Ad un mese dalla morte del giudice Giovanni Falcone, a Capaci, il 23 giugno 1992i boyscouts organizzano un raduno a piazza Magione, nel cuore del quartiere della Kalsa di Palermo.
Paolo Borsellino pur arrivando in ritardo riesce ad essere presente e viene invitato a prendere la parola, per ricordare l’amico. Tra fiaccole accese, le parole di Paolo Borsellino:
“(…) Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro. Questo debito dobbiamo pagarlo, gioiosamente, continuando la loro opera, facendo il nostro dovere. Rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici. Rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne, anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro. (…)
La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le nostre giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo egli mi disse: "La gente fa il tifo per noi." E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale della popolazione dava al lavoro del giudice, significava qualcosa di più: significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze."
Paolo Borsellino
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