domenica 31 dicembre 2017

L'AUGURIO del presidio LIBERA "Rita Atria" per il Nuovo Anno 2018 è ancora lo stesso: più GIUSTIZIA, più DIGNITA', più LIBERTA'

 L'AUGURIO del presidio LIBERA "Rita Atria" per il NUOVO ANNO 2018 
è lo stesso dello scorso anno:
avere il Coraggio di provare a costruire il Cambiamento possibile 
e non più rinviabile:
 più GIUSTIZIA, più DIGNITA', più LIBERTA'



Dal momento che l'anno 2017 è passato senza che le condizioni sociali, economiche, etiche e culturali del nostro Paese siano sostanzialmente mutate, mentre nel resto del Mondo i drammi causate da povertà, guerre e diseguaglianze, paiono addirittura acuirsi, ripetiamo quanto avevamo detto lo scorso anno:
"A coloro che sentono la “responsabilità etica” di vivere nella comunità l'invito e l'auspicio per l'Anno 2018 che ci apprestiamo a vivere: l'invito ad incontrarsi per dare vita ad un “cammino” (fatto di conoscenza, analisi, riflessioni) necessario ad elaborare azioni e misure concrete e encessarie a migliorare anzitutto le condizioni di vita di coloro che sono più in difficoltà. 
Per il nostro Paese permane l'obbligo etico e morale di attuare un contrasto reale ed efficace al dramma delle povertà e delle diseguaglianze, l'eliminazione dei privilegi delle classi dominanti, la lotta alla corruzione e alle mafie, la messa in atto di politiche tese a creare opportunità di lavoro onesto.
Per quanto ci riguarda, crediamo che sia ancora e sempre necessario "essere voce e dare voce a coloro che voce non hanno" per affermare la necessità di un cambiamento, possibile e non più rinviabile.
Un cambiamente "non nasce se non è sognato", "un sogno sognato" anche da una ragazzina siciliana che si chiama RITA ATRIA."

"(...) Forse un mondo onesto non esisterà mai... 
ma chi ci impedisce di sognare...
forse se ognuno di noi proverà a cambiare...
forse ce la faremo".

mercoledì 27 dicembre 2017

Non tutti "I cristiani sono i primi ad aver dimenticato il Natale"

Nel giorno di  Natale viene pubblicato da HUFFPOST un articolo-intervista a Massimo Cacciari. Il titolo scelto per presentare la riflessione del filosofo è eloquente, apparentemente provocatorio: "I cristiani sono i primi ad aver dimenticato il Natale":"(...)Il Natale degli alberi in pivvuccì, degli acquisti online e i centri commerciali aperti tutto il giorno; il Natale della neve luccicante incollata sulle vetrine, delle barbe bianche, delle renne e delle slitte... Basta sapere che la nascita di Cristo non ha niente a che vedere con quello che vediamo intorno a noi. Il Natale è diventato un festa per bambini e adulti un po' scemi. Non c'è da levare alti lai contro il consumismo. C'è solo da riflettere, meditando con sobrietà e disincanto (...)".
Viviamo il tempo dell'aumento delle diseguaglianza e dell'esclusione -se non della soppressione- di coloro che non sono utili  e funzionali al "sistema", e pare "impossibile" opporsi a questo spirito del tempo che sembra poter sconfiggere ogni resistenza al suo imperativo. 
Massimo Cacciari invoca per la nostra società la necessita laica di ritrovare e riscoprire la necessità del confronto con l'impossibille, rappresentato dalla figura di Cristo): "(...) Perché è necessario avere come misura qualcosa che ci oltrepassa per riuscire a spingerci altrove. Cristo non predicava nei templi: predicava fuori, nelle strade. I suoi discepoli dicevano: "È fuori". Nel senso: "È fuori di testa, è pazzo". Eppure, Gesù ha segnato un prima e un dopo nella storia dell'uomo, ha creato il mondo culturale e antropologico in cui viviamo. C'è qualcosa di più realistico di questo? Senza quell'impossibilità niente ci spingerebbe a uscire da noi, a ri-orientare diversamente le nostre vite.
Perché dovremmo farlo? Per liberare il nostro tempo dalle sue miserie. Più la nostra epoca cirinserradentro di essa, più servono grandi idee, pensieri limite, parole ultime. Sono le uniche cose che ci possono sradicare dal tempo in cui viviamo.
Qui l'articolo-intervista a Massimo Cacciari) 
Alla riflessione di Cacciari vogliamo accostre l'articolo di Maurizio Pagliassotti, pubblicato su IL Manifesto, perchè, trattando del dramma delle  migrazioni di coloro che cercano di sfuggire a guerre, fame e povertà, l'articolo di Pagliassotti mostra una flebile luce di speranza nel comportamento eretico, "impossibile", di una comunità che decide di porsi "fuori dalle regole", misurandosi con l'impossibile più prossimo,  per rispondere ad un principio di giustizia e di umanità superiore. " La popolazione locale ha fatto intendere chiaramente a istituzioni, sindaco e gendarmeria in testa, che loro vogliono essere una piccola isola di accoglienza". 
Per chi è disposto a correre il rischio di morire assiderato, per chi è disposto a correre il rischio di incontrare dei lupi tra le foreste di larici e abeti, per chi è disposto a essere intercettato e respinto dalla gendarmeria francese che pattuglia le montagne, per tutti costoro una piccola casetta colorata di Briançon è il punto d’arrivo. 

