martedì 27 ottobre 2015

#RENZICIRIPENSI: innalzare la soglia del contante rischia di facilitare gli affari sposchi

Don Ciotti: no innalzamento soglia del contante, "sono norme che rischiano di facilitare gli affari sporchi"

Anche LIBERA si unisce alle critiche che da più parti sono giunte al provvedimento del governo che innalza la soglIA del contante, da 1.000 euro a 3.000 euro. Ancora una volta, la politica italiana emana leggi che sembrano andare "controtendenza", non solo rispetto al buonsenso. Siamo il paese europeo dove maggiore è l'evasione fiscale; dove le mafie dominano territori e conquistano "pezzi" sempre maggiori dieconomia, influenzando pesantemente la politica; siamo il paese dove la corruzione è il cancro che devasta quotidianamente il destino della nazione.

Ancora una volta ricordiamo  la denuncia di don Ciotti su certi provvedimenti-leggi: "frutto di accordi sottobanco fra i partiti". 

A quelle parole si uniscono le dichiarazioni di Roberto Scarpinato, procuratore generale a Palermo. In  un'intervista al fatto Quotidiano R. Scarpinato, fra le atre cose afferma: "(...) Abbiamo una giustizia penale che  pesta acqua nel mortaio con gran spreco di risorse e nessuna  reale efficacia dissuasiva. Su un piatto della bilancia, la  certezza di arricchirti a spese della collettività, sull'altro  piatto il rischio, se ti scoprono, di subire un processo  destinato a un nulla di fatto per prescrizione (...)".

A chi giova tutto questo?


Leggi qui: RIPARTE IL FUTURO

Portare l’uso del contante a 3.000 euro è un errore, perché non farà aumentare i consumi e renderà invece più semplice mettere in circolazione denaro proveniente dall’economia sommersa, dando un segnale di cedimento di fronte all’enorme problema dell’evasione fiscale.  
Chiediamo che venga mantenuta la soglia dei 1.000 euro e che l’Italia si impegni a fare quel che altri Stati europei hanno messo in pratica da tempo: semplificare l’impiego delle carte di credito e dei bancomat, in modo che possano essere usati da tutti a prezzi molto più contenuti.  
Vogliamo che il governo ritiri il provvedimento presentato nel Consiglio dei ministri. Chiediamo un messaggio chiaro a Camera e Senato, quando la legge di Stabilità andrà in aula: stralciare una norma che rappresenta un evidente segnale negativo perché dà l’idea che un po’ di “nero” sia tollerabile se si tratta di far girare i consumi. Questo il testo della nuova petizione rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, a tutto il Parlamento per ritirare l'aumento a 3000 euro uso dei contanti. In sole 48 ore dal lancio sono state superate le 15mila firme.

La legge di Stabilità 2016 ci ha regalato una brutta sorpresa: la triplicazione della soglia per i pagamenti in contanti. Il pretesto è quello di facilitare i consumi, ma non è mai stato dimostrato che rendere indiscriminato l’uso dei contanti faccia aumentare gli acquisti. Al contrario, è provato che più alto è il ricorso alle transazioni elettroniche, maggiore è la possibilità di bloccare operazioni illecite. Le transazioni elettroniche eliminano la possibilità non solo di creare del “nero” ma anche di rimetterlo in circolazione. In questo senso, nel 2011 era stato finalmente portato a 1.000 euro l’uso dei contanti proprio per disincentivare l’impiego di denaro evaso o frutto di crimini. L’Italia è il secondo paese europeo per il valore dell’economia sommersa e ai vertici della classifica sull’evasione fiscale. Ci aspettiamo che il governo e il Parlamento non considerino questi tristi primati come semplici fatti, ma che impegnino tutte le loro energie per scalfire un fenomeno che ha costi enormi per la collettività. #Renziciripensi - è l'appello finale  della nuova iniziativa di Libera e Gruppo Abele- non è questo il messaggio di cui l’Italia ha bisogno. L’economia sana va a vantaggio di tutti.

“Sono norme- commenta Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera - che rischiano di facilitare gli affari sporchi. Le grandi organizzazioni criminali sono indifferenti al tetto dei 1000 o 3000 euro, non ne hanno bisogno per i loro affari, per le loro attività di riciclaggio ma le mafie “vivono di compiacenze, di altri livelli a loro servizio perché se il pesce è importante altrettanto lo è il bacino d’acqua all’interno del quale si alimenta, un bacino questo, anche alla luce della crisi economica e sociale che investe il paese, non indifferente all' aumento della soglia dell'uso del contante.”

lunedì 19 ottobre 2015

Erri De luca, assolto: "Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società".

Erri De Luca è stato oggi assolto per le dichiarazioni No Tav! In Aula aveva ribadito: Sabotare, verbo nobile e democratico pronunciato e praticato da Gandhi e Mandela".
Ma troppe altre cose, oscene e immorali, sussistono in questo paese e che occorrerebbe davvero "sabotare" avendo il coraggio etico dell'eresia, del dire la verità che si conosce! Fra le cose dette da Erri De Luca: "Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società."



