Ecco cosa accade in un ghetto di Stato: "(...) il Cara di Borgo Mezzanone vicino a Foggia, il Centro d’accoglienza per richiedenti asilo, il terzo per dimensioni in Italia. Ce ne sono molti altri di stanzoni ricoperti di corpi. I ragazzi africani vengono sfruttati anche quando dormono. Per trattarli così, il consorzio “Sisifo” della Lega delle cooperative rosse, e la sua consorziata bianca “Senis Hospes”, amministrata da manager cresciuti sotto l’ombrello di Comunione e liberazione, incassano dal governo una fortuna: ventidue euro al giorno a persona, quattordicimila euro ogni ventiquattro ore, oltre quindici milioni d’appalto in tre anni".
Lo denuncia di Fabrizio Gatti, giornalista de L'Espresso,nell'articolo "Sette giorni all'inferno: diario di un
finto rifugiato nel ghetto di Stato"
Ci è voluta Mafia
Capitale, l'inchiesta che ha portato alla luce gli intrecci criminali
che a Roma e dintorni si erano stabiliti fra “pezzi” del mondo
della politica amministrativa, della cooperazione sociale e la
malavita organizzata, per svelare uno dei tasselli che spiegano, a
cosa sono servite in Italia ( e a cosa servono ancora oggi) le
cosiddette “emergenze”. In Italia, lo ripetiamo ancora una volta,
la regola “numero uno” è quella che recita: le emergenze si
gestiscono non si risolvono! E dalla gestione delle emergenze
derivano arricchimenti illeciti, immorali, dei soliti noti la cui
schiera si è oramai allargata a dismisura.
In una delle
intercettazioni scaturite dall'inchiesta Mafia Capitale, Salvatore
Buzzi, numero uno della cooperativa “29 giugno” e braccio
operativo dell’organizzazione gestore di una rete di
cooperative che spaziano dalla raccolta dei rifiuti, alla
manutenzione del verde pubblico, fino all’accoglienza di profughi e
rifugiati. , mentre parla al telefono telefono con Pierina
Chiaravalle, gli rivolge la frase rivelatrice: “Tu c’hai
idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende
meno”. ( leggi qui l'articolo de Il Fatto Quotidiano)
Ma chi sono coloro che ci
guadagnano sugli immigrati? La filiera è lunga, etereogenea, tanto
che molti di noi preferiscono fingere di non conoscerne “le
stazioni” di quel calvario laico e umanissimo a cui sono sottoposti
molti di coloro che sfuggono a miseria e morte certa. E' una filiera
che parte dalle figure più laide, i trafficanti di morte, gli
scafististi che portano i migranti anche sulle nostre coste, e
finisce ripulita e quasi rirriconoscibile, rivestita com'è dalle
vesti della legalità in luoghi che a volta assumono dimensioni
tragiche tali da minare e mettere in dubbio , a chi abbia la forza di
accostasri a quei luoghi, la stessa considerazione del fondamento
morale di questo paese e dei suoi rappresentanti istituzionali.
La denuncia di Fabrizio
Gatti, giornalista de L'Espresso, è netta: un luogo istituzionale,
uno dei C.a.r.a. ( acronimo che sta per "Centro di accoglienza per richiedenti asilo"...è da notare l'uso perverso delle parole!) presenti
sul territorio italiano è in realtà un “lager”, gestito da
compiacenti cooperative rosse e bianche (quando si tratta di denaro le ideologie si superano d'un fiato!) che lucrano su
qugli esseri umani ( per ognuno dei quali ricevono € 22,00 al
giorno) permettendo che criminali e organizzazioni malavitose
arrivino addirittura a sfruttare quelle donne e quegli uomini costringendoli alla prostituzione oppure obbligandoli a diventare manodopera
schiavizzata nella mani di “caporali”, usata in tante delle aziende agricole locali.
E noi? Ai “buoni” (
ovviamente è così che ci pensiamo!) basterà sapere che continua
“la gestione dell'emergenza” o sapremo, vorremo?, chiedere giustizia e
dignità per coloro che sono fra i più deboli?
Fonte : L'Espresso
"Sette giorni all'inferno: diario di un finto rifugiato nel ghetto di Stato
gli spazi esterni del C.A.R.A. di Foggia |
"La
quinta notte apro la porta sull’inferno. Dal buio dello stanzone
esce un alito di aria intensa e arroventata che impasta la gola. Si
accende un lumino e rischiara una distesa di decine di persone,
ammassate come stracci su tranci di gommapiuma. Niente lenzuola, a
volte solo un asciugamano fradicio di sudore sotto le coperte di
lana. Nemmeno un armadietto hanno messo a disposizione: ciabatte e
scarpe sono sparse sul pavimento, i vestiti di ricambio dentro
sacchetti di carta. Rischio di calpestare una serpentina
incandescente, collegata alla presa elettrica da due fili volanti.
Qualcuno sta preparando la colazione per poi andare a lavorare nei
campi. Cucinano per terra. Se scoppia un incendio, è una strage...". Continua a leggre qui l'articolo-denuncia di Fabrizio Gatti
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