La salvezza è una piccola casetta colorata a Briançon. 

di Maurizio Pagliassotti . 

Fonte "Il Manifesto" 27.12.29017

Migranti. Nella struttura dieci volontari danno ospitalità a 30 persone in arrivo dall’Africa. La popolazione locale ha fatto intendere chiaramente a istituzioni, sindaco e gendarmeria in testa, che loro vogliono essere una piccola isola di accoglienza
LA VOCE È CORSA fino a Ventimiglia, qualche mese fa: incastonata tra in mezzo alle Alpi francesi, a cento chilometri da Torino a circa dieci dal confine italo francese, esiste una enclave di umanità, rifugio per tutti coloro che stanno percorrendo la loro odissea che li porterà da un amico o un parente.
Il compito della gendarmeria è molto semplice: intercettare tutti coloro che tentano di arrivare in questa casetta a due piani, di proprietà comunale, che dista pochi metri dalla bella stazione ferroviaria. La gendarmeria li trova al confine del Monginevro, sul colle della Scala, lungo la linea fortificata del 1941 che corre sotto il monte Chaberton, ovunque. Una «caccia» resa ancora più semplice dal gelo e dalla neve, caduta in abbondanza per la gioia degli sciatori e la disperazione di chi tenta di passare dall’Italia alla Francia in ciabatte o poco più. Semplice perché l’ingresso nel paese da ovest, dall’Italia, ha una sola via e quindi basta mettersi al termine dell’imbuto per acciuffare tutti i sans papiers che arrivano. Oppure, ancora più semplice, la police potrebbe venire dentro l’enclave per fermare tutti, e fare piazza pulita, basterebbero dieci uomini e mezz’ora di tempo.
MA I GENDARMI non si presentano, preferiscono rimanere lungo le strade che dal confine portano a Briançon. Perché in questa bella cittadina turistica, circondata dai passi più sacri del Tour de France- Galibier, Izoard, Iséran la popolazione ha fatto intendere chiaramente alle istituzioni, sindaco e gendarmeria in testa, che loro vogliono essere una piccola isola di umanità in un tempestoso oceano di inutile rancore. Ed è molto meglio per tutti se la police rimane dov’è. Così, da questa estate la Municipalità ha messo a disposizione di alcuni volontari una struttura che accoglie quelli che ce la fanno, dà loro un letto, un pasto, assistenza medica, e qualche consiglio su come continuare l’avventura.
LA STRUTTURA è molto discreta perché si trova nella parte bassa del paese, lontano dal delizioso centro medioevale e dalle piste di sci. Operano una decina di bénévoles, volontari di Briançon, che danno ospitalità a circa trenta tra uomini, donne e bambini in arrivo dall’Africa. Ogni giorno dall’Italia giungono tre o quattro ragazzi. Le condizioni climatiche estreme delle ultime settimane hanno disincentivato il flusso, perché il rischio di morire assiderati è alto. Spesso un’organizzazione italo francese riesce a intercettare prima i migranti, a salvare loro la vita – non senza fatica perché la meta sembra a un passo e molti hanno sviluppato una propensione al rischio fuori scala, anche di morte per congelamento, che li rende ciechi di fronte al reale pericolo della montagna – e a portarli nell’enclave di Briançon.
LORO, I MIGRANTI, in qualche modo passano e si materializzano sulla porta d’ingresso, spesso vestiti che dovrebbero essere piumini, ma sono solo plastica trasparente, ai piedi scarpette da tennis. La loro salvezza ha una porta d’accesso piccola che dà su una calda cucina, dove dentro enormi marmitte bolle sempre qualcosa.
La mattina del 25 dicembre non prevede particolari celebrazioni: in una pentola si gettano interiora di vitello, funghi, cipolle, e altra roba: è il piatto forte con cui si onora il gran varietà religioso, tra musica e serenità.Cucinano un ragazzo della Guinea, Lucky – la cui vita è una storia che fa accapponare la pelle, fatta di schiavismo, brutalità e razzismo, «ma se non fosse stato per il mio nome sarei già morto mille volte, o farei lo schiavo» – e una signora francese che indossa una tuta da sci viola, verde, blu, gialla. Nell’ufficio della responsabile di questo punto di paradiso, una donna austera e gentile con lunghi capelli grigi raccolti in un ordinato chignon, organizza la parte conclusiva dell’Odissea per ognuno di loro. Da questo luogo ghiacciato sulle Alpi francesi mancano esattamente otto chilometri alla libertà.
LA NORMATIVA transalpina prevede che i sans papiers possano essere rispediti in Italia se intercettati entro venti chilometri dal confine: qui a Briançon ci troviamo a dodici dal confine di Claviere, alta val Susa. Ma le caratteristiche delle enclaves è che sono circondate: e questa non fa eccezione. Se l’accordo tra popolazione, volontari e istituzioni prevede che tra queste stanze viga l’umanità, appena al di là ci si trova nuovamente in terra di nessuno. E così gli ultimi otto chilometri, ma in realtà sono ben di più perché si ha notizia di respingimenti avvenuti a Grenoble, sono disseminati di controlli lungo le statali che corrono verso Lione e Gap.
Il problema è evidente: evitare in ogni modo che la police li intercetti e li rispedisca al confine italiano, da cui potrebbero essere rispediti nuovamente a Foggia: il tutto in tre giorni.
UN RAGAZZO GHANESE basso e tozzo risponde alla fatidica domanda: «E tu dove vuoi andare?» puntando il dito in un lontano punto su una mappa della Francia, scandisce il nome della sua terra promessa: Nior.
Lui dice che solo quando sarà là «da un mio amico che mi aspetta», inizierà l’iter burocratico che lo porterà fuori da questo limbo. Gli mancano solo mille chilometri, ma dopo il deserto libico, gli schiavisti, le frustate, la fame, la sete, il carcere, il gommone in mezzo al mare, il centro di raccolta di Foggia, tutta l’italia attraversata con il terrore di essere intercettato, le Alpi attraversate a piedi in un mare di neve, ecco dopo tutto questo i restanti mille chilometri gli sembrano poca cosa, la parte conclusiva, e nemmeno troppo pericolosa, di un lungo cammino che coprirà «chaque coût», ad ogni costo.

