venerdì 27 settembre 2013

Sentinelle del territorio. Un secondo "grattacielo” a Pinerolo?

Sentinelle del Territorio. Nel luglio scorso, importanti decisioni riguardanti il settore dell'urbanistica erano state adottate dall'Amministrazione comunale di PineroloFra queste delibere, la "valorizzazione" ( vendita!) dell'area dei cosiddetti "Portici Blu".
Un secondo "grattacielo” a Pinerolo?


Questa sera si terrà l'incontro pubblico 
organizzato dal Forum Salviamo il Paesaggio


Avevamo scritto che, proprio in merito a quella delibera, ci parevano criticabili due aspetti: il mancato coinvolgimento della cittadinanza su decisioni e temi importanti per la Città e la tempistica delle decisioni adottateper il fatto che “(…)proprio a ridosso delle ferie agostane, la cittadinanza, i cittadini responsabili, erano "invitati" a presentare -entro 15 giorni dalla pubblicazione della delibera adottata- "le osservazioni" addirittura ad una variante urbanistica importante quale quella relativa all'area dei "Portici Blu": ovvero sull'idea di un secondo "grattacielo" a Pinerolo”.  
Alleghiamo il testo integrale delle “Osservazioni alla deliberazione di Consiglio comunale di Pinerolo n. 36 del 2-3 luglio 2013

giovedì 26 settembre 2013

Oggi Torino si sveglia con un Ponte dedicato a Mauro Rostagno.ORE 11, PONTE DI VIA LIVORNO,

25 anni fa la mafia decise di zittire un giornalista di raro coraggio, una voce scomoda, un uomo capace di dare fastidio ai padroni e ai padrini. 
Mauro Rostagno é nato a Torino. Chiediamo che a Torino uno spazio pubblico degno renda omaggio al suo sacrificio.

Era il 26 settembre del 1988, quando a Valderice, in provincia di Trapani, Cosa nostra freddò in un agguato Mauro Rostagno. Abbiamo deciso di "intitolare" un Ponte a Mauro, perché da 5 anni 1000 cittadini aspettano risposta. OGGI ORE 11, PONTE DI VIA LIVORNO, TORINO.



"Agli uomini capita di mettere radici, e poi il tronco, i rami, le foglie... quando tira vento, i rami si possono spaccare, le foglie vengono strappate via: allora decidi di non rischiare, di non sfidare il vento. Ti poti, diventi un alberello tranquillo, pochi rami, poche foglie, appena l’indispensabile.
Oppure te ne fotti. Cresci e ti allarghi. Vivi. Rischi. Sfidi la mafia, che è una forma di contenimento, di mortificazione. La mafia ti umilia: "calati junco che passa la piena", dicono da queste parti. Ecco, la mafia è negazione d’una parola un po’ borghese: la dignità dell’uomo."
Mauro Rostagno

martedì 24 settembre 2013

La 'ndrangheta (lombarda) è una metastasi favorita dall'omertà

Mentre in Piemonte siamo in attesa della sentenza di primo grado del processo "Minotauro", dall’operazione che ipocritamente fece scoprire che le mafie esistono anche in terra sabauda, in Lombardia la sentenza di secondo grado del processo “Infinito” conferma e convalida l’apparato accusatorio sostenuto dalle indagini del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Alessandra Dolci e Paolo Storari.

requisitoria del procuratore di  Giancarlo Caselli al processo Minotauro

fonte: La Repubblica

I giudici: "La 'ndrangheta lombarda è una metastasi favorita dall'omertà"

Pubblicate le motivazioni della sentenza d'appello del processo 'Infinito' che ha portato alla condanna di 110 persone. "La 'ndrangheta si fa scudo della sua segretezza e della sua esteriore impermeabilità".



In Lombardia "è ben radicata e diffusa" quella che si può definire la '''ndrangheta padana", in parte autonoma dalla casa madre calabrese e che opera nella "diffusa omertà che porta le vittime a subire senza denunciare, a nascondere piuttosto che a rivelare". Lo scrivono i giudici della prima sezione della Corte d'appello di Milano nelle oltre 1.700 pagine di motivazioni della sentenza con cui lo scorso aprile hanno inflitto 110 condanne, confermando in sostanza la storica sentenza 'Infinito' di primo grado.


Il 23 aprile i giudici d'appello (collegio Polizzi-Bocelli-Caputo) col loro verdetto hanno confermato la storica sentenza - emessa nel novembre del 2011 con rito abbreviato dal gup milanese Roberto Arnaldi - che ha riconosciuto la presenza in Lombardia della 'ndrangheta e delle sue infiltrazioni nel tessuto sociale, politico ed economico del Nord Italia. Anche in secondo grado erano arrivate 110 condanne e fino a 15 anni e tre mesi di carcere (solo con qualche limatura al ribasso nelle pene) alla cupola  ai presunti boss e affiliati di quelle cosche smantellate con la maxi operazione, coordinata dalla Dda milanese, che nel luglio del 2010, al termine delle


inchieste 'Infinito' e 'Tenacia', aveva portato in carcere oltre 170 persone.



Nelle 1.714 pagine di motivazioni, da poco depositate, i giudici descrivono, facendo leva sugli atti dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Alessandra Dolci e Paolo Storari, anche quella sorta di "crisi interna alla 'ndrangheta padana indotta dal confliggere di aspirazioni o esigenze autonomiste fra chi opera al Nord e i tradizionali riferimenti della terra adre, che da parte sua non rinunzia a un ruolo egemone". Tentativo di autonomia stroncato nel 2008 con l'omicidio di Carmelo Novella, che era a capo della "Lombardia", la struttura di vertice della 'ndrangheta al Nord.



I giudici nelle motivazioni scrivono a lungo anche di quel processo di "emancipazione e interazione tra le 'locali' (le cosche) di neoformazione in territori nordici", della "influenza della cosche in vari settori dell'attività economica" e poi dei "tentativi, anche riusciti, d'infiltrare le amministrazioni locali per ottenere vantaggi". A tutto questo si aggiunge "l'assoggettamento delle vittime" degli episodi di intimidazione "che s'asterranno dallo sporgere denunce". Paradossalmente, scrive la Corte d'appello, "la prova dell'esistenza del sodalizio mafioso affiora invece dalla sua stessa negazione, dalla diffusa omertà che porta le vittime a subire senza denunciare, a nascondere piuttosto che a rivelare".



Non c'è bisogno al Nord , secondo i giudici, che "cittadini o singole vittime sappiano distinguere fra 'locale' e 'locale'", perché "la 'ndrangheta si fa scudo della sua segretezza, della sua esteriore impermeabilità, nel contempo dimostrando in forma anonima la sua concretezza. Per i giudici la 'ndrangheta in Lombardia è ormai una vera e propria metastasi", una realtà "conclamata" e "capillare".

lunedì 23 settembre 2013

Era Lunedì.Giancarlo Siani tornava a casa prendendo il vento di faccia nella sua Citroen Méhari verde bottiglia. Aveva compiuto 26 anni da quattro giorni. Ed era felice.

Quel 23 settembre 1985 era un lunedì. Giancarlo Siani aveva finito di lavorare prima del solito. Doveva andare a un concerto. La fidanzata lo aspettava...La sera in cui fu ammazzato, Giancarlo Siani tornava a casa prendendo il vento di faccia nella sua Citroen Méhari verde bottiglia. Aveva compiuto 26 anni da quattro giorni. Ed era felice.

