sabato 17 ottobre 2015

Articolo 3 della Costituzione Italiana: PARI DIGNITA' SOCIALE

Articolo 3 della Costituzione Italiana

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".



Fra gli strumenti per attuare il principio della "pari dignità sociale", per rendere illegale la miseria, il cosiddetto reddito di cittadinanza, di dignità: è la richiesta, anche da parte di LIBERA, di impegno concreto politica italiana affinchè si costruiscano condizioni effettive di dignità a partire dalle persone più in difficoltà. Non è una elemosina, al contrario è la richiesta di impegno a far crescere il Paese proprio attraverso la creazione e la salvaguardia di condizioni sociali di piena dignità. 
Assicurare condizioni di dignità è anche il modo più efficace per spezzare "il ricatto del lavoro"; quando "il lavoro" diventa merce di scambio, offerto, barattato, da mala-politica, mafie, cricche e caste, per conquistare e difendere il loro potere e i loro privilegi.

Intervento di Don Luigi Ciotti sul Reddito di Dignità 

 
 "Siamo davanti ad una crisi causata da un forte aumento della corruzione e da una caduta verticale della dignità.Possiamo uscirne solo guarendo dalla corruzione recuperando la dignità perduta. Sono passati ormai sette anni dal biennio 2007-2008. Ma non c'è stato ancora un vero cambiamento di rotta. 
 E' questo tentennare, questo girare attorno al problema, che amareggia il Papa quando scrive nell'enciclica appena pubblicata: 
"La crisi finanziaria era l'occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell'attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c'è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo. I provvedimenti presi spesso continuano a seguire il dogma del mercato. Un dogma non solo discutibile sul piano etico,  ma inefficace sul piano pratico."
Il "liberismo economico" prometteva più benessere per tutti: ha prodotto disoccupazione, povertà, smarrimento, salvo per minoranze che da molto ricche sono diventate ancora più ricche. Ormai sappiamo (dovremmo sapere) che una società  dove  comanda il denaro - dove il denaro non è più mezzo ma fine ultimo - è una società dove la maggior parte delle persone è umiliata, offesa, sfruttata, derubata dalla sua dignità. Per ritornare in carreggiata servono allora provvedimenti urgenti. Il "reddito di dignità" è uno di questiCerto, bisogna studiare la formula. Scegliere fra le varie proposte la più efficace, in termini di rapporto fra costi e benefici, ma soprattutto quella che meglio incontra aspettative di milioni di persone, i loro bisogni e le loro speranze. E anche fare un po' di chiarezza. Si è fatta (e in parte si continua a fare) confusione tra reddito di cittadinanza e reddito minimo garantito. Chiariti i particolari tecnici e risolto il nodo del reperimento fondi (attraverso la riduzione delle spese militari, il recupero dell'evasione fiscale, la soppressione delle deroghe sugli appalti per le grandi opere, che fanno lievitare la spesa e la corruzione) va sottolineato che il reddito di dignità non è un provvedimento assistenzialistico. E' una misura di giustizia sociale e , dunque, un investimento di speranza. E' necessario   ribadire con forza  che se cresce il welfare cresce il  Paese perché il welfare non è un lusso, ma un bene comune per cui impegnarsi. I diritti sociali abilitano a esercitare gli altri diritti quelli  civili, quelli  politici. 
Ma il reddito di dignità  è anche un atto di vera politica. Per tre ragioni: perché decide sui processi economici invece che subirli e ha il coraggio di modificarli quando ostacolano il bene comune; perché crede che la giustizia sociale sia il vero antidoto alle mafie, alla corruzione, ai privilegi e agli abusi di potereperché sa che certi frangenti delicati come questo, il sostegno ai deboli, alle vittime, agli emarginati è un imperativo etico, un obbligo di coscienza che precede ogni valutazione, ogni calcolo, ogni opportunità. Si è sentito dire che il "reddito di cittadinanza" non è una misura di sinistra perché la sinistra non fa assistenza, ma dà lavoro. Belle parole, ma intanto cosa facciamo con i milioni di poveri, di disoccupati? Con chi vive in strada, razzola nei cassonetti, lavora ma non ha un salario che permette di sopravvivere?  Quando una persona sta affogando, ci si tuffa in acqua e si cerca di portarla in salvo, non si sta a discutere se farlo nuotando a rana o a stile libero..."Ancora una volta si tratta di tradurre in scelte coerenti documenti che stanno alla base della nostra vita civile e che dunque ci siamo impegnati a realizzare come politici, amministratori, come società responsabile e semplici cittadini. Penso all'articolo 34 della Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dove si dice: "(...) Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti
“Siamo davanti ad una crisi causata da un forte aumento della corruzione e da una caduta verticale della dignità. Possiamo uscirne solo guarendo dalla corruzione recuperando la dignità perduta”. Queste le parole con cui don Luigi Ciotti ha aperto, questa mattina, l’incontro sul reddito di dignità promosso a Roma da Libera e Gruppo Abele nella Sala dei Gruppi della Camera dei deputati. Una mattinata di discussione e costruzione, incentrata sulle misure politiche da adottare per impedire che la crisi economica si tramuti in uno stillicidio sociale. Un tavolo allargato, cui hanno preso parte associazioni, sigle sindacali, movimenti studenteschi. E molti esponenti politici: i grillini Alessandro Di Bttista e Nunzia Catalfo; Loredana De Petris e Arturo Scotto, esponenti Sel; le democrats Enza Bruno Bossio e Cecilia Guerra; Pippo Civati, di “Possibile”, fuoriuscito dell’ultima ora del Pd. 
E se al termine della discussione è Nicola Fratioianni (Sel) il primo ad ammettere che i tempi son maturi per ripensare nuove politiche di redistribuzione del reddito, a suonare l’allarme e la riflessione per primo è stato don Ciotti. “Il welfare non è un lusso”, ha ribadito, con forza, il presidente di Libera, scagliando con forza la sua critica contro un sistema che continua “a seguire il dogma del mercato. Un dogma non solo discutibile sul piano etico, ma inefficace sul piano pratico”. Un sistema diseguale, dunque, causa delle divaricazioni sociali in atto. Don Ciotti cita papa Francesco. Legge un passaggio, uno dei più significativi, dell’enciclica Laudato si: “La crisi finanziaria era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”.
 
