Il racconto della serata svoltasi in memoria delle stragi siciliane del 1992 e di RITA ATRIA
L'occasione per incontrarci, conoscerci, riflettere, per confermare e ribadire l'impegno del presidio LIBERA "RITA ATRIA" Pinerolo
Non li avete uccisi: le loro idee camminano sulle nostre gambe |
RITA ATRIA: "Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza... |
FARE MEMORIA:“(...) ricordare non basta. Memoria è un ricordo “attivo” che vuole comprendere i meccanismi, le cause e dunque le ragioni che determinarono una storia, e sa rileggerle nel presente per capirne le “mutazioni” e le mimetizzazioni nelle forme nuove in cui quella stessa violenza torna e tornerà ad esercitarsi. " M. Ciancarella
Deborah e Valentino: prepariamoci... |
...con gli amici del presidio RITA ATRIA |
E siamo qui per ricordarci anzitutto le parole di Giovanni Falcone : "La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i
fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine..”
E noi siamo qui, questa sera, con la serenità e la forza di dire che contro le mafie VINCIAMO NOI!
Contro le mafie vinciamo NOI! Angela e Cistina, del presidio "RITA ATRIA", leggeranno le parole di Paolo Borsellino e Rita Atria |
Le parole di paolo Borsellino
23 giugno 1992. A d un mese dalla morte del giudice Giovanni Falcone, a
Capaci, i boyscouts organizzano un raduno a piazza Magione, nel cuore del
quartiere della Kalsa di Palermo. Tra fiaccole accese, le parole di Paolo Borsellino a ricordare l'amico fraterno:
“(…) Sono
morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro. Questo debito dobbiamo
pagarlo, gioiosamente, continuando la loro opera, facendo il nostro dovere. Rispettando le leggi, anche quelle che ci
impongono sacrifici. Rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici
che possiamo trarne, anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro.
(…)
La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra
bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di
repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e
specialmente le nostre giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la
bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del
compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della
complicità.
Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo
egli mi disse: "La gente fa il tifo per noi." E con ciò non intendeva
riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale della popolazione dava al
lavoro del giudice, significava qualcosa di più: significava soprattutto che il
nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze." Paolo Borsellino
Le parole di Rita Atria
E facciamo memoria di Rita Atria, la ragazzina siciliana che, nata in una famiglia mafiosa, decide di sfidare tutti denunciando i segreti confidatigli dal fratello. la mattina del 5 novembre del 1991 Rita esce di casa e invece di andare a scuola va
dritta nell’ufficio di Paolo Borsellino, allora procuratore a Marsala. Ha deciso di seguire l'esempio di Piera Aiello, sua cognata, la moglie di suo fratello ucciso dalla faida mafiosa.
” Mi chiamo Rita Atria e mi presento alla signoria vostra per fornire
notizie e circostanze legate alla morte di mio fratello e all’uccisione di mio
padre” dice emozionata al giudice.
Alla sua storia e al suo esempio fa esplicito riferimento la legge n. 45. del 13/2/2001 che introduce nell'ordinamento giudiziario italiano la figura del "testimone di giustizia"
Le parole di Rita Atria, tratte dal testo del suo tema di maturità:
"(....) Ecco, con la morte di Falcone
quegli uomini ci hanno voluto dire che loro vinceranno sempre, che sono i più
forti, che hanno il potere di uccidere chiunque. Un segnale che è arrivato
frastornante e pauroso. I primi effetti si stanno facendo vedere
immediatamente, i primi pentiti ritireranno le loro dichiarazioni, c'e chi ha
paura come Contorno, che accusa la giustizia di dargli poca protezione. Ma cosa possono fare ministri,
polizia, carabinieri? Se domandi protezione, te la danno, ma ti accorgi che non
hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità, manca personale, mancano
macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino che nessuno scoprirà dove
sei. Non possono darti un'altra identità, scappi dalla mafia che ha tutto ciò
che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non ha le armi per lottare.
L'unica speranza è non arrendersi mai. Finché giudici come Falcone,
Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la
giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare
tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di
fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo
dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella
persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore.
Forse un mondo onesto
non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare,
forse ce la faremo.
Rita Atria
Erice 5 giugno 1992
Tra la Memoria e le parole, la musica de "Le Vie Traverse"...
Le Vie Traverse |
Il Procuratore della Repubblica di Pinerolo, giudice Ciro Santoriello ci ha onorati della sua presenza e con la sua vicinanza.
Il giudice Ciro Santoriello ha fatto riflettere tutti noi con un intervento di forte valenza etica e morale.
Il suo pensiero: anzitutto rivolto all'insegnamento che ci hanno lasciato i giudici-colleghi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, grandi e unici "maestri di giustizia", da molti colpevolmente (e ipocritamente) riconosciuti tali "solo una volta uccisi".
Il giudice Santoriello ci parla poi del pericolo rappresentato delle "forme suadenti" con le quali si presentano le mafie al nord: in una società, in una cultura dove molti vogliono il "tutto e subito", le attività e i capitali delle mafie rappresentano la scorciatoia, "il mezzo" per conquistare potere e danaro. Ma il giudice ci confida di quanta tristezza, quanta squallida tristezza, abbia sempre visto sui visi dei mafiosi che ha dovuto interrogare. E quanta bellezza, quanta gioia di vivere invece risiede e determina avere le cose che si sono guadagnate grazie alla propria onestà e alle proprie capacità.