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Ricordiamo la storia di Giancarlo Siani, come lo ha ricordato Antonio Castaldo, nell'artico scritto lo scorso anno in occasione dell'anniversario della sua uccisione

Fonte : Corriere Della Sera

di Antonio Castaldo

Era Lunedì. Giancarlo aveva finito di lavorare prima del solito. Doveva andare a un concerto. La fidanzata lo aspettava. E mentre dal Chiatamone, nel cuore barocco di Napoli, volava verso casa, su al Vomero, molto probabilmente sorrideva. Aveva ottenuto un contratto di due mesi, una sostituzione estiva alMattino. Da cinque anni era un «abusivo», lo schiavetto della redazione di Castellammare di Stabia. Senza contratto e senza diritti. Ma il purgatorio stava per finire. «Appena parte il nuovo piano editoriale sarai assunto», gli aveva detto il direttore Pasquale Nonno. Il suo sogno, lo stesso di ogni ragazzo che vuole fare il giornalista, stava per realizzarsi. Avrebbe avuto un contratto da praticante. La sera in cui fu ammazzato, Giancarlo Siani tornava a casa prendendo il vento di faccia nella sua Citroen Méhari verde bottiglia. Aveva compiuto 26 anni da quattro giorni. Ed era felice.
Una sentenza passata in giudicato nel 2000 ha stabilito che ad uccidere il giornalista napoletano alle 20.50 del 23 settembre 1985 sono stati due killer del clan Nuvoletta. Da quello stesso giorno il suo nome è diventato un simbolo di legalità. Giancarlo è diventato un eroe, un martire. Nessuno può negarlo e una sentenza lo conferma, i killer lo hanno ammazzato per quello che aveva scritto. E per ciò che stava per scrivere. Eppure, come ci ricorda un libro di Bruno De Stefano appena pubblicato, Passione e morte di un giornalista scomodo (Giulio Perrone editore), Siani era «un cronista che faceva semplicemente il suo lavoro con tanta passione e altrettanto rigore». E «il santino da eroe e da martire cucito addosso a questo giovanotto solare e sorridente più che rendergli onore lo mortifica, svilisce la sua intelligenza e il suo equilibrio trasformandolo in uno sprovveduto aspirante cronista inconsapevole dei rischi a cui andava incontro». Il libro di De Stefano restituisce alla corretta ricostruzione dei fatti un ragazzo morto ammazzato inseguendo la verità. E ce n’era bisogno perché altri avevano affrontato il caso dal punto di vista soltanto emozionale, come in un romanzo. Mancava un’analisi organica e definitiva della lunga vicenda processuale. Un testo che completasse certezze maturate in 15 anni di passi falsi.
Siani era un cronista di provincia. L’ultimo arrivato nel più grande quotidiano del Sud. Fin dal giorno del delitto, per qualcuno è stato difficile accettare l’idea che fosse stato giustiziato a causa del suo lavoro di cronista di frontiera. All’inizio anche la stessa magistratura ha inseguito ipotesi suggestive quanto irreali, collusioni con cooperative di ex detenuti piuttosto che piste passionali. La verità era altrove, ed è venuta fuori solo a partire dalla metà degli anni 90, grazie ad alcuni pentiti e al lavoro di un magistrato determinato come Armando D’Alterio.
Siani era dal 1980 corrispondente dalla città di Torre Annunziata, in quegli anni al centro della sanguinosa faida che opponeva il gruppo di Bardellino (il nucleo primigenio del clan dei casalesi) alle famiglie vesuviane di Alfieri e Gionta. Una guerra di mafia culminata nel massacro del 26 agosto del 1984 a Torre Annunziata. Gli uomini di Bardellino piombarono nel quartier generale dei Gionta a bordo di un pullman.  Morirono 8 persone, 7 i feriti. Ma il boss Valentino scampò all’agguato.
Giancarlo non poté scrivere molto sul fatto più grosso che gli fosse mai capitato. Come sempre in questi casi, i pezzi di prima pagina sono appannaggio degli inviati speciali. Ma nei mesi successivi si diede da fare con gli scenari criminali in continuo mutamento.
L’8 giugno 1985 Gionta viene arrestato nei pressi della tenuta di campagna dei Nuvoletta, dove aveva trovato rifugio durante la latitanza. Ancora una volta Siani resta in panchina. Ma il 10 giugno appare un pezzo di analisi che prova a spiegare quell’arresto inaspettato: La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di ‘Nuova famiglia’, i Bardellino”, scrive, evidentemente imbeccato dagli investigatori. E questa frase, a quanto hanno accertato dai giudici, decreta la sua condanna a morte.
Tuttavia, l’ombra di infamia fatta aleggiare sui potentissimi Nuvoletta non è il solo movente. Siani stava indagando da alcuni mesi sugli intrecci tra la classe politica vesuviana e la criminalità organizzata. Le sue fonti racconteranno delle continue richieste di documenti su appalti e piani di ricostruzione, riccamente finanziati dai fondi per il terremoto
Un’amica di vecchia data, Chiara Grattoni, testimonierà che Giancarlo era in quel periodo eccitato per le notizie che aveva scoperto: “La cosa che ricordo di più, che mi impressionò di più, era che lui sosteneva che i politici di Torre Annunziata fossero implicati in fatti di camorra [...]. Era molto preso dalla cosa”. Confermò la donna. E come alla fine concluse il pm D’Alterio, Siani faceva paura per il solo fatto che in un ambiente omertoso, quale quello di Torre Annunziata, faceva domande e smuoveva le acque”.
Siani, insomma, dava fastidio perché poneva interrogativi scomodi. E perché continuava a raccogliere documenti su documenti. Il giorno della sua morte telefonò ad Amato Lamberti, il sociologo da sempre impegnato nella lotta alla camorra, e gli chiese urgentemente un incontro. Doveva parlargli. Ma al telefono non poteva, e non vicino al giornale, dove evidentemente non si sentiva
al sicuro. Nessuno sa cosa avesse scoperto. Quando è stato ucciso, nella scassatissima auto decappottabile, in ufficio e a casa, non è stata trovata traccia del dossier su cui lavorava. Una stranezza per chi come lui era abituato ad archiviare anche gli scontrini. Sta di fatto che, come hanno raccontato Lamberti e vari altri testimoni, Siani aveva imboccato la pista della corruzione e dell’abbraccio velenoso tra camorra e politica. Negli anni successivi altre inchieste e altri processi proveranno la correttezza delle sue intuizioni. Il Comune di Torre Annunziata sarà sciolto per infiltrazioni mafiose e il sindaco condannato. Giancarlo aveva ragione ma non gli è stata concessa la possibilità di scriverlo. Aveva appena compiuto 26 anni.

venerdì 13 settembre 2013

Sentinelle del territorio: "…Aspettando Renzo Piano ( a Pinerolo), cosa può legare un semaforo (in Calabria) ad un grattacielo (a Pinerolo)?


Al ritorno da una breve vacanza nel paese natìo in Calabria, mi arrovella una domanda: cosa può legare il semaforo posto su un antico muro di sostegno di un borgo calabrese all’idea di un “grattacielo” a Pinerolo? 

Il borgo calabrese, il semaforo sull'antico muro,  il "grattacielo" di Pinerolo
Il quesito mi viene sollecitato da quanto si legge in un documento allegato alla delibera approvata dall’amministrazione pinerolese nello scorso mese di luglio. La delibera prevede la vendita dell’area dei cosiddetti “Portici Blu” al fine di realizzare “(…) “un edificio capace di lasciare un segno forte sul paesaggio cittadino”. (Un “secondo” grattacielo a Pinerolo?)
Lasciare un segno forte…” Mi sono chiesto: è forse  lo stesso principio, fatte le debite proporzioni, che ha ispirato gli amministratori del borgo calabrese posizionando il semaforo sull’antico muro, forse come segno di modernità o come gesto concreto dell’attenzione che l’ amministratore ha nei confronti dei bisogni della sua comunità?
Eppure, visti nel loro contesto e riflettendo sui due “oggetti”, il semaforo sull’antico muro così come il “grattacielo” nel panorama di Pinerolo, mi viene da pensare che entrambi rappresentano, a mio parere, due elementi “osceni”. “Osceni” nel significato etimologico della parola latina da cui deriva il termine “osceno”: “ob scenum”, ovvero qualcosa che è fuori dalla scena, fuori dal contesto, qualcosa di inadeguato.
Memorie degli studi universitari alla facoltà di Architettura di Torino, uno dei principi che più mi affascinavano era quello del “genius loci”, lo spirito del luogo, la vocazione di un luogo. Un principio fondamentale che, come apprendevamo, aveva determinato la varietà delle forme architettoniche espresse dalle differenti culture e civiltà: fondato sul rispetto delle atmosfere e del carattere spirituale dei luoghi, delle tradizioni costruttive, sulla sensibilità per l’uso di materiali. Cosicché, sino a qualche decennio orsono era piuttosto agevole individuare il luogo, la nazione -e quindi la cultura- che aveva “costruito” un edificio, una casa, un’opera architettonica, un disegno urbanistico. Saper cogliere ed esprimere nel progetto che si elaborava il “genius loci”, lo spirito del luogo, secondo i nostri docenti era un elemento discriminante per rendere oggettivamente ammirevole, qualificante e giustificata, l’opera di un professionista che ambisse a svolgere il lavoro di architetto.
La realtà della professione dell’architetto, al di fuori dalle aule universitarie e soprattutto in Italia, è stata davvero differente. La figura dell’architetto, come altre, in Italia si è trasformata spesso in quella di un mero esecutore di ordini, volontà e programmi altrui. Ma non pensiamo di ritrovare facilmente lo spirito della famiglia dei Medici, di Giulio II,  o anche dei Savoia,  nelle vesti di pubblici e privati committenti! La speculazione edilizia, la forza della “rendita”, a volte “il malaffare”, questi i “poteri-committenti” che hanno provocato il degrado di tanti paesaggi e “luoghi” italiani e che hanno visto -troppo spesso!- accondiscendenti e ignavi esecutori proprio in coloro che della bellezza dei luoghi, della loro difesa e creazione, avrebbero dovuto essere strenui e appassionati protagonisti.
Se cerchiamo un segno dell’inizio dell’apocalisse architettonica e urbanistica italiana -e anche dell’etica della nazione- forse dobbiamo rievocare l’inquietante proclama che scosse la Sicilia all’inizio del 1960: “Palermo è bella! Facciamola più bella!”.