domenica 24 dicembre 2017

L'AUGURIO è SEMPRE LO STESSO

"Natale è riconoscerci nella nostra dignità. Impegnarci tutti per il bene comune. Aprire porte, menti, cuori. Dare Speranza a chi non ce l'ha". 
                                                                                                          Luigi Ciotti
Ancora più grave appare quindi quanto si è verificato ieri nell'aula del senato chiamato a discutere sulla legge dello "IUS SOLI". La mancanza del numero legale, determinata dall'assenza della maggioranza dei senatori ha impedito che i lavori potessero avere luogo.  Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele, esprime sconcerto e tristezza per quanto avvenuto:"Quella che si è verificata in Senato è un'inqualificabile diserzione dalla responsabilità. La politica non può essere un gioco di potere sulle speranze delle persone, un'umiliazione dei loro diritti e delle loro aspirazioni". 
Qui l'articolo di La Repubblica su quanto avvenuto in Senato



CHE CI CREDIATE O NO AL NATALE,  IL NOSTRO AUGURIO 
E' SEMPRE LO STESSO:
"L’augurio è di godere di buona salute,
di coltivare amichevoli rapporti,
di saper resistere con mitezza alle contrarietà,
di ricevere nelle difficoltà qualche 
incoraggiante consolazione ,
di continuare a trovare ragioni promettenti 
per vivere con onestà e decoro".


Auguri a Voi e alle vostre famiglie!

venerdì 22 dicembre 2017

MARIELLA AMICO. Ciao!

