mercoledì 22 aprile 2020

Perchè è stato ucciso Bruno Caccia? Chi ha deciso l'uccisione di Bruno Caccia?

Sconfortante quanto avvenuto ieri a Torino: le parole pronunciate nel corso dell'audizione nella Commissione Legalità del Comune di Torino dall'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia del procuratore capo Bruno Caccia ucciso il 26 giugno 1983, suonano come un atto d'accusa nei confronti di una regione, il Piemonte, che mostra di aver smarrita, dimenticata, persino oltraggiata, l'eredità e la memoria di Bruno Caccia. Così si è espresso Fabio Repici: "Credo che il delitto Caccia vada riqualificato col termine di cospirazione, che qualifica i delitti che vedono contributi plurimi mirati allo stesso fine. Il caso classico è l'omicidio Kennedy e l'omicidio Caccia fu una cospirazione più o meno con analoghe caratteristiche". Parole che ribadiscono quanto già dichiarato in passato dallo stesso Francesco Saluzzo, procuratore generale del Piemonte e considerato “l'allievo” di Caccia: secondo Francesco Saluzzo l'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia fu la controffensiva scatenata da un sistema di poteri composto da intoccabili, 'ndranghetisti, criminali e figure ambigue che beneficiavano della complicità o della non opposizione di magistrati opachi per non dire di peggio". 

Parole, quelle dell'avvocato Repici, che richiamano altre parole: lo scandalo denunciato  da Giancarlo Caselli all'indomani dell'operazione "Minotauro" (2011), operazione della magistratura che svelo all'opinione pubblica nazionale la quantità e la qualità della presenza di mafie e "opportunisti" nei più diversi settori della comunità piemontese. Giancarlo Caselli nella sua requisitoria al processo "Minotauro":  “(...) La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”.

Chi sono gli "Opportunisti? Puoi continuare a leggere qui

Sappiamo bene che anche il Piemonte si è rivelato in passato essere focolaio di mafie "pensiero mafioso""pensiero" che può allignare anche in coloro i quali "mafiosi" non potrebbero essere propriamente definiti, pensiero che appartiene a coloro che cercano di ottenere quel che non meriterebbero). Ma  ripercorrere la storia della regione Piemonte anche solo nell'ultimo decennio fa comprendere come, ancora oggi, non ci siano anticorpi sufficienti a fare argine al "virus" di mafie e "pensiero mafioso" . Cosicché, anche dopo la denuncia accorata di Giancarlo Caselli,  anche in Piemonte in questi ultimi anni  "non ci siamo fatti mancare nulla": politici e amministratori "opportunisti" hanno continuato ad operare tranquillamente, coperti e sostenuti dagli opportunistici silenzi di coloro che sapevano ma hanno preferito tacere (magari per presentare poi "il conto" a pretendere nomine, candidature ed incarichi); lo scandalo delle firme false, "a destra e a sinistra" nelle elezioni regionali (a destra e a sinistra); gli scandali nel mondo della cultura così come nelle opere pubbliche (uno per tutti, l'infinita odissea del grattacielo che dovrebbe ospitare gli uffici della Regione, opera da tempo sconfessata addirittura dal suo progettista , l'architetto Fuksas); "politici e amministratori" opportunisti alla perenne ricerca di "fondi pubblici da drenare" per costruire consenso e clientele, a favore di gruppi, associazioni, sodali; da ultimo, financo le condizioni discutibili in cui versa una sanità regionale prostrata da tagli pluriennali, scelte strategiche forse errate ad inseguire teoriche eccellenze e tuttavia mancando di cura e attenzione alla "salute dei territori", delle comunità, e la cui inadeguatezza dinanzi alla "tempesta" del coronavirus è stata svelata crudamente dal servizio giornalistico "Il pasticcio piemontese" trasmesso dalla trasmissione Report la sera del 20 aprile  (vedi qui).

Chi paga il prezzo di queste cose? Lo spiegava ancora Giancarlo Caselli: "(...) Pagano i cittadini, i consumatori. Perché abbiamo organismi elettivi disonesti, perché la regolarità dei mercati risulta stravolta, oltre a dover vivere in un ambiente pervaso dalla corruzione, fino alla violenza. Allora è indispensabile riaffermare la presenza dello Stato

Si disse che Bruna Caccia fu ucciso perché "con lui non si poteva parlare".  Pare evidente che, anche in Piemonte, con mafie e "pensiero mafioso", con certi personaggi, in certi ambienti  si è chiacchierato tranquillamente e forse si continua a farlo. Triste!


 Fonte : la Repubblica

 Omicidio Caccia, l'avvocato dei famigliari: "Una cospirazione come l'uccisione di Kennedy"

"Credo che il delitto Caccia vada riqualificato col termine di cospirazione, che qualifica i delitti che vedono contributi plurimi mirati allo stesso fine. Il caso classico è l'omicidio Kennedy e l'omicidio Caccia fu una cospirazione più o meno con analoghe caratteristiche". A dirlo, in Commissione Legalità del Comune, l'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia del procuratore capo di Torino ucciso nel giugno dell'83.

Secondo Repici "la memoria di Bruno Caccia ha pagato anche una seconda cospirazione, mirata a limitare gli accertamenti di verità anche agli occhi della storia in modo da far dire a qualcuno che era stato ucciso solo per iniziativa di un piccolo gruppo criminale, tralasciando invece chi le mosse di quel piccolo gruppo determinarono".

Il legale è tornato a parlare di "lacune" dell'attività di indagine e giudiziaria che fanno sì che "dopo 37 anni non conosciamo i nomi dei due killer e non conosciamo esattamente le ragioni né l'identità di tutti i mandanti". Repici ha aggiunto che "quello di Caccia è l'omicidio più importante e delicato nella storia torinese, l'unico procuratore distrettuale ucciso fuori dalla Sicilia, e un delitto così delicato avrebbe dovuto implicare l'impegno massimo di tutte le istituzioni che avessero un ruolo per far qualcosa di utile per accertamento della verità. La verità in archivio non può andare", ha concluso Repici definendo "uno sfregio alla memoria di Caccia che queste lacune vengano tuttora mantenute".


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