venerdì 13 settembre 2013

Sentinelle del territorio: "…Aspettando Renzo Piano ( a Pinerolo), cosa può legare un semaforo (in Calabria) ad un grattacielo (a Pinerolo)?


Al ritorno da una breve vacanza nel paese natìo in Calabria, mi arrovella una domanda: cosa può legare il semaforo posto su un antico muro di sostegno di un borgo calabrese all’idea di un “grattacielo” a Pinerolo? 

Il borgo calabrese, il semaforo sull'antico muro,  il "grattacielo" di Pinerolo
Il quesito mi viene sollecitato da quanto si legge in un documento allegato alla delibera approvata dall’amministrazione pinerolese nello scorso mese di luglio. La delibera prevede la vendita dell’area dei cosiddetti “Portici Blu” al fine di realizzare “(…) “un edificio capace di lasciare un segno forte sul paesaggio cittadino”. (Un “secondo” grattacielo a Pinerolo?)
Lasciare un segno forte…” Mi sono chiesto: è forse  lo stesso principio, fatte le debite proporzioni, che ha ispirato gli amministratori del borgo calabrese posizionando il semaforo sull’antico muro, forse come segno di modernità o come gesto concreto dell’attenzione che l’ amministratore ha nei confronti dei bisogni della sua comunità?
Eppure, visti nel loro contesto e riflettendo sui due “oggetti”, il semaforo sull’antico muro così come il “grattacielo” nel panorama di Pinerolo, mi viene da pensare che entrambi rappresentano, a mio parere, due elementi “osceni”. “Osceni” nel significato etimologico della parola latina da cui deriva il termine “osceno”: “ob scenum”, ovvero qualcosa che è fuori dalla scena, fuori dal contesto, qualcosa di inadeguato.
Memorie degli studi universitari alla facoltà di Architettura di Torino, uno dei principi che più mi affascinavano era quello del “genius loci”, lo spirito del luogo, la vocazione di un luogo. Un principio fondamentale che, come apprendevamo, aveva determinato la varietà delle forme architettoniche espresse dalle differenti culture e civiltà: fondato sul rispetto delle atmosfere e del carattere spirituale dei luoghi, delle tradizioni costruttive, sulla sensibilità per l’uso di materiali. Cosicché, sino a qualche decennio orsono era piuttosto agevole individuare il luogo, la nazione -e quindi la cultura- che aveva “costruito” un edificio, una casa, un’opera architettonica, un disegno urbanistico. Saper cogliere ed esprimere nel progetto che si elaborava il “genius loci”, lo spirito del luogo, secondo i nostri docenti era un elemento discriminante per rendere oggettivamente ammirevole, qualificante e giustificata, l’opera di un professionista che ambisse a svolgere il lavoro di architetto.
La realtà della professione dell’architetto, al di fuori dalle aule universitarie e soprattutto in Italia, è stata davvero differente. La figura dell’architetto, come altre, in Italia si è trasformata spesso in quella di un mero esecutore di ordini, volontà e programmi altrui. Ma non pensiamo di ritrovare facilmente lo spirito della famiglia dei Medici, di Giulio II,  o anche dei Savoia,  nelle vesti di pubblici e privati committenti! La speculazione edilizia, la forza della “rendita”, a volte “il malaffare”, questi i “poteri-committenti” che hanno provocato il degrado di tanti paesaggi e “luoghi” italiani e che hanno visto -troppo spesso!- accondiscendenti e ignavi esecutori proprio in coloro che della bellezza dei luoghi, della loro difesa e creazione, avrebbero dovuto essere strenui e appassionati protagonisti.
Se cerchiamo un segno dell’inizio dell’apocalisse architettonica e urbanistica italiana -e anche dell’etica della nazione- forse dobbiamo rievocare l’inquietante proclama che scosse la Sicilia all’inizio del 1960: “Palermo è bella! Facciamola più bella!”.

