le minacce di Totò Riina a Don Luigi Ciotti arrivano dopo le minacce al giudice Nino Di Matteo. Manifestazioni di solidarietà a Luigi Ciotti sono giunte questa volta persino dalle più alte cariche dello Stato. Quelle stesse alte cariche che non le ritennero invece dovute nei confronti di Nino Di Matteo, uno dei giudici impegnati nel processo sulla trattativa Stato-mafia e al cui fianco don Luigi Ciotti fu tra i primi a schierarsi con parole chiare che qui ricordiamo.
Pertanto, a nostro parere, bene fa don Luigi Ciotti a scansare la "solidarietà scontata" richiamando invece tutti quanti - politica e società - alle proprie responsabilità.
Alla politica l'onere di produrre atti concreti e coerenti contro le mafie, atti che non siano frutti scadenti di "accordi sottobanco fra i partiti". Così si espresse testualmente Luigi Ciotti in un incontro con la comunità di Roletto ( To) nei giorni che precedevano formulazioni di leggi quali quella del 416/ter.
Alla società civile ( e responsabile!) l'onere di una presa di coscienza sempre rinviata: per comodità , per opportunismo, per convenienza.
Sottolineamo alcune delle parole di don Luigi Ciotti: "(...) Le mafie sanno fiutare il pericolo. Sentono che l'insidia, oltre che dalle forze di polizia e da gran parte della magistratura, viene dalla ribellione delle coscienze, dalle comunita' che rialzano la testa e non accettano piu' il fatalismo, la sottomissione, il silenzio. (...) La politica deve pero' sostenere di piu' questo cammino. La mafia non e' solo un fatto criminale, ma l'effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune .(...)"
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fonte: Liberainformazione
Le minacce di Riina sono rivolte a tutte le persone impegnate per la giustizia e la dignità
Le minacce di Totò Riina dal carcere sono molto significative. Non sono infatti rivolte solo a Luigi Ciotti, ma a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza.
Solo un “noi” – non mi stancherò di dirlo – può opporsi alle mafie e alla corruzione. Libera è cosciente dei suoi limiti, dei suoi errori, delle sue fragilità, per questo ha sempre creduto nel fare insieme, creduto che in tanti possiamo fare quello che da soli è impossibile.
Le mafie sanno fiutare il pericolo. Sentono che l’insidia, oltreche dalle forze di polizia e da gran parte della magistratura, viene dalla ribellione delle coscienze, dalle comunità che rialzano la testa e non accettano più il fatalismo, la sottomissione, il silenzio.
Queste minacce sono la prova che questo impegno è incisivo, graffiante, gli toglie la terra da sotto i piedi. Siamo al fianco dei famigliari delle vittime, di chi attende giustizia e verità, ma anche di chi, caduto nelle reti criminali, vuole voltare pagina, collaborare con la giustizia, scegliere la via dell’onestà e della dignità. Molti famigliari vanno nelle carceri minorili dove sono rinchiusi anche ragazzi affiliati alle cosche.
La politica deve però sostenere di più questo cammino. La mafia non è solo un fatto criminale, ma l’effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune.
Ci sono provvedimenti urgenti da intraprendere e approvare senza troppe mediazioni e compromessi. Ad esempio sulla confisca dei beni, che èun doppio affronto per la mafia, come anche le parole di Riina confermano. Quei beni restituiti a uso sociale segnano un meno nei bilanci delle mafie e un più in quelli della cultura, del lavoro, della dignità che non si piega alle prepotenze e alle scorciatoie.
Lo stesso vale per la corruzione, che è l’incubatrice delle mafie. C’è una mentalità che dobbiamo sradicare, quella della mafiosità, dei patti sottobanco, dall’intrallazzo in guanti bianchi, dalla disonestà condita da buone maniere. La corruzione sta mangiando il nostro Paese, le nostre speranze! Corrotti e corruttori si danno manforte per minimizzare o perfino negare il reato. Ai loro occhi è un’azione senza colpevoli e dunque senza vittime, invece la vittima c’è, eccome: è la società, siamo tutti noi.
Per me l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi. Alsuo richiamarci a una “fame e sete di giustizia” che va vissuta apartire da qui, da questo mondo.
Riguardo don Puglisi – che Riina cita e a cui non oso paragonarmi perché sono un uomo piccolo e fragile – un mafioso divenuto collaboratore di giustizia parlò di “sacerdoti che interferiscono”. Ecco io mi riconosco in questa Chiesa che “interferisce”, che non smette di ritornare – perché è lì che si rinnova la speranza -al Vangelo, alla sua essenzialità spirituale e alla suaintransigenza etica.
Una Chiesa che accoglie, che tiene la porta aperta a tutti, anche a chi, criminale mafioso, è mosso da un sincero, profondo desiderio di cambiamento, di conversione.
Una Chiesa che cerca di saldare il cielo alla terra, perché, come ha scritto il Papa Francesco: «Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo».
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