uno dei tanti episodi del "Sacco di Palermo": Villa Rutelli, demolita, e l'edificio che la sostituì.
Palermo, Via della Libertà angolo Via La Marmora
Con le parole pronunciate dall’allora sindaco di Palermo, Salvo Lima, in realtà si dava il via  a quello che la storia avrebbe definito “Il Sacco di Palermo”: la devastazione urbanistica ed architettonica di una delle più belle città italiane, palermo, e del paesaggio nella quale la città era immersa, la “Conca D’Oro”. Nel giro di pochi anni, il luogo che fece dire a Goethe «chi ha visto tutto questo non lo dimentica più» venne sepolto da una colata di trecento milioni di metri cubi di cemento di edilizia residenziale.  Ora sappiamo che un destino comune avrebbe unito Palermo a tante parti d’Italia. Da Sud a  Nord, ora sappiamo come è andata a finire. Opere cinematografiche come il film di Francesco Rosi, “Le Mani sulla Città”, ancora oggi potrebbe spiegare dinamiche e fenomeni a cui non abbiamo saputo (voluto?) opporci o che tentiamo di relegare ad un passato lontano. Oggi sappiamo che il degrado formale dei luoghi, degrado architettonico e urbanistico, altro non è che il segno tangibile del decadimento culturale ed etico di una comunità, di una nazione!
Magari in buona fede, committenti e progettisti del grattacielo di Pinerolo  muovevano forse da un impeto simile? “ Pinerolo è bella! Facciamo ancora più bella!” Ai tempi della sua costruzione, avvenuta negli ultimi anni ’50 del Novecento, anche il grattacielo di Pinerolo fu salutato da alcuni come simbolo del progresso che investiva e risollevava l’Italia del dopoguerra. Tuttavia, negli anni a seguire non tardò molto che “il grattacielo” si riducesse a quello che era nella realtà: il segno di una modernità vacua, un errore culturale – un po’ presuntuoso, un “ob-scenum”- compiuto nel tessuto e nel panorama di una delle più belle cittadine piemontesi.
Troppo tardi si è levata la voce di Renzo Piano, l’archi-star umanista italiano, quando giunse ad ammonire i colleghi: “Occorre anche saper dire dei no!”.
Occorrerebbe riflettere invece su quanto decoro, sapienza urbanistica e valore architettonico d’insieme, esprimano tanti antichi borghi, paesi e cittadine di ogni regione italiana, anche quelli sorti in luoghi nei quali il retaggio della povertà economica ne costituiva tratto essenziale. In quei luoghi, oscuri artigiani dell’architettura e dell’urbanistica avevano “disegnato” e costruito assecondando proprio “il genius loci”, la vocazione dei luoghi di cui parlavo prima,. Borghi, paesi e cittadine che tante volte oggi ritroviamo offesi in paesaggi sviliti, oltraggiati da “cose-case” oscene o informi periferie, frutto di volontà, cultura e valori davvero diversi da quelle che -per secoli- ne avevano animato la crescita lenta, organica, meditata e “sostenibile” (come diremmo ora dall’alto della nostra presunta modernità culturale).
Nella aule universitarie delle facoltà di architettura, come nei luoghi ove si amministra “la cosa pubblica”, dovrebbero risuonare anche le parole semplici di Peppino Impastato, non già architetto o critico-teorico di moderna e acclarata fama ma semplice martire della Giustizia e della Bellezza di questa nostra Italia: “Se si insegnasse la Bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilà: si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di quei luoghi prima, ed ogni cosa per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. E’ perciò che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
E allora, poco a poco, mi pare di intravedere il legame fra il semaforo di uno sperduto borgo della Calabria e l’idea di un grattacielo” di una  ridente cittadina piemontese… Aspettando un Renzo Piano (o un semplice “bertoncelli”) che ci insegni a saper dire anche dei “no!”
 Francesco Incurato
referente presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo


 P.S.: il semaforo “calabrese” – posto a gestire un traffico in realtà inesistente - non è ancora funzionante, come nella triste tradizione di quella regione ( ma non solo in  quella)!...ed è anche vero che con l’arrivò del cosiddetto “International style”, e dei cosiddetti “archi-stars”, non è più così “osceno” proporre a Milano un progetto rifiutato a New York!...Sic!

giovedì 5 settembre 2013

Una mano per la scuola. Pinerolo 6-7settembre 2013

Il presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo  si rivolge ai cittadini pinerolesi per chiedere collaborazione ad un progetto di sostegno a favore delle famiglie colpite dalla crisi economica che viviamo. La raccolta avrà luogo presso l'IperCoop di Pinerolo


Le situazioni di disagio e di difficoltà economica sono sempre più numerose e interessano fasce sociali sempre più estese. Disagi a volte “invisibili”, nascosti per la vergogna che molti di noi provano a dover mostrare dificoltà economiche, in una società come la nostra dove la povertà -o l’impossibilità di aderire a modelli di consumo imposti- viene vista come segno di sconfitta o di inferiorità. In una società nella quale a volte i legami umani sono spesso rari e indeboliti da egoismi o solitudini, sono queste le situazioni che possono sfociare negli episodi drammatici che, quotidianamente, allungano la lista di coloro che si sentono emarginati e umiliati.
Occorre muoversi e far muovere qualcosa. Occorre cambiare il modello culturale di questa società, combattere sprechi e privilegi,  ma servono anche piccole azioni concrete e immediate. Questo è solo un primo atto.
Per questi motivi ci rivolgiamo a tutti “i cittadini responsabili”, affinché si riconquisti l’etica di essere comunità, riappropriandoci del pensiero di sentirci, tutti quanti e tutti insieme, responsabili del destino e della vita di chi ci sta accanto, per la parte che ci spetta in relazione al ruolo e alle possibilità di ognuno di noi.


martedì 3 settembre 2013

Memoria e impegno. Il 3 settembre 1982 i killer della mafia uccidono il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro, l'agente Domenico russo

Cento giorni di solitudine bastarono ai poteri mafiosi ( e non solo mafiosi) per spegnere  "la speranza" dei palermitani e degli italiani onesti. Cosi' venne ucciso il generale nominato prefetto di Palermo per sconfiggere la mafia.  Carlo Alberto Dalla Chiesa era vittima sacrificale, lasciato solo dallo Stato "...a Palermo, con i poteri del prefetto di Forlì" , così ebbe a dire lui stesso nella sua ultima  intervista rilasciata a Giorgio Bocca 


Riproponiamo l'articolo scritto lo scorso settembre 2012 da Francesco Licata per commemorare la memoria di Carlo Alberto dalla Chiesa, Emmanuela Setti Carraro, e l’agente Domenico Russo. Sottolineiamo la conclusione dell'articolo:

"(...) Fu solo mafia?(...) una coincidenza va sottolineata, al di là di ciò che hanno raccolto le indagini: Moro, Pecorelli e Dalla Chiesa sono vicende caratterizzate da una non frequente «sinergia» tra mafia e terrorismo. La mafia siciliana ha ucciso (chissà perché?) il giornalista molto intimo dei Servizi, è stata coinvolta nel tentativo di salvare Aldo Moro prigioniero delle Br e ha pianificato ed eseguito l’assassinio del generale. Come una vera agenzia del crimine al servizio di altri."

