lunedì 2 luglio 2012

Lamezia Terme città antimafia? Ma di cosa stiamo parlando…




Mercoledì 20 giugno ritornava a Lametia Terme ''Trame", il festival della letteratura sulle mafie ospitato per il secondo anno dalla cittadina calabrese. ''È un'azione corale contro le mafie - spiegava il direttore Lirio Abbate - perché le azioni pratiche di magistrati, scrittori e giornalisti possa essere da esempio per la gente, affinché si rompa il muro dell'omertà''. 
L'idea è quella di portare i protagonisti in mezzo alla gente. Infatti gli incontri che si susseguiranno fino a domenica prossima si terranno all'aperto nelle strade di Lamezia Terme.
Il programma di ''Trame'' di quest'anno ruotava attorno alla figura della donna e al loro coraggio. ''Parleremo delle vittime innocenti della mafia, delle testimoni di giustizia che hanno avuto l'ardire di liberarsi dai clan e altre tratte nei tranelli e sciolte nell'acido'', spiega il direttore del festival Lirio Abbate.
A pochi giorni dalla fine del festival letterario Trame Roberto Gallullo scrive un articolo apparentemente dissonante. L'intento ci pare essere piuttosto l'ennesimo avvertimento: il rischio che iniziative e momenti -culturalmente anche importanti e lodevoli- possono servire da alibi e paravento al potere mafioso ( Gallullo scrive di una cupola massonica deviata-mafiosa-politica) per continuare a condurre le pratiche abituali.

