Giulio Regeni, dottorando dell'Univeristà di Cambridge, viene rapito il 25 gennaio 2016 -giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir- ed il suo corpo, massacrato, viene fatto ritrovare il 3 febbraio La farsa ignobile del governo egiziano comincia immediatamente con le dichiarazioni del generale Khaled Shalabi il quale dichiara che Giulio Regeni era stato vittima di un semplice incidente stradale. A quella dichiarazione “ignobile” altre ne seguiranno, mentre l'uccisione di Giulio Regeni toglie la maschera al governo egiziano dominato da Abdel Fattah al-Sisi, un governo che fa rapire e torturare sino alla morte centinaia di suoi oppositori, gettando un poco di luce sui tanti “Giulio Regeni egiziani” rapiti, torturati, uccisi, nel silenzio ipocrita della comunità internazionale.
E la comunità internazionale sarebbe chiamata a combattere pure per la scarcerazione di Patrick Zaki. lo studente egiziano dell'Università di Bologna arrestato nel febbraio di quest'anno, con l'accusa di propaganda sovversiva, e la cui "custodia cautelare" è stata rinnovata di altri 45 giorni pochi giorni orsono.
Paola Regeni: "Su quel viso ho visto tutto il male del mondo e mi sono chiesta perché tutto il male del mondo si è riversato su di lui."
Il 29 marzo 2016 Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, indicono una conferenza stampa che si svolge nella sala del Senato dedicata alle vittime dell'attentato di Nassiriya. Paola Regeni, madre di Giulio: "L'ultima foto che abbiamo di Giulio è del 15 gennaio, il giorno del suo compleanno, quella in cui lui ha il maglione verde e la camicia rossa. Non si vede, ma davanti a lui c'è un piatto di pesce e intorno gli amici, perché Giulio amava divertirsi. Il suo era un viso sorridente, con uno sguardo aperto. E' un'immagine felice". Poi ce un'altra immagine. Quella che con dolore io e Claudio cerchiamo di sovrapporre a quella in cui era felice, quella all'obitorio. L'Egitto ci ha restituito un volto completamente diverso. Al posto di quel viso solare e aperto c'è un viso piccolo piccolo piccolo, non vi dico cosa gli hanno fatto. Su quel viso ho visto tutto il male del mondo e mi sono chiesta perché tutto il male del mondo si è riversato su di lui. All'obitorio, l'unica cosa che ho ritrovato di quel suo viso felice è il naso. Lo ho riconosciuto soltanto dalla punta del naso". Qui le parole di Paola Regeni.
Il 10 dicembre scorso nell'atto di chiusura delle indagini, i pm di Roma ed il procuratore capo Michele Prestipino ricostruiscono gli ultimi giorni di Giulio Regeni, catturato e torturato a morte dalla National Security egiziana dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016. Torture e sevizie con oggetti roventi, calci, pugni, lame e bastoni che gli causarono “acute sofferenze fisiche” portandolo lentamente alla morte. Michele Prestipino: “Abbiamo acquisito elementi di prova univoci e significativi (su quattro agenti egiziani, ndr). Questo è un risultato estremamente importante e non scontato. Abbiamo fatto di tutto per accertare ogni responsabilità, lo dovevamo a Giulio e all’essere magistrati di questa Repubblica. Ringrazio la famiglia di Giulio per la tenacia con la quale ha saputo perseguire le proprie ragioni”.
Nelle carte della Procura emerge anche il nome di colui che, secondo l'accusa, è stato il carceriere, l'aguzzino e il boia del giovane ricercatore: si tratta del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.
Corrado Augias: "In memoria di Giulio Regeni restituisco la legion d'Onore alla Francia"
E' di questi giorni l'ennesima prova dell'ipocrisia di cui scrivevamo prima: nell'ambito di un incontro durante il quale si doveva affrontare anche il tema del rispetto dei diritti umani in Egitto, Emmanuel Macron ha consegnato al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi la Grande Croce della Legion d’Onore della Repubblica francese, la più alta onorificenza del Paese.
Corrado Augias, giornalista e scrittore, cittadino italiano insignito a suo tempo della stessa onorificenza ora concessa al presidente egiziano oggi comunica la sua decisione di restituire quella onorificenza poiché, citando il poeta Orazio, “Sunt certi denique fines, quo ultra citraque nequit consistere rectum” (Vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto”).