fonte: La Stampa

Carlo Alberto Dalla Chiesa,

quei cento giorni di solitudine


Il 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini a Palermo vengono uccisi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emmanuela Setti Carraro. La loro A112 bianca venne crivellata di colpi di kalashnikov Ak-47

Trent’anni fa lo Stato lo lasciò solo, la mafia uccise lui e la moglie e l'agente di scorta

FRANCESCO LA LICATA
PALERMO
Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa venne assassinato in una calda serata sciroccosa. Erano passate da poco le 21 del 3 settembre 1982 e la A112 color crema, guidata dalla giovane moglie, Emmanuela Setti Carraro, imboccava la via Isidoro Carini, lasciandosi alle spalle Villa Whitaker - sede della Prefettura - diretta verso il refrigerio di un ristorante all’aperto del golfo di Mondello. Seguiva l’utilitaria l’agente Domenico Russo, alla guida dell’Alfa blu che il generale-prefetto non utilizzava, convinto che l’anonimato di una «normale macchinetta» offrisse maggiori garanzie di sicurezza dell’auto blu, immediatamente identificabile.
Precauzione inutile, perché la task-force messa in campo da Cosa nostra monitorava da diverse ore i movimenti del bersaglio e forse aveva potuto disporre anche della soffiata partita da Villa Whitaker, da qualcuno che controllava strettamente il generale.
Due macchine e due moto rasero al suolo la A112, senza risparmio di violenza e a nulla valse la protezione offerta ad Emmanuela dall’abbraccio coraggioso del marito. L’agente Russo fu finito dal killer più sanguinario di quel momento: Giuseppe Pino Greco, detto «Scarpuzzedda».
I palermitani stavano a cena, davanti ai televisori. La notizia, tuttavia, non l’ebbero dai telegiornali perché arrivò prima il passaparola. Esplose così rapida da richiamare in pochi minuti una folla di gente in piedi, impietrita in un silenzio irreale, con gli occhi rossi di rabbia. Quando, ormai a notte fatta, fu smontata la scena e i fari, i lampeggiatori delle volanti, si spensero, rimase solo la fragile disperazione di una città, sintetizzata in un cartello che sentenziava: «Qui muore la speranza dei palermitani onesti».
Così fu spenta una luce che si era accesa appena cento giorni prima, sull’onda dell’ennesimo eccidio mafioso che aveva colpito il segretario regionale del Pci, Pio La Torre, abbattuto dalla mafia insieme con l’amico, compagno e scorta volontaria, il militante Rosario Di Salvo.
La speranza, per la verità, non era nata sotto i migliori auspici. Il generale era stato inviato a Palermo come un’arma spuntata: Roma non aveva voluto dargli gli stessi poteri che gli erano stati dati nella lotta al terrorismoPrefetto senza poteri speciali: un messaggio rassicurante per la palude palermitana, preoccupata per la presenza di un uomo deciso, carabiniere nel Dna, poco incline alle pantomime sicule dell’indignazione senza conseguenze.
E infatti la città gli dimostrò immediatamente tutta la propria avversione. La città del potere, ovviamente. Perché i cittadini, invece, riponevano molte aspettative sulle capacità del prefetto. Carlo Alberto dalla Chiesa arrivò a Palermo in incognito. Ignorò l’auto che l’aspettava in aeroporto, montò su un taxi ed arrivò in Prefettura «pieno» delle notizie e degli umori strappati al tassista loquace. Non si fidava, il generale, e con quella «presentazione» intendeva mettere subito le cose in chiaro.
Fu criticato, ovviamente, per quella scelta. Non gli furono risparmiate ironie e commenti, pesanti allusioni sulla differenza di età con la giovane seconda moglie: insomma tutto il repertorio della maldicenza e della mafiosità locale. Persino il sindaco, l’avvocato Nello Martellucci, uomo del gruppo di potere dominante (Lima, Ciancimino, Gioia), si rifiutò di portargli il saluto con la pretestuosa motivazione che doveva essere il generale a «presentarsi» al padrone di casa. E come lo sbeffeggiavano quando andava nelle scuole a parlare di legalità coi ragazzi o quando faceva sequestrare agli angoli delle strade il pane prodotto e venduto abusivamente
Solo Leonardo Sciascia capì il valore di quel gesto e spiegò che non si poteva battere la mafia fino a quando i mercati di Palermo sarebbero rimasti repubbliche indipendentiCome a dire c’è Cosa nostra ma anche qualcosa di più subdolo, per esempio la mafiosità.
La solitudine del generale, in quei cento giorni palermitani, è stata ricordata più volte dal figlio, Nando, che non ha mai modificato il suo giudizio duro sulla politica che isolò il padre (giudizio riproposto oggi a Luciano Mirone, autore di «A Palermo per morire»). E quando si parla dell’isolamento di Dalla Chiesa il discorso non può non cadere sul rapporto con Giulio Andreotti, a cui il generale, in partenza - «disarmato» per Palermo - anticipa che non avrà «nessun riguardo per la corrente Dc più inquinata» (quella di Salvo Lima, di Gioia, di Ciancimino e dei cugini Ignazio e Nino Salvo). Li conosceva bene, il prefetto, quei personaggi. Aveva redatto un rapporto destinato alla Commissione antimafia, quando era comandante della Legione a Palermo. Ma quell’analisi - ricorda il figlio Nando - era arrivata in Parlamento molto manipolata, addirittura coi nomi «sbianchettati».
Qual era lo stato d’animo del generale e della giovane moglie, pochi giorni prima dell’eccidio? Bastano le parole dette al telefono alla madre da Emmanuela: «Non posso venire a Milano, non voglio lasciare Carlo nemmeno per un momento, chi lo salverebbe? Siamo dimenticati, mamma, da chi ci dovrebbe tutelare». 
Gli assassini del generale, della moglie e dell’agente sono stati condannati. Ma si tratta dei macellai. Mancano le menti raffinatissime, per dirla con le parole di Giovanni Falcone
Chi ha tradito Dalla Chiesa? Quale conto hanno fatto pagare al generale sabaudo mandato nella terra degli infedeli? 
Persino la Chiesa siciliana, solitamente cauta, nel giorno dei funerali usò parole di fuoco e puntò il dito sul potere ignavo: «Mentre a Roma si discute sul da farsi, Sagunto viene espugnata», gridò il cardinal Pappalardo dal sagrato della basilica di San Domenico.
Fu solo mafia? Oppure il «conto» inglobava anche i segreti del sequestro Moro e di quel grumo conseguente, conosciuto alle cronache come l’affaire del giornalista Mino Pecorelli? Certo, dopo trent’anni è difficile andare a rovistare nei pozzi neri, forse andava fatto subito. Ma una coincidenza va sottolineata, al di là di ciò che hanno raccolto le indagini: Moro, Pecorelli e Dalla Chiesa sono vicende caratterizzate da una non frequente «sinergia» tra mafia e terrorismo. La mafia siciliana ha ucciso (chissà perché?) il giornalista molto intimo dei Servizi, è stata coinvolta nel tentativo di salvare Aldo Moro prigioniero delle Br e ha pianificato ed eseguito l’assassinio del generale. 
Come una vera agenzia del crimine al servizio di altri.

lunedì 2 settembre 2013

Progetto di sostegno a favore dei soggetti e delle famiglie del pinerolese colpite dalla crisi economica