 La dichiarazione resa da di Erri De Luca al processo di Torino. 
 
"Sarei pre­sente in quest’aula anche se non fossi io lo scrit­tore incri­mi­nato per istigazione.
Aldilà del mio tra­scu­ra­bile caso per­so­nale, con­si­dero l’imputazione con­te­stata un espe­ri­mento, il ten­ta­tivo di met­tere a tacere le parole con­tra­rie. Per­ciò con­si­dero quest’aula un avam­po­sto affac­ciato sul pre­sente imme­diato del nostro paese.
Svolgo l’attività di scrit­tore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura.
Sono incri­mi­nato per un arti­colo del codice penale che risale al 1930 e a quel periodo della sto­ria d’Italia. Con­si­dero quell’articolo supe­rato dalla suc­ces­siva ste­sura della Costi­tu­zione della Repub­blica. Sono in quest’aula per sapere se quel testo è in vigore e pre­va­lente o se il capo di accusa avrà potere di sospen­dere e inva­li­dare l’articolo 21 della Costituzione.
Ho impe­dito ai miei difen­sori di pre­sen­tare istanza di inco­sti­tu­zio­na­lità del capo di accusa. Se accolta, avrebbe fer­mato que­sto pro­cesso, tra­sfe­rito gli atti nelle stanze di una Corte Costi­tu­zio­nale sovrac­ca­rica di lavoro, che si sarebbe pro­nun­ciata nell’arco di anni. Se accolta, l’istanza avrebbe sca­val­cato quest’aula e que­sto tempo pre­zioso. Ciò che è costi­tu­zio­nale credo che si decida e si difenda in posti pub­blici come que­sto, come anche in un com­mis­sa­riato, in un’aula sco­la­stica, in una pri­gione, in un ospe­dale, su un posto di lavoro, alle fron­tiere attra­ver­sate dai richie­denti asilo.

Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società.

Inap­pli­ca­bile al mio caso le atte­nuanti gene­ri­che, se quello che ho detto è reato, l’ho ripe­tuto e con­ti­nuerò a ripeterlo.
Sono incriminato per avere usato il verbo sabotare. Lo considero nobile e democratico.
Nobile per­ché pro­nun­ciato e pra­ti­cato da valo­rose figure come Gan­dhi e Man­dela, con enormi risul­tati politici.
Demo­cra­tico per­ché appar­tiene fin dall’origine al movi­mento ope­raio e alle sue lotte. Per esem­pio uno scio­pero sabota la produzione.
Difendo l’uso legit­timo del verbo sabo­tare nel suo signi­fi­cato più effi­cace e ampio.
Sono dispo­sto a subire con­danna penale per il suo impiego, ma non a farmi cen­su­rare o ridurre la lin­gua ita­liana. ”A que­sto ser­vi­vano le cesoie” : a cosa? A sabo­tare un’opera colos­sale quanto nociva con delle cesoie? Non risul­tano altri insi­diosi arti­coli di fer­ra­menta agli atti della mia con­ver­sa­zione tele­fo­nica. Allora si incri­mina il soste­gno ver­bale a un’azione simbolica?
Non voglio scon­fi­nare nel campo di com­pe­tenza dei miei difensori.

Con­cludo con­fer­mando la mia con­vin­zione che la linea di sedi­cente alta velo­cità in Val di Susa va osta­co­lata, impe­dita, intral­ciata, dun­que sabo­tata per la legit­tima difesa della salute, del suolo, dell’aria, dell’acqua di una comu­nità minacciata.
La mia parola con­tra­ria sus­si­ste e aspetto di sapere se costi­tui­sce reato".

sabato 17 ottobre 2015

Articolo 3 della Costituzione Italiana: PARI DIGNITA' SOCIALE

Articolo 3 della Costituzione Italiana

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".



Fra gli strumenti per attuare il principio della "pari dignità sociale", per rendere illegale la miseria, il cosiddetto reddito di cittadinanza, di dignità: è la richiesta, anche da parte di LIBERA, di impegno concreto politica italiana affinchè si costruiscano condizioni effettive di dignità a partire dalle persone più in difficoltà. Non è una elemosina, al contrario è la richiesta di impegno a far crescere il Paese proprio attraverso la creazione e la salvaguardia di condizioni sociali di piena dignità. 
Assicurare condizioni di dignità è anche il modo più efficace per spezzare "il ricatto del lavoro"; quando "il lavoro" diventa merce di scambio, offerto, barattato, da mala-politica, mafie, cricche e caste, per conquistare e difendere il loro potere e i loro privilegi.

