stato gli ha riconosciuto 5000 euro. Chiediamo alle Istituzioni che sia presto riconosciuto l'alto valore della sua missione. 
Non saremo mai abbastanza grati a Roberto Mancini per il suo prezioso lavoro al servizio della comunità, portato avanti a rischio della vita, anche accanto a Legambiente. A lui dedicheremo il prossimo Rapporto Ecomafia.

venerdì 15 novembre 2013

Combattere la culture della mafie significa davvero essere "sentinelle del territorio" per difendere la Bellezza delle nostre vite.

Lo sappiamo. Combattere la culture della mafie significa davvero essere "sentinelle del territorio" per difendere la Bellezza delle nostre vite.

 Dopo 16 anni, sono diventate pubbliche le dichiarazioni sconvolgenti che l’ex boss del clan dei casalesi, Carmine Schiavone, aveva reso alla commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Solventi, scarti industriali, edili, ospedalieri, fusti tossici che valevano due milioni e mezzo di lire a pezzo, venivano nascosti a 25 metri di profondità in queste terre della zona tra Caserta e Napoli nord, per volontà dei boss e con la complicità "dei soliti ignoti", tutti consapevoli del rischio di avvelenare  la loro stessa  terra e le loro stesse comunità. 

Nel ‘97 il pentito annunciava, una sorta di crudele profezia, che tra vent’anni  tutti gli abitanti di quella zona sarebbero morti per i tumori provocati dalle sostanze tossiche che avvelenavano le falde acquifere, o per diossine sviluppate dagli incendi appiccate ai rifiuti. Così è nata quella che ora chiamiamo "Terra dei Fuochi".
Non basta. Ancora più sconvolgente è la constatazione dell'immobilismo, del sostanziale occultamento della verità,  perpetrato da ha conosceva fatti, luoghi e circostanze e le ha taciute più di un decennio.
Ora Legambiente ricostruisce le inchieste sul traffico dei rifiuti condotte dalla magistratura nel periodo 1991-2013 nel  "Dizionario dell'ecocidio nella Terra dei Fuochi",  alla vigilia della manifestazione promossa da comitati, associazioni, studenti che si svolgerà domani a Napoli per chiedere il ritorno della legalità e della sicurezza nelle zone devastate dai clan.
Fonte LA REPUBBLICA

Legambiente, le inchieste tracciano le rotte dei rifiuti in Campania

Sono 83 indagini - nel periodo 1991-2013 - sul traffico che ha determinato l'ecocidio nella Terra dei fuochi. L'associazione ambientalista ha ricostruito questa rete. E domani a Napoli chiederà il ritorno alla legalità nelle zone devastate dai clamdi ANTONIO CIANCIULLO
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IN 82 INCHIESTE sul traffico dei rifiuti condotte dalla magistratura nel periodo 1991-2013 sono racchiusi i dati e i nomi che compongono il "Dizionario dell'ecocidio nella Terra dei Fuochi". Lo ha ricostruito laLegambiente alla vigilia della manifestazione promossa da comitati, associazioni, studenti che si svolgerà domani a Napoli per chiedere il ritorno della legalità e della sicurezza nelle zone devastate dai clan.

Queste inchieste (tra le altre Adelphi, Black Hole, Caronte, Cassiopea, Chernobyl, Dirty Pack, Ecoboss, Falena, Giudizio Finale, Houdinì,  Madre Terra)  si sono concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, 443 aziende coinvolte. Per un quarto di secolo lungo le rotte dei traffici  illeciti, è viaggiato di tutto: polveri di abbattimento dei fumi, morchia di verniciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. Nel complesso 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni specie. Il che vuol dire, visto che un tir trasporta in media 25 tonnellate, circa 411 mila camion carichi di rifiuti che hanno attraversato mezza Italia. Camion che per lo più sono risultati invisibili ai controlli, ma ben presenti ai cancelli delle industrie intenzionate a scaricare sulla collettività  -  con danni gravissimi  -  costi che avrebbero dovuto essere iscritti ai bilanci aziendali.
"Queste aziende sono fisicamente situate, in larghissima maggioranza, nelle regioni settentrionali e centrali del nostro paese", ricorda Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. "E' un dato da tener presente mentre sta partendo una campagna che tende a criminalizzare l'intera Campania dimenticando che la zona a rischio è solo una piccola parte del Casertano e del Napoletano. La stagione drammatica dell'illegalità va archiviata senza sconti, ma anche senza forzature comunicative che mettano in pericolo l'economia di un'intera regione".
Legambiente avanza anche alcune proposte: rendere pubblica e aggiornare la mappatura dei siti contaminati; avviare una sistematica attività di campionamento e analisi dei prodotti ortofrutticoli e alimentari; individuare strumenti efficaci per la messa in sicurezza e la bonifica delle aree inquinate; sostenere una rete di aziende e soggetti pubblici che promuovano e difendano la Campania pulita; predisporre un piano di riconversione delle aree contaminate basato sulle tecniche no food e sulla fitodepurazione; introdurre nel codice penale i delitti contro l'ambiente.