Pinerolo  28 maggio 2013

- All’ Assemblea Soci Attivi COOP Pinerolo

- al Presidente Soci Attivi COOP Pinerolo, egr. Piero Coero Borga

Il presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo  si rivolge a Voi per chiedere collaborazione ad un progetto di sostegno a favore dei soggetti e delle famiglie del pinerolese colpite dalla crisi economica che viviamo.
Le situazioni di disagio e di difficoltà economica sono sempre più numerose e interessano fasce sociali sempre più estese: anche coloro che sino a pochi anni fa appartenevano alla classe media, oggi corrono il rischio di cadere nella situazione dei cosiddetti “nuovi poveri”. Situazioni che cambiano completamente gli orizzonti e la visione della vita per coloro che si trovano a dovervi far fronte: l’impossibilità di poter pagare rate di affitto o mutui si trasforma in sfratti o pignoramenti; l’impossibilità di far fronte alle spese di gestione della casa; la difficoltà a sostenere lo studio dei figli.
Disagi a volte “invisibili”, nascosti per la vergogna che molti di noi provano a dover mostrare dificoltà economiche, in una società come la nostra dove la povertà -o l’impossibilità di aderire a modelli di consumo imposti- viene vista come segno di sconfitta o di inferiorità. In una società nella quale a volte i legami umani sono spesso rari e indeboliti da egoismi o solitudini, sono queste le situazioni che possono sfociare negli episodi drammatici che, quotidianamente, allungano la lista di coloro che si sentono emarginati e umiliati.
Occorre muoversi e far muovere qualcosa: è vero, occorre cambiare il modello culturale di questa società ma –adesso!- servono anche azioni concrete e immediate.
Pertanto, ci rivolgiamo a Voi per chiedervi di collaborare ad un primo atto: una raccolta di prodotti e di fondi da svolgersi nel prossime mese di giugno, in collaborazione con Don Franco Marabotto, sacerdote della parrocchia pinerolese di San Domenico.
Don Marabotto è da sempre vicino ai problemi e ai soggetti più deboli e, attraverso la rete formatasi attraverso le azioni del suo impegno, è a conoscenza di situazioni e famiglie che necessitano di aiuto immediato.
Questo è un primo atto: a nostro parere occorre creare reti di solidarietà, estese e coordinate a tutto il territorio pinerolese. Non solo: occorre anche pensare, studiare, proporre e dare concretezza a iniziative che creino occasioni di occupazione, nuova e sostenibile.
Per questi motivi ci rivolgiamo in realtà a tutti “i cittadini responsabili”, affinché si riconquisti l’etica di essere comunità, riappropriandoci del pensiero di sentirci, tutti quanti e tutti insieme, responsabili del destino e della vita di chi ci sta accanto, per la parte che ci spetta in relazione al ruolo e alle possibilità di ognuno di noi.


Presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo

Sentinelle del Territorio: "Osservazioni alla delibera di variante urbanistica"

Dopo la pausa agostana, riprendiamo il nostro impegno nel cercare di  essere anche Sentinelle del Territorio.
Come avevamo scritto il 17 luglio scorso, importanti decisioni riguardanti il settore dell'urbanistica erano state assunte in quei giorni dall'Amministrazione comunale di Pinerolo. Li ricordiamo: la delibera riguardante l'area della P.M.T; la delibera di valorizzazione ( vendita!) dell'area dei cosiddetti "Portici Blu"; il "Social Housing " in via Vescovado. 
Insieme alle associazioni pinerolesi che si interessano dell’urbanistica e del territorio,  avevamo già espresso la nostra opinione sull’area della PMT (e sulla applicazione della legge 106/2011) in una Lettera Aperta al Sindaco di Pinerolo, Eugenio Buttiero, lettera a cui il Sindaco avevano poi replicato ( qui la risposta del Sindaco e di altri).


Vogliamo ritornare ora alla delibera riguardante la “valorizzazione” ( che è vendita!) dei “Portici Blu”. 
Scrivevamo che ci parevano criticabili due aspetti: il mancato coinvolgimento della cittadinanza su decisioni e temi importanti per la Città e la tempistica delle decisioni adottate, per il fatto che “(…)proprio a ridosso delle ferie agostane, la cittadinanza, i cittadini responsabili, erano "invitati" a presentare -entro 15 giorni dalla pubblicazione della delibera adottata- "le osservazioni" addirittura ad una variante urbanistica importante quale quella relativa all'area dei "Portici Blu": ovvero sull'idea di un secondo "grattacielo" a Pinerolo”.  
Tuttavia osservazioni alla delibera sono state prodotte e presentate grazie al lavoro svolto da “due cittadini responsabili”, Giorgio Gardiol e Paolo Bertolotto,  rappresentanti dell’ «Osservatorio 0121», aderente al Forum nazionale «Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori». 
Alleghiamo il testo integrale delle “Osservazioni alla deliberazione di Consiglio comunale di Pinerolo n. 36 del 2-3 luglio 2013. Nel testo, ci siamo permessi di evidenziare i passaggi che a noi paiono più significativi per agevolare la lettura di un documento necessariamente complesso.
Le associazioni pinerolesi che partecipano al forum sull’urbanistica, anche noi del presidio Libera “Rita Atria” , pur esprimendo pareri diversi, concordano su un principio: non si deve intervenire su “un luogo” come quello dei Portici Blu - un luogo pubblico e in una zona critica del tessuto urbano cittadino- con l’intento precipuo di massimizzare ipotetici introiti derivanti dalla vendita di un’area pubblica. 
Trasformata quell’area in area edificabile, massimizzandone i volumi edificabili, ecco sorgere la sagoma del “secondo grattacielo” a Pinerolo: “(…) un edificio “capace di lasciare un segno forte sul paesaggio cittadino”. Questo è quanto si legge nel documento tecnico allegato alla delibera. 
La città di Pinerolo davvero necessita di un “secondo grattacielo”?

Il nostro parere
L’eventuale, possibile, intervento sulla piazzetta dei “Portici blu”, a nostro parere poteva certo costituire l’occasione per un indire un concorso pubblico di idee, ricercando partecipazioni di alto profilo. Concorso di idee che tuttavia muovesse dallo scopo di giungere ad una migliore qualificazione e connotazione di quel luogo (non già dalla necessità di pareggiare "formalmente " un bilancio economico). Se volumi edificabili potevano essere consentiti, questi dovevano essere subordinati alla necessità di preservare il carattere di “luogo pubblico”, di “piazzetta”: luogo che da respiro a quella parte del tessuto urbano cittadino e che suggerisce momenti di aggregazione, di sosta, occasione di  commercio o di spazio espositivo. Questo il carattere che  i “Portici Blu” hanno assunto da quando quello spazio è stato reso fruibile ed è divenuto “luogo” della comunità..
Condividiamo quindi i contenuti e le osservazioni del documento presentato da Giorgio Gardiol e Paolo Bertolotto e ne vogliamo ribadire le conclusioni: (…) Il PRGC di Pinerolo, con questa variante, porta a 54.605 gli abitanti insediabili, mentre gli abitanti rilevati al censimento 2011 erano 34.854. Il totale delle abitazione è di 20.284 e di queste almeno 4.000 risultano oggi “non occupate”, o sfitte(…) La variante dei «Portici blu» non risponde in alcun modo al problema che si è evidenziato del diritto all’abitare e della casa dei cittadini. La trasformazione della «piazzetta dei Portici blu» in edifici residenziali e commerciali contraddice il diritto ai servizi collettivi sempre affermato come centrale nella politica amministrativa della città.(…)” Il territorio, le città e le risorse naturali che consentono la vita associata sono beni comuni non negoziabili. Le istituzioni pubbliche, attraverso le forme della partecipazione attiva della popolazione, ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze(…).
Facciamo nostro l'invito di Giorgio Gardiol e Paolo Bertolotto, rivolto alla cittadinanza , Al Sindaco e agli amministratori, di partecipare ad un confronto pubblico da tenersi proprio nella piazzetta dei "Portici Blu" la sera del prossimo 20 settembre 2013

"Osservazioni alla delibera di variante urbanistica"

Osservazioni alla deliberazione di Consiglio comunale di Pinerolo n. 36 del 2-3 luglio 2013: «Approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari triennio 2013/2015 e relativa adozione di variante urbanistica ai sensi dell'art. 16bis della l.r. 56/77»

Al sindaco di Pinerolo
Al Presidente del Consiglio Comunale di Pinerolo
Al Responsabile del procedimento
tramite posta elettronica certificata all’indirizzo

i sottoscritti
- Bertolotti Paolo, nato a Pinerolo il 7 dicembre 1957 e residente in Garzigliana via San Martino, 10, codice fiscale BRTPLA57T07G674I, tel. 3356752257,
- Gardiol Giorgio, nato a Pinerolo il 25 maggio 1942, e ivi residente in viale Rimembranza 29, codice fiscale GRDGRG42E25G674B, tel. 3356341752,
in qualità di componenti del gruppo «Osservatorio 0121», aderente al Forum nazionale «Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori»,

Premesso che:

