Il prossimo 2 giugno, invece di carri armati e missili, vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose
associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la
parata militare organizzata a Roma lungo i Fori Imperiali in occasione
della Festa della Repubblica.
Tanti faticano a riconoscersi in quella che considerano un'inutile esibizione di macchine da guerra. Inutile e dispendiosa, visto che la parata dovrebbe costare circa 4 milioni di euro:
spesa assurda secondo le associazioni, che sostituirebbero volentieri
il carosello delle Forze armate con una riflessione sull'Italia "reale" e
sui valori di pace e nonviolenza inscritti nel Dna della nostra
Repubblica. Tanto più in un momento difficile, con la crisi che non
risparmia nessuno e milioni di persone costrette a lottare per non
andare a fondo. Per chi ha conosciuto da vicino il potere distruttivo
delle armi, l'idea di una parata militare è quanto mai inaccettabile.

E' in scelte politiche come questa che secondo don Renato Sacco si scorgono i segnali di «una pericolosa e persistente cultura della guerra, spesso nascosta dietro la retorica della difesa dei valori della nostra civiltà. Ma proprio perché nei momenti di crisi la retorica si fa strada più facilmente e rischia di degenerare, ora più che mai non bisogna abbassare la guardia». «Una festa – spiega ancora il sacerdote – dovrebbe essere un momento di convivialità e di incontro. Quando invece prevale la violenza si parla di "festa degenerata". Sappiamo bene che le armi sono di per sé distruttive. Infatti, come ci ricorda il magistero della Chiesa, in particolare nel documento "La Santa Sede e il Disarmo" del 1976 "gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame" . Se ragioniamo con questa logica, dunque, una sfilata di armi non è altro che una festa degenerata».
Ben diversa la variegata e coloratissima "parata" che don Renato avrebbe in mente: «Mi piacerebbe veder sfilare i credenti accanto ai non credenti, i lavoratori ma anche i tanti disoccupati, i precari, gli studenti, gli artisti, gli sportivi, le persone disabili, i missionari, le casalinghe, i pensionati. Insomma, tutti quelli che rappresentano il vero motore del Paese. E soprattutto vorrei veder sfilare tanti giovani».

Ma a don Tonio, sacerdote impegnato nella lotta contro le mafie, c'è un aspetto che sta particolarmente a cuore: «Purtroppo vediamo aumentare il numero dei giovani che si inseriscono nei vari clan malavitosi. E troppe volte ci illudiamo che la criminalità organizzata si combatta solo con gli strumenti repressivi, dimenticando che la prevenzione si fa innanzi tutto con politiche sociali adeguate e con l'azione culturale». Anche per questo, conclude il sacerdote, «mi piacerebbe che nella sfilata del 2 giugno ci fosse uno spazio per i parenti delle vittime di mafia». Le associazioni coinvolte nella protesta esortano i cittadini a segnalare sul sito del Governo la parata del 2 giugno come spreco. Invitano anche gli interessati a scrivere una lettera di dissenso indirizzata al presidente Napolitano. In particolare il movimento Pax Christi ha preparato una sorta di "lettera aperta comune", che ciascuno può "personalizzare" in base alle proprie sensibilità.
Un appello al Capo dello Stato arriva anche dal Cipsi (Coordinamento
Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale). «Stiamo soffrendo le
convulsioni di una crisi senza precedenti – sottolinea Guido Barbera, presidente Cipsi -
con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e
le donne. Aumentano i numeri della cassa integrazione che spesso diventa
la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento.
Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da
parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il
potere d'acquisto dei salari continua a diminuire e non si riesce a
trovare risposta al dramma di almeno 350.000 esodati senza lavoro e
senza diritto alla pensione. Non si può pensare di festeggiare la nostra
Repubblica ignorando queste situazioni».

Fonte: www.famigliacristiana.it Lorenzo Montanaro
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