Auspichiamo che le azioni del governo italiano siano ora all'altezza della richiesta di Giustizia e Verità impugnata dai genitori di Giulio Regeni e tanti cittadine e cittadini italiani.
Lettera di Corrado Augias al direttore di La Repubblica :
"Caro direttore, domani lunedì 14 dicembre, andrò all'Ambasciata di Francia per restituire le insegne della Legion d'onore a suo tempo conferitemi. Un gesto nello stesso grave e puramente simbolico, potrei dire sentimentale. Sento di doverlo fare per il profondo legame culturale e affettivo che mi lega alla Francia, terra d'origine della mia famiglia.
La mia opinione è che il presidente Macron non avrebbe dovuto concedere la Legion d'onore ad un capo di Stato che si è reso oggettivamente complice di efferati criminali. Lo dico per la memoria dello sventurato Giulio Regeni, ma anche per la Francia, per l'importanza che quel riconoscimento ancora rappresenta dopo più di due secoli dalla sua istituzione. Quando il primo console Napoleone Bonaparte la istituì, non voleva ridare vita ad un ordine cavalleresco ma certificare il riconoscimento di un merito, militare o sociale. Questa distinzione è importante in relazione al caso di cui si discute. Dove e quali sono i meriti del presidente Al-Sisi?
I riconoscimenti e le onorificenze degli Stati sono soggetti al mutevole andamento della storia, può accadere che un'insegna elargita in un dato momento si trasformi in un gesto imbarazzante per il comportamento successivo della persona insignita. In questo caso però le cose sono già chiare oggi. Il comportamento delle autorità egiziane, a partire dal suo presidente Abdel Fattah al-Sisi, è stato delittuoso, ha violato i canoni della giustizia, prima ancora quelli dell'umanità.
Ora l'Italia si trova di fronte un'autentica alternativa del diavolo. Rischia di sbagliare qualunque decisione prenda. Se manterrà normali relazioni diplomatiche con l'Egitto sembrerà tradire la memoria di un bravo ricercatore universitario torturato e ucciso per il lavoro accademico che stava svolgendo. Se li interromperà sarà sostituita, tempo pochi giorni, da altri Paesi in molti fruttuosi rapporti commerciali e industriali. In un caso e nell'altro una perdita secca, anche se di diversa natura.I rapporti tra Stati (come ogni rapporto politico) sono regolati dal calcolo, certo non dalla generosità né dall'amicizia, nemmeno dai legami secolari che pure esistono tra Italia e Francia. Però c'è un limite che non dovrebbe essere superato, ci sono occasioni in cui anche i capi di Stato dovrebbero attenersi a quella che gli americani chiamano “the right thing”, la cosa giusta. Credo che il presidente Emmanuel Macron in questo caso abbia fatto una cosa ingiusta".
Ecco il testo della lettera consegnata all'ambasciatore:"Gentile ambasciatore, le rimetto qui accluse le insegne della Legion d'onore. Quando mi venne concessa, il gesto mi commosse profondamente. Dava una specie di consacrazione al mio amore per la Francia, per la sua cultura. Ho sempre considerato il suo paese una sorella maggiore dell'Italia e una mia seconda patria, vi ho risieduto a lungo, conto di continuare a farlo. Nel giugno 1940, mio padre soffrì fino alle lacrime per l'aggressione dell'Italia fascista ad una Francia già quasi vinta.
Le rimetto le insegne con dolore, ero orgoglioso di mostrare il nastrino rosso all'occhiello della giacca. Però non mi sento di condividere questo onore con un capo di Stato che si è fatto oggettivamente complice di criminali. L'assassinio di Giulio Regeni rappresenta per noi italiani una sanguinosa ferita e un insulto, mi sarei aspettato dal presidente Macron un gesto di comprensione se non di fratellanza, anche in nome di quell'Europa che - insieme - stiamo così faticosamente cercando di costruire. Non voglio sembrare più ingenuo di quanto non sia. Conosco abbastanza i meccanismi degli affari e della diplomazia - però so anche che esiste una misura, me la faccia ripetere con le parole del poeta latino Orazio: “Sunt certi denique fines, quo ultra citraque nequit consistere rectum” (Vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto) .
Credo che in
questo caso la misura del giusto sia stata superata, anzi oltraggiata.
Con profondo rincrescimento".