- con ordinanza n. 284 del Registro delle ordinanze, del 15 luglio 2013, il Dirigente del Settore urbanistico del Comune di Pinerolo, pubblicata nell’Albo pretorio, da disposto la pubblicazione in visione sul sito istituzionale del Comune per quindici giorni consecutivi (dal 18 luglio al 01 agosto 2013) della deliberazione del Consiglio comunale in oggetto con allegati ed estratti del PRGC, e relazioni tecniche costituenti variante urbanistica ai sensi dell’art, 16 bis della legge regionale 56/77.
- nella medesima ordinanza è fissato un periodo di quindici giorni, (dal 02 al 16 agosto) affinché chiunque possa presentare osservazioni alla variante urbanistica deliberata dal Consiglio comunale.
- la deliberazione in oggetto riguarda Il "Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni" che dovrebbe essere allegato al bilancio di previsione 2013 (tuttora non ancora pubblicato nell’Albo Pretorio) ed ha l'obiettivo di garantire il riordino, la gestione e valorizzazione del patrimonio del Comune. Esso individua i beni immobili non strumentali all'esercizio delle funzioni istituzionali del Comune, e pertanto suscettibili di essere valorizzati o alienati, tra questi l’area di terreno cosiddetta dei «Portici » via Buniva angolo via Chiappero, che è oggetto delle presenti osservazioni alla variante urbanistica relativa.

Tutto ciò premesso si osserva:

1 inosservanza della normativa sulla pianificazione territoriale
l’attuale normativa in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza delle pubbliche amministrazioni (Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33 Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. in GU n.80 del 5-4-2013) entrato in vigore : 20/04/2013, all’Art. 39 (Trasparenza dell'attività di pianificazione e governo del territorio) dispone che:
« 1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano:
a) gli atti di governo del territorio, quali, tra gli altri, piani territoriali, piani di coordinamento, piani paesistici, strumenti urbanistici, generali e di attuazione, nonché le loro varianti;
 b) per ciascuno degli atti di cui alla lettera a) sono pubblicati, tempestivamente, gli schemi di provvedimento prima che siano portati all'approvazione; le delibere di adozione o approvazione; i relativi allegati tecnici.
2. La documentazione relativa a ciascun procedimento di presentazione e approvazione delle proposte di trasformazione urbanistica d'iniziativa privata o pubblica in variante allo strumento urbanistico generale comunque denominato vigente, nonché delle proposte di trasformazione urbanistica d'iniziativa privata o pubblica in attuazione dello strumento urbanistico generale vigente che comportino premialità edificatorie a fronte dell'impegno dei privati alla realizzazione di opere di urbanizzazione extra oneri o della cessione di aree o volumetrie per finalità di pubblico interesse, è pubblicata in una sezione apposita nel sito del comune interessato, continuamente aggiornata.
3. La pubblicità degli atti di cui al comma 1, lettera a), è condizione per l'acquisizione dell'efficacia degli atti stessi.
4. Restano ferme le discipline di dettaglio previste dalla vigente legislazione statale e regionale».
La fattispecie disposta dal D.lgs. su menzionato non ha trovato applicazione nella deliberazione di variante approvata. Infatti la pubblicazione dell’iniziativa pubblica della variante è successiva all’adozione delle delibera. Ciò rappresenta un pregiudizio negativo circa la partecipazione popolare alla pianificazione urbanistica che è uno dei punti fondativi della cultura politica urbanistica. IL TU degli enti locali, la direttive europee, (42/2011 e 25/203), lo stesso statuto della Città e del Regolamento del Consiglio comunale prevedono l’attivazione di specifiche forme di partecipazione popolare alle scelte di trasformazione urbanistica della Città. La mancanza di consultazione preventiva circa la possibile vendita dell’area dei «Portici blu», della variante e della possibile costruzione di un secondo «grattacielo» in aderenza all’esistente, ci sembra costituisca una palese contraddizione di quanto affermato nelle indicazioni programmatiche del Sindaco che scriveva : «(…) L’impegno è in particolare, di promuovere forme di consultazione e di dibattito pubblico, prima di adottare decisioni su temi qualificanti e fortemente coinvolgenti l’opinione pubblica, in primo luogo dando attuazione alle forme di partecipazione già previste nello Statuto comunale ….».

2 errata interpretazione legislativa.
La variante relativa i «Portici blu» si basa sul presupposto della applicabilità alla zona A5.1 «Portici nuovi» del Piano regolatore di Pinerolo della normativa della legge regionale 56/1977, articolo 16 bis, così come modificata dalla L.r. 3/2013. Come è noto le zone di tipo «A» dei piani regolatori costituiscono la zona territoriale omogenea del «centro  storico» (art. 2 del decreto interministeriale. 1444/168) cioè quella parte del territorio comunale interessate da edifici e tessuto edilizio di interesse storico, architettonico o monumentale.
La normativa dell’art 16 bis, escludeva l’applicabilità della procedura ai VAS (valutazione ambientale strategica) per le varianti derivanti dal piano di alienazione e valorizzazione nei casi di «limitate dimensioni» della variante stessa. Non è questo il caso in quanto la variante relativa prevede la costruzione di due edifici alti rispettivamente di 37,50 mt (10 piani f.t) e 26, 50 (6 piani f.t.) di grande impatto paesaggistico e ambientale (come scritto anche nella “Verifica di assoggettabilità alla VAS dell’area Portici blu”. dell’Arch. Guido Geuna che definisce la variante “capace di lasciare un segno forte sul paesaggio cittadino”).
Inoltre l’area dei «Portici blu» è utilizzata da alcuni lustri, in varie ore del giorno a fini sociali ( punto di incontro di giovani) ed è stata destinata con delibera del Comune da area mercatale (mercato dei prodotti biologici) ed ospita manifestazioni di animazione culturali del quartiere.
Né è possibile accedere al ragionamento presente nella relazione secondo cui secondo cui la zonizzazione e le tutela previste per gli interventi presati dall’art. 24 della L.r. 56/1977 si limitano ad «ad alcuni edifici e/o particolari scorci ed ambienti; l’area oggetto di variante urbanistica, non essendo compresa tra queste, non risulta soggetta ad alcun vincolo e quindi la sua trasformazione non incide in alcun modo sulle tutele esercitate dal citato articolo 24».
 Il PRGC, approvato nel 1998, ha incluso nell’area A5.1 l’area cosiddetta del «grattacielo», con annessa «piazzetta» priva di indici edificatori e circondata dai «Portici blu» (disegnati dal prof, Delio Fois), ciò è indice di una volontà di tutela del luogo, Luogo che pertanto ha le tutele generali del «centro storico».
Nemmeno è condivisibile l’argomento contenuto nella Relazione secondo cui « il mancato utilizzo dell’area potrebbe, comunque, indurre la trasformazione di altre aree di elevato pregio agricolo od ambientale». Il PRGC di Pinerolo dispone ancora di molte altre aree disponibili per interventi edilizi di carattere residenziale commerciale.
Pertanto, qualora si volesse procedere alla modifica della destinazione d’uso della zona questa dovrà essere effettuata con le procedure dei piani esecutivi.
Infine il Consiglio regionale del Piemonte, il 2 agosto scorso, ha approvato il disegno di legge regionale «collegato alla finanziaria» che, cancella il comma 6 dell’articolo 16bis della L.R: 56/77,Tale L.R. è in corso di pubblicazione sul BUR della Regione.
Pertanto la variante dovrà essere in ogni caso sottoposta alle procedure relative alla VAS.

3 - carenza di documentazione
La documentazione pubblicata sul sito istituzionale del Comune è carente per quanto riguarda:
- mancanza di perizia estimativa del valore dell’area, comprensiva della dichiarazione dell’esistenza di eventuali servitù fondiarie. È noto che l’area è stata oggetto di un contenzioso tra l’Amministrazione comunale, l’impresa costruttrice, la proprietà de «grattacielo» conclusasi con un atto transattivo che ha trasferito la proprietà dell’area dei «Portici blu» al Comune. Nel sottosuolo dell’area, stando a quanto dichiarano i residenti sono presenti strutture (vasche) di servizio per il «grattacielo»
- manca la/e delibera/e di acquisizione dell’area «Portici blu» da parte del Comune e il relativa progetto di sistemazione dell’area e di realizzazione dei Portici
- manca lo studio di pre-fattibilità redatto dall’Arch. Guido Geuna, che la relazione illustrativa (pag.6) dichiara depositato agli atti, ma che non è disponibile per la consultazione sul sito istituzionale, del Comune
- manca lo studio di conformità alla normativa antincendio degli edifici di possibile edificazione. Ed in particolare per ciò che riguarda gli accessi delle autoscale VVF dell’intera area A5.1 e l’allacciamento alla rete idrica dell’impianto antincendio.
Riteniamo che la conoscenza di questa documentazione sia indispensabile per una valutazione della variante.