Ieri pomeriggio, a seguito di una complicanza incorsa durante un esame cardiologico a cui si stava sottoponendo nell'ospedale d Cuneo,  è improvvisamente mancata Mariella Amico, donna intelligente e appassionata, ex preside del Liceo Porporato, figura di spicco del circolo pinerolese del PD.
Mariella Amico nella fotografia che riporta "L'Eco del Chisone"

Io la conobbi così.
La mattina del 23 marzo 2013, durante la lettura dei nomi delle Vittime Innocenti delle mafie che si stava svolgendo in Piazza Facta, una bella signora mi si avvicina presentandosi, dicendosi interessata all'attività del nostro presidio e chiedendomi, se ancora fosse stato possibile, di unirsi a coloro che stavano completando la lettura dei nomi delle Vittime Innocenti: la bella signora era Mariella Amico
In realtà conoscevo Mariella Amico "di fama" e nelle vesti di preside del Liceo Porporato di Pinerolo, ruolo che aveva ricoperto sino a poco tempo prima. In molti la conoscevano anche come figura di spicco e animatrice intellettuale del circolo pinerolese del PD.
Da quel nostro primo incontro, anche io ho  apprezzato in Mariella Amico l'impegno civile ed una passione politica che voleva comunque porsi al servizio della comunità, nella città che l'aveva accolta, Pinerolo. Per qualche tempo Mariella Amico seguì quindi anche le vicende del presidio LIBERA "Rita Atria" e anche con noi Mariella Amico si mostrò donna appassionata, intelligente, volitiva: una donna donna siciliana amante delle sue radici, la famiglia, la terra,  gli affetti, forse anche lei con quel "tarlo" che rode l'animo di coloro che fanno parte della "diaspora" delle genti del Sud: il Sud nell'anima, "il tarlo" di coloro che amano quelle terre "bellissime e disgraziate", terre lontane ma sempre presenti nell'animo (soprattutto) di chi se ne è dovuto allontanare. 
A questo proposito, riportiamo una fotografia che ritrae Mariella Amico, a sinistra nella fotografia, mentre interloquisce con gli studenti del Liceo Scientifco "M. Curie" durante uno degli incontri che tenemmo quell'anno, il 2013, sul tema delle "regole", della Costituzione Italiana, chiamando ad intervenire in quell'occasione, in qualità di "esperti della materia", il giudice Ciro Santoriello ( al centro nella fotografia) ed il senatore Elvio Fassone. 
Ci incontravamo poi nei luoghi di Pinerolo, mettendoci reciprocamente al corrente delle piccole vicissitudini  delle nostre famiglie, delle grandi contraddizioni della nostra terra, la sua Sicilia e la mia Calabria,  finendo poi sempre col riflettere e confrontarsi sui giorni e le vicende che vivevamo nella nostra comunità pinerolese, pure esprimendo posizioni e giudizi differenti su alcuni temi. 
Del nostro ultimo incontro mi rimane il suo pensiero per la madre e l'invito -etico, civile- a "parlarsi"
Un invito che Mariella Amico avrebbe forse voluto rivolgere alle tante persone che aveva incontrato nel corso delle sue esperienze di vita, di impegno, e che ora -preoccupata- vedeva a volte divise e separate in "fazioni" (che non vogliono nemmeno più incontrarsi!), "fazioni" che si sentono addirittura  "nemiche" non avvertendo più, lo ripetè, l'esigenza e l'importanza di "confrontarsi e parlarsi".
In tanti, rimane ora la memoria di Lei e il desiderio di salutarla ancora, per l'ultima volta.
Sincere condoglianze alla sua famiglia, ai suoi cari anche da parte del presidio LIBERA "Rita Atria" - Pinerolo.
A. Francesco Incurato 


a sinistra, mariella Amico interloquisce con gli studenti del Liceo Scientifico "M. Curie
Ciao Mariella! Sei tornata troppo presto a scaldarti al sole della nostra terra "bellissima e disgraziata": quel Sud "nell'anima" , la tua Sicilia e la mia Calabria, al quale sempre si arrivava, quando ci incontravamo, alla fine degli altri temi che ci appassionavano. 
Ciao Mariella!
Francesco