Intervento di Don Luigi Ciotti sul Reddito di Dignità 

 
 "Siamo davanti ad una crisi causata da un forte aumento della corruzione e da una caduta verticale della dignità.Possiamo uscirne solo guarendo dalla corruzione recuperando la dignità perduta. Sono passati ormai sette anni dal biennio 2007-2008. Ma non c'è stato ancora un vero cambiamento di rotta. 
 E' questo tentennare, questo girare attorno al problema, che amareggia il Papa quando scrive nell'enciclica appena pubblicata: 
"La crisi finanziaria era l'occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell'attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c'è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo. I provvedimenti presi spesso continuano a seguire il dogma del mercato. Un dogma non solo discutibile sul piano etico,  ma inefficace sul piano pratico."
Il "liberismo economico" prometteva più benessere per tutti: ha prodotto disoccupazione, povertà, smarrimento, salvo per minoranze che da molto ricche sono diventate ancora più ricche. Ormai sappiamo (dovremmo sapere) che una società  dove  comanda il denaro - dove il denaro non è più mezzo ma fine ultimo - è una società dove la maggior parte delle persone è umiliata, offesa, sfruttata, derubata dalla sua dignità. Per ritornare in carreggiata servono allora provvedimenti urgenti. Il "reddito di dignità" è uno di questiCerto, bisogna studiare la formula. Scegliere fra le varie proposte la più efficace, in termini di rapporto fra costi e benefici, ma soprattutto quella che meglio incontra aspettative di milioni di persone, i loro bisogni e le loro speranze. E anche fare un po' di chiarezza. Si è fatta (e in parte si continua a fare) confusione tra reddito di cittadinanza e reddito minimo garantito. Chiariti i particolari tecnici e risolto il nodo del reperimento fondi (attraverso la riduzione delle spese militari, il recupero dell'evasione fiscale, la soppressione delle deroghe sugli appalti per le grandi opere, che fanno lievitare la spesa e la corruzione) va sottolineato che il reddito di dignità non è un provvedimento assistenzialistico. E' una misura di giustizia sociale e , dunque, un investimento di speranza. E' necessario   ribadire con forza  che se cresce il welfare cresce il  Paese perché il welfare non è un lusso, ma un bene comune per cui impegnarsi. I diritti sociali abilitano a esercitare gli altri diritti quelli  civili, quelli  politici. 
Ma il reddito di dignità  è anche un atto di vera politica. Per tre ragioni: perché decide sui processi economici invece che subirli e ha il coraggio di modificarli quando ostacolano il bene comune; perché crede che la giustizia sociale sia il vero antidoto alle mafie, alla corruzione, ai privilegi e agli abusi di potereperché sa che certi frangenti delicati come questo, il sostegno ai deboli, alle vittime, agli emarginati è un imperativo etico, un obbligo di coscienza che precede ogni valutazione, ogni calcolo, ogni opportunità. Si è sentito dire che il "reddito di cittadinanza" non è una misura di sinistra perché la sinistra non fa assistenza, ma dà lavoro. Belle parole, ma intanto cosa facciamo con i milioni di poveri, di disoccupati? Con chi vive in strada, razzola nei cassonetti, lavora ma non ha un salario che permette di sopravvivere?  Quando una persona sta affogando, ci si tuffa in acqua e si cerca di portarla in salvo, non si sta a discutere se farlo nuotando a rana o a stile libero..."Ancora una volta si tratta di tradurre in scelte coerenti documenti che stanno alla base della nostra vita civile e che dunque ci siamo impegnati a realizzare come politici, amministratori, come società responsabile e semplici cittadini. Penso all'articolo 34 della Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dove si dice: "(...) Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti
“Siamo davanti ad una crisi causata da un forte aumento della corruzione e da una caduta verticale della dignità. Possiamo uscirne solo guarendo dalla corruzione recuperando la dignità perduta”. Queste le parole con cui don Luigi Ciotti ha aperto, questa mattina, l’incontro sul reddito di dignità promosso a Roma da Libera e Gruppo Abele nella Sala dei Gruppi della Camera dei deputati. Una mattinata di discussione e costruzione, incentrata sulle misure politiche da adottare per impedire che la crisi economica si tramuti in uno stillicidio sociale. Un tavolo allargato, cui hanno preso parte associazioni, sigle sindacali, movimenti studenteschi. E molti esponenti politici: i grillini Alessandro Di Bttista e Nunzia Catalfo; Loredana De Petris e Arturo Scotto, esponenti Sel; le democrats Enza Bruno Bossio e Cecilia Guerra; Pippo Civati, di “Possibile”, fuoriuscito dell’ultima ora del Pd. 
E se al termine della discussione è Nicola Fratioianni (Sel) il primo ad ammettere che i tempi son maturi per ripensare nuove politiche di redistribuzione del reddito, a suonare l’allarme e la riflessione per primo è stato don Ciotti. “Il welfare non è un lusso”, ha ribadito, con forza, il presidente di Libera, scagliando con forza la sua critica contro un sistema che continua “a seguire il dogma del mercato. Un dogma non solo discutibile sul piano etico, ma inefficace sul piano pratico”. Un sistema diseguale, dunque, causa delle divaricazioni sociali in atto. Don Ciotti cita papa Francesco. Legge un passaggio, uno dei più significativi, dell’enciclica Laudato si: “La crisi finanziaria era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”.
 