4 - Osservazioni
La relazione illustrativa afferma che «la variante urbanistica (Portici blu) ha lo scopo di valorizzare l’area, dotandola di una capacità edificatoria a destinazione residenziale ed altre destinazioni compatibili con la residenza, e di attuare una riqualificazione urbanistica ed edilizia di un terreno che costituisce un “vuoto urbano” generato da un intervento incompiuto poiché l’ampliamento richiesto ed autorizzato del “grattacielo” non è mai stato realizzato».
In realtà il mancato complemento del grattacielo secondo il progetto dell’Arch. Casassa, fu dovuto all’apposizione popolare e politica al progetto fin dagli anni 50 del 1900. Dalle cronache dell’epoca si appende che ci fu una raccolta di firme contrarie all’opera. Ne sorse un contenzioso concluso con la revoca della licenzia edilizia e con la acquisizione al patrimonio del Comune dell’area e la realizzazione a metà degli anni ottanta di un minimo arredo e dei «Portici blu».
Con questa configurazione l’area è stata utilizzata come spazio pubblico dagli abitanti/frequentatori della zona, e da circa 15 anni è sede del mercatino biologico che si tiene il primo ed il terzo sabato di ogni mese.
Secondo la relazione tale area oggi sarebbe un «vuoto urbano», da colmare con altre edificazioni di completamento del costruito. Ci permettiamo di non condividere questa considerazione. Infatti, «vuoti urbani» sono le piazze, i parchi, le strade, gli interstizi non edificati o qualunque altro spazio aperto indipendentemente dalla loro scala. Ciò che li identifica è la ricchezza che hanno, in modo più o meno marcato, di valori simbolici, attività o funzioni. Il vuoto deve essere ripensato e percepito come uno spazio pubblico multifunzionale, come luogo di vita personale in cui trascorrere il proprio tempo, come spazio aggregativo e di crescita della vita sociale collettiva. Una città «intelligente» (smart) non ha orrore dei vuoti, ma li «valorizza» a livello culturale e sociale, non li utilizza per creare «moneta urbanistica».
Inoltre la relazione illustrativa afferma che la «variante si configura come di “ristrutturazione urbanistica” di un’area di “recupero urbano” all’interno della zona normativa A5.1, mediante un intervento edilizio di completamento del tessuto costruito: l’area in oggetto è stata perimetrata come sub-area della zona A5.1 ed identificata con la lettera A (...) trasformandola e dotandola di una capacità edificatoria adeguata e sufficiente per promuovere e realizzare un intervento capace di riqualificare la zona».
Nella Relazione sull’assoggettabilità alla VAS, il professionista incaricato, Arch. Guido Geuna, precisa che l’operazione permetterebbe una «buona operatività edilizia». In altre parole la variante diventa una modalità per realizzare un nuovo tipo di rendita: la «rendita parassitaria di procedura».

5- Osservazioni puntuali alla relazione illustrativa
Vista l’importanza degli argomenti si specificano alcune osservazioni puntuali alla “Relazione illustrativa - Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari: variante urbanistica ai sensi dell'art. 16bis della L.R. 05 dicembre 1977 n.56” e i rispettivi riferimenti legislativi/normativi:

- Osservazione 1
Nella relazione illustrativa -al Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari: variante urbanistica ai sensi dell'art. 16bis della L.R. 05 dicembre 1977 n.56 - viene eseguita una verifica sugli standard dei servizi come richiesto dalla normativa urbanistica. Si fa presente che nei vari calcoli non è stata conteggiata la variante della PMT (ex Beloit) approvata dal Consiglio comunale negli scorsi mesi. Richiediamo, per ottemperare alla legislazione vigente, che vengano descritte le aree a servizi al fine di evitare gli artifici (anche questi meramente contabili) volti a far quadrare il bilancio degli standard, attraverso il computo di aree del tutto virtuali o inutilizzabili.
La piazzetta faceva parte degli standard?

- Osservazione 2
Dalla relazione illustrativa si apprende che “la variante urbanistica (Portici blu) ha lo scopo di valorizzare l’area, dotandola di una capacità edificatoria a destinazione residenziale ed altre destinazioni compatibili con la residenza, e di attuare una riqualificazione urbanistica ed edilizia di un terreno che costituisce un “vuoto urbano” generato da un intervento incompiuto poiché l’ampliamento richiesto ed autorizzato del “grattacielo” non è mai stato realizzato”.
Riteniamo non corretto richiamare la vicenda del mancato ampliamento del grattacielo come “un incompiuto”. Come tutte le città, Pinerolo ha una sua storia di urbanizzazione in particolare questo luogo è rimasto per anni un luogo degradato (cantiere), ma nella metà degli anni 80 l’amministrazione comunale lo ha valorizzato come luogo pubblico acquisendolo al patrimonio e trasformandolo in piazza completa di aiuole ed arredo urbano con porticato coperto in continuazione dei Portici presenti.
La licenza edilizia del 24 novembre 1953 che autorizzava la costruzione del “grattacielo”, nella parte oggetto della variante, è sicuramente venuta a cadere sotto tutti gli aspetti (procedurale, economico, urbanistico, paesaggistico) con la costruzione della piazzetta e della struttura denominata “Portici blu”.
- Osservazione 3
Nella relazione viene scritto: “L’area pur essendo di proprietà pubblica, non è vincolata con destinazione a spazio pubblico dal vigente PRGC; è utilizzata come “piazzetta” con una frequentazione non significativa da parte della cittadinanza, è “arredata” da aiuole sopraelevate e pavimentata con massetti in calcestruzzo autobloccanti e contornata sui due lati lungo via dal porticato già descritto.”
Probabilmente il PRGC non ha assegnato all’area la destinazione d’uso quale Piazza ma il porticato e le aiuole sono presenti da un trentennio e l’amministrazione pubblica che le ha realizzate, si può sicuramente affermare, che ha voluto destinare quell’area a piazza (spazio libero, limitato in tutto o in parte da costruzioni, all’incrocio di più strade o lungo il tracciato di una via importante) o piazzetta (piccola piazza). Affermare che la piazza in questione ha una frequentazione poco significativa non corrisponde a verità non sono
infatti presenti dati sulla frequentazione della piazza che possano portare a tale conclusione. Gli scriventi possono tranquillamente affermare il contrario senza timore di essere smentiti. Non viene ad esempio citato in alcuna parte della relazione che ogni sabato mattina ogni 15gg sotto ai Portici viene effettuato un mercatino di prodotti biologici che non è poco frequentato. Si fa presente inoltre che anche piazzetta Verdi non ha una destinazione precisa nel piano regolatore (almeno sulle mappe cartografiche del PRGC) ma non crediamo che per questo “dettaglio” e/o “dimenticanza” cartografica venga considerata non vincolata a spazio pubblico.
Osservazione n.4
Nella relazione illustrativa si spiega che “La variante si propone, pertanto, di individuare un’area di recupero urbano all’interno dell’area contrassegnata con la sigla A5.1 esistente, trasformandola e dotandola di una capacità edificatoria adeguata e sufficiente per promuovere e realizzare un intervento capace di riqualificare la zona”.
Nella relazione illustrativa si scrive poi che la “variante si configura come di “ristrutturazione urbanistica” di un’area di “recupero urbano” all’interno della zona normativa A5.1, mediante un intervento edilizio di completamento del tessuto costruito: l’area in oggetto è stata perimetrata come sub-area della zona A5.1 ed identificata con la lettera “a”. ”
Intanto si fa presente che si tratta di una “trasformazione” piuttosto marcata, con questa variante -che può essere solo di tipo strutturale- nel caso venga approvata nonostante le osservazioni contrarie, si dà capacità edificatoria ad un’area che da PRGC e legislazione regionale- L.R. 56/77- non possiede assolutamente capacità edificatoria, in questo modo si intensifica in modo abnorme il tessuto urbanistico del centro della città compromettendo traffico la vivibilità ed il futuro di quella zona della città.
La “variante” non risponde ad un criterio di miglioramento (“valorizzazione”) urbanistico dell’area; infatti ci sembra che il termine “valorizzazione” sia utilizzato unicamente nella sua accezione economica cioè all'incremento di “valore” conseguente al riconoscimento di “diritti edificatori” ad aree pubbliche che oggi ne sono prive.