uno dei tanti episodi del "Sacco di Palermo": Villa Rutelli, demolita, e l'edificio che la sostituì.
Palermo, Via della Libertà angolo Via La Marmora
Con le parole pronunciate dall’allora sindaco di Palermo, Salvo Lima, in realtà si dava il via  a quello che la storia avrebbe definito “Il Sacco di Palermo”: la devastazione urbanistica ed architettonica di una delle più belle città italiane, palermo, e del paesaggio nella quale la città era immersa, la “Conca D’Oro”. Nel giro di pochi anni, il luogo che fece dire a Goethe «chi ha visto tutto questo non lo dimentica più» venne sepolto da una colata di trecento milioni di metri cubi di cemento di edilizia residenziale.  Ora sappiamo che un destino comune avrebbe unito Palermo a tante parti d’Italia. Da Sud a  Nord, ora sappiamo come è andata a finire. Opere cinematografiche come il film di Francesco Rosi, “Le Mani sulla Città”, ancora oggi potrebbe spiegare dinamiche e fenomeni a cui non abbiamo saputo (voluto?) opporci o che tentiamo di relegare ad un passato lontano. Oggi sappiamo che il degrado formale dei luoghi, degrado architettonico e urbanistico, altro non è che il segno tangibile del decadimento culturale ed etico di una comunità, di una nazione!
Magari in buona fede, committenti e progettisti del grattacielo di Pinerolo  muovevano forse da un impeto simile? “ Pinerolo è bella! Facciamo ancora più bella!” Ai tempi della sua costruzione, avvenuta negli ultimi anni ’50 del Novecento, anche il grattacielo di Pinerolo fu salutato da alcuni come simbolo del progresso che investiva e risollevava l’Italia del dopoguerra. Tuttavia, negli anni a seguire non tardò molto che “il grattacielo” si riducesse a quello che era nella realtà: il segno di una modernità vacua, un errore culturale – un po’ presuntuoso, un “ob-scenum”- compiuto nel tessuto e nel panorama di una delle più belle cittadine piemontesi.
Troppo tardi si è levata la voce di Renzo Piano, l’archi-star umanista italiano, quando giunse ad ammonire i colleghi: “Occorre anche saper dire dei no!”.
Occorrerebbe riflettere invece su quanto decoro, sapienza urbanistica e valore architettonico d’insieme, esprimano tanti antichi borghi, paesi e cittadine di ogni regione italiana, anche quelli sorti in luoghi nei quali il retaggio della povertà economica ne costituiva tratto essenziale. In quei luoghi, oscuri artigiani dell’architettura e dell’urbanistica avevano “disegnato” e costruito assecondando proprio “il genius loci”, la vocazione dei luoghi di cui parlavo prima,. Borghi, paesi e cittadine che tante volte oggi ritroviamo offesi in paesaggi sviliti, oltraggiati da “cose-case” oscene o informi periferie, frutto di volontà, cultura e valori davvero diversi da quelle che -per secoli- ne avevano animato la crescita lenta, organica, meditata e “sostenibile” (come diremmo ora dall’alto della nostra presunta modernità culturale).
Nella aule universitarie delle facoltà di architettura, come nei luoghi ove si amministra “la cosa pubblica”, dovrebbero risuonare anche le parole semplici di Peppino Impastato, non già architetto o critico-teorico di moderna e acclarata fama ma semplice martire della Giustizia e della Bellezza di questa nostra Italia: “Se si insegnasse la Bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilà: si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di quei luoghi prima, ed ogni cosa per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. E’ perciò che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
E allora, poco a poco, mi pare di intravedere il legame fra il semaforo di uno sperduto borgo della Calabria e l’idea di un grattacielo” di una  ridente cittadina piemontese… Aspettando un Renzo Piano (o un semplice “bertoncelli”) che ci insegni a saper dire anche dei “no!”
 Francesco Incurato
referente presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo


 P.S.: il semaforo “calabrese” – posto a gestire un traffico in realtà inesistente - non è ancora funzionante, come nella triste tradizione di quella regione ( ma non solo in  quella)!...ed è anche vero che con l’arrivò del cosiddetto “International style”, e dei cosiddetti “archi-stars”, non è più così “osceno” proporre a Milano un progetto rifiutato a New York!...Sic!

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