E contro i “criteri obsoleti”, quelli che hanno prodotto “disoccupazione, povertà, smarrimento, salvo per minoranze che da molto ricche sono diventate ancora più ricche”, la sola ricetta si chiama dignità. “Ormai sappiamo – le parole di don Ciotti – che una società dove comanda il denaro, dove il denaro non è più mezzo ma fine ultimo è una società dove la maggior parte delle persone è umiliata, offesa, sfruttata, derubata dalla sua dignità. Per ritornare in carreggiata servono allora provvedimenti urgenti. Il reddito di dignità è uno di questi”.
 
Ma le teorie non bastano. “Bisogna studiare la formula”, spiega il presidente di Libera e Gruppo Abele. Perché non di “provvedimento assistenzialistico” si tratta, ma di “una misura di giustizia sociale e, dunque, un investimento di speranza”. Invita a colpire quelle spese dietro cui si annidano le più grandi ingiustizie. E snocciola: “riduzione delle spese militari, recupero dell’evasione fiscale, soppressione delle deroghe sugli appalti per le grandi opere”.
 
“Il reddito di dignità – ha spiegato inoltre don Ciotti – è un atto di vera politica”. Per tre ragioni. Primo: “perché decide sui processi economici invece che subirli e ha il coraggio di modificarli quando ostacolano il bene comune”; poi, perché “crede che la giustizia sociale sia il vero antidoto alle mafie, alla corruzione, ai privilegi e agli abusi di potere”; e, infine, perché “sa che certi frangenti delicati come questo, il sostegno ai deboli, alle vittime, agli emarginati è un imperativo etico, un obbligo di coscienza che precede ogni valutazione, ogni calcolo, ogni opportunità”.
 
E tornando sulla natura del provvedimento: “Si è sentito dire che il reddito di cittadinanza non è una misura di sinistra perché la sinistra non fa assistenza, ma dà lavoro. Belle parole, ma intanto cosa facciamo con i milioni di poveri, di disoccupati? Con chi vive in strada, razzola nei cassonetti, lavora ma non ha un salario che permette di sopravvivere?”. Questioni quotidiane, quelle cui ha fatto riferimento don Ciotti, chiosando: “Quando una persona sta affogando, ci si tuffa in acqua e si cerca di portarla in salvo, non si sta a discutere se farlo nuotando a rana o a stile libero”. - See more at: http://www.narcomafie.it/2015/06/30/reddito-cittadinanza-non-e-assistenzialismo-ma-atto-di-vera-politica/#sthash.CeYUsSB3.dpuf
secondo modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e parassi nazionali".
O al passo della nostra Costituzione (art.36) dove si afferma: "(...) il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".Non basta fare analisi a tavolino e proporre soluzioni che non guardano in faccia le persone, le loro storie, i loro bisogni, i loro desideri. Lavoriamo insieme perché la povertà e la fatica della gente sono arrivate a livello mai visto. L'inclusione sta alla base della democrazia, nei diritti degli altro riconosciamo i nostri diritti. Nelle loro speranze le nostre speranze. Noi chiediamo ai politici di mettersi nei panni delle persone. Davanti la disperazione delle persone non ha senso parlare di gradi opere spesso inutili: ad esempio, il "ponte sullo stretto. Libera non ha alleanza politiche di sorta ma è disposta, come sempre, con chiunque si impegno seriamente con competenza e volontà per il reddito di dignità. Tutta Italia in questo momento lo chiede. Sono inoltre preoccupato perché la riforma elettorale al Senato deve inquietarci tutte e tutti. E mi chiedo, rispetto le mafie, chi protegge Matteo Messina Denaro.

lunedì 12 ottobre 2015

Sentinelle del territorio: Osservazioni alla "Variante Ponte".

SENTINELLE DEL TERRITORIO. Torniamo ad occuparci di Urbanistica perché, come abbiamo scritto sin dall'inizio della nostra attività come presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo, "(...) può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi,  il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale". 
Ci riferiamo ora alla cosiddeta "Variante ponte", documento approntato dall'Amministrazione con Delibera n. 36 del 08-09/07/2015
Le associazioni pinerolesi che si interessano alla gestione del nostro territorio si erano già espresso su quanto emergeva, a loro parere, dal progetto di Variante redatto dall'amministrazione. (leggi qui l'articolo integrale). 
Ora siamo giunti alla fase di Proposta tecnica del Progetto Preliminare presenta dall'amministrazione in  Consiglio Comunale. Proposta tecnica che non solo riconferma le perplessità già espresse ma le amplifica per i motivi che scriviamo nella introduzione alle Osservazioni presentate (lo scorso 28 settembre 2105): "(...) aver “celato” provvedimenti importanti quali la possibile demolizione del Turk; non aver tenuto conto, nella sostanza, dei pareri espressi dagli Enti sovra-comunali nella Conferenza di Pianificazione; aver permesso che al progetto preliminare si aggiungessero nuovi e diversi interessi privatistici. Tutto questo, come scriviamo in seguito, ci pare inficiare il principio di trasparenza che, accanto al perseguimento dell’interesse pubblico, deve sempre muovere ogni provvedimento dell’Amministrazione."
 "Le pietre che parlano"
Parlando di materia urbanista, lo sappiamo, occorre superare uno scoramento che ogni volta assale: come gran parte della materia legislativa italiana, anche questo campo -l'urbanistica- appare volutamente noioso, ostico, contorto e complesso. Non è un caso che questo avvenga! Nel paese che aveva posto fra i principi fondamentali della sua Carta Costituzionale la tutela del Paesaggio (Art. 9), proprio quelle "vesti", le norme e le leggi, sono state usate in maniera addirittura "perversa".
Lo scriveva chiaramente Salvatore Settis in "Paesaggio, Costituzione, Cemento" ( Ed. Einaudi, pag. 13-16.: "(...) i delitti contro il paesaggio si consumano non ignorando le regole, ma modificandole o "interpretandole" con mille artifici, perchè siano al servizio non del bene pubblico, ma "del partito del cemento" invadente e trasversale (...) Nascondendosi dietro la facile foglia di fico di una normativa più o meno ben fatta, anzi sbandierandola a ogni occasione, amministratori e politici perpetrano manovre e accordi sottobanco, trasformando il paesaggio e le città, corpo vivo della nostra memoria storica e della nostra identità, in merce di scambio elettoralistica". 
Amara l'analisi e la considerazione espressa da Salvatore Settis e le cui conseguenze si presentano, quotidianamente, al nostro stesso sguardo: il Paesaggio italiano, quotidianamente, viene distrutto spesso dalle leggi e dalle istituzioni che, invece, dovrebbero tutelarlo. 
Amare considerazioni vengono anche dall'osservare il "corpo vivo" della nostra città, Pinerolo,"le pietre che parlano" della sua storia passata e della storia che stiamo vivendo. Parlano i luoghi della città, il paesaggio della città; luoghi che negli ultimi decenni sono stati trasformati, modificati, mutandone spesso violentemente il carattere e la fisionomia. Questo è avvenuto in base a regole-leggi che avrebbero dovuto tener conto della storia e dei valori che quei luoghi esprimevano per la comunità, per assecondarli e difenderli, come presupposto essenziale del perseguimento del "bene-pubblico" nella evoluzione dell'organismo urbano. Occorre ricordare a noi tutti come la città, la sua forma e fisionomia, è sempre espressione dei valori etici e politici di una comunità.
Ancora Settis, parlando dello "sviluppo" degli organismi urbani: “(…) la progressiva trasformazione delle pianure e delle coste italiane in un'unica immensa periferia, non avverrebbe impunemente se vi fosse fra i cittadini una chiara percezione del valore della risorsa e dell'irreversibilità del suo consumo. È oggi più che mai necessario parlare di paesaggio”.
il merlettificio Turk
Noi pensiamo che a Pinerolo (come in altri luoghi) la sua classe politico-dirigente, l'attuale e quelle che si sono succedute negli ultimi decenni, debba ancora dare segni di operare concretamente per la salvaguardia del Paesaggio come "bene comune", come "bene collettivo"!  Eppure, lo stesso Consiglio di Stato lo  ha ribadito (sentenza n. 2222- 29 aprile 2014) : "il paesaggio è bene primario e assolutoIl paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato, e, quindi, deve essere anteposto alle esigenze urbanistico-edilizie".
Ma il significato di "Paesaggio", è bene ricordarlo, non si limita al concetto meramente estetico di “bellezza naturale": "(...) il Paesaggio è l'insieme dei valori inerenti il territorio” concernenti l’ambiente, l’eco-sistema ed i beni culturali, i valori che fondano l’identità stessa della nazione." ...e di una comunità! (aggiungiamo noi).
Monte Oliveto
Invece, anche a Pinerolo, associazioni e cittadini devono impegnarsi in strenue battaglie per difendere luoghi,  lembi di Paesaggio, che amministrazioni comunali vorrebbero cementificare, modificare, cancellando con essi Memoria e Paesaggio. Dietro l'aridità dei documenti urbanistici, infarciti di sigle, commi e articoli di leggi, sono "celati" luoghi della nostra vita quotidiana: l'edificio del Turk, il centro storico, l'area ai piedi di Monte Oliveto, (la cosiddetta area CP7), area da tutelare secondo il Piano Paesaggistico della Regione e invece area "da cementificare" secondo l'Amministrazione comunale.
Noi auspichiamo che anche a Pinerolo si ribadisca il valore del  Paesaggio come "bene collettivo" su cui si fonda l'identità della comunità:  un bene  tale da essere "non negoziabile", né tanto meno "mercificabile" a vantaggio dei soliti "pochi",   e ne chiediamo la tutela contro speculazioni e interessi  particolari.
Arturo Francesco Incurato 
referente presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo





Osservazioni alla DC n. 36 del 08-09/07/2015, avente ad oggetto le Controdeduzioni alle osservazioni alla Proposta tecnica del Progetto Preliminare ed il Progetto Preliminare della Variante Strutturale denominata “Variante Ponte”, ai sensi dei commi 7 e 8 dell’art. 15 della L.R. 56/1977 e s.m.i
Introduzione
A nostro parere, la variante strutturale denominata “Variante ponte” non risponde alle esigenze di una revisione dell'attuale -ipertrofico- Piano Regolatore, punto qualificante anche del programma elettorale dell'attuale Amministrazione. La Variante è piuttosto la mera addizione di piccoli “aggiustamenti”, volti a soddisfare le molteplici esigenze e richieste pervenute da cittadini e professionisti, senza tuttavia che queste siano inscritte in un disegno-progetto generale, organicamente compiuto.
A questo si aggiunge una considerazione derivante dalle procedure sin qui seguite dall’Amministrazione: aver “celato” provvedimenti importanti quali la possibile demolizione del Turk; non aver tenuto conto, nella sostanza, dei pareri espressi dagli Enti sovracomunali nella Conferenza di Pianificazione; aver permesso che al progetto preliminare si aggiungessero nuovi e diversi interessi privatistici. Tutto questo, come scriviamo in seguito, ci pare inficiare il principio di trasparenza che, accanto al perseguimento dell’interesse pubblico, deve sempre muovere ogni provvedimento dell’Amministrazione.

1. Considerazioni sulle criticità procedurali

1.1 L’oscuramento del ruolo della copianificazione
Fra gli elaborati amministrativi e tecnici della variante non sono compresi i pareri espressi nelle Conferenze di Pianificazione. Ad illustrare i pareri, a rendere evidenti quelle che avrebbero dovuto essere le relative conseguenze progettuali di questo importante momento del nuovo modello di pianificazione urbanistica (la copianificazione appunto), è dedicato unicamente il cap. 3.6 della Relazione Illustrativa. In questo documento tuttavia “i contenuti” dei pareri sono riportati solo attraverso brevissime sintesi, non in forma estesa, e limitatamente ad aspetti ben circoscritti, mentre sono alquanto sfumate le obiezioni esprese alla variante a riguardo delle problematiche urbanistiche e paesistiche.
Vista questa carenza di informazioni della Relazione Illustrativa, e verificato che tali pareri non sono stati neppure resi pubblici, ne consegue che i cittadini e gli stesssi consiglieri (!) sono rimasti all’oscuro dei temi dibattuti nelle Conferenze di Pianificazione e, soprattutto, all'oscuro delle conclusioni che in quella sede sono emerse. Di fatto, cittadini e consiglieri sono stati sostanzialmente esclusi da una partecipazione consapevole alla formazione del piano.
Tutto questo appare in evidente contrasto con la LR. n. 56/77, laddove all'Art. 1 bis si legge: “2. I processi di formazione degli strumenti di pianificazione sono pubblici; l’ente che li promuove garantisce l’informazione, la conoscenza dei processi e dei procedimenti e la partecipazione dei cittadini agli stessi, assicurando, altresì, la concreta partecipazione degli enti, dei portatori d’interesse diffuso e dei cittadini, singoli o associati, attraverso specifici momenti di confronto.” E anche Art. 15: “7. Il soggetto proponente, avvalendosi delle osservazioni e dei contributi espressi dalla conferenza di copianificazione e valutazione, predispone il progetto preliminare del piano che è adottato dal Consiglio.”.
Le criticità procedurali di cui abbiamo detto risultano “imbarazzanti”. Celare gli elementi sostanziali del dibattito svolto nella Conferenza -le compensazioni ambientali, la pianificazione paesistica, le trasformazioni sostenibili, il piano della collina, i corridoi ecologici- ha determinato infatti un duplice effetto: da un lato, come già detto, l'impossibilità di intervenire e dibattere sulla variante con cognizione di causa attraverso le osservazioni e le proposte; dall'altro, l'impedimento a che quei rilievi potessero rappresentare stimolo e buon motivo per intraprendere addirittura una nuova fase nella discussione sulle caratteristiche e la natura della variante stessa.
Ad oggi, la “Variante ponte” appare essenzialmente basata su richieste di trasformazioni episodiche, privatistiche, poco coerenti -se non estranee- ad un credibile progetto urbanistico utile alla città. Tanto che si è portati ad una preoccupante considerazione di carattere generale: difficile intravedere una progettualità che denoti carattere di “interesse pubblico” nel documento in esame.
Oltre alle già citate difformità dagli artt. 2 bis e 15 della LR. n. 56/77, è opportuno segnalare che la mancata pubblicazione di atti (i pareri espressi dalle CdP) essenziali al processo di piano potrebbero costituire una sorta di “patologia amministrativa”, con possibili profili di illegittimità gravanti sull’intero procedimento urbanistico.