E contro i “criteri obsoleti”, quelli che hanno prodotto “disoccupazione, povertà, smarrimento, salvo per minoranze che da molto ricche sono diventate ancora più ricche”, la sola ricetta si chiama dignità. “Ormai sappiamo – le parole di don Ciotti – che una società dove comanda il denaro, dove il denaro non è più mezzo ma fine ultimo è una società dove la maggior parte delle persone è umiliata, offesa, sfruttata, derubata dalla sua dignità. Per ritornare in carreggiata servono allora provvedimenti urgenti. Il reddito di dignità è uno di questi”.
 
Ma le teorie non bastano. “Bisogna studiare la formula”, spiega il presidente di Libera e Gruppo Abele. Perché non di “provvedimento assistenzialistico” si tratta, ma di “una misura di giustizia sociale e, dunque, un investimento di speranza”. Invita a colpire quelle spese dietro cui si annidano le più grandi ingiustizie. E snocciola: “riduzione delle spese militari, recupero dell’evasione fiscale, soppressione delle deroghe sugli appalti per le grandi opere”.
 
“Il reddito di dignità – ha spiegato inoltre don Ciotti – è un atto di vera politica”. Per tre ragioni. Primo: “perché decide sui processi economici invece che subirli e ha il coraggio di modificarli quando ostacolano il bene comune”; poi, perché “crede che la giustizia sociale sia il vero antidoto alle mafie, alla corruzione, ai privilegi e agli abusi di potere”; e, infine, perché “sa che certi frangenti delicati come questo, il sostegno ai deboli, alle vittime, agli emarginati è un imperativo etico, un obbligo di coscienza che precede ogni valutazione, ogni calcolo, ogni opportunità”.
 
E tornando sulla natura del provvedimento: “Si è sentito dire che il reddito di cittadinanza non è una misura di sinistra perché la sinistra non fa assistenza, ma dà lavoro. Belle parole, ma intanto cosa facciamo con i milioni di poveri, di disoccupati? Con chi vive in strada, razzola nei cassonetti, lavora ma non ha un salario che permette di sopravvivere?”. Questioni quotidiane, quelle cui ha fatto riferimento don Ciotti, chiosando: “Quando una persona sta affogando, ci si tuffa in acqua e si cerca di portarla in salvo, non si sta a discutere se farlo nuotando a rana o a stile libero”. - See more at: http://www.narcomafie.it/2015/06/30/reddito-cittadinanza-non-e-assistenzialismo-ma-atto-di-vera-politica/#sthash.CeYUsSB3.dpuf
secondo modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e parassi nazionali".
O al passo della nostra Costituzione (art.36) dove si afferma: "(...) il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".Non basta fare analisi a tavolino e proporre soluzioni che non guardano in faccia le persone, le loro storie, i loro bisogni, i loro desideri. Lavoriamo insieme perché la povertà e la fatica della gente sono arrivate a livello mai visto. L'inclusione sta alla base della democrazia, nei diritti degli altro riconosciamo i nostri diritti. Nelle loro speranze le nostre speranze. Noi chiediamo ai politici di mettersi nei panni delle persone. Davanti la disperazione delle persone non ha senso parlare di gradi opere spesso inutili: ad esempio, il "ponte sullo stretto. Libera non ha alleanza politiche di sorta ma è disposta, come sempre, con chiunque si impegno seriamente con competenza e volontà per il reddito di dignità. Tutta Italia in questo momento lo chiede. Sono inoltre preoccupato perché la riforma elettorale al Senato deve inquietarci tutte e tutti. E mi chiedo, rispetto le mafie, chi protegge Matteo Messina Denaro.

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