mercoledì 6 dicembre 2017

GIORNATA DEL SUOLO! PROTEGGERE IL SUOLO SIGNIFICA PROTEGGERE L'UMANITA', LA LIBERTA' DEI POPOLI

Ieri è stata la Giornata del Suolo. Non stupisce affatto che in Italia, a differenza di altre Giornate, questa sia passata in sordina, oscurata dai grandi mezzi di informazione e non solo da loro!
Troppe in Italia sono le complicità decennali che, causando la distruzione di parti rilevanti del nostro Paesaggio, invano protetto e tutelato addirittura dalla nostra Carta Costituzionale, hanno spesso favorito e protetto (a volte inconsciamente) ben altri interessi: rendite, speculazioni, corruzione, mafie.
Le mafie, tema che ci riguarda direttamente, anche in Piemonte utilizzano da decenni l'edilizia, l'investimento immobiliare (sia di tipo "residenziale" che di tipo "commerciale"), per riciclare e reinvestire i capitali provenienti dai traffici illeciti che gestiscono. A partire dal "sacco di Bardonecchia", alla realizzazione del centro commerciale "Le Gru", sino alle vicende portate alla luce dall"'Operazione Minotauro" o le ultime inchieste  riguardanti il Villaggio Olimpico edificato a Torino  per le Olimpiadi 2006, costruito del "re del riciclaggio" (leggi qui). Fingiamo di non saperlo?
Quale il motivo per il quale la stragrande maggioranza dei Piani Regolatori delle città italiane risultano essere sovra-dimensionati rispetto alle reali esigenze delle comunità?
Nell'articolo che citiamo di seguito, si sottolinea il fatto fondamentale: "(...) L’obiettivo “consumo zero” fissato al 2050 ha bisogno di un alleato che deve essere “una legge chiara ed efficace che orienti in maniera netta le politiche locali, perché è a quel livello che si assumono le decisioni”
Riportiamo allora l'appello semplice e chiaro di Marco Boschini, l'ispiratore dell'associazione "Comuni Virtuosi" (vedi qui): "La cura del pianeta inizia da noi. Niente scuse o recriminazioni, occorre azione e coerenza. Ogni giorno. Siamo divorati dal cemento, ce lo ripetiamo ogni anno con statistiche, numeri e denunce. Ma le cose faticano a cambiare, troppi interessi, troppa inerzia, troppa inadeguatezza da parte di molti amministratori e funzionari locali. Per non parlare di un Parlamento che in cinque anni non è stato capace di legiferare in materia.".

L'ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha diffuso un video-spot per sensibilizzare istituzioni e cittadini sul grave problema di consumo incontrollato di una risorsa ambientale fondamentale: il suolo.

Testimonials con ISPRA dell'appello per la salvaguardia del territorio: Donatella Bianchi, Luca Mercalli, Paolo Pileri, Andrea Segrè

Segnaliamo a questo proposito l'articolo "Consumo di suolo. L’Italia perde ancora tre metri quadrati al secondo"  nel quale, fra le altre cose, si legge: "Tra il novembre 2015 e il maggio 2016, il nostro Paese ha “alterato” 50 chilometri quadrati di territorio. 30 ettari al giorno. “Rimettendo” oltre 900 milioni di euro l’anno per i servizi ecosistemici dispersi. È quanto emerge dal nuovo Rapporto dell’ISPRA presentato il 22 giugno. (...) L’obiettivo “consumo zero” fissato al 2050 ha bisogno di un alleato che per Munafò deve essere “una legge chiara ed efficace che orienti in maniera netta le politiche locali, perché è a quel livello che si assumono le decisioni”. Il punto, però, è che la legge in discussione in Parlamento –attualmente è ferma al Senato– desta più di una perplessità(...)"(LEGGI QUI )

lunedì 4 dicembre 2017

Il Dovere della Memoria. E' la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007.Per Torino è la notte della strage alla ThyssenKrupp.

E' passata da poco l’una di notte quando, sulla sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino della ThyssenKrupp, sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente nebulizzato che trasforma in "torce umane"  i poveri corpi degli operai. 
I loro nomi : Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino.
A dieci anni dal rogo che uccise sette operai la ferita è ancora aperta: "Vogliamo che i politici di Berlino ci spieghino perché i due manager tedeschi sono ancora liberi". Nonostante la condanna subita nel processo i manager tedeschi non hanno patito alcuna restrizione della libertà e sono ad oggi liberi.
Eppure dopo otto anni e mezzo la storia giudiziaria del rogo alla ThyssenKrupp si era chiusa definitivamente. Il 15 maggio 2015 la Cassazione conferma la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Torino un anno prima. L’ex amministratore delegato Harald Espenhahn è stato condannato a nove anni e otto mesi; i dirigenti Marco Pucci e Gerald Priegnitz a sei anni e dieci mesi, il membro del comitato esecutivo dell’azienda Daniele Moroni a sette anni e sei mesi, l’ex direttore dello stabilimento Raffaele Salerno a otto anni e sei mesi e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafuer a sei anni e otto mesi.

Alle ore 1.15 del 6 dicembre i Vigili del Fuoco ricevono la chiamata drammatica riportata nel filmato 

Insieme ai Vigili del Fuoco arrivano le ambulanze del 118, e i feriti vengono trasferiti in ospedale. 
Alle ore 4.00 del mattino muore il primo operaio, si chiama Antonio Schiavone. Nei giorni che seguiranno, dal 7 al 30 dicembre 2007, moriranno le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente: si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino