mercoledì 27 aprile 2016

Anche Pietro Manduca aderisce alla CARTA DI AVVISO PUBBLICO

La Carta di Avviso Pubblico: un segno di trasparenza. Sentinelle del territorio, ritorniamo sul tema dell'etica nella pratica politica. Nella lettera aperta "E' finita l'era dei fossili" così avevamo scritto: "(...) auspichiamo che i candidati-sindaco, tutte le forze politiche pinerolesi agognino sinceramente il fresco profumo” di una azione politico-amministrativa nuova, saldamente ancorata a principi etici e morali. 

Abbiamo accolto con  quindi con piacere la adesione da parte di Pietro Manducacandidato sindaco della lista Sinistra Solidale Pinerolo, alla  CARTA DI AVVISO PUBBLICO. La firma del documento è avvenuta nel corso dell'incontro pubblico di presentazione della lista SINISTRA Solidale Pinerolo. In una sala gremita, tanto è l'interesse sucsitato la voglia di giovani pinerolesi di impegnarsi nella politica attiva, abbiamo sottolineato l'importanza e il significato di quella adesione: porsi al "servizio" della comunità nella costruzione di azioni politiche aministrative che abbiano a cuore il "bene comune", il bene lungimirante della comunità.

Alla Carta di Avviso pubblico ha già aderito anche Enrica Pazè, candidata sindaco di SEL Pinerolo. 

Riportiamo l'articolo di Giancarlo Chiapello nel quale si evidenziano le peculiari finalità del documento: "(...) Il Codice si rivolge ai politici e ne chiede impegni precisi per diventare testimoni visibili di una concreta azione di educazione alla legalità, di un impegno destinato a cancellare potenziali zone d’ombra nell’azione politico-amministrativa."

Invitiamo ad una attenta lettura ed iniseme al Comitato Primo Mazzolari Pinerolo ribadiamo: IMMISCHIAMOCI! ( leggi qui!)

Pietro Manduca firma la Carta di Avviso Pubblico
Fonte: Vita Diocesana
"Un’associazione per gli amministratori che non hanno nulla da nascondere
La Carta di Avviso Pubblico: un segno di trasparenza". 
di Giancarlo Chiapello

UN CODICE ETICO – comportamentale, ecco in sostanza cos’è la Carta di “Avviso Pubblico”, l’associazione che raggruppa alcune centinaia di istituzioni locali, Regioni, Provincie, Comuni, Unioni di Comuni e che si è data come obbiettivo, dichiarato (cfr.www.avvisopubblico.it), quello «di collegare ed organizzare gli Amministratori pubblici che concretamente si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica nella politica, nella Pubblica Amministrazione e sui territori da essi governati».
Non serve di fatto a sostituire i politici con chissà quali figure “messianiche” o “tecniche”, spesso digiune di una vera visione comunitaria, non ha un’impostazione demagogica e meramente teorica, ma rappresenta un sostegno alla buona politica per emergere, in particolare in territori e situazioni dove si potrebbero evidenziare rischi legati a clientelismo, conflitti di interessi, pressioni indebite, ecc… (e nel territorio metropolitano questi rischi in molti casi forse non appartengono solo a storie passate).
In particolare, all’articolo 5 parla proprio delle situazioni di conflitto di interesse, come ad esempio «la sussistenza di interessi personali dell’amministratoreche interferiscono con l’oggetto di decisioni cui egli partecipa e dalle quali potrebbe ricavare uno specifico vantaggio diretto o indiretto»; «la sussistenza di preesistenti rapporti di affari o di lavoro con persone od organizzazioni specificamente interessate all’oggetto delle decisioni»; «rapporti di frequentazione abituale con persone operanti in organizzazioni specificamente interessate all’oggetto di decisioni di rilevanza economica cui l’amministratore partecipa direttamente, anche nei casi in cui detti rapporti non configurano situazioni che danno luogo a incompatibilità previste dalla legge o da altre norme».
Questo documento è entrato in maniera sostanziale nel dibattito politico pinerolese, grazie all’azione del Presidio di Libera “Rita Atria”, apertosi da tempo sul tema della governance del territorio, dell’urbanistica, in una Città destinata a vedere l’elaborazione di un nuovo Piano Regolatore: molte realtà aggregative cittadine hanno iniziato ad interrogarsi su un tema di spinosa attualità, ossia trasparenza e conflitto di interessi.
Il Codice si rivolge ai politici e ne chiede impegni precisi per diventare testimoni visibili di una concreta azione di educazione alla legalità, di un impegno destinato a cancellare potenziali zone d’ombra nell’azione politico-amministrativa.
Nell’ambito delle primarie del Pd è stato accolto e rilanciato a seguito della personale sottoscrizione da parte di Luigi Pinchiaroglio.
Anche sul fronte dell’impegno sociale nel mondo cattolico, i giovani cattolici democratici del “Comitato Primo Mazzolari” che cercano di riorganizzare nella comunità una presenza radicata nella triplice autonomia di analisi, valutazione ed azione, considerano importante una così significativa presa di posizione.
GIANCARLO CHIAPELLO

