martedì 27 ottobre 2020

"Che a pagare il costo sociale della pandemia non siano sempre i soliti stronzi"

Paolo Borsellino (giudice)“Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”.(P.Borsellino)

Carlo Alberto Dalla Chiesa (carabiniere): "(...)Ho capito una cosa, molto semplice ma forse decisiva: gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi certamente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla Mafia, facciamo dei suoi dipendenti i nostri alleati(...)"

Cittadino Anonimo: "Le mafie ve le ricordate solo quando provano a infiltrarsi nelle proteste. Non quando sfruttano la gente che vi fa comprare le arance a pochi euro! Non quando pilotano gli appalti nelle vostre città e si spartiscono assessorati e poltrone. Non quando rubano il presente e il futuro a gente costretta ad attraversare le frontiere clandestinamente. Non quando i professionisti delle vostre città le assistono, le curano, le difendono ingrassando l'economia malata che le nutre. Non quando taglieggiano, violentano, sfruttano i territori. Delle mafie vi ricordate solo quando secondo voi pilotano quelle piazze dove non scendete più da decenni!"

Alessia Candido (giornalista, calabrese)La semplificazione di situazioni complesse è peccato mortale, in epoche complesse irredimibile. Partiamo da un presupposto a scanso di equivoci: la pandemia c'è, morde, la curva dei contagi è grave e seria e non si sta parlando di influenza, né sono accettabili le politiche socio-sanitarie ispirate a Mengele o alla rupe Tarpea secondo cui "tanto muoiono vecchi e malati"(e neanche è vero). Però la rabbia sociale c'è e ricondurla a giro solo alla camorra, ai fascisti, agli ultras è pericoloso perché queste varie sfumature di fogna interlocutori di un disagio vero. E non è neanche un conflitto generazionale "nipoti contro nonni".

Il problema non è "si chiude o no", il problema è "chi paga il conto di una stagione in cui non si è fatto abbastanza perchè c'erano interessi di pochi da tutelare a discapito del benessere di molti". Un amico ieri diceva "stanno trasformando l'Italia in una grande Ilva". Per molti aspetti, appare un paragone calzante.

E allora magari è ora che a pagare il costo sociale della pandemia non siano sempre i soliti stronzi, ultimo anello della catena, gli invisibili, i precari, quelli che vanno avanti a contrattini di un mese, dove c'è scritto part-time ma significa full time, dove 18 ore diventano 40, a cui basta non rinnovare il contratto per metterli di fronte a un gigantesco "e mo?", quelli affittati dalle grandi agenzie interinali, quelli invisibili, quelli che aspettano stipendi arretrati con il padroncino di turno che è passato dal macchinone uno al macchinone due che ti dice "è un momento difficile, dobbiamo fare sacrifici e ne usciremo insieme". E inevitabilmente ti chiedi se sul piatto della bilancia pesino uguale lui che rinuncia alla settimana bianca e tu che conti gli spicci al supermercato. Non spuntano dal nulla come funghi, ma sono il risultato di decenni di controriforme del lavoro, di miopia istituzionale, di inerzia nel combattere il lavoro nero, di buffonate su quanto è bella la flessibilità. 

Questi sono gli ingredienti della rabbia sociale, sono queste le categorie invisibili che non devono sparire dai sussidi. Si faccia una patrimoniale, si approfitti della crisi per dare diritti e non toglierne ancora, si faccia emergere la grande sacca di lavoro nero e informale che c'è ed è terreno fertile per fasci, mafie e dementi in grado di dare risposte sbagliate a un disagio vero. E si smetta di semplificare tutto in un derby demenziale che è solo un utile alibi per continuare a nascondere la testa sotto la sabbia. I cocci ci sono e prima o poi tocca raccoglierli lo stesso."


lunedì 26 ottobre 2020

Chiudere luoghi della cultura significa spegnere la voce della comunità

L'ultimo Dpcm promulgato ieri ,domenica 25 ottobre 2020, ha nuovamente imposto, fra altre cose,  la chiusura di cinematografi e teatri. 
Ci uniamo al giudizio negativo sul provvedimento, già espresso dalle categorie interessate, dal momento che artisti , maestranze e gestori, hanno già subito pesanti ripercussioni dai provvedimenti precedenti nonostante che l'adesione  ai protocolli sanitari avesse di fatto reso quei luoghi sicuri e di fatto liberi dal pericolo di contagio da "coronavirus". 
Chiudere i luoghi che contribuiscono a formare e diffondere cultura, conoscenza, confronto, è un fatto grave che mina uno dei fondamenti stessi della Democrazia: l'agorà, la piazza, il teatro, i luoghi simbolo della antica civiltà greca, sono all'origine di quella forma politica che chiamiamo Democrazia perché proprio  in quei luoghi, attraverso la conoscenza ed il confronto, si formava il pensiero, la cultura e la politica che guidava la comunità. 
Facendo memoria dell'insegnamento che ci deriva dall'opera di George Orwell sappiamo e ricordiamo a noi stessi che "l'ignoranza ( di una comunità) è forza ( per coloro che detengono il potere). Chiudere i luoghi della cultura significa annichilire la voce della comunità, tanto più necessaria nel momento storico che viviamo.

L'associazione Direfaecosolidale è pertanto costretta a dover sospendere la programmazione dei film di Cinemambiente  e gli incontri previsti , rinviati a data da destinarsi.