Associazione "Rita Atria" Pinerolo

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venerdì 23 dicembre 2016

Processo San Michele: ennesimo capitolo della 'ndrangheta in Piemonte

Per ritrovare la notizia della sentenza relativa al processo San Michele, ennesima prova conclamata della presenza della 'ndrangheta in Piemonte, occorre visitare le pagine de "La Repubblica", sezione Torino. Sul quotidiano piemontese la Stampa, almeno nella versione "on-line" e per quanto la si sia ricercata, la notizia non viene riportata. Eppure il processo tratta di crimini, rilevanti comessi in Piemonte dalla più potente organizzazione mafiosa , la 'ndrangheta. Così come lascia basiti la mancata richiesta di costituzione a "parte civile" da parte della Regione Piemonte. Perchè?
Acquista pertanto rilievo particolare, nell'articolo pubblicato da "La Repubblica", la riflessione di un esponente politico piemontese il quale dichiara: "(...)le condanne inflitte al processo San Michele dimostrano la rilevanza dei fatti contestati durante tutto il procedimento. E' emerso chiaramente il radicamento della malavita organizzata in Piemonte, i suoi appetiti per le grandi opere, Tav in primis, ed i rapporti con la cosiddetta zona grigia della politica, anche piemontese - sostiene -. Anche oggi abbiamo toccato con mano l'indifferenza della politica rispetto ad un tema che riguarda l'intero territorio (...)".
Parole che sembrano riprendere testualmente le dichiarazioni dell'allora procuratore Gian Carlo Caselli e la sua durissima requisitoria al "processo Minotauro", il processo (lo ricordiamo ancora una volta) che ha fatto emergere chiaramente i legami, "le relazioni" , degli 'ndranghetisti, con "pezzi" del mondo politico e imprenditoriale piemontese. Nella requisitoria del procuratore Caselli, ad essere messa sotto accusa non è sola la criminalità mafiosa ma anche il mondo politico piemontese, colpevole di aver lasciato da sola la magistratura a fronteggiare un cancro, le mafie, la 'ndrangheta; un mondo politico colpevole, riportiamo le testuali parole di Caselli, di “scarsissima sensibilità verso un’emergenza che ha talmente attecchito da non poter neppure essere considerata un’emergenza”. Amara la considerazione del procuratore Caselli: "(...) La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi. Ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia, persone che non hanno nessun interesse a denunciarla. Persone, politici e amministratori, che la legge penale non può punire perché la loro colpa è l’opportunismo”. (leggi qui l'articolo integrale sulle dichiarazioni di G.C. Caselli). 
Ecco perchè la lotta culturale contro le mafie riguarda tutti, ci riguarda in prima persona e investe i nostri personali comportamenti nella comunità, ciacuno per il ruolo e il compito che nella comunità riveste e assolve. 
Sempre più vere risuonano le parole di Rita Atria: " (...) la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci". 














Fonte: La Repubblica



Torino, 'ndrangheta negli appalti pubblici: sei condanne. La più alta, per associazione mafiosa,nel processo San Michele,  è di 9 anni e 6 mesi. 

Assolto l'imprenditore Lazzaro che aveva svolto lavori per la Tav. Sei condanne, alcune delle quali per associazione mafiosa, hanno chiuso oggi a Torino il processo San Michele relativo alla presenza della 'ndrangheta nel Nord Ovest. 

La pena più alta è di 9 anni e 6 mesi per Vincenzo Donato. Ci sono state anche tre assoluzioni. Il processo si riferiva alle infiltrazioni delle 'ndrine crotonesi negli appalti pubblici.  Le altre condanne sono: Luigino Greco a 9 anni e 4 mesi di reclusione, Pasquale Greco a 3 anni di reclusione e 10mila euro di multa, Ion Marian Lubine a 5 anni e 5.500 euro di multa, Nicola Mirante a 9 anni di reclusione, Giovanni Toro a 7 anni.  Nicola Mirante, Vincenzo Donato, Luigino Greco e Giovanni Toro sono stati riconosciuti colpevoli di associazione mafiosa o, a seconda delle posizioni, di concorso esterno.  Gianluca Donato, Francesco Gatto e Ferdinando Lazzaro sono stati assolti. 

Lazzaro è un imprenditore della Valle di Susa che in passato aveva svolto lavori per la Tav. In questo processo rispondeva solo di reati ambientali relativi alla gestione di una cava in bassa Valle. All'imprenditore Mauro Esposito, che aveva denunciato di avere subito pressioni dalla 'ndrangheta, è stata riconosciuta una provvisionale  di 100mila euro. "Sono contento della sentenza, confido sul prosieguo per i prossimi gradi di giudizio. Il giudice ha riconosciuto l'associazione per delinquere di stampo mafioso e l'estorsione a mio danno perpetrata da una serie di soggetti tra cui Nicola Mirante. Mi sono stati riconosciuti i danni che dovranno essere quantificati in sede civile e una provvisionale di 100 mila euro". Così l'imprenditore piemontese Mauro Esposito, testimone chiave nel processo San Michele, commenta le condanne che hanno chiuso a Torino il processo relativo alla presenza della 'ndrangheta nel Nord Ovest. Spero che adesso tutte le istituzioni che mi hanno creato dei problemi, innanzitutto Inarcassa, mi vengano incontro alla luce della sentenza: le mie denunce erano fondate. Ringrazio tutti i parlamentari che mi sono stati vicino, in particolare il senatore Stefano Esposito e il deputato Davide Mattiello, entrambi della Commissione parlamentare Antimafia", conclude Esposito.

"Siamo soddisfatti. L'impianto accusatorio ha retto". Così il procuratore Roberto Sparagna al termine del processo San Michele questa mattina in Tribunale a Torino."Con San Michele si è ampliato il quadro relativo alla presenza della 'ndrangheta nel Nord Ovest. Per questo bisogna tenere presente le differenze con il processo Minotauro (che ha permesso di scoprire la presenza di una decina di 'localì legate tra loro e dipendenti dalla 'casa madre' del Reggino, ndr). Qui - continua Sparagna - non si parla di 'locali' ma di "ndrine", così come non si parla dell' 'ndrangheta di Reggio Calabria ma di quella di Crotone". 

In una nota il capogruppo regionale  di M5s, Giorgio Bertola afferma che "le condanne inflitte al processo San Michele dimostrano la rilevanza dei fatti contestati durante tutto il procedimento. E' emerso chiaramente il radicamento della malavita organizzata in Piemonte, i suoi appetiti per le grandi opere, Tav in primis, ed i rapporti con la cosiddetta zona grigia della politica, anche piemontese - sostiene -. Anche oggi abbiamo toccato con mano l'indifferenza della politica rispetto ad un tema che riguarda l'intero territorio - aggiunge l'esponente pentastellato -. Un'indifferenza già messa in evidenza dalla mancata costituzione di parte civile al processo da parte della Regione Piemonte. Una macchia indelebile che sarà colmata, almeno in parte, dalla legge regionale 2/2016 promossa dal Movimento 5 Stelle che obbliga l'ente a costituirsi parte civile nei processi per mafia avvenuti sul nostro territorio".  


Pubblicato da Associazione "Rita Atria" Pinerolo alle 10:52
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Etichette: 'ndrangheta, 'ndrangheta in Piemonte, presidio LIBERA "Rita Atria" Pinerolo, processo Minotauro, processo San Michele, Regione Piemonte

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