giovedì 14 giugno 2012

La 'ndrangheta in Piemonte. Operazione "Minotauro": pugno di ferro per i primi 73 imputati



Dopo il blitz di un anno fa, il processo contro la criminalità organizzata calabrese - al suo primo atto - si svolge nell'aula bunker del carcere Lorusso-Cutugno (nella foto)

Quasi 500 anni le pene chieste dai pm per chi ha scelto l'abbreviato

Fonte : La Stampa
MASSIMILIANO PEGGIO
TORINO
Quasi 500 anni di reclusione per gli affiliati alla ‘ndrangheta. È la somma delle pene richieste ieri dalla procura torinese per i 73 imputati dell’operazione Minotauro, inchiesta monumentale contro la criminalità organizzata calabrese, che hanno scelto il giudizio abbreviato. Pugno duro dei magistrati nei confronti dei «capi locale» e dei «padrini», cioè per quei soggetti che secondo il codice penale, articolo 416 bis, nell’ambito dell’organizzazione mafiosa «promuovono, dirigono o organizzano l'associazione».
Proposte di condanna che sanno di alchimie giuridiche: un labirinto di commi, aggravanti, recidive. Nel complesso calcolo delle richieste di pena, è stata comunque riconosciuta in generale l’equivalenza tra le attenuanti generiche e la circostanza aggravante dell’associazione armata. Scelta che in procura viene definita «equilibrata», per suggellare il primo atto processuale della più importante inchiesta contro la criminalità calabrese attiva in Torino e provincia, portata a termine dai carabinieri del Comando Provinciale. Ma gli imputati non finiscono qui. Al di là di quelli che hanno scelto il patteggiamento, tutti gli altri, oltre settanta, andranno a dibattimento. Tra questi Nevio Coral, ex sindaco di Leini e imprenditore, coinvolto nella vicenda con l’accusa di aver «fatto affari con le «famiglie» dell’associazione, anche per scopi politici.
Quindici anni di reclusione è la pena più severa richiesta al tribunale dal procuratore aggiunto Sandro Ausiello coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia,  per Aldo Cosimo Crea, alias «Cosimino», 38 anni. Stando agli atti dell’inchiesta avrebbe ricoperto la dote di «padrino» con un ruolo attivo nel «crimine di Torino», cioè «la struttura associativa operativa, preposta allo svolgimento di azioni violente». Quattordici anni e 4 mesi per il fratello Adolfo, 41 anni, originario di Locri, anche lui affiliato con dote di «padrino». Per entrambi hanno pesato le condanne ricevuto in precedenti sentenze.
A ruota segue la richiesta per Bruno Iaria, considerato capo locale di Cuorgnè: 14 anni, più 45 mila euro di multa dovuti ad altri reati oltre a quello associativo. Per suo zio, Giovanni Iaria, ex assessore comunale di Courgné ed ex attivista socialista, la procura ha chiesto 7 anni e 8 mesi di reclusione. Rilevanti anche le pene richieste per Giuseppe Barbaro e Pasquale Barbaro, rispettivamente 6 anni e 8 mesi, e 10 anni. Quest’ultimo, detto «U Nigru», è considerato un anello di congiunzione tra Nord e Sud, tra due «unità criminali», come «referente del Locale di Platì col Locale di Volpiano». La pena più mite riguarda Leonardo Bernardo, 8 mesi, per l’accusa di aver partecipato al furto di un’auto. Per uno solo dei 73 imputati, Ergas Brollo, di Rivoli, finito nel calderone delle annotazioni d’indagine per le sue frequentazioni «pericolose», la procura ha chiesto l’assoluzione.
A margine è stata chiesta anche la confisca di beni per un valore superiore a 4 milioni di euro. Il provvedimento riguarda 25 imputati. Tra i beni da confiscare, 32 immobili, appartamenti, box, terreni, nove automobili, 650 mila euro in contanti e quote societarie di una decina di aziende. Nelle prossime udienze parleranno i difensori. Dopo l’estate si pronuncerà il tribunale.

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