Oggi ricorrono 12 anni da quando FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO è morta: Una donna, una vita, quella di FELICIA, spesa per dare vita "due volte" a suo figlio PEPPINO
Chi era FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO ? Sul sito "GARIWO, la foresta dei Giusti" si può leggere questo profilo
FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO
1916 - 2004
La madre di Peppino Impastato
intervista a Felicia Bartolotta Impastato

La morte dello zio colpisce profondamente Peppino, che aveva quindici anni e da tempo aveva cominciato a riflettere su quanto gli dicevano il padre e lo zio. Felicia ricorda che le diceva: «Veramente delinquenti sono allora». L’affiatamento con il marito dura molto poco. Lei stessa afferma: «Appena mi sono sposata ci fu l’inferno. Attaccava lite per tutto e non si doveva mai sapere quello che faceva, dove andava. Io gli dicevo: ‘Stai attento, perché gente dentro [casa] non ne voglio. Se mi porti qualcuno dentro, che so, un mafioso, un latitante, io me ne vado da mia madre’». Felicia non sopporta l’amicizia del marito con Gaetano Badalamenti, diventato capomafia di Cinisi dopo la morte di Manzella, e litiga con Luigi quando vuole portarla con sé in visita in casa dell’amico. Il contrasto con il marito si acuirà quando Peppino inizierà la sua attività politica.
![]() |
Peppino durante un comizio |
Per quindici anni, dall’inizio dell’attività di Peppino fino alla morte di Luigi, avvenuta otto mesi prima dell’assassinio del figlio, la vita di Felicia è una continua lotta, che però non riesce a piegarla. In quegli anni non ha più soltanto il problema delle amicizie del marito. Ora c’è da difendere il figlio che denuncia potenti locali e mafiosi e rompe con il padre, impegnandosi nell’attività politica in formazioni della sinistra assieme a un gruppo di giovani che saranno con lui fino all’ultimo giorno. Felicia difende il figlio contro il marito che lo ha cacciato di casa, ma cerca anche di difendere Peppino da se stesso. Quando viene a sapere che Peppino ha scritto sul foglio ciclostilato L’idea socialista un articolo sulla mafia va in giro per il paese per raccogliere le copie e distruggerle. E quando l’attività politica di Peppino entra nel vivo, non ha il coraggio di andare a ascoltare i suoi comizi, ma intuendo di cosa avrebbe parlato chiede ai suoi compagni di convincerlo a non parlare di mafia. E a lui: «Lasciali andare, questi disgraziati».
Morto il marito in un oscuro incidente, Felicia intuisce che per Peppino il pericolo è aumentato: «Guardavo mio figlio e dicevo: ‘Figlio, chi sa come ti finisce’. Lo andai a trovare che era a letto, gli dissi: ‘Giuseppe, figlio, io mi spavento’. E come apro quella stanza, ché ci si corica mia sorella là, io vedo mio figlio, quella visione mi è rimasta in mente».
![]() |
il manifesto affisso sui muri di Cinisi dagli amici di Peppino |
La mattina del 9 maggio 1978 viene trovato il corpo sbriciolato di Peppino. Felicia dopo alcuni giorni di smarrimento decide di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio. Una decisione che nelle sue intenzioni doveva servire anche per proteggere Giovanni, il figlio che le era rimasto e che, al contrario, in questi anni si è impegnato assieme alla moglie (anche lei Felicia), per avere giustizia per la morte di Peppino. Felicia ricorda: «Gli dissi: ‘Tu non devi parlare. Fai parlare me, perché io sono anziana, la madre, insomma non mi possono fare come possono fare a te’». Per questa decisione ha dovuto fare ancora una volta una scelta radicale, rompere con i parenti del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla giustizia.
Al contrario, da allora Felicia ha aperto la sua casa a tutti coloro che volevano conoscere Peppino. Le delusioni, quando sembrava che non si potesse ottenere nulla, e gli acciacchi di un’età che andava avanzando non l’hanno mai piegata. Al processo contro Badalamenti (fortemente voluto da lei e dal figlio Giovanni), venuto dopo 22 anni, con l’inchiesta chiusa e riaperta più volte grazie anche all’impegno di alcuni compagni di Peppino e del Centro a lui intitolato, con il dito puntato contro l’imputato e con voce ferma lo ha accusato di essere il mandante dell’assassinio. Badalamenti è stato condannato, come pure è stato condannato il suo vice.
Entrambi sono morti, e Felicia, che aveva sempre detto di non volere vendetta ma giustizia, a chi le chiedeva se aveva perdonato rispondeva che delitti così efferati non possono perdonarsi e che Badalamenti non doveva ritornare a Cinisi neppure da morto. E il giorno in cui i rappresentanti dellaCommissione parlamentare antimafia le hanno consegnato la Relazione, in cui si dice a chiare lettere che carabinieri e magistrati avevano depistato le indagini, esprime la sua soddisfazione: «Avete risuscitato mio figlio».
Felicia ha accolto sempre con il suo sorriso tutti, in quella casa che soltanto negli ultimi tempi, dopo un film che ha fatto conoscere Peppino al grande pubblico, si riempiva, quasi ogni giorno, di tanti, giovani e meno giovani che desideravano incontrarla. Rendendola felice e facendole dimenticare i tanti anni in cui a trovarla andavano in pochi e a starle vicino erano pochissimi. E ai giovani diceva: «Tenete alta la testa e la schiena dritta».
Muore il 7 dicembre 2004 nella sua casa a Cinisi.
Nessun commento:
Posta un commento
Abbiamo deciso di non moderare i commenti ai post del blog. Vi preghiamo di firmare i commenti.