Si appongono inoltre le seguenti osservazioni puntuali:
La sub-area “a” è pensata per realizzare “la “valorizzazione dei Portici blu” rimane subordinata e interna alla zona A 5.1; zona A5.1 che nelle norme di attuazione del PRGC (art.36 comma 2 e art.37 punto C - NTA - Piano regolatore generale variante di adeguamento al PAI – luglio 2012) e in una tavola da disegno allegata viene individuata come “Centro storico commerciale- Portici Nuovi” da intendersi come ambito prescritto dal PRGC ai sensi dell'art. 24 della LR. n. 56/77. La zona della piazzetta “Portici Blu” è di fatto una zona commerciale proprio perché in essa si tiene da anni, un mercato contadino che ha cadenza quindicinale.
Non risulta corretta, se è vero come crediamo, quanto sin qui esaminato, l’affermazione presente nella “Verifica di assoggettabilità alla VAS dell’area “Portici blu”” a firma dell’Arch. Guido Geuna secondo cui: “La tutela esercitata dall’art. 24 della L.R. 56/77 smi non è estesa a tutta la superficie della zona centro storico commerciale – Portici Nuovi (Area A5.1) ma è limitata ad alcuni edifici e/o particolari scorci ed ambienti; l’area in oggetto di variante urbanistica, non essendo compresa tra queste, non risulta soggetta ad alcun vincolo e quindi la sua trasformazione non incide in alcun modo sulle tutele esercitate dal più volte citato articolo 24.”
Ai sensi della Legge regionale 56/21977 (modificata dalla legge 3/2013), art. 13 c.5, la “ristrutturazione urbanistica” non è ammessa nelle zone di tipo A (anche classificate secondo 1444/68 vedasi art 27 comma 5 LR 3/2013 – 13 comma 5 LR 56/77) come lo è la zona dei “Portici blu”. che una tavola del PRGC individua come zona “centro storico commerciale” da intendersi come «ambito prescritto dal PRGC ai sensi dell'art. 24 della LR. n. 56/77».
Si fa notare inoltre che invocare il “di recupero urbano” per questa area non è corretto l’area non è degradata. Infatti , per eseguire un recupero l’area dovrebbe essere considerata degradata, e, come richiesto dalla legislazione, dovrebbe essere redatta una analisi (relazione) dello stato di consistenza e di degrado degli immobili e delle opere di urbanizzazione (vedasi tra l’altro art. 41bis-LR 3/13 art 54); relazione che non risulta agli atti.
Realizzare un completamento del tessuto urbano, significa realizzare “nuove opere su porzioni di territorio già parzialmente edificate” (art.13 comma 3 lettera f L.R. 3/13 art.27), completare quindi aree già edificate (ad. es. completare un edificio esistente) ma non aree inedificate come è di fatto la piazza dei Portici blu.
Si tenga poi presente che la normativa regionale per gli interventi ammessi nelle zone A richiede (art. 13 comma 5 L.R. 3/13 art 27) la conformità degli stessi all’art. 24 L.R. 3/13 art.41 (cit. “sono ammessi gli interventi di cui alle lettere a),b),c),d),f) del 3° comma, con le precisazioni contenute nel successivo articolo 24”).
Ricadendo l’area della “piazzetta” all’interno dell’art. 24 della L.R. 56/77 non è possibile sulla stessa area alcuna edificazione e certamente non l’edificazione prevista dalla scheda di variante al PRGC. per la zona Sub-area “a” (vedasi commi 3-4 art. 24 – L.R. 3/13 art.41)
- Osservazione 5
Nella relazione viene scritto: “fissa la dotazione dei parcheggi pertinenziali nelle misure minime di legge.” Richiediamo che venga valutata sin dal progetto preliminare la possibilità di adempiere a questa prescrizione sulla quale l’amministrazione non può/deve fare sconti (almeno per quanto riguarda i parcheggi privati). La carenza di parcheggi nella zona ormai cronica già aggravata dalla costruzione stessa, verrebbe ancora peggiorata dalla mancanza di parcheggi privati.

- Osservazione 6

Nella relazione illustrativa viene scritto: «le distanze tra edifici ammettendo la possibilità di edificare in aderenza anche in riferimento all’art. n.7 delle norme di attuazione delle NTA..”» L’eventuale edificio previsto in variante essendo in Area di tipo A la NTA del PRGC. vigente non ammette la costruzione in aderenza infatti al punto 8 l’art. 7 afferma: “8-È ammessa, nelle zone di tipo B, C, D, NF, E ed EM (sempre salvo diversa prescrizione delle tabelle di area) la costruzione in aderenza al confine di proprietà, se preesiste una costruzione a confine senza finestre o con sole luci purché rientri in uno dei seguenti casi:
1) il nuovo edificio non superi l’altezza massima di m. 6,00 dal piano di campagna confinante 2) il nuovo edificio rientri nei limiti della sagoma dell'edificio esistente a confine
3) il nuovo edificio sia in continuità del fabbricato con fronte cieco in corrispondenza di un filo di fabbricazione su strada consolidato o prescritto 4) vi sia presentazione di progetto unitario per i fabbricati da realizzare in aderenza con vincolo a soluzioni progettuali che valorizzino l'unitarietà con l'edificio preesistente (allineamento piani, ritmo aperture, etc.).”
Le questioni relative alle distanze dai confini e tra fabbricati continuano a dare vita in vari ambiti ad un notevole contenzioso giurisdizionale, per cui le discutibili prescrizioni che contenute nella scheda di variante per la nuova zona “a” saranno oggetti di possibili ricorsi in sede giurisdizionale da parte dei proprietari/inquilini del “grattacielo” e del palazzo “Juvenal”.

6 conclusioni
Il PRGC di Pinerolo, con questa variante, porta a 54.605 gli abitanti insediabili, mentre gli abitanti rilevati al censimento 2011 erano 34.854. Il totale delle abitazione è di 20.284 e di queste almeno 4.000 risultano oggi “non occupate”, o sfitte. Si tratta dunque di un piano regolatore largamente sovradimensionato rispetto alle esigenze residenziali. Purtroppo la politica del diritto all’abitare dei cittadini non è stato in grado di affrontare i problemi dell’abitazione dei ceti meno abbienti colpiti dalla crisi economica che investe il pinerolese. La precarizzazione della vita lavorativa e l’incertezza di poter disporre di un reddito adeguato impediscono molti giovani ad accedere all’acquisto della casa col mutuo o anche, più semplicemente, di ottenerne una in affitto. Così stiamo assistendo al moltiplicarsi di sfratti, ricerca di soluzioni che producono sovraffollamento abitativo. Così il Comune costretto ad intervenire con provvedimenti di tipo assistenziale. La variante dei «Portici blu» non risponde in alcun modo al problema che si è evidenziato del diritto all’abitare e della casa dei cittadini.
La trasformazione della «piazzetta dei Portici blu» in edifici residenziali e commerciali contraddice il diritto ai servizi collettivi sempre affermato come centrale nella politica amministrativa della città. I cittadini vengono cosi (de)privati di quei beni comuni che costituiscono elementi di qualità della vita associata.

L’«Osservatorio 0121» e il «Forum salviamo il paesaggio – difendiamo i territori» chiedono di poter illustrare le presenti osservazioni alla Conferenza dei servizi. al fine di precisarne il significato. Il territorio, le città e le risorse naturali che consentono la vita associata sono beni comuni non negoziabili. Le istituzioni pubbliche, attraverso le forme della partecipazione attiva
della popolazione, ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze. Per questo inviteremo come «Osservatorio 0121» l’Amministrazione ad un confronto pubblico con la popolazione su questa variante, da tenersi, se possibile, sulla stessa piazzetta oggetto di discussione.
Ringraziamo e porgiamo cordiali saluti
Paolo Bertolotti
Giorgio Gardiol

Pinerolo, 14 agosto 2013