1.2 Le interferenze nello svolgimento del processo tecnico-amministrativo
Il procedimento di adozione del progetto preliminare di variante in corso appare viziato da errori in ordine alla sequenzialità e coerenza dei vari passaggi previsti dalla normative in materia, determinando così probabili presupposti di illegittimità. Infatti sono stati impropriamente introdotti emendamenti aggiuntivi, anche durante lo svolgimento del Consiglio Comunale, del tutto nuovi rispetto a quanto definito dalla proposta tecnica. Benché gli ambiti urbanistici della Proposta Tecnica -oggetto di possibili “osservazioni”- non siano rigidamente circoscritti come richiesto per il progetto preliminare (“Le osservazioni devono essere riferite agli ambiti e alle previsioni del piano o della variante;” art. 15, comma 10 della LR. n. 56/77) è evidente, per analogia, che quegli elementi non possano eccedere, essere “qualcosa di più e di diverso, rispetto a quanto previsto nella proposta tecnica della Variante ponte. Quest'ultimo documento infatti già costituisce un progetto articolato e sostanzialmente concluso, come si evince dall’art. 14 comma 3 bis della LR. n. 56/77.

1.3 La sopravvenuta incompletezza del processo valutativo
Le nuove previsioni inserite dopo l’adozione della proposta tecnica, contrariamente a tutto l’impianto progettuale della stessa proposta, non sono state sottoposte alla verifica di assoggettabilità, determinando anche in questo caso un contrasto con la legge (artt. 3 bis e 15, LR. n. 56/77) e quindi un altro presupposto di illegittimità.
Inoltre occorre sottolineare il fatto che le nuove previsioni incrementali (es. la rifunzionalizzazione delle zone D1.1 – cartiera, RU6.4 -Corcos), creando considerevoli effetti (aumenti di superfici residenziali e commerciali), determinano una probabile alterazione del quadro ambientale e quindi la necessità della VAS.

1.4 L’inadeguatezza del parere motivato OTC di VAS
Ulteriore contributo alla debolezza del presente procedimento è dato dal provvedimento n. 32997 del 30/6/2015 dell’OTC per la Valutazione Ambientale, che si limita a ribadire che la procedura di pianificazione non è soggetta alla VAS. Tuttavia, non entrando nel merito delle successive implicazioni urbanistiche, si elude la prescrizione della DGR. 9/6/2008 n. 12-8931: “Richiama, per i casi di esclusione dal processo valutativo, la necessità che i provvedimenti di adozione e di approvazione definitiva della variante di piano diano atto della determinazione di esclusione dalla valutazione ambientale e delle relative motivazioni ed eventuali condizioni”. Infatti la valutazione dei pareri ambientali e le modalità per concretizzarle nell’apparato urbanistico con l’adeguata modalità progettuale e normativa è certamente in carico a tale organo (OTC per la Valutazione ambientale), il cui atto rappresenta il passaggio fra due discipline organicamente integrate, quella ambientale e quella urbanistica. C’è il rischio che tale operazione di modulazione progettuale richieda, a questo punto, una ulteriore valutazione (VAS) aggiuntiva non contemplata dalla legge.
Per tutte le argomentazioni sopra esposte si richiede all’Amministrazione Comunale di revocare la DC n. 36 del 08-09/07/2015

2. Considerazioni sugli apporti esterni alla formazione della variante

2.1 Considerazioni sulle risposte dell’A.C. alle osservazioni e suggerimenti sulla proposta tecnica delle scriventi Associazioni.
Le associazioni richiedevano un corretto ed esaustivo adeguamento della Variante ai piani sovra-ordinati, secondo le modalità chiaramente illustrate nelle norme dei suddetti piani. Dalla conseguente controdeduzione comunale scopriamo invece che l’Amministrazione Comunale ritiene che il recepimento dei piani di Regione e Provincia si realizzi - “sic et simpliciter” - con la sola partecipazione dell'Amministrazione stessa alla Conferenza con questi enti; tutto il resto -integrazione di cartografie, analisi, norme- sembrerebbero dei meri dettagli. Pare così che si voglia affermare il predominio della “forma” (la procedura) sulla “sostanza” (il piano regolatore).
Naturalmente le scriventi Associazioni ribadiscono le richieste già formulate ma che ora sono rafforzate dalla sintonia con le conclusioni della Conferenza di Pianificazione.

2.2 Considerazioni sul recepimento dei pareri della Conferenza di pianificazione
Le richieste formulate a conclusione della Conferenza di Pianificazione dai vari enti avrebbero dovuto creare le condizioni per elevare la qualità del piano sia dal punto di vista metodologico che nel merito del progetto.
Il progetto preliminare si limita invece a recepire le richieste e i suggerimenti di natura disciplinare (essenziali per migliorare i meccanismi gestionali) mentre ignora sostanzialmente le sollecitazioni verso una pianificazione più organica e con una più spiccata caratterizzazione progettuale. Prevale, in più occasioni, il recepimento burocratico che prende forma nel sistematico rimando ad altri strumenti normativi (manuali, linee guida, piani esecutivi, protocolli di intesa). Conseguenza di questo modo di procedere è che, così facendo, si riducono sia i margini di condivisione che quelli di controllo delle trasformazioni urbane da parte della cittadinanza.