Fonte: Guardie o ladri di Roberto Galullo Sole 24 Ore

“Via del Regresso”, Lamezia Terme/1 La (vera) capitale calabrese dove la mafia da piovra diventa Medusa
Lamezia Terme, Padova, Vicenza, Montebello Vicentino, Vigonza: tutti questi comuni hanno una strada che si chiama “Via del Progresso”.
Solo una dovrebbe cambiare la toponomastica: Lamezia Terme, che quella strada dovrebbe chiamare “Via del Regresso”.
Debbo essere sincero: non ho mai capito e l’ho sempre scritto, perché questo comune calabrese che capoluogo non è ma capoluogo è, sia diventato negli ultimi anni il simbolo di un’antimafia che non c’è e non ci sarà mai. Misteri della fede oltre che di una pubblicistica – come spesso accade – sciatta, disattenta, credulona, ingannevole e ingannata, poco preparata, influenzabile, inventata. Più passa il tempo – debbo ammetterlo – e più mi rendo conto che la nostra categoria ha prodotto e sta producendo danni inenarrabili nella regressione culturale della lotta alla mafia. Quasi peggio di una certa magistratura manipolatrice e massonica che da Milano a Reggio Calabria approda inevitabilmente a Roma.
Lamezia Terme è tra le capitali mondiali dei traffici di ogni tipo: a partire da quello di armi e droga.
Lamezia Terme è la capitale degli intrecci tra affarismo, malapolitica e malamministrazione, come testimonia la sciagurata indagine “Why Not” dalla quale uno sciagurato “Giginiello ‘o sciantoso” è riuscito a trarre un millesimo del suo potenziale carico devastante.
Lamezia Terme è la capitale di investimenti milionari da 488/92, una legge che ha permesso a centinaia di truffatori di arricchirsi alle spalle dei calabresi onesti.
Lamezia Terme è la capitale dell’abusivismo edilizio alimentato dalle cosche, da un’intera città e da un nugolo di amministratori, consiglieri e politici che hanno chiuso gli occhi fottendosene di tutto e magari sfilando nelle marce antimafia.
Lamezia Terme è la città in cui ci sono stati una sessantina di omicidi (quanti risolti?) in pochissimi anni e dove un giorno si e l’altro pure commercianti, imprenditori e professionisti sono minacciati e pagano.
(Cos’è Lametia Terme?)
Lamezia Terme è una città che ha subito lo scioglimento per mafia per ben due volte.
Lamezia Terme è la città in cui vivono felici parecchie famiglie di ‘ndrangheta.
Lamezia Terme è la città dove la massoneria coperta detta legge dentro e fuori.
Lamezia Terme è la città in cui – parole e musica dell’ex capo della Procura Salvatore Vitello – un residente su 5 è in qualche modo legato, mischiato o coinvolto con le cosche.
Lamezia Terme è la città in cui un Governo (questo come tutti) al quale nulla interessa della vera lotta alle mafie, ha deciso di cancellare il Tribunale, forse l’unico vero presidio dello Stato.
Lamezia Terme è la città in cui persino il Papa tedesco non ha mai nominato la parola ‘ndrangheta e vadano a farsi…il bagno coloro i quali si beano del fatto che non c’era bisogno di nominarla. Ma fatemi il piacere analisti da 4 soldi: le parole sono macigni e colpiscono nel segno molto più delle pallottole. Per Dio – e lo dico onorando Nostro Signore – la ‘ndrangheta, le cosche Torcasio, Cerra, Giampà, Iannazzo e via elencando vanno nominate, strillate, esposte al pubblico ludibrio ogni volta che questo è possibile. Sono loro che uccidono le anime, caro Benedetto XVI!
Don Giacomo Panizza 
Lamezia Terme è la città in cui per i cittadini la Chiesa è soprattutto un prete: don Giacomo Panizza. Mah!
Con queste premesse che – attenzione – non sono cambiate negli anni in cui l’antimafia di facciata camminava e marciava senza produrre – a mio giudizio – “un-solo-atto-uno” degno di questo nome, nessuno può sorprendersi di quanto è emerso dall’Operazione Medusa, con la quale la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha piegato ancora una volta la cosca Giampà. C’è da giurare che sarà l’ennesima ferita, che per quanto profonda, non infetterà il corpo della ‘ndrangheta perché gli anticorpi – quelli che dovrebbe produrre la società civile - sono falsi e finti come una scenografia cinematografica.
Dedicherò a questa operazione una serie di articoli perché – insisto ancora una volta – Lamezia è una delle capitali mondiali della "cupola massonica deviata-mafiosa-politica” che erode giorno dopo giorno la società. Calabrese e no.
Se leggeste – come ho fatto io – le 717 pagine dell’ordinanza firmata il 21 giugno dal Gip Assunta Maiore, vi trovereste uno scenario che – bando alle ciance – è così riassumibile: una città addormentata dove le cosche dettano legge. Punto. Non ci sarebbe null’altro da aggiungere se non complimentarsi - attenzione – oltre che con le Forze dell’ordine (quelle vere) e con la magistratura (quella vera), con quei pochissimi che davvero credono nella legalità, forse anche perché sono passati attraverso la mortificazione della dignità umana.
E mi riferisco – in particolar modo – al buon Rocco Mangiardi, che inconsapevolmente, era intercettato dai Carabinieri di Lamezia all’interno della sede dell’Ala (Associazione antiracket del centro lametino), luogo ove si riuniscono i commercianti dell'hinterland aderenti. Dalla viva voce di questi ultimi, ovviamente ignari del servizio di intercettazione, si legge nell’ordinanza, “è stato possibile ascoltare le diverse vicende e le storie personali che, nel corso degli anni, li hanno visti costretti a sottostare alle angherie dei maggiori esponenti del gruppo criminale in questione e, in definitiva, al pagamento dell'estorsione imposta dalla cosca, certamente egemone su tutta via del Progresso di Nicastro-Lamezia Terme”.
Tutta Via del Progresso. Tutta. Lo scrive la Polizia giudiziaria. Non lo scrivo io. Anche se lo penso da sempre per qualunque paese del Sud dove ci sia da spremere anche un solo centesimo.
L’ASSICURAZIONE
Ma quanto sia grave la situazione non lo si capisce da questo passaggio. No, no, no…
Leggete qui cosa scrivono – verosimilmente con il morale distrutto – i pm della Dda di Catanzaro: “E' sorprendete come l'affermazione che normalmente viene effettuata da qualsiasi cittadino calabrese circa il fatto che tutti pagano il pizzo, abbia tutt'altra valenza quando proviene da chi appartiene alla categoria che è vessata dalla criminalità, cioè commercianti e imprenditori: sentire dal capo dell'associazione antiracket o da uno dei suoi membri che alle riunioni tutti "hanno il problema " (del pizzo da pagare) e ne parlano, ma che poi nessuno fuori abbia il coraggio di denunciare, fornisce la prova piena dell'assoggettamento”.Quando, poi, i due interlocutori intercettati commentano come per alcuni dei loro colleghi pagare sia una sorta di assicurazione, emerge anche il vincolo di omertà indotto dalla forza intimidatoria del vincolo associativo. “Per taluni imprenditori il pagamento dell'estorsione viene accettato e sdoganato - si legge ancora nell’ordinanza - come se fosse il pagamento di una forma di assicurazione. Si tratta di un concetto di non trascurabile importanza, in quanto in esso è racchiusa, a ben vedere, anche la spiegazione più semplice e immediata del perché il fenomeno sia ormai così radicato nella zona di Lamezia e nulla riescono a sortire le periodiche (ma, comunque, nel complesso sporadiche) operazioni di Polizia giudiziaria”.
La conclusione, vergata probabilmente con la disperazione di chi sa che poco o nulla cambia o può cambiare, è devastante. “Il capitale simbolico della cosca – si legge - è e rimarrà elevato sino a quando ci sarà anche un solo imprenditore che percepirà il proprio pagamento dell'estorsione come una forma di assicurazione. Così facendo, la `ndrangheta trova terreno fertile per bloccare lo sviluppo economico effettivo di un territorio”.
Lamezia Terme città antimafia? Ma di cosa stiamo parlando

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