La lotta alla mafia, lo ribadisce il giudice Santoriello, è davvero anzitutto una battaglia culturale, etica, morale. Laddove questi valori decadono, anche nel Nord, le mafie attecchiscono e innestano il loro potere.
Il giudice Ciro Santoriello ha fatto riflettere tutti noi con un intervento di forte valenza etica e morale.
Il suo pensiero: anzitutto rivolto all'insegnamento che ci hanno lasciato i giudici-colleghi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, grandi e unici "maestri di giustizia", da molti colpevolmente (e ipocritamente) riconosciuti tali "solo una volta uccisi".
Il giudice Santoriello ci parla poi del pericolo rappresentato delle "forme suadenti" con le quali si presentano le mafie al nord: in una società, in una cultura dove molti vogliono il "tutto e subito", le attività e i capitali delle mafie rappresentano la scorciatoia, "il mezzo" per conquistare potere e danaro. Ma il giudice ci confida di quanta tristezza, quanta squallida tristezza, abbia sempre visto sui visi dei mafiosi che ha dovuto interrogare. E quanta bellezza, quanta gioia di vivere invece risiede e determina avere le cose che si sono guadagnate grazie alla propria onestà e alle proprie capacità.
La lotta alla mafia, lo ribadisce il giudice Santoriello, è davvero anzitutto una battaglia culturale, etica, morale. Laddove questi valori decadono, anche nel Nord, le mafie attecchiscono e innestano il loro potere.
l'intervento del giudice Ciro Santoriello, Procuratore della Repubblica di Pinerolo |
...le parole dette fanno pensare |
-“Sai cosa penso?...che
quest’aeroporto in fondo non è brutto..visto così dall’alto.
Uno viene quassopra e potrebbe
pensare che la Natura vince sempre
che è ancora più forte
dell’uomo
E invece non è così!
In fondo tutte le cose, anche le
peggiori
una volta fatte poi si trovano una
logica, una giustificazione
per il solo fatto di esistere.
Fanno ‘ste case schifose
con le finestre in alluminio
i muri di mattoni finti, i
balconcini…
La gente ci va ad abitare
ci mette le tendine, i gerani, la
televisione…
e dopo un po’ tutto fa parte del
paesaggio!
C’è!…Esiste!
Nessuno si ricorda di com’era prima!
Non ci vuole niente a distruggere la
Bellezza…”
-“Ti ho
capito…e allora?”
- “E allora?..e allora prima della
lotta politica
la coscienza di classe, tutte le
manifestazioni e ‘ste fisserie
bisognerebbe ricordare alla gente
che cos’è la Bellezza
aiutarla a riconoscerla, a
difenderla..”
- “ La Bellezza …?”
- “La Bellezza…! E’ importante la Bellezza
Da quella scende giù tutto il
resto…”
E finiamo col saluto rivolto a Tutti i volti, i nomi, le storie grazie alle quali vinceremo Noi!...
L'ultimo saluto va a Rita Atria
Vinceremo Noi se seguiremo anche l'insegnamento che ci ha lasciato Rita Atria, la ragazzina siciliana divenuta Testimone di Giustizia.
Il giorno dopo la strage di Via D'Amelio, Rita
scrive nel diario le parole che costituiscono il suo testamento spirituale,
parole che da allora si impongono alla riflessione di ognuno:
"(…)
Ora che è morto Borsellino, nessuno può
capire che vuoto ha lasciato nella mia vita …Prima di combattere la mafia devi
farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di
te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi
e il nostro modo sbagliato di comportarci"
E' La domenica successiva alla strage, il pomeriggio del
26 luglio 1992. Rita è sola in casa, nell'appartamento di Roma in cui vive "in segreto" insieme a Piera Aiello, la moglie del fratello ucciso.
Forse Rita osserva la luce che le arriva dalla finestra; forse ascolta il silenzio e i rumori di Via Amelia in quel caldo pomeriggio d'estate. Ma quella luce e quei rumori per Rita non hanno più il colore della vita.
Forse Rita si avvicina a piccoli passi alla finestra del suo appartamento al settimo piano. E decide di lasciare a noi il ricordo della sua vita.
E' il pomeriggio del 26 luglio 1992
E' il pomeriggio del 26 luglio 1992
il volto di RITA ATRIA |
Io non sono riuscita a venire alla cena, e me ne dispiace, ma sono contenta, soprattutto, di vedere che all'iniziativa c'erano giovani e giovanissimi. Bene. Penso sia importante riflettere sulla mafia, e anche sul processo che porta un po' tutti noi, nel quotidiano di ognuno, ad avere un approccio un po' mafioso alle cose. Rifiutare la mentalità mafiosa vuol anche dire premiare la meritocrazia, la trasparenza, l'accesso all'informazione, fare e dare un'informazione onesta e coraggiosa, non barattare diritti con privilegi. Regole semplici, da buoni cittadini. Per quello credo che la mafia, e la lotta a essa, sia questione che riguarda tutti. In ultimo, avete scelto una location bellissima. E come diceva Peppino Impastato, "E' importante la Bellezza, da quella scende giù tutto il resto…"
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