3. Osservazioni sui contenuti urbanistici della variante
Esaminati gli elaborati tecnici del Progetto Preliminare le Associazioni scriventi, visto il tenore delle non-risposte ricevute, ritengono di riproporre le osservazioni e suggerimenti già formulati sulla Proposta Tecnica con D.C. n. 4 del 4/2/2015.
Inoltre avanzano le seguenti richieste e suggerimenti:

    1. Zona RU5.1 – ambito Turk: si richiede di ripristinare la normativa precedente che garantiva e tutelava la conservazione dell'edificio, riconosciuto (anche dalla letteratura storica e specialistica) come esempio di archeologia industriale avente rilevante valore storico. Le disposizioni inerenti la tutela del manufatto, essendo state introdotte dalla Regione col provvedimento di approvazione, hanno particolare autorevolezza e quindi non possono essere stralciate. A questo riguardo, riteniamo davvero grave che l’Amministrazione abbia omesso nei suoi elaborati descrittivi (nella Proposta Tecnica e anche nel presente Progetto Preliminare) il richiamo a tale previsione di stralcio, rendendola piuttosto “clandestina”. Non è certo con questo agire che si rende un buon servizio all’immagine del Amministrazione Comunale.
Le stesse disposizioni riguardanti la richiesta di parere da parte della commissione regionale per gli insediamenti d’interesse storico-artistico, paesaggistico o documentario, ex art. 91 bis LR. n. 56/77, essendo stata posta come “facoltativa e discrezionale”, sembrano unicamente un espediente per legittimare, o almeno “agevolare”, la demolizione del Turk!

3.2 Zona CE7.4- Riva di Pinerolo: dal punto di vista urbanistico, si ritiene inaccettabile l’espulsione dall’abitato del campo di calcio (già esistente!), in quando si riducono gli spazi di socialità in un organismo edilizio già poco dotato di spazi di relazione. Eventuali situazioni di conflittualità determinate dall’attuale utilizzo -si tratta comunque di uno spazio destinato ad attività sportive- possono essere risolte in ben altro modo, ad esempio modificando la destinazione d’uso dello spazio pubblico a giardino o parco urbano. Si prospetta invece una operazione che lascia alquanto perplessi: lo spostamento del campo di calcio in area periferica, in sostituzione di un’area degradata (D7.2); la conseguente possibilità di edificare nuove residenze nell'area dell'attuale campo sportivo. A nostro parere, i supposti benefici pubblici derivanti dall'operazione non compensano i costi di impoverimento urbano e di relazione sociale che si vengono a determinare in quella zona; né risultano proporzionali, i supposti benefici, alla cospicua valorizzazione immobiliare che si riconosce al privato, consentendogli la realizzazione (e vendita) di superfici residenziali! Anche in questo caso ci domandiamo: dove è l'interesse pubblico?

3.3 Area per esposizione autoveicoli: si richiede di stralciare la previsione di un’area a temporanea esposizione di autoveicoli (indicata nell’art. 49, comma 13 delle NTA), collocata recentemente in zona agricola del prgc vigente, non essendo neppure chiaro con quale titolo abilitativo sia stato possibile. La previsione dell'area espositiva determina infatti un impatto visivo del tutto negativo proprio all’ingresso della città, in un luogo che, ancora oggi, mantiene una apprezzabile fascia inedificata di protezione, “a verde” e agricola. Quell'area di verde agricolo merita invece di essere tutelata, anche considerando che al suo interno sono presenti cascine ed edifici di valore documentario che caratterizzano il “paesaggio” a cintura della città.

    1. Zona A2.1 – Centro Storico: Anche in questo ambito non sono chiare le operazioni edilizie ed urbanistiche definitivamente approvate, (possibilità di abbattimento e ricostruzione senza vincolo del rispetto delle sagome, altezze, sedimi) frutto di un emendamento presentato in Consiglio Comunale. Le demolizioni e ricostruzioni devono avere carattere di eccezionalità, devono essere dettagliatamente motivate e non possono prescindere da una precisa individuazione cartografica (vedasi articoli legge regionale 56/77 sui centri storici).

    1. Zone NF – Nuclei frazionali: l’eliminazione della normativa di tutela di questi ambiti, e la facoltà di procedere con tutti i tipi d’intervento, può produrre l’alterazione sostanziale dei tessuti di carattere documentario e storico che contraddistinguono questi aggregati. Infatti mancando una perimetrazione cartografica, le disposizioni cautelari previste nell’art. 45 comma 4 tris difficilmente garantiscono la difesa degli insediamenti tradizionali. Riteniamo pertanto necessaria la perimetrazione puntuale degli ambiti meritevoli di conservazione scelti attraverso una procedura partecipata e condivisa con i cittadini.

    1. Zona RU 6.4 – Area ex Corcos: Le scriventi Associazioni ribadiscono quanto espresso nelle osservazioni già presentate. In presenza di un aumento abnorme delle superfici commerciali previste in quell’area, ritengono assolutamente indispensabile un preliminare aggiornamento del Piano del Commercio ed una attenta valutazione circa le ripercussioni che tali superfici possano avere sulle condizioni del residuo tessuto commerciale “di vicinato”. Tali perplessità sono giustificate e sostenute da quanto richiesto nei pareri della stessa Conferenza di Pianificazione.