domenica 24 aprile 2016

25 APRILE 1945 E' SEMPRE : FESTA DELLA LIBERAZIONE!

   25 APRILE 1945 E' SEMPRE : FESTA DELLA LIBERAZIONE

LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA:
"PER DIGNITA' NON PER ODIO"




Sandro Pertini: "Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile:non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [... ] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero".





(Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955 ( leggi qui il testo integrale)": 
(...) Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.
Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra costituzione.

giovedì 21 aprile 2016

Occorre difendere e sostenere "la scomoda e pericolosa categoria degli onesti":“ Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti “

Dalle sconfitte di questi giorni comprendiamo come sia necessario difendere e sostenere "la scomoda e pericolosa categoria degli onesti"
La sconfitta. Domenica scorsa abbiamo assistito  allo svolgimento del referendum "sulle trivelle", conclusosi amaramente per noi associazioni e per i milioni di cittadini che lo hanno appassionatamente appoggiato mettendo in pratica il diritto-dovere del voto, diritto conquistato e sancito dalla nostra Carta Costituzionale.  
La sconfitta. Di ieri la notizia che il Comune di Brescello, nella ricca e "rossa"(?) Emilia Romagna, è stato sciolto per infiltrazione mafiosa (leggi qui): una mafia che in pochi hanno denunciato mentre in molti -"la politica" e gran parte della cosiddetta "società civile" e imprenditoriale di quella terra , l'Emilia- hanno fatto finta di non vedere e di non riconoscere. 
Entrambe le situazioni mostrano ancora una volta, a nostro parere, come il modo più subdolo per minare le fondamenta della Democrazia sia non tanto quello di impedire o negare al popolo lo svolgimento di momenti fondamentale del sistema democratico -il voto, la partecipazione alla "cosa publica"- quanto quello di instillare il pensiero che quelle cose -votare, partecipare- non servano sostanzialmente a nulla. Salvo poi lamentarsi e tacciare di qualunquismo la disaffezione crescente a quei momenti, la vulgata del "tanto son tutti uguali...tanto non cambia mai niente...pecunia non olet" e "gli affari" prima di tutto..."
La mancata partecipazione al referendum sull'ambiente, le tante inchieste che quotidianamente svelano nel nostro Paese la presenza di mafie e "pensiero mafioso" ( l'intreccio perverso di "mala-politica" e mafie" , corruzioneconflitto di interessi,) in molti ci si attenderebbe una reazione concreta della cosiddetta "società civile" a quei fatti; una reazione capace di suscitare indignazione e impegno tali da costruire una nuova "resistenza", una maggiore partecipazione popolare alla difesa del "bene comune". Anche perchè a godere della disaffezione e del declino della "partecipazione" ( "causa ed effetto" degli episodi sopra citati) sembrano essere proprio coloro che dall'esercizio della "politica del potere" (ben differente dalle "politica del servizio") traggono vantaggi per sè e per i gruppi a cui fanno riferimento: quelle che oggi indichiamo caste-cricche-cosche e che le inchieste giudiziarie ( solo quelle ahinoi!) portano alla luce quotidianamente in Italia. 

La denuncia e la resistenza
Il disinteresse verso la cosa pubblica, l'avversione alla partecipazione concreta e attiva della vita delle comunità, non pare tuttavia essere solo un atteggiamento di mero qualunquismo. Sembra piuttosto anche il frutto di vicende storiche ci hanno mostrano una tale involuzione morale della politica partitica da far dire amaramente al sen. Elvio Fassone, nostro concittadino: “(…) La classe politica non è mai all’altezza. Purtroppo la politica non riesce ad attrarre chi dovrebbe". (leggi qui il nostro articolo)”.
Sembra di essere giunti all'ultimo episodio di una trama nefasta che ha origini lontane e che sentinelle inascoltate avevano denunciato già decenni orsono, a cavallo fra gli anni '70 e 80 dello scorso secolo. Fra quelle sentinelle potremmo citare Peppino Impastato e i siciliani onesti quando rivelano "gli affari (il)leciti" della mafia imprenditoriale; il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale nell'ultima intervista rilasciata a Giorgio Bocca ( 10 agosto 1982), "rivela" tutto quello che c'era e c'è da capire delle mafie del loro rapporto col potere politico ed economico. 
Per il tema che trattiamo ora, sentinella inascoltata fu Enrico Berlinguer, col suo vano tentativo di porre "la questione morale" nell'ambito della politica partitica italiana denunciando, ancora una volta con una intervista rilasciata a Eugenio Scalfari il 27 luglio 1981, cosa erano diventati i partiti e la società italiana: soggetti "poco civili" che si scambiano "favori" deprecabili: "(...) I partiti di oggi sono soprattutto macchina di potere e di
clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune (...)molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.(...)". ( leggi qui l'intervita di E. Berlinguer).


La pericolosa categoria degli onesti
Oggi, fra le altre, vogliamo ricordare un'altra "sentinella inascoltata: Italo Calvino
Pochi giorni orsono,nel suo articolo "La democrazia senza morale"( leggi qui)Stefano Rodotà cita uno scritto di Italo Calvino pubblicato da La repubblica il 15 marzo 1980. In quello scritto Calvino svela quello che già era evidente ad occhi attenti e onesti. Gli scandali conclamati della prima e della seconda repubblica erano di là da venire, la presenza soffocante delle mafie era realtà taciuta, ma ad occhi attenti e onesti tutto era già chiaro. 
Ed è chiaro, secondo Calvino, perchè "la scomoda e pericolosa categoria degli onesti" deve trovare quotidianamente ragione e forza di esistere: perchè in un paese di corrotti, la resistenza degli onesti "(...) avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è."
Italo Calvino
Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti “ 
(La Repubblica, 15 marzo 1980)

Italo Calvino
"C’era un paese che si reggeva sull’illecito.
Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito, che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava -lecitamente- tutti coloro che, lecitamente o illecitamente, riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese dove nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo ( e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente, in nome del bene comune, i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune s’erano distinte per via illecita.
La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza ( così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafiose, atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando, anziché il sollievo della coscienza a posto, la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche ( e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.
In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto.
Gli onesti
Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione ( non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede.
Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società , ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la contro-società degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è. " 
Italo Calvino

mercoledì 13 aprile 2016

“E’ finita l’era dei fossili? #immischiamoci”! Venerdì 15 aprile alle ore 21.00 presso la Sala “Pacem in terris”

E’ finita l’era dei fossili? #immischiamoci”. A Pinerolo,  venerdì 15 aprile alle ore 21.00 presso la Sala “Pacem in terris”, via Del Pino n.49.
Noi auspichiamo che i candidati-sindaco e tutte le forze politiche pinerolesi agognino sinceramente “il fresco profumo” di una azione politico-amministrativa nuova, saldamente ancorata a principi etici e morali”.
Questo è uno dei passaggi della lettera aperta del Presidio LIBERA “Rita Atria” pubblicata sull’ultimo numero di Vita Diocesana dal titolo significativo “E’ finita l’era dei fossili?” ( leggi qui). Su questa linea si pone anche l’azione dei cattolici democratici del “Comitato Primo Mazzolari” di Pinerolo.


la locandina dell'incontro

Tale azione rivolta alla comunità pinerolese non vuol fare cadere una battaglia significativa sui temi del rinnovamento, della trasparenza, di un “no” netto ai conflitti di interesse, effettivi e potenziali. Su questa linea si pone anche l’azione dei cattolici democratici del “Comitato Primo Mazzolari” di Pinerolo che si è ritrovato nell’azione moralizzatrice di Libera e che sta lavorando ad un documento volto al confronto che parte dall’’hashtag #immischiamoci (riprendendo il richiamo ai cattolici perché si impegnino per il bene comune fatto da Papa Francesco).
Da queste basi nasce l’iniziativa di venerdì 15 aprile alle ore 21.00 presso la Sala “Pacem in terris”, via Del Pino n.49 a Pinerolo: una serata aperta alla cittadinanza in cui il Presidio di Libera ed il Comitato Mazzolari invitano la cittadinanza, i giovani che non lasciano cadere la preoccupazione per la propria città, i politici che non temono il confronto su questi temi e che, anzi, vogliono mettere da parte vecchi e abusati schemi.
Occorre una visione comunitaria, perseguire il bene della comunità, liberandosi dalle ideologie che offuscano le idee.
Il titolo è semplice E’ finita l’era dei fossili? #immischiamoci. Mondi diversi, tradizioni politiche storiche e radicate si aprono al confronto, al dialogo, all’azione: già questa forse è una buona notizia!
Ringraziamo per l'attenzione e porgiamo cordiali saluti.

Giancarlo Chiapello - referente “Comitato Primo Mazzolari
Arturo Francesco Incurato – referente presidio LIBERA “Rita Atria” Pinerolo


lunedì 4 aprile 2016

Martin Luther King: I Have a dream

Martin Luther King: "Sì, siamo estremisti, siamo estremisti nella volontà di giustizia, di eguaglianza, di pace." lL 4 aprile 1968  Martin Luther King viene assassinato. Al momento dell'uccisione si trovava da solo, sul balcone al secondo piano dell' hotel Lorraine a Memphis, ucciso da un colpo di fucile di precisione che lo colpisce alla testa. Le indagini permisero di individuare l'omicida, James Earl Ray.
Sulla sua tomba Martin Luther King è scritto: «Free at last. Free al Last». Finalmente libero!

Martin Luther King saluta la folla il giorno del discorso "I Have a Dream"
                         "I have a dream". Il discorso perfetto 
E' il  28 agosto 1963. A Washington, di fronte ad una America profondamente intrisa e divisa dall'odio razziale,  Martin Luther King pronuncia il discorso che passa alla storia come "I Have a dream": Io Ho un Sogno". Per quel discorso Martin L. King aveva preparato attentamente un testo, con paragrafi suoi e altri scritti dai suoi collaboratori. Ma ad un certo punto, Mahalia Jackson, la grande cantante gospel che aveva aperto la manifestazione, inizia ad urlare: "Parla del sogno, Martin! Parla del tuo sogno!". A quel punto King mette da parte i fogli e comincia a parlare "a braccio", improvvisando la parte del discorso che passerà alla storia come il discorso perfetto, immortale.

I Have a dream - Io Ho un Sogno

Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.


Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.

Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.

Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.

